Regime delle distanze in edilizia

Il regime delle distanze in edilizia garantisce che, distanziando adeguatamente due fabbricati, siano conservate le migliori condizioni di igiene e salubrità. Ecco le regole da conoscere.

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Regime delle distanze in edilizia

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Per parlare di regime delle distanze in edilizia è necessario fare riferimento al diritto civile, in quanto è l’art. 873 a stabilire che tra le costruzioni deve essere assicurata una distanza minima. A questo, si aggiungono eventuali ulteriori indicazioni regolamentari, ad esempio contenute nei singoli Regolamenti edilizi comunali o leggi speciali che intervengono in materia, come ad esempio il DM 1444/68.

L’articolo 873 del codice civile: la distanza tra due costruzioni

L’articolo 873 del codice civile è il punto di partenza per approfondire il tema del regime delle distanze in edilizia. Il codice civile, con questo articolo, definisce che tra due costruzioni, anche se su fondi non contigui, devono essere assicurati almeno 3 metri di distanza. I regolamenti edilizi, poi, possono essere ulteriormente stringenti e aumentare quanto previsto dal codice civile.

Regime delle distanze in ediliza: l'art. 873 del codice civile

Lo scopo è quello di assicurare che tutti gli edifici possano contare su adeguate condizioni di igiene e salubrità. Una vicinanza eccessiva, infatti, potrebbe incidere negativamente sulla quantità di aria e di luce che raggiunge gli ambienti interni abitati, con conseguenze sul loro comfort e sulla qualità dell’aria. Per questo motivo, sono state introdotte la cosiddetta “zona di rispetto” e il criterio di prevenzione.

Che cos’è il criterio di prevenzione e le possibilità di chi costruisce per primo

La zona di rispetto, secondo il criterio minimo di prevenzione, ha l’obiettivo di evitare intercapedini dannose. Tramite il principio di prevenzione, proprio per assicurare lo scopo appena detto, si offre a chi edifica per primo la possibilità di scegliere come costruire.

Regime delle distanze in edilizia: che cos'è il criterio di prevenzione

La scelta è triplice e prevede la possibilità di:

  1. Costruire ad una distanza dal confine pari alla metà di quella totale che va rispettata tra due fabbricati. Quindi se è di 3 metri- l’edificio verrà realizzato a 1,5 metri dal limite del fondo di proprietà.
  2. Costruire ad una distanza inferiore rispetto alla metà di quella che andrebbe garantita tra i due fabbricati, a scelta del proprietario;
  3. Costruire sul confine della proprietà, senza alcun distanziamento.

Da ciò deriva l’obbligo di chi costruisce successivamente di adeguarsi a quanto già realizzato e definire la distanza del proprio edificio da quello esistente in base ai limiti e alle condizioni previste per legge. Nel dettaglio, sono gli art. 873, 875 e 877 a regolare il principio di prevenzione.

Cosa può fare chi costruisce in un secondo momento

Quando si costruisce un edificio a fianco di uno esistente, quindi, si dovranno rispettare i limiti sopra definiti. Se il vicino ha costruito a 1,5 metri, ad esempio, anche chi realizza il secondo edificio dovrà rispettare la medesima distanza.

In alcuni casi, però, ci sono delle alternative valide. Ad esempio, nel caso ci sia un edificio esistente costruito sul confine, il secondo non è costretto ad arretrare di 3 metri. Una prima soluzione, infatti, è quella di costruire in appoggio, chiedendo la comunione forzosa del muro, o in aderenza e arrivando fino ad esso con il proprio edificio.

Regime delle distanze in Edilizia: costruire in appoggio

Si parla di costruzioni appoggiate se sono unite da un punto di vista strutturale e il muro è condiviso, di costruzioni in aderenza se i due edifici sono tra loro autonomi, ma senza alcuna intercapedine che li divide.

Una scelta simile può essere fatta anche quando il vicino ha costruito ad una distanza inferiore alla metà di quella totale prevista. In questo caso, chi costruisce per secondo può arrivare fino al fabbricato esistente, pagando il valore del muro, che diventerà comune, e del suolo occupato. In realtà, in alcuni casi è anche possibile chiedere l’arretramento del fabbricato esistente o la demolizione di alcuni muri. Ad esempio, se l’edificio esistente presenta delle rientranze che non permettono la costruzione in linea retta lungo il confine, è possibile chiederne l’eliminazione.

Quando le distanze tra due edifici aumentano

L’art. 9 del DM 1444/1968 tratta di densità edilizia, altezze, distanze tra fabbricati e pone ulteriori limiti. Un primo aspetto da considerare riguarda la distanza tra due edifici antistanti separati da una strada.

Edilizia e regime delle distanze: Quando le distanze tra due edifici aumentano

In queste circostanze, la distanza minima corrisponde alla dimensione della strada che li divide, maggiorata di:

  • 5 metri per lato se la larghezza della strada è inferiore ai 7 metri;
  • 7,50 metri per lato, per strade tra 7 e 15 metri;
  • 10 metri per lato, per strade di larghezza superiore a 15 metri.

Inoltre, nel decreto, viene fatta una distinzione tra le differenti zone territoriali omogenee secondo quanto indicato dalla Legge 6 agosto 1967, n. 765, secondo cui la Zona A raccoglie gli agglomerati urbani di carattere storico, artistico o di pregio ambientale; la Zona B le altre parti edificate; la Zona C le aree destinate alle nuove costruzioni.

Le indicazioni specifiche per queste aree, che modificano la regola dei 3 metri nel caso di almeno una parete finestrata, sono:

  • Zone A: in caso di ristrutturazioni e risanamenti si deve mantenere almeno la distanza preesistente, senza considerare però eventuali costruzioni aggiuntive successive, di alcun valore storico, artistico o ambientale;
  • Tutti i nuovi edifici ricadenti in altre zone devono garantire almeno 10 metri di distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.
  • Se i nuovi edifici sono più alti di 12 metri, però, la distanza cresce e diventa pari all’altezza dell’edificio più alto dei due che si fronteggiano.

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