Immobili in Italia: come cambia lo stock nel 2024

L’universo catastale italiano conta oltre 79 milioni di immobili tra abitazioni, pertinenze, uffici, negozi e destinazioni speciali. Un patrimonio variegato che riflette le trasformazioni di un Paese in costante evoluzione. Ecco cosa emerge dal focus 2024 dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare.

Immobili in Italia: come cambia lo stock nel 2024

L’Italia custodisce un patrimonio edilizio vasto e complesso, fatto di numeri ma soprattutto di storie, città, quartieri in trasformazione. Dietro le tabelle dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, giunto alla sua 18esima edizione, si cela una fotografia dettagliata dello stato di salute del Paese, che aiuta professionisti, investitori e cittadini a comprendere le caratteristiche dello stock di case, uffici e spazi collettivi.

L’ultima edizione delle Statistiche Catastali segnala che gli immobili in Italia al 31 dicembre 2024 sono circa 79 milioni. La gran parte di queste, oltre 68 milioni, è costituita da unità urbane con rendita catastale, mentre una parte importante è rappresentata da beni comuni non censibili e immobili che non producono reddito, come aree urbane o ruderi.

Crescono gli immobili ma cresce anche la complessità, perché le variazioni non dipendono soltanto da nuove costruzioni: fusioni, frazionamenti, riclassamenti e attività di bonifica influiscono sul panorama catastale almeno quanto le ruspe dei cantieri.

Secondo i tecnici dell’Agenzia delle Entrate, «i miglioramenti acquisiti negli archivi negli ultimi anni stanno rendendo sempre più fedele la fotografia dello stock immobiliare italiano». Una fedeltà che restituisce al settore uno strumento prezioso per leggere i mutamenti, pianificare interventi di rigenerazione urbana e orientare scelte di investimento.

Abitazioni, uffici e pertinenze: l’Italia delle case

All’interno del grande contenitore catastale, le abitazioni restano la colonna portante del patrimonio edilizio italiano. Oggi sono oltre 35,6 milioni le unità residenziali, con una superficie media di 118 metri quadrati e una dimensione che varia in base alla categoria: dagli spazi essenziali delle case ultrapopolari di 58 metri quadrati fino ai volumi generosi delle abitazioni signorili o dei palazzi di pregio, che possono superare i 500 metri quadrati. La tipologia più diffusa resta quella delle abitazioni civili e di tipo economico, che rappresentano quasi tre quarti del totale.

L’aumento complessivo delle abitazioni è modesto, meno dell’uno per cento rispetto all’anno precedente, ma il dato nasconde dinamiche interessanti: mentre crescono lievemente le abitazioni civili, economiche e i villini, calano le abitazioni signorili, le case popolari e quelle ultrapopolari. Un segnale chiaro di come i nuclei familiari si orientino verso soluzioni abitative più razionali e coerenti con i nuovi bisogni di efficienza energetica.

La fotografia si completa con le pertinenze e gli spazi commerciali, una galassia di box, cantine, soffitte e negozi che da soli valgono circa il 43% dello stock. Tra queste, i box auto e i posti auto dominano con oltre il 60% delle unità, seguiti dalle cantine e dalle soffitte che si rivelano ancora una risorsa indispensabile nelle città più dense. I negozi, nonostante rappresentino solo una parte dello stock, continuano a mantenere un peso rilevante in termini di rendita catastale, a conferma dell’importanza del commercio di prossimità nel tessuto urbano italiano.

Destinazioni speciali, collettive e una rendita che pesa

Un altro capitolo da non sottovalutare riguarda gli immobili a destinazione speciale e quelli a uso collettivo. Gli edifici industriali, produttivi o commerciali, pur rappresentando solo il 2,5% del totale, generano quasi il 29% della rendita catastale complessiva, un dato che racconta quanto sia strategico questo segmento per la fiscalità immobiliare. Opifici, stabilimenti industriali e strutture per attività agricole formano una base imponente, con una distribuzione che premia in particolare le regioni del Nord.

Gli immobili censiti come scuole, collegi, ospedali, biblioteche e uffici pubblici formano un universo a parte: oltre 216mila unità censite che continuano a crescere, spinte da interventi di riqualificazione e nuove funzioni di welfare urbano. Anche qui le persone non fisiche, enti e istituzioni, detengono la gran parte della proprietà, segno di un ruolo pubblico ancora predominante nei servizi collettivi.

Chiude il quadro quel mosaico di unità che non producono reddito: lastrici solari, ruderi, fabbricati in corso di costruzione o di definizione, quasi 4 milioni di “vuoti urbani” che rappresentano una potenziale riserva strategica per chiunque guardi alla rigenerazione come sfida del futuro.

In un Paese dove quasi il 90% degli immobili è di proprietà di persone fisiche, i numeri dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare ci raccontano come cambiano le nostre città, i nostri quartieri, le nostre case. Comprenderli significa avere uno strumento in più per pianificare interventi più sostenibili, per ripensare le destinazioni d’uso e per scommettere su un patrimonio edilizio che, anche nel 2024, racconta molto più di un semplice valore catastale.

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