Tecnologia e innovazione in edilizia: occorre aprirsi alla digitalizzazione e all’inclusione 21/07/2025
L’attenzione verso materiali da costruzione più sostenibili è in crescita, e il vetro riciclato si sta rivelando una soluzione interessante anche per la realizzazione di blocchi edilizi. Non più solo un rifiuto industriale da gestire, ma una risorsa tecnica ed ecologica per produrre blocchi in terra compressa ad alte prestazioni. Uno studio pubblicato su Discover Civil Engineering e condotto da un team internazionale guidato dall’Università di Portsmouth, ha dimostrato come l’integrazione di particelle di vetro riciclato in polvere con la calce possa migliorare sensibilmente le caratteristiche fisico-meccaniche dei blocchi di terra utilizzati nell’edilizia. “Abbiamo ottenuto blocchi più resistenti, più impermeabili e più durabili, senza fare ricorso al cemento”, afferma il professor Muhammad Ali, co-autore della ricerca. Una scoperta che non solo riduce l’impatto ambientale dei materiali da costruzione, ma offre anche una risposta concreta alla crescente domanda di edilizia circolare. Come il vetro riciclato migliora i blocchi in terra cruda I ricercatori hanno lavorato su un’idea tanto semplice quanto innovativa: incorporare polvere di vetro riciclato nei blocchi di terra compressa, noti anche come CEB (Compressed Earth Blocks), un materiale costruttivo già apprezzato per il suo basso impatto ambientale. Tradizionalmente stabilizzati con cemento, questi blocchi possono ora contare su un’alternativa più sostenibile. L’esperimento ha coinvolto miscele di terra con calce e diverse percentuali di particelle di vetro (da 0% al 25%). La miscela con il 10% di vetro e il 10% di calce ha dato i migliori risultati. I blocchi così ottenuti hanno mostrato una resistenza alla compressione del 90% superiore rispetto ai campioni non stabilizzati, con un valore massimo di 5,77 MPa, ben al di sopra delle soglie richieste per murature portanti. Anche la resistenza alla trazione è aumentata del 30%, mentre l’assorbimento d’acqua si è ridotto drasticamente del 181%, un indicatore chiave per la durabilità nel tempo. Il microscopio elettronico ha confermato che, con il 10% di vetro, la struttura interna risulta più compatta e priva di microfessurazioni, segno che le particelle vetrose migliorano l’aggregazione dei materiali. Un risultato importante, che evidenzia come il vetro riciclato non solo “riempie” ma interagisce chimicamente con la calce e la matrice terrosa, contribuendo alla formazione di gel C–S–H (Calcium–Silicate–Hydrates) che sigillano i pori e rendono il materiale più coeso. Le prospettive per l’edilizia sostenibile e circolare L’impiego del vetro riciclato nei blocchi da costruzione non è soltanto una soluzione tecnica, ma rappresenta un approccio coerente con le attuali esigenze del settore. In un momento in cui l’edilizia è sempre più orientata alla riduzione dell’impatto ambientale, questi materiali rappresentano un’alternativa concreta e facilmente applicabile. Oltre a ridurre l’uso di cemento – uno dei materiali più impattanti in termini di CO₂ – questa soluzione permette di valorizzare un rifiuto abbondante e spesso sottoutilizzato. Lo studio consiglia esplicitamente ai produttori di blocchi di adottare la composizione con il 10% di vetro e 10% di calce, come formula ottimale per ottenere prodotti resistenti, durevoli ed ecologici. Le implicazioni sono importanti anche per i contesti in cui le risorse tradizionali sono limitate, come nelle aree rurali o nei paesi in via di sviluppo, dove costruire con la terra è già una prassi diffusa. Ulteriori ricerche potranno indagare le proprietà termiche e la durabilità nel lungo periodo di questi nuovi blocchi, oltre a valutare il costo-beneficio in termini economici e ambientali. Ma una cosa è certa: il vetro può diventare un alleato prezioso per un’edilizia più attenta all’ambiente, sostenibile e circolare. Alla ricerca hanno partecipato scienziati di quattro università: oltre all’Università di Portsmouth (Inghilterra), hanno collaborato l’Akenten Appiah-Menka University (Ghana), la London South Bank University (Inghilterra), la Federal University of Technology (Nigeria) e il CSIR-Forestry Research Institute of Ghana. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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