Marina del Gargano

E’ il 23 aprile 1256. Manfredi di Hohenstaufen, figlio dell’imperatore Federico II, posa la prima pietra della città che ancora oggi porta il suo nome.
Giunto nel gennaio di quell’anno sul Gargano per una battuta di caccia, il Re di Sicilia si imbatte in una Siponto rasa al suolo.
Dell’antico insediamento dauno, diventato poi uno dei porti più settentrionali della Magna Grecia, restano soltanto rovine e misere genti costrette ad annaspare in una terra che nulla sembra più offrire se non palude e malaria. Edotto sin da bambino dal famoso padre al gioco strategico, Manfredi decide di ricostruire la città due miglia a nord del nucleo originario. L’intento è duplice e si traduce tanto nella volontà di fondare un centro da cui tirare le fila dell’intero regno quanto nel fermo proposito di presidiare un territorio assai ambito poichè ad un tiro di schioppo dall’Oriente bizantino. “A sud-est un rettangolo allungato su un falso piano prospiciente il mare e, in posizione mediana, il castello proteso sull’acqua. Un’idea insediativa semplice e nello stesso tempo grandiosa quella del re Svevo – commenta ammirato l’architetto Sergio Delli Carri colonna portante dello studio Planprogetti cui Marina del Gargano deve i natali – Le regole relative al tracciato sono poche ma chiare: una maglia di isolati rettangolari a doppio quadrato, strade longitudinali parallele alla linea di costa che assecondano la giacitura del falsopiano e strade secondarie trasversali atte a connettere dal punto di vista visivo l’orizzonte marino con la linea della montagna. Si tratta dunque di una sorta di tradizione stabilita e, almeno in parte, immutabile con cui ogni nuova architettura è costretta a confrontarsi”.
Ecco dunque che, alla luce delle attuali esigenze votate all’ecosostenibilità, il progetto per il nuovo porto turistico di Manfredonia si propone di rielaborare l’antica intuizione di Re Manfredi senza tradirne le regole essenziali (disposizione longitudinale dei moli per le barche paralleli alla linea di costa, banchine in assetto trasversale, propaggine della città sull’acqua). La posta in gioco è alta. Forte di uno specchio acqueo di 252mila metri quadrati, con terre emerse che toccano i 140mila metri quadrati e un volume complessivo di 50mila metri cubi, Marina del Gargano aspira ad indossare la corona iridata di novello hub per il Sud Europa in grado di ospitare yacht anche di 60 metri. E’ infatti questo l’obiettivo dichiarato di Gespo, concessionaria con capitale sociale pari a 14milioni100mila euro costituita ad hoc per la realizzazione del porto in questione e oltremodo determinata a tagliare il nastro rosso entro il 2015. 747 posti barca, servizi commerciali volti a soddisfare qualsivoglia necessità, numerose aree verdi attrezzate, eliporto, passeggiata panoramica sopraelevata, yacht club e base nautica, videosorveglianza 24 ore su 24, sistema WI-FI, parcheggio pubblico di cospicue dimensioni: Marina del Gargano possiede tutte le carte in regola per diventare una perla più unica che rara nel panorama dei grandi porti europei.
Ma non è solo una questione di numeri importanti e misure da guinness. La vera sfida sta nel realizzare un’opera funzionale e all’avanguardia nel totale rispetto dell’ambiente circostante.
Un’occasione irrinunciabile per la stessa Edilteco il cui impegno sul fronte della salute e dell’ecosostenibilità cresce ogni giorno di più.
A garanzia di un maggiore risparmio energetico, con valori sviluppati assai inferiori a quelli già previsti dalla legge, il nuovo porto turistico di Mafredonia vanta un sistema di coibentazione degli involucri esterni (murature, infissi e coperture) e un impianto fotovoltaico di ultima generazione con moduli di silicio amorfo a tripla giunzione.
“Marina del Gargano nasce e cresce a ridosso del molo di ponente del vecchio porto. Il 70% della struttura – rivela Delli Carri- sarà completata entro il prossimo anno. Merito anche di Ecap, prodotto targato Edilteco che, rispetto ai sistemi a cappotto tradizionali, oltre a garantire un perfetto isolamento termico permette di risparmiare in modo notevole sui tempi di costruzione”. Un cappotto realizzato mediante i pannelli Ecap – la cui posa, peraltro indifferente alle condizioni meteorologiche avverse, coinvolgerà tanto le banchine quanto la zona commerciale del porto – consente l’eliminazione dei ponti termici nella completa tutela dell’ambiente e una protezione dalle acque meteoriche a prova d’uragano. E’ da un tempo che pare immemore ma di cui, in realtà, si ha piena memoria che Manfredonia, “gemma tra le daune sorelle”, lotta al fine di proteggere sé stessa e i propri figli da una gestione irresponsabile del progresso. Corre l’anno 1971 quando lo stabilimento petrolchimico Anic (quindi Enichem e infine Syndial), sorto a ridosso del centro abitato, lancia il suo primo inquietante vagito. E’ sufficiente un lustro perché la minaccia diventi concreta. Nel 1976 cede infatti una colonna di lavaggio dell’ammoniaca. 10 tonnellate di anidride arseniosa e 18 tonnellate di ossido di carbonio giubilano in libera uscita. Un disastro ambientale non riconosciuto che, nel giro di due decenni, archivia tra gli abitanti del luogo un numero sospetto di decessi per forme neoplastiche di difficile risoluzione. La pretesa che, nell’autunno del 1988, il porto cittadino offra ospitalità alla “Deep Sea Carrier”, nave di veleni carica di rifiuti tossici, si rivela la classica goccia che fa traboccare un vaso già colmo. L’insofferenza da parte della popolazione nei confronti di Enichem sfocia in una mobilitazione lunga due anni. Ne passeranno altri dieci prima che la Corte europea dei diritti dell’uomo riconosca che a Manfredonia sia stato violato in modo lampante l’articolo 8 della Convenzione europea: “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e del suo domicilio”. Oggi le vecchie ciminiere dell’Enichem sono state smantellate. Che sia dunque giunta l’ora del riscatto? Sensibile al tema della responsabilità sociale che si concretizza non soltanto nella presenza di operai altamente qualificati ma anche e soprattutto nella puntuale ideazione di un Piano di Monitoraggio Ambientale relativo tanto al controllo delle polveri e delle acque interne al bacino quanto alla valutazione del livello del rumore partorito dai mezzi di cantiere, Marina del Gargano è un omaggio alla città e alle sue sessantamila anime. “ L’impegno per la salvaguardia e l’ integrazione con l’ambiente circostante sono alla base di tutto il progetto – conferma Delli Carri – Tanto che è stato deciso di ricavare nell’area portuale un polmone verde di oltre un ettaro, aperto e accessibile e dotato di un parco giochi a disposizione di cittadini e utenti”.
Forte di un sistema di stoccaggio dei fluidi neri e di sentina per le imbarcazioni da diporto, che opera attraverso un meccanismo di aspirazione e pompaggio (pump out), Marina del Gargano si impegnerà nel puntuale recupero delle acque meteoriche.
L’impianto antincendio alimentato con acqua di mare, l’area destinata allo stoccaggio provvisorio degli olii esausti, il sofisticato impianto di smaltimento e disoleatura delle acque meteoriche e le numerose isole ecologiche rappresentano le peculiarità di un progetto la cui costante e dettagliata analisi energetica rappresenta il principale valore aggiunto.
Gestito da MDL Marinas, società inglese leader europea nella conduzione dei porti turistici, realizzato da Coop Mucafer che si è aggiudicata l’appalto dei lavori, l’ecoporto Marina del Gargano vanta la collaborazione della Presidenza della XIII Commissione Permanente Territorio Ambiente e Beni Ambientali.



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