Rigenerazione delle ex aree industriali: un vuoto urbano da restituire alla città

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Le aree industriali, una volta dismesse, creano dei vuoti urbani spesso problematici, a causa di questioni di sicurezza, di degrado sociale e ambientale. Investire nella loro riqualificazione significa trasformare un problema in un punto di forza, restituire al territorio nuovi spazi di valore.

Rigenerazione aree industriali dismesse

Indice degli argomenti:

L’importanza di dare nuovo valore alle ex aree industriali

Le città nel tempo affrontano cambiamenti sociali ed economici, vedendo sempre crescere la necessità di ridisegnare o rigenerare l’esistente, così che possa essere attuale e adeguato alle necessità di oggi. Pensare che le città siano un qualcosa di immobile è impossibile, ciò che era perfetto ieri, diviene inutilizzabile domani.

Un esempio interessante è quello che riguarda le ex aree industriali, la cui evoluzione e successiva dismissione è il risultato di una storia del territorio che si incrocia con quella economica e di impresa, dove un nuovo mondo richiede nuovi prodotti, quindi un nuovo modo di produrre e nuovi luoghi di produzione.

Recupero aree industriali dismesse

Molto spesso le industrie sono strettamente legate al territorio in cui si trovano e ciò rende queste aree ancor più importanti e assolutamente meritevoli di poter vivere una seconda vita, ancor meglio se al servizio di quello stesso territorio.

Quando una grande fabbrica viene dismessa si presenta un’occasione per trasformare quel luogo e dargli una nuova identità, così che possa offrire esperienze, servizi, spazi per il tempo libero o, perché no, nuove residenze. Il recupero delle aree dismesse può essere il centro di un dibattito variegato, che coinvolge tecnici, progettisti, amministrazioni, ma anche i cittadini stessi. Rigenerare un’ex area industriale significa rilanciare un’intera area, arricchire la città in cui si trova e dare nuovo valore al territorio.

Strategie per rigenerare le aree industriali

Le aree industriali dismesse possono trasformarsi in ciò di cui ha bisogno il territorio in quel momento, grazie a bandi, piani e appositi strumenti urbanistici. Le soluzioni possono essere diverse, ad esempio una strategia che permette un elevato di flessibilità è sicuramente quella del temporary use, cioè di uso temporaneo degli spazi, che molto spesso dà vita a laboratori e incubatori di idee.

Rigenerare ex aree industriali

Un’alternativa altrettanto interessante è quella di non dimenticare la storia industriale di questi spazi e – anzi – valorizzarla, creando spazi museali e dedicati alla cultura.

La soluzione giusta non esiste, ogni realtà è da studiare e approfondire, per la complessità che la contraddistingue.

In merito ai soggetti promotori di questi progetti, possiamo individuare una prima soluzione che vede l’intervento gestito dalla pubblica amministrazione, che può contare su bandi, fondi e finanziamenti pubblici di diversa natura, con lo scopo di restituire questi spazi alla collettività.

Una seconda strada è quella che vede un soggetto privato impegnato con investimenti propri nel recupero di un’area; molto spesso ha più disponibilità economiche rispetto a un ente pubblico e studia eventuali progetti con un approccio imprenditoriale. Una collaborazione tra questi due soggetti è possibile e molto spesso sollecitata da un’associazione culturale, che promuove la riqualificazione e coinvolge sia player privati che pubblici.

Da aree industriali dismesse a luoghi di cultura

Ci sono diversi esempi di aree dismesse riqualificate e trasformate in luoghi dedicati alla cultura. Un esempio è sicuramente quello della città di Bilbao, nei Paesi Baschi, che nei primi anni ’90 ha vissuto il declino dell’industria pesante legata alla metallurgia e ai cantieri navali. Una crisi economica e sociale che l’amministrazione ha deciso di affrontare con una scelta che, in quegli anni, era sicuramente coraggiosa ed è così che oggi possiamo ammirare l’opera di Frank Ghery: il Guggenheim Museum.

Il Guggenheim Museum, dal recupero area industriale Bilbao
Guggenheim Museum a Bilbao

Tutta l’area è stata riqualificata e restituita ai cittadini di Bilbao, oltre che ai turisti, e si calcola che il solo museo, nei primi tre anni di vita, sia responsabile di un indotto che supera i 600 milioni di dollari. Un successo che ha trasformato il museo in un simbolo e che è stato possibile grazie a una progettazione urbana che si è ben integrata con la realtà della città e della sua economia, seguendo la vocazione turistica

Riqualificazione dell'area industriale Bankside di Londra, che ora ospita il Tate Modern
Il Tate Modern Img by wikipedia

Con storia diversa, ma altrettanto di successo è il caso alla Bankside di Londra, che ora ospita il Tate Modern, che da area dal forte degrado sociale è oggi luogo dedicato all’arte e allo spettacolo.

Riqualificare le aree industriali in chiave sostenibile

Quando si parla di rigenerazione delle aree industriali dismesse non si può non parlare del caso della Ruhr in Germania, centro dell’industria siderurgica e mineraria che ha vissuto anni di grave crisi economica e sociale.

Non si è voluta cancellare l’identità industriale del luogo, di cui spesso si sono mantenute le originali forme architettoniche, oltre a restituire alla popolazione nuovi spazi pubblici.

Riqualificazione Ruhr in Germania

Oltre al recupero, molte aree sono state interessate da nuove costruzioni e sperimentazioni in campo urbanistico, con la progettazione di città giardino e complessi ecosostenibili. Il paesaggio ha avuto un ruolo di particolare rilievo, trasformando un territorio altamente degradato in un laboratorio di ricerca di un futuro sostenibile di cui è un esempio il Parco dell’Emscher. Hanno collaborato diverse professionalità e il caso della Ruhr non può essere banalmente imitato, in quanto il suo successo è dipeso proprio dal profondo legame che l’esperienza ha avuto con il territorio, grazie a un’analisi e una conoscenza accurate.

Dal patrimonio industriale nasce nuova vita: il progetto di Foster + Partners in Cile

Voliamo in Cile per scoprire il progetto de La Fabrica, un ex edificio industriale situato a Santiago del Cile. Da una vecchia fabbrica nascerà un quartiere urbano ad uso misto, dotato di ampi spazi verdi e zone commerciali: a firmare il masterplan è lo studio Foster + Partners, segnando così l’avvio del loro primo lavoro in Cile.

La Fabrica: nuovo edificio in Cile dal recupero di una vecchia fabbrica

L’obiettivo del lavoro di Foster + Partners è di dare nuova linfa vitale ad un edificio che fa parte della storia cilena, seguendo una filosofia progettuale che pone la sostenibilità in primo piano. Seguendo i dettami della bioedilizia, il progetto de La Fabrica vede il legno proveniente da fonti sostenibili- come elemento cardine del nuovo edificio. Il trait d’union che connette l’antica “anima” della struttura con il nuovo progetto è la volta ondulata in cemento leggero, chiaro rimando all’edificio industriale.

La fabbrica “d’arte”: alcuni esempi in Italia

Il recupero di spazi industriali dedicati alla cultura trova terreno fertile anche in Italia. Nel nostro Paese sono numerosi gli esempi di progetti di riqualificazione che vedono al centro la riqualificazione di un ex sito industriale. Ecco alcune interessanti testimonianze legate al processo di rigenerazione urbana sul territorio italiano.

Cittadellarte a Biella, la casa dell’arte a cura di Michelangelo Pistoletto

“Cittadellarte vuole ispirare e produrre un cambiamento responsabile nella società attraverso idee e progetti creativi”. Cittadellarte – Fondazione Pistoletto nasce a Biella per il desiderio del famoso artista di creare un luogo votato alla cultura, uno spazio in cui l’arte si fa promotrice di un valore importante come quello della trasformazione sociale.

Cittadellarte a Biella
Cittadellarte a Biella Img by cittadell’arte.it

Pistoletto ha trasformato l’ex lanificio Trombetta in un luogo in cui fare cultura, sperimentazione artistica e intrattenimento. L’opificio diventa una “fabbrica di cultura” in dialogo con la città per offrire alla comunità nuovi spazi in cui esprimersi.

L’ex mattatoio diventa un museo: il progetto del MACRO a Roma

Nel rione Testaccio troviamo il complesso dell’ex mattatoio: un progetto monumentale realizzato tra il 1888 e il 1891 da Gioacchino Ersoch. L’ampio complesso era dedicato alla macellazione e alla distribuzione della carne a Roma.

È nei primi anni duemila che l’ex mattatoio è diventato il centro di un ampio progetto di riqualificazione dell’area industriale: la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ha deciso di realizzare gli spazi del MACRO Testaccio, un museo dedicato all’arte contemporanea.

MACRO Testaccio, un museo dedicato all’arte contemporanea.
MACRO Testaccio img by wikipedia

L’area industriale è ora dedicata alla cultura in tutte le sue forme: oltre al MACRO e allo spazio espositivo della Pelanda troviamo anche l’Accademia di Belle Arti e alcune aree della facoltà di Architettura di Roma Tre.

Il panificio che ha dato vita al MAMbo di Bologna

Il MAMbo di Bologna è uno dei più interessanti musei italiani d’arte moderna e contemporanea. Qui, al posto del vivace polo museale, un tempo si trovava il forno del pane della città: Francesco Zanardi, sindaco di Bologna, fece costruire un panificio comunale nel 1915 con l’obiettivo di supportare la cittadinanza nel difficile periodo della prima guerra mondiale.

Il panificio che ha dato vita al MAMbo di Bologna
MAMbo di Bologna Img by wikipedia

Dopo la chiusura, avvenuta nel 1958, l’edificio ha visto varie trasformazioni prima di diventare ufficialmente il MAMbo. L’iter di conversione del panificio comunale in struttura culturale inizia a metà degli anni ’90: a curare il restauro dell’edificio troviamo uno dei nomi più celebri dell’architettura italiana, ovvero Aldo Rossi. Dopo l’intervento di Rossi il MAMbo prende vita: l’edificio si presenta suddiviso in tre piani dedicati alle sale espositive per la collezione permanente e temporanea, oltre a spazi dedicati agli uffici, al bookshop e alla caffetteria.

A Torino rigenerazione di un’area industriale dismessa

La città piemontese di Torino, che ha visto lo sviluppo di diversi progetti di questo tipo, tra cui quello del Parco Dora. Si tratta del recupero di una delle più grandi aree dismesse della città, situata nella periferia a Nord di Torino, dove un tempo si concentrava l’industria manifatturiera che gravitava intorno all’attività di Fiat.

Riqualificazione periferia di Torino
img by Marco Anfossi

Un progetto sull’ex area Spina 3, realizzato tra il 2008 e il 2011. L’area oggetto di intervento conta circa 45 ettari, suddivisa nei 5 lotti che un tempo erano occupati da 5 diverse industrie e attraversata dal fiume Dora, da cui prende il nome il progetto. Gli edifici preesistenti sono un punto di partenza per la ricerca di un legame con la storia del luogo e per questo molti di loro sono stati recuperati e messi in sicurezza, per essere poi trasformati in monumenti o “contenitori” di altre attività. Il carattere industriale, quindi, permane e dà una speciale connotazione al parco: dalle fondazioni di alcuni capannoni si sono ricavate vasche d’acqua, una vecchia ciminiera è stata trasformata in una torre campanaria, in una ex mensa è nato un museo sull’ambiente. 

Pista 500, sempre a Torino

Rimaniamo a Torino per questo suggestivo progetto di rigenerazione urbana: la pista di collaudo dell’ex fabbrica FIAT ospita Pista 500, lo sky garden progettato per essere il più grande giardino sospeso d’Europa.

sky garden Pista 500 a Torino

Torino è proiettata verso un futuro sostenibile e il progetto di rigenerazione urbana dell’ex area industriale cittadina ne è il perfetto esempio. Il Lingotto diventa un’area dedicata alla memoria e al futuro di FIAT: qui ora sorge il museo Casa 500, uno spazio espositivo che celebra l’iconica vettura made in Italy. Molto più di un semplice museoè un viaggio nel cuore dell’Italia, nella sua cultura e nella sua storia”.

 La pista di collaudo delle vetture ha cambiato pelle trasformandosi in un giardino pensile: il progetto, a cura di Benedetto Camerana, offre una splendida vista sulla città oltre a diventarne il “polmone verde”.

Da ex area industriale dismessa a polo della moda: la storia de La Forgiatura a Milano

Milano è una città vibrante che non ha mai smesso di reinventarsi. Nel novero delle operazioni di riqualificazione urbana troviamo il progetto de La Forgiatura seguito dall’architetto Giuseppe Tortato e dalla società RealStep.

Da ex area industriale dismessa a polo della moda: La Forgiatura a Milano
La Forgiatura – Img by Real Step

La Forgiatura era la più grande fucina del capoluogo meneghino: qui, dall’Ottocento e per oltre un secolo, sono stati forgiati i componenti in acciaio esportati in tutto il mondo.

L’edificio, lasciato in stato di totale abbandono, ha trovato una nuova vocazione: la riconversione dello storico edificio industriale ha portato alla realizzazione di un polo multifunzionale dedicato ad ospitare alcuni brand fashion, oltre a realtà del mondo della comunicazione e dei servizi.

Il rinnovato complesso, composto da sette edifici, segue i dettami dell’ottimizzazione dei consumi, della massima flessibilità e dell’innovazione tecnologica. Passato e presente convivono armoniosamente: l’architetto Tortato ha conservato la memoria storica della fabbrica trasportandola nel nuovo millennio.

Da mattatoio a ristorante: la nuova vita dell’edificio di Bressanone

Fino al 1957, il mattatoio era uno dei siti produttivi più importanti della città di Bressanone. Nel corso degli anni la città ha cambiato volto e così quell’edificio, un tempo fondamentale per l’industria alimentare, è stato chiuso definitivamente.

Bressanone: da mattatoio a ristorante
Img by Claudia Unterhauser

Lo studio the office 27 di Claudia Unterhauser & Hendrik Liebich si è occupata del progetto di riqualificazione dell’ex sito industriale. Uno degli obiettivi principali della ristrutturazione è stato quello di mantenere inalterato il carattere di una struttura storica come l’ex mattatoio. Lo studio di architettura ha riconvertito lo spazio trasformandolo in un ristorante e bed & breakfast: la forma originaria dell’edificio è rimasta invariata, mentre gli arredi e i colori richiamano ad uno stile industrial chic.
 


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