La lavorazione superficiale dei materiali lapidei

La scelta di un marmo, di un granito o di una pietra è in genere filtrata da considerazioni funzionali e di adeguatezza al contesto d’impiego.
Non di meno è frutto di una volontà progettuale di tipo espressivo, che per i materiali lapidei si orienta all’esaltazione del senso di profondità e consistenza.
In questo i materiali naturali si distinguono nettamente dai nuovi materiali sintetici, il cui spessore si riduce alla sola parte visibile.
L’aspetto “naturale” o “grezzo” è dunque il risultato di una precisa scelta estetica che ci avvicina idealmente allo stato primitivo della materia, ma che contemporaneamente esalta l’inevitabile “traccia” delle lavorazioni.

Finiture innovative
Piacevolezza al tatto e nuove gamme cromatiche sono le qualità più interessanti che si ottengono dalle nuove lavorazioni superficiali, spesso in combinazione ad un sensibile miglioramento delle proprietà tecniche del materiale (come la resistenza agli agenti atmosferici e all’assorbimento).
Non tutti i materiali lapidei sono però in grado di sopportare qualsiasi trattamento, anche se il campo di sperimentazione è pressoché illimitato e attiene la scelta del materiale, la profondità del trattamento, la regolazione d’intensità e la sequenza delle operazioni di finitura.
L’efficacia dei trattamenti protettivi (antimacchia, idro-oleorepellenti) ha aperto la strada agli impieghi in interno (pavimenti, rivestimenti, piani cucina e bagni) di quelle finiture che tendono a esaltare la naturalezza delle superfici lapidee.

Spazzolato
Lo spazzolato, che alcuni produttori chiamano anche effetto “seta”, è una lavorazione di recentissima introduzione.
Si ottiene con apposite spazzole montate sulla linea di levigatura e conferisce al materiale una tessitura opaca, leggermente ondulata, con un effetto buccia di arancio. Estremamente compatta e piacevole al tatto è stata già impiegata con successo da alcuni produttori di piani cucina.
Non di rado viene associata ad altri trattamenti come la fiammatura (vedi sotto), che, eseguita preventivamente, rende la superficie ancora più morbida al tatto e vellutata.

Idrogetto – Water jet
In uso da alcuni anni, il trattamento abrasivo all’acqua utilizza un getto ipersonico, generato da un sistema idraulico ad altissima pressione (oltre 3000 bar), per tagliare, forare e lavorare la superficie di molti materiali, tra i quali la maggior parte dei materiali lapidei.
L’idrogetto abrasivo ottiene una notevole varietà di superfici per asportazione di materiale. Regolando l’intensità del getto si ottengono rilievi più o meno marcati.
Questo trattamento conferisce ai graniti una morbida grana superficiale, senza alterare la brillantezza cromatica dei cristalli contenuti, come avviene durante altre lavorazioni, quali la fiammatura (vedi sotto), che ne “bruciano” la superficie col calore.

Sabbiatura
La sabbiatura conferisce alla materia un aspetto molto piacevole, in alcuni casi quasi “vellutato” al tatto e privo di asperità, cui si associa un deciso smorzamento delle tonalità di colore che diventano più chiare e delicate. Si ottiene proiettando una miscela abrasiva (acqua e sabbia, o corindone, o carborundum, o altro materiale duro come palline di vetro) a forte pressione e velocità.
E’ un trattamento aggressivo, finora molto diffuso nel campo del restauro per asportare la patina dai rivestimenti lapidei anneriti dall’attacco degli agenti atmosferici e dall’inquinamento.
Oltre che per le superfici, viene di frequente impiegata per realizzare scritte e decorazioni su targhe, monumenti, lapidi, ecc.

Anticatura
L’anticatura è un tipo di finitura “rustica” molto apprezzato che riproduce un preciso effetto estetico. L’irregolarità dei bordi e delle superfici rimanda all’azione del tempo, al consumo provocato dall’uso, all’illusione della lavorazione manuale, più che all’ipotetico stato naturale della materia.
L’anticatura si ottiene con buratti, macchine che utilizzano miscele acquose leggermente abrasive e che consumano i pezzi per rotolamento, urto e altri movimenti meccanici. I residui stessi dei pezzi lasciati in circolo contribuiscono all’usura artificiale.

Rassegna delle principali lavorazioni dei materiali lapidei
Le nuove lavorazioni non hanno certo sostituito quelle tradizionali, dove la qualità del risultato è sostenuta anche dal miglioramento tecnico delle macchine (controllo numerico, automatismi, …).
I trattamenti tradizionali si suddividono in due categorie principali: ad urto, eseguiti con punte e scalpelli (bocciardatura e spuntatura) e per rasamento, realizzati con prodotti abrasivi (lucidatura).
Piano sega è la dicitura che indica la superficie delle lastre ottenuta dalla sola segagione dei blocchi in cui sono ancora visibili i segni del taglio del disco o della lama.
Su tali lastre si eseguono in genere le successive lavorazioni, che in alcuni casi (pavimenti interni) possono anche avvenire anche in opera (levigatura/lucidatura).

Lavorazione a spacco
Superfici irregolari, rugose, a rilievo variabile si ottengono dalla rottura meccanica delle lastre che ne rende visibile la superficie naturale, poiché ne sfrutta l’intrinseca facilità alla fenditura secondo una certa direzione.
Esistono dei materiali che si presentano in natura già lastrificati, come la pietra si Barge e il Porfido atesino. Altri, come l’Ardesia ligure e la pietra del Cardoso, sono sufficientemente compatti per produrre blocchi per segagione, quanto sfaldabili per percussione fino a spessori millimetrici.
Per percussione si ottengono lastre di vario spessore dalla Pietra di Luserna e dalle Beole.

Bocciardatura
Tra le più antiche lavorazioni ad urto, la bocciardatura esalta la tessitura del materiale, cui conferisce un aspetto rustico, scolpito e in rilievo.
A livello cromatico la bocciardatura tende ad annullare difformità e variazioni.
Eseguibile su molti tipi di roccia, si presta per realizzare manufatti esterni, come scale, cordoli, pavimentazioni, grazie anche alla ridotta scivolosità delle superfici di calpestio. Tale finitura non è eseguibile sui bordi del piano che rimangono lisci.
Si esegue a mezzo della bocciarda, un martello a fitte punte piramidali, atto a scolpire la superficie sottostante. Questa percussione sottopone i materiali ad un notevole stress e richiede spessori maggiori per sopportare le sollecitazioni superficiali.
Tuttavia, occorre considerare che tale lavorazione può causare l’indebolimento della struttura sub-millimetrica del materiale e l’apertura di micro porosità.
La bocciardatura non è indicata per i graniti, sia perché provoca lo sfaldamento dei cristalli, sia per la scarsa resa estetica. Per questi è preferibile la fiammatura (vedi sotto).

Rigatura
La luce laterale o radente è la migliore condizione per apprezzare la successione di solchi affiancati, eseguiti a mezzo di dischi diamantati o di un’ampia gamma di utensili a profilo variabile. Impiegata soprattutto per le pavimentazioni esterne, la rigatura è particolarmente indicata per i materiali di tonalità uniforme e dalla grana fine (arenarie, ardesie, marmi monocromi).
Di scarso effetto appare invece l’interruzione visiva introdotta dai solchi scavati sulla superficie dei graniti, materiali che contengono cristalli molto grossi.
L’occhio incontra una certa difficoltà a leggere la sovrapposizione del motivo rigato alla grana dei cristalli che può anche essere nell’ordine del centimetro.

Fiammatura
Trattamento termico della superficie lapidea che viene investita da un getto ad altissima temperatura (fino a 2500°C) da cui si ottiene una tessitura scabra, in leggero rilievo, con un’attenuata cromia.
La fiammatura, come la bocciardatura, tende a uniformare e mascherare i difetti del materiale.
Il trattamento termico procura alla superficie un forte shock ed è applicabile con buoni risultati su tutti i graniti e su alcune pietre, su cui la temperatura e la forte velocità del flusso dal cannello provocano disgiunzioni, sollevamenti e distacchi di cristalli (vetrificazione della superficie).
La fiammatura è efficace sui materiali composti da più minerali, mentre sui marmi, che non sono contraddistinti da coefficienti di dilatazione termica diversi da punto a punto, non ottiene in genere risultati soddisfacenti.
La fiammatura è spesso impiegata nei rivestimenti esterni poiché aumenta la resistenza alle aggressioni atmosferiche, soprattutto chimica, e all’erosione.

Calibratura, Levigatura e Lucidatura
La successione di queste lavorazioni si esegue in sequenza per eliminare le irregolarità della superficie (calibratura) e ottenere la finitura liscia (levigatura) o lucida.
Quest’ultima è forse la finitura più diffusa, che accentua le qualità cromatiche e rende la superficie perfettamente riflettente.
La lucidatura dei marmi è un processo chimico ottenuto con utensili abrasivi e acidi, che reagiscono formando una patina superficiale, prodotto dell’interazione tra i reagenti e il materiale stesso.
I graniti vengono lucidati con un processo meccanico che utilizza abrasivi a grana progressivamente più fine.

Normativa italiana di riferimento sulla lavorazione dei materiali lapidei UNI 8458.

L’arch. Alessandro Villa è libero professionista specializzato nella progettazione di architettura degli interni, svolge attività di ricerca e consulenza nel settore dei materiali e delle finiture (www.alessandrovilla.it).

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