Comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo: cosa c’è da sapere

Comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo sono al centro dell’attenzione per le opportunità che possono generare. Ecco cosa sono e perché aderire

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Comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo: cosa c’è da sapere

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Nel percorso verso la transizione energetica, un ruolo importante lo svolgeranno le comunità energetiche rinnovabili e i gruppi di autoconsumo collettivo. Sono realtà nate da pochi anni, il cui quadro normativo è in evoluzione, ma possono contribuire alla indipendenza energetica da fossili e a ridurre il caro energia. Quello che si assisterà, da qui ai prossimi anni, è una progressiva metamorfosi del modo di intendere la produzione e il consumo di energia: ENEA stima che nell’UE 264 milioni di cittadini si uniranno al mercato dell’energia come prosumer, generando fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema.

«Gruppo di autoconsumo collettivo e CER hanno in comune un punto: la produzione di energia da fonti rinnovabili», afferma Rolando Roberto, Coordinatore del gruppo di lavoro sulle Comunità energetiche dell’associazione Italia Solare.

Comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo: caratteristiche e differenze

Il Gruppo di autoconsumo collettivo è rappresentato da almeno due auto consumatori di energia rinnovabile “che agiscono collettivamente in virtù di un accordo privato e che si trovano nello stesso condominio o edificio”, specifica GSE.

Un esempio tipico è costituito dal condominio, un edificio dove i diversi produttori dispongono di un contatore e gli impianti di produzione e i punti di prelievo sono connessi alla rete elettrica di bassa tensione.

Comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo: caratteristiche e differenze

«Una Comunità di energia rinnovabile è un soggetto giuridico autonomo e basato sulla partecipazione aperta e volontaria di più soggetti molto diversi tra loro, pubblici e privati, connessi su rete elettrica di bassa tensione alimentata dalla medesima cabina secondaria», illustra l’esperto di Italia Solare, segnalando inoltre che la norma in via di definizione prevede una connessione alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria (che corrisponde a circa 3-4 Comuni oppure 2-3 quartieri di una grande città).

«La prima differenza tra comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo riguarda la semplicità nel realizzare la configurazione. Nel GAC ci si riferisce a un immobile unico, o a un complesso di immobili che possa essere riferito a un condominio o comunque a un consorzio. Tutti i soggetti sono localizzati in maniera univoca. Un’altra importante differenza è che nel caso del gruppo di autoconsumo non si deve fare riferimento alla cabina secondaria né primaria e non c’è necessità di creare un soggetto giuridico ad hoc né che venga registrata una cooperativa, con i relativi costi per l’avvio delle pratiche, e nemmeno la necessità di un soggetto che gestisca gli incassi. Nel caso del GAC si può realizzare una suddivisione di incassi a livello locale dei proventi della vendita dell’energia prodotta non consumata».

Nel caso della comunità energetica, se sono compresi edifici dove non è possibile realizzare l’impianto di produzione, non è vincolante che il soggetto partecipante alla comunità energetica debba avere collegato sul proprio POD un impianto di produzione. Può esserci la compresenza di uno o più impianti di produzione, ma non è un obbligo che tutti abbiano una connessione diretta.

Quali sono i benefici per chi aderisce all’uno o all’altro?

«Un primo beneficio, nel caso di un GAC condominiale è che può facilitare la possibilità di realizzare un impianto di produzione unico, fornendo un vantaggio collettivo ai partecipanti alla configurazione, stabilendo le singole quote di usufrutto», specifica Roberto. Attualmente, se c’è la possibilità di contare su uno spazio adeguato dove installare un impianto a uso privato, è più redditizio alimentare le singole utenze. Ma con le prossime regole in arrivo lo scambio sul posto andrà progressivamente a scomparire, andando a perdere una parte di redditività oggi considerata. «Unirsi in Comunità energetiche rinnovabili o in gruppi di autoconsumo collettivo permetterà, quindi di valorizzare l’autoconsumo, virtuale o fisico, aumentando la redditività complessiva della configurazione, contribuendo ad ottimizzare i flussi energetici».

Nel caso di surplus, «esso viene valorizzato in ritiro dedicato, decidendo se attraverso il GSE oppure un operatore terzo che fornisce una remunerazione. Tuttavia l’obiettivo di GAC e CER è ottimizzare al massimo l’autoconsumo».

Nel caso di un condominio che ha deciso di dotarsi di un proprio impianto fotovoltaico, la soluzione più ottimale – e più snella a livello burocratico – è il gruppo di autoconsumo collettivo.

Quali sono gli incentivi per GAC e CER?

La tariffa incentivante stabilita dal Mise ha durata ventennale ed è pari a 100 euro per MWh a per l’autoconsumo collettivo, mentre nel caso delle comunità energetiche è di 110 €/MWh.

In entrambi i casi, c’è poi un rimborso per minori oneri di sistema derivanti dalla condivisione di energia, individuato da ARERA, che è pari a 9 euro per MWh. Una terza fonte incentivante è il guadagno dell’energia in surplus venduta.

Esistono poi incentivi specifici per i Comuni con meno di 5mila abitanti, opportunità offerta dalla realizzazione di comunità energetiche alla luce del PNRR.

Quali sono le spese da affrontare?

I costi sono legati alla realizzazione dell’impianto e, nel caso delle CER, quelli amministrativi legati alla creazione di un soggetto giuridico che funga da coordinamento tra tutti i soggetti partecipanti. Per le GAC l’unica spesa possibile riguarda il referente della configurazione che si occuperà della parte amministrativa. Nel caso di un condominio, questa funzione potrebbe essere svolta dall’amministratore dietro un determinato compenso aggiuntivo alla retribuzione ordinaria necessaria per l’avvio delle pratiche e per la gestione.

Quali sono le spese da affrontare per avviare una comunità energetica rinnovabile

«Altre voci di costo sono i POD utilizzati, sia in GAC che in CER: in questo caso il costo è fisso annuo per il GSE – specifica l’esperto di Italia Solare –. C’è da dire che, sempre a proposito di costi, non esiste ancora uno standard di mercato. Si devono comunque prevedere gli oneri, nel caso delle CER, per l’avvio delle pratiche necessarie per la creazione del soggetto giuridico».

Comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo: i tempi di avvio?

Sulle tempistiche per l’avvio di comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo, nel primo caso saranno più rapidi sia per gli aspetti tecnici che burocratici. «Nei gruppi di autoconsumatori, una volta avvenuta l’approvazione a livello di assemblea condominiale e raccolte le adesioni, resta solo il tempo di esecuzione dei lavori di installazione dell’impianto. Quindi, idealmente, in sei mesi si potrebbe avviare. L’unica differenza rispetto all’installazione di un impianto in modalità tradizionale è la parte amministrativa per il caricamento della documentazione e l’assenso alla configurazione da parte GSE».

In quanto tempo si rientra dall’investimento?

Premesso che le variabili in gioco sono molte, si può ipotizzare con l’attuale sistema di incentivazione – transitorio – se si raggiunge un elevato grado di autoconsumo collettivo, mediamente potrebbero essere sufficienti da quattro anni e mezzo a sei circa per rientrare dall’investimento effettuato con la realizzazione dell’impianto fotovoltaico.

Ci sono casi in cui non è opportuno avviare un gruppo di autoconsumo collettivo o una CER?

Nella stragrande maggioranza dei casi non ci sono controindicazioni ad avviare comunità energetiche rinnovabili o autoconsumo collettivo. È sempre buona regola avviare un regolamento dell’autoconsumo collettivo o della CER in dettaglio in cui si specifica la modalità di ripartizione delle spese di realizzazione e i ricavi. «Nel caso, per esempio, di un condominio, se c’è una buona intesa, se i consumi sono più o meno omogenei e se le regole vengono chiarite in modo dettagliato su spese e ripartizione dei benefici, non ci sono problemi», evidenzia l’esperto di Italia Solare.

Novità normative su GAC e CER

Su comunità energetiche rinnovabili e gruppi di autoconsumo collettivo attualmente si sta vivendo un periodo transitorio: «si è in attesa della delibera di Arera che introdurrà le modifiche definitive agli strumenti incentivanti sia la definizione delle comunità energetiche e dell’autoconsumo collettivo. Quindi, al momento ci riferiamo a un corpus normativo transitorio e tutta la parte relativa all’incentivazione potrà subire una variazione», sottolinea Roberto. È stato presentato di recente un documento di consultazione da Arera, (390/2022/R/eel) nel quale si sono espressi gli orientamenti in materia di configurazione per autoconsumo collettivo. La consultazione con gli operatori, terminata a settembre, sarà utile per la successiva delibera di ARERA relativa al nuovo corpus normativo in attuazione della RED 2. Successivamente ci sarà un decreto del Mise che definirà il nuovo incentivo. Quindi, le condizioni attuali subiranno variazioni.

«Le novità normative permetteranno anche di ampliare lo spettro di opportunità: per quanto riguarda le CER, per esempio potranno fornire servizi alla rete, in termini di fornitura (tramite vendita) di energia per la ricarica dei veicoli elettrici».

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