Cento monumenti sotto una nuova luce

La XX edizione dei Giochi Olimpici Invernali, tenutasi a Torino durante lo scorso mese di febbraio, ha offerto alla città una grande opportunità: è stata oggetto di grandi interventi di recupero e di realizzazione di nuove opere; il mondo intero ha imparato a conoscerla e i torinesi stessi l’hanno riscoperta.
In quest’ottica la luce svolge un ruolo determinante: l’idea di rischiarare artificialmente l’ambito urbano è intenzionale e scaturisce dal desiderio di appropriarsi dello spazio anche nelle ore notturne.
É questa una caratteristica propria delle società evolute; molte attività lavorative e la maggior parte delle manifestazioni spettacolari, culturali e sportive si svolgono proprio nelle ore serali e notturne.
Illuminare una città vuol dire garantirle un’identità notturna, darle sicurezza, rilievo, incisività, ospitalità.
La città diventa il logico punto di incontro fra immagini, suoni, luci e architetture, e si delinea come scenario non solo funzionale ma anche emozionale.
L’artificio della luce può mettere in risalto un monumento o un’architettura lasciando nell’ombra, e quindi rendendo quasi invisibili, le costruzioni attigue, le superfetazioni e tutte quelle parti che ostacolerebbero il pieno apprezzamento dell’opera.
In questo modo, attraverso la selezione dei dati del paesaggio, si cerca di ricostruire uno spazio urbano ideale.
La luce può costruire virtualmente lo spazio contemporaneo, ma per farlo è necessario conoscere profondamente la fenomenologia dell’illuminazione, stabilire delle regole ed individuare dei parametri che permettano di “mettere in scena” lo spazio architettonico.
Il compito del progettista è alquanto complesso, egli deve ridisegnare con la luce un paesaggio urbano che appartiene alla memoria collettiva; deve riproporre quelle immagini che, nella loro versione diurna, sono diventate familiari; deve restituire allo sguardo le opere d’arte così come, si suppone, le avesse intese l’autore.
Nello stesso tempo deve mostrare un’opera architettonica in una veste nuova, esaltarla con il gioco delle luci e delle ombre, evidenziarne i dettagli, celarne il superfluo, deve insomma permettere all’osservatore di riscoprirla.
Nel 1927 il critico tedesco J. Teichmuller scriveva: “Da una parte l’architettura e dall’altra la luce stessa, devono essere fuse in un’unità artistica, così intimamente e inseparabilmente che si possa parlare di un’architettura della luce”.
É in quest’ottica che deve essere affrontato il progetto illuminotecnico.

Linee guida per l’illuminazione funzionale e decorativa
Proprio in occasione degli scorsi Giochi Olimpici Invernali è stato elaborato un complesso progetto di illuminazione sia funzionale sia decorativa.
Per ciò che concerne l’illuminazione funzionale, parallelamente a quello che è il piano pluriennale di rinnovo degli impianti, si è sviluppato un progetto che prevedeva il rifacimento degli impianti lungo i principali percorsi olimpici: gran parte dei corsi e delle strade a scorrimento veloce che conducevano ai villaggi media, ai siti olimpici di gara ed ai siti non competitivi sono stati oggetto di rinnovo.
Tali interventi avevano un duplice obbiettivo: innanzitutto quello di mettere a norma gli impianti in maniera da soddisfare i parametri illuminotecnici richiesti dalla norma UNI 10439 del luglio 2001 e, in secondo luogo, quello di diversificare i percorsi viari con un segno forte, caratterizzante, in grado di ridisegnare la qualità urbana.
Particolare attenzione è stata rivolta agli assi di penetrazione cittadini e alle porte del centro urbano, per i quali sono stati impiegati sostegni e apparecchi di design.
Per esaltare le principali emergenze architettoniche è stato invece elaborato un progetto coordinato di illuminazione decorativa.
Nel corso del 2002 si è costituito un gruppo di lavoro
formato dalla Città di Torino, la Soprintendenza per i beni architettonici e il Paesaggio, il Politecnico di Torino e l’Azienda Energetica Metropolitana, al fine di individuare le principali emergenze architettoniche da valorizzare in occasione dell’evento olimpico.
Il gruppo di lavoro ha elaborato le “Linee guida per l’illuminazione urbana e monumentale della Città di Torino”, un documento che mira ad essere un riferimento costante durante tutte le fasi della progettazione e della realizzazione.
Pur mantenendo le peculiarità delle differenti emergenze architettoniche si desiderava infatti realizzare interventi coordinati ed uniformi.
Le linee guida si sviluppano attraverso otto punti principali:
– principi informatori del progetto illuminotecnico;
– ambiti specifici del progetto illuminotecnico: vengono definite le prescrizioni illuminotecniche in base all’elemento architettonico oggetto dell’intervento;
– tipologie di apparecchi illuminanti e di sorgenti luminose: prestazioni minime che gli apparecchi di illuminazione e le sorgenti devono soddisfare;
– aspetti manutentivi: valutare, già in fase progettuale, gli aspetti e gli accorgimenti che possono facilitare la gestione dell’impianto e renderne più efficaci le operazioni di manutenzione;
– progetti preliminare, definitivo ed esecutivo: iter progettuale e documentazione così come richieste dalla legge quadro n. 109 del 1994 in materia di Lavori Pubblici;
– verifica e validazione dei progetti, in tutte le sue fasi;
– direzione lavori e direzione artistica;
– collaudo tecnico-amministrativo e tecnico-funzionale.
I criteri guida prevedono interventi di tipo omogeneo sia per contesti che per tipologie di emergenze architettoniche e monumentali, creando un’illuminazione di tipo “ambientale” compatibile con gli assunti teorici e culturali contenuti sia nel Piano Regolatore dell’Illuminazione Comunale sia nel Piano della Luce Decorativa.
É stata portata a termine l’illuminazione decorativa dei diciotto chilometri di portici del centro storico, preferendo un sistema di illuminazione indiretta che, al vantaggio di non provocare abbagliamento, unisce quello di mettere in risalto la struttura delle volte e di valorizzare il carattere di spazio abitato protetto.
Le vie, le piazze ed i portici sono state considerate nel loro insieme nell’elaborazione di un progetto illuminotecnico unitario, in modo da creare un sistema di illuminazione che dia enfasi ai poli principali della città ed ai suoi collegamenti.
Sono poi stati scelti oltre cinquanta siti, dal centro alle periferie, preferendo quelli più noti e visibili, quelli collocati lungo i percorsi olimpici e quelli che identificano un quartiere eo una comunità nella memoria collettiva.
Per l’illuminazione delle chiese e delle facciate di edifici monumentali, dal seicentesco Palazzo di Città, al barocco Santuario della Consolata, alla contemporanea chiesa dedicata alla Madonna delle Rose, coesistono un impianto di illuminazione di fondo, per proiezione, ed un impianto di illuminazione puntuale, per consentire di apprezzare al meglio la modellatura dei volumi e dei rilievi.
Nell’illuminazione dei monumenti, da quelli di più ampio respiro come il Monumento al Carabiniere a quelli più modesti, particolare importanza riveste l’impiego di differenti direzioni di incidenza e di diversa ampiezza dei fasci luminosi, così da creare un gioco di luci ed ombre che evidenzi i volumi ed esalti la plasticità dell’opera; inoltre, incrociando i fasci luminosi, si evita che le ombre portate nascondano dettagli fondamentali.
Per alcuni monumenti l’A.E.M. Torino si è avvalsa della collaborazione di due artisti torinesi: Lucio Diana per il Borgo Medioevale, Richi Ferrero per i ponti sul Po, il Mastio della Cittadella, il monumento a Emanuele Filiberto, la cattedrale di S.Giovanni, le chiese di S.Carlo e S.Cristina e il monumento all’Artigliere.
In tutti gli interventi si è prestata particolare attenzione a:
– una resa cromatica adeguata ai materiali ed al colore delle opere da illuminare, impiegando quasi sempre lampade a vapori di alogenuri metallici con bruciatore ceramico;
– la distribuzione della luce in funzione del grado di riflessione delle superfici;
– l’impiego di sorgenti di luce con massima efficienza luminosa;
– il contenimento del flusso luminoso entro la sagoma dell’opera da illuminare, evitando fenomeni di abbagliamento e di inquinamento luminoso.
In tutti quei casi in cui si è intervenuti nel centro storico o, comunque, su emergenze di rilevante importanza storica, architettonica ed ambientale, l’intervento del progettista si è posto nella maniera più oggettiva possibile: selezionando sì scorci e visuali ed evidenziando dettagli architettonici e parti urbane, ma senza stravolgere l’immagine del luogo snaturando la memoria consolidata dell’opera. In alcuni luoghi circoscritti di minor rilevanza architettonica e monumentale si è invece dato spazio ad un’illuminazione di tipo “artistico”, realizzando effetti luminosi spettacolari, cromatici e dinamici.
L’esempio più rilevante è quello del Borgo Medioevale: una ricostruzione ottocentesca di edifici e decorazioni tardo-medievali condotta con rigorosi criteri filologici.
In questo caso ci si è sentiti autorizzati ad impiegare la luce come elemento ludico e scenografico, valorizzando l’intero complesso architettonico e rievocandone l’atmosfera fiabesca. Oltre a predisporre un impianto permanente atto a valorizzare gli scorci particolarmente suggestivi e caratteristici del borgo, si è infatti provveduto ad installare alcuni proiettori cambia-colori da utilizzare in occasione delle frequenti manifestazioni che si svolgono all’interno del borgo.

La Basilica di Maria Ausiliatrice
La Basilica di Maria Ausiliatrice venne eretta negli anni 1863-1866 per volere di Don Bosco, che la volle come monumento di riconoscenza alla Vergine Maria, come chiesa madre e centro spirituale dell’opera salesiana.
Il progetto della Basilica fu redatto dall’ing. Antonio Spezia, in chiaro stile neopalladiano.
Già dagli inizi del Settecento, soprattutto in Inghilterra, l’architettura aveva vissuto un ritorno alle classiche forme giacobiane di Inigo Jones; la tendenza aveva assunto il nome di “Neopalladianesimo”, il cui massimo protagonista fu William Kent.
L’esempio cui l’ing. Spezia si rifece nella stesura del suo progetto fu la chiesa di San Giorgio a Venezia, di Palladio.
La facciata di San Giorgio è ispirata a quella realizzata in precedenza a San Francesco della Vigna, e rappresenta una nuova soluzione del problema di accordare il frontone di un tempio classico con la struttura di una chiesa cristiana, ispirata alle antiche basiliche di Roma e caratterizzata dal dislivello fra la navata centrale e quelle laterali. Palladio ha ideato, in corrispondenza di queste ultime, due ali sormontate da pezzi di frontone e contrassegnate da un ordine “minore”.

La chiesa di San Giorgio a Venezia e la Basilica di Maria Ausiliatrice
Non più, quindi, il senso oppressivo dell’architettura medioevale romanica, nè la tensione di quella gotica, nè le penombre rischiarate dal misterioso lucicchìo delle vetrate, bensì chiese chiare e spaziose, caratterizzate dall’ampio respiro, dalla simmetria, dalla pacata e uniforme diffusione della luce.
L'”ordine colossale” delle colonne, che domina la struttura di San Giorgio, non era affatto una novità: Palladio si è ispirato all’architettura tardo romana e, in particolar modo, alle terme di Agrippa, Nerone, Caracalla e Diocleziano.
È chiaro dal confronto con la Basilica di Maria Ausiliatrice che tutti i tratti architettonici salienti siano assolutamente simili, senonché il frontone del tempio è evidenziato da Spezie mediante il semplice accorgimento di farlo avanzare rispetto al resto della facciata.
Il complesso basilicale non si erge isolato, ma è integrato in un sistema di chiostri, di cui il primo è il più interessante dal punto di vista storico e architettonico: comprende infatti anche gli edifici precedenti alla Basilica stessa, come la vecchia casa Pinardi, ovvero il primo oratorio, ampliata già da Don Bosco in un edificio con pianta a “elle”, destinato anche a sua abitazione, di cui particolarmente pregevole è la facciata decorata con sottili lesene al secondo piano e sormontata da un timpano, che fa da sfondo alla statua bronzea del Santo.
Il portico che la caratterizza è stato successivamente esteso agli edifici d’epoca posteriore, non più voltato, ma a copertura piana.
Nel 1934, centenario della canonizzazione di Don Bosco, si decise l’inizio dei lavori finalizzati all’ingrandimento e abbellimento della Basilica; le principali novità furono: il nuovo altare a San Giovanni Bosco, l’ampliamento del presbiterio con arretramento e rinnovamento dell’altare maggiore e la realizzazione della seconda cupola di 12 m di diametro.
Nella piazza antistante venne eretto un elaborato monumento bronzeo raffigurante il Santo.
Prima dell’intervento effettuato in occasione delle Olimpiadi, la Basilica era illuminata da un impianto di illuminazione privato, risalente al 1988, che colorava la facciata nei toni del verde e dell’arancio, snaturandone la delicata cromaticità.
Lo studio propedeutico alla progettazione dell’impianto di illuminazione è stato quindi caratterizzato da un esame delle situazioni caratteristiche di questo complesso monumentale, determinanti per la scelta tecnica dell’illuminazione, del tipo di sorgente luminosa da impiegare, della posizione e del numero di corpi illuminanti.
Per la facciata è stata realizzata una illuminazione di fondo mediante proiettori con ottica simmetrica posti sugli edifici antistanti; la loro posizione angolata non “appiattisce” il pronao, ma crea un piacevole gioco di luci ed ombre.
Le imponenti colonne corinzie emergono dalla superficie di fondo della facciata, illuminata a radenza, per evidenziare anche i pregevoli altorilievi; due proiettori concentranti posti sulle facciate antistanti sono puntati sul basamento al di sotto delle colonne, a rischiarare i due bassorilievi.
La parte centrale del timpano è evidenziata da una illuminazione sfumata verso l’alto, ottenuta con tubi fluorescenti lineari; alcuni tubi fluorescenti evidenziano anche la scritta al di sotto del timpano e i due orologi posti sui lati.
L’illuminazione frontale delle statue poste nelle nicchie in facciata è bilanciata dall’illuminazione in “negativo”, ottenuta mediante tubi fluorescenti posti sul retro delle sculture, che annulla le ombre e conferisce volumetria alla nicchia; le statue poste al di sopra del timpano e dei cornicioni sono illuminate ciascuna da due proiettori a fasci di luce incrociati.
Altri proiettori collocati sulle facciate antistanti evidenziano la parte aggettante laterale del pronao, per rendere percepibile anche di notte la volumetria della facciata; altri puntati sulle facciate laterali vanno a sfumare nel buio, facendo in modo che le cupole illuminate non diano l’impressione di “galleggiare” nell’oscurità.
I due campanili, a pianta quadrata, svettano immediatamente di fronte alla cupola principale, in posizione laterale; sei proiettori dotati di sagomatore, posti sulla copertura della Basilica, conferiscono loro lo stesso senso di verticalità dato da una visione diurna; altri quattro proiettori concentranti evidenziano le due piccole cupole e le statue dorate che spiccano sui campanili.
La bellezza del sistema di cupole della copertura è sottolineata da un’illuminazione prevalentemente diffusa, che mette in evidenza la loro maestosità.
La cupola centrale, imponente, ha una perfetta pianta circolare; il tamburo è illuminato da sei proiettori con ottica simmetrica; altri sei proiettori asimmetrici illuminano in modo diffuso la cupola vera e propria.
La statua di Maria Ausiliatrice è illuminata da tre proiettori a fasci di luce incrociati, che, creando un certo gioco di luci ed ombre, le conferiscono la sua corretta tridimensionalità e la rendono visibile da ogni angolo visivo.
La cupola posteriore, quasi identica alla anteriore ma meno visibile se non dai chiostri del complesso salesiano, è illuminata da quattro proiettori a luce diffusa; è stata evidenziata anche la bella corona dorata alla sua sommità.
Il monumento bronzeo dedicato a Don Bosco, collocato nella piazza antistante la Basilica è illuminato da quattro proiettori posizionati nell’aiuola circostante.
Il progetto ha previsto, per il sistema dei portici, l’installazione di proiettori a doppia emissione, simmetrica inferiormente, ad illuminare il passaggio, e asimmetrica superiormente, a sottolineare la curvatura delle arcate, ove presenti, a fornire un’adeguata illuminazione d’ambiente; si viene così a creare un pregevole “volume di luce”, contrastato, in una visione esterna dei portici, dalla linea scura delle arcate e delle facciate degli edifici.
Sono stati illuminati a proiezione anche l’affresco d’ingresso della casa Pinardi e le statue in marmo di Don Bosco e della Madonna, collocate entro i portici. Il passaggio lungo la Basilica, caratterizzato dalla pensilina, è rischiarato da apparecchi con lampada fluorescente lineare orientati verso la parete, che funge così da “guida luminosa”, e illumina di luce indiretta anche il percorso pedonale.
É posta in evidenza anche la facciata storica della casa di Don Bosco; alcuni apparecchi con lampada fluorescente lineare posti sul marcapiano del primo piano, entro i balconcini al secondo e alla base del timpano, a chiusura della facciata, rischiarano di luce radente l’intera facciata.
La statua in bronzo di Don Bosco è invece illuminata da un proiettore asimmetrico ad incasso nel terreno.
Tutti i proiettori installati sulle facciate degli edifici storici antistanti, sulla facciata della Basilica e nel chiostro sono stati verniciati in tinta con lo sfondo al fine di mitigarne l’impatto estetico, mentre per il passaggio dei cavi e i punti di installazione dei proiettori è stata sfruttata la complessità del sistema architettonico, che ha permesso un ottimo mascheramento e ne ha limitato completamente in quasi tutti i casi la visibilità.
Sono state utilizzate solo lampade a vapori di alogenuri metallici con bruciatore ceramico e lampade fluorescenti; la tonalità di luce bianco calda (3000 K) e l’ottima resa cromatica rispettano al meglio il delicato cromatismo dell’edificio.
Complessivamente l’intervento ha comportato l’installazione di n. 261 apparecchi di illuminazione per una potenza complessiva installata di circa 13,88 kW ed un flusso luminoso emesso di circa 1.000 klumen.

La chiesa di Gesù Nazareno
La chiesa di Gesù Nazareno sorge nel quartiere Cit Turin, limitrofo al centro città.
L’impianto urbanistico di questo quartiere risale agli anni 1868 – 1881, in seguito all’emanazione del Piano Regolatore per l’Ingrandimento della Città verso Ponente (1868), al successivo Piano fra il mercato del bestiame e la strada provinciale di Susa (1876) ed alla Carta dello Stato Maggiore Sardo (1881).
La chiesa di Gesù Nazareno si trova in piazza Martini, comunemente detta Benefica (poiché, prima dei bombardamenti che la distrussero, qui si attestava la casa Benefica fondata da Luigi Martini nel 1896) e oggi dedicata proprio a questo laico benefattore.
La piazza Martini è spazio di interesse socio-ambientale, per la presenza del mercato e della chiesa stessa, definito da cortine edilizie d’affaccio sostanzialmente omogenee e formalmente qualificate.
Sul lato opposto della piazza, rispetto la casa Benefica, l’architetto piemontese Giuseppe Gallo progettò nel 1904 la chiesa e la canonica di Gesù Nazareno, seguendo uno stile eclettico medioevaleggiante che, soprattutto nella canonica, si lascia tentare da accenti dell’Art Nouveau.
Questo era lo stile che, in seguito all’Esposizione di arti decorative industriali del 1902, aveva appassionato la città e in particolare il limitrofo quartiere che era cresciuto sull’importante corso Francia.
L’impianto chiesastico a croce latina, dominato dal campanile, nonostante una certa ridondanza di particolari decorativi (pinnacoli, rosoni, finestre a più luci) è caratterizzato da una perfetta tecnica esecutiva, capace di evidenziare la differenziazione cromatica dei diversi materiali utilizzati.
Prima di questo intervento, era illuminato solo il prospetto principale della chiesa, con un’illuminazione di fondo realizzata con due proiettori equipaggiati con lampade a vapori di sodio ad alta pressione.
La facciata risultava così appiattita e giallastra.
Il nuovo progetto invece è stato studiato con l’intento di armonizzare un’illuminazione di fondo, per proiezione, ed un’illuminazione puntuale, con apparecchi nella maggior parte dei casi collocati sulla struttura stessa, tesa a sottolineare alcuni elementi architettonici che caratterizzano la chiesa.
L’illuminazione diffusa è stata realizzata tramite proiettori con ottica flood, collocati su pali sulla piazza antistante, e sugli edifici prospicienti lungo la via laterale.
Sul prospetto principale sono stati posti in rilievo, grazie ad alcuni proiettori concentranti, il bassorilievo sovrastante il portone principale e i due bei mosaici sopra gli ingressi laterali.
Al fine di evidenziare la differenza tra pieni e vuoti e porre in risalto gli spazi “chiusi”, è stato realizzato un salto cromatico in corrispondenza delle logge: sia quelle della facciata sia quelle del campanile, sono state illuminate dall’interno posizionando le sorgenti lineari alla base delle colonnine.
I tubi fluorescenti impiegati hanno temperatura di colore leggermente inferiore a quella utilizzata per i “fondi”.
Alla base di ogni pinnacolo è stato posizionato un piccolo proiettore con ottica concentrante che ne illumina la volta.
Per esaltare i diversi livelli della copertura delle navate è stato installato un corpo illuminante con ottica asimmetrica radente alla base di ogni rosone, ancorato alla muratura.
La verticalità del campanile è stata sottolineata dall’impiego di tre proiettori installati sulle falde dei tetti della chiesa e sull’edificio antistante.

Particolare del loggiato del prospetto principale
Particolare dei rosoni sul prospetto laterale

Tutti gli apparecchi utilizzati sono equipaggiati con lampade a vapori di alogenuri metallici con bruciatore ceramico: la temperatura di colore e l’ottima resa cromatica di questo tipo di sorgenti permette di esaltare al massimo le differenze cromatiche dei materiali presenti.
Sono stati preferiti apparecchi dalla forma compatta e di dimensioni ridotte, così da potersi integrare facilmente nella struttura: sia i corpi illuminanti, infatti, sia le linee di alimentazione, sono completamente occultati alla vista.
Complessivamente l’intervento ha comportato l’installazione di n. 70 apparecchi di illuminazione per una potenza complessiva installata di circa 4,6 kW ed un flusso luminoso emesso di circa 356 klumen.

Conclusioni
Tanto è stato fatto, ma tanto rimane ancora da fare: innanzitutto elaborare e attuare un appropriato piano di manutenzione, e poi proseguire con un progetto di illuminazione coerente che metta in luce, non solo metaforicamente, i tanti gioielli architettonici torinesi.

Giuseppe Bottigliengo perito elettrotecnico, dal 1985 lavora presso il Servizio Illuminazione Pubblica dell’Azienda Energetica di Torino come progettista di impianti di illuminazione pubblica.
Maria Grazia Citati laureata in Architettura presso il Politecnico di Torino, dal 2001 lavora presso il servizio Illuminazione Pubblica dell’Azienda Energetica di Torino come progettista di impianti di illuminazione pubblica funzionale e decorativa.
Alessandra Paruzzo laureata in Architettura presso il Politecnico di Torino, dal 2003 lavora presso il servizio Illuminazione Pubblica dell’Azienda Energetica di Torino come progettista di impianti di illuminazione pubblica funzionale e decorativa.
Massimo Pologruto diplomato in Elettrotecnica, dal 1985 lavora presso l’Azienda Energetica Metropolitana di Torino e dal 1989 nell’ambito del Servizio Illuminazione Pubblica. Attualmente si occupa di coordinare le attività di esercizio e gestione degli impianti.
Gian Paolo Roscio perito elettrotecnico, dal 1982 lavora presso l’Azienda Energetica Municipale di Torino dove ha ricoperto diversi incarichi nel settore della Distribuzione Energia Elettrica prima di occuparsi a partire da 2001 della Illuminazione Pubblica e dal 2003 di tutti i Servizi erogati per il Comune di Torino.
Nell’ultimo periodo ha coordinato l’imponente piano di attività, soprattutto d’illuminazione Monumentale, predisposto per i Giochi Olimpici Invernali.
Felice Serra perito elettrotecnico, dal 1978 lavora presso l’Azienda Energetica di Torino e dal 1997 è Responsabile del Servizio Illuminazione Pubblica della medesima Società. É inoltre Direttore Lavori degli Appalti di Illuminazione pubblica decorativa.

Tratto dal convegno internazionale “Luce e Architettura”, oganizzato dall’AIDI

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