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Indice degli argomenti Toggle Che cos’è la biofilia?L’influenza della biofilia nello spazio costruitoCome si progetta con la biofiliaBiophilic Design Framework: linee guida per progettare con la biofiliaAlcune caratteristiche della progettazione biofilicaStandard e certificazioniChe cos’è lo standard WELL e che cosa lo differenzia dal LEEDBenefici della biofilia: numeri e datiIntervista al Presidente dell’Accademia Italiana di Biofilia, Rita WhiteLa biofilia nella progettazione, un approccio reale, non solo filosofiaL’approccio biofilico alla Biennale di Architettura di Venezia 2025Esempi e modelli di biofilia in architetturaI boschi verticali di Stefano Boeri ArchitettiLa Serre francesi di MVRDVLa cattedrale verde nella patria di Van GoghNon solo in città: biofilia in campagna e nei luoghi di lavoroRistrutturazione di Palazzo Mondadori a MilanoFAQ progettazione biofilicaChe cos’è la progettazione biofilica e in che modo si differenzia da altre pratiche di progettazione sostenibile?Quali sono i principali benefici della progettazione biofilica per chi vive o lavora negli spazi progettati?Quali sono alcuni esempi concreti di elementi biofilici che un architetto può integrare in un progetto? Si parla di benessere dell’ambiente, sostenibilità, risparmio energetico, circolarità delle materie prime, talvolta presupponendo da parte dell’uomo un sacrificio, una rinuncia (relativa a stili di vita dispendiosi e poco attenti all’utilizzo delle risorse), ma spesso si dimentica di evidenziare quanto l’integrità ambientale e l’equilibrio ecologico siano direttamente proporzionati alla salute e al benessere delle persone all’interno dei loro contesti di vita quotidiani. Ce lo ricorda un convegno scientifico dell’Agenzia Spaziale Europea di Frascati, promosso da GET con il supporto di SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale), Green Building Council Italia e l’Accademia Italiana di Biofilia dal quale è emerso che in Europa circa un quarto della popolazione vive in edifici malsani con aria interna inquinata e scarsa illuminazione naturale, condizioni che influenzano negativamente salute mentale, metabolismo, umore e produttività. E se questi edifici fossero riqualificati si otterrebbe un beneficio per oltre 190 miliardi di euro in tutta l’UE (anche da spese sanitarie), recuperando l’investimento in meno di due anni. A livello globale, l’interesse per ambienti costruiti più sani è in crescita: nel 2024 oltre 74.000 edifici in 137 Paesi hanno adottato lo standard internazionale Well Building, migliorando il benessere di milioni di persone. Uno studio internazionale ha mostrato che la soddisfazione sul posto di lavoro è passata dal 42% al 70% dopo il trasferimento in spazi progettati con criteri di salubrità. Secondo Daniele Guglielmino, vicepresidente dell’Accademia Italiana di Biofilia, progettare edifici che promuovano il benessere non è più solo una scelta ecologica, ma un dovere verso le generazioni attuali e future. La biofilia, ovvero l’integrazione della natura negli spazi costruiti, dovrebbe diventare la base dell’architettura moderna. Che cos’è la biofilia? Il termine biofilia è stato reso popolare dal biologo Edward O. Wilson negli anni ’80, con il suo libro Biophilia (1984), in cui sostiene che gli esseri umani sono geneticamente predisposti a cercare il contatto con la natura e con altre forme di vita. In architettura, questo concetto si traduce in strategie progettuali che integrano elementi naturali, come luce, vegetazione, aria, acqua e materiali organici, allo scopo di migliorare il benessere fisico e psicologico delle persone. Anche se il termine è recente, l’idea di integrare la natura negli spazi costruiti ha radici antiche. I giardini persiani, i chiostri medievali e le ville rinascimentali italiane ne sono esempi storici. Tuttavia, è solo negli ultimi decenni, con la crescente urbanizzazione e l’aumento dello stress correlato alla vita cittadina, che la biofilia è tornata al centro del dibattito architettonico. Negli anni 2000, l’interesse per la sostenibilità ambientale ha contribuito a ridefinire il ruolo della natura nei progetti architettonici, portando alla nascita di modelli e standard che oggi sono riferimento per progettisti, aziende e sviluppatori. L’influenza della biofilia nello spazio costruito L’integrazione di elementi naturali nella progettazione architettonica è da tempo una ricerca fondamentale per creare ambienti confortevoli e sostenibili che migliorino sia il benessere individuale sia la relazione tra gli edifici e il contesto circostante. Nelle aree con paesaggi vasti, l’incorporazione di elementi naturali è essenziale per collegare in modo fluido l’architettura al suo sito. Al contrario, in ambienti urbani densi dominati da strutture costruite, l’introduzione del verde diventa sempre più vitale, reintroducendo la natura nella cosiddetta “giungla di cemento”. Come si progetta con la biofilia Ogni contesto offre una piattaforma per innumerevoli opportunità di progettazione biofilica integrata e di integrazione di pratiche edilizie salutari per le persone e la società. Progettare con la biofilia significa integrare intenzionalmente elementi naturali e strategie progettuali che favoriscano il benessere psicofisico degli utenti, migliorando la qualità degli spazi attraverso un rapporto più diretto e sensoriale con l’ambiente. Le tecniche biofiliche si possono classificare in tre metodi principali: diretto, indiretto e spaziale/esperienziale. Il primo coinvolge l’uso di elementi naturali reali, come la luce solare, la ventilazione naturale, la vegetazione, la presenza di acqua; il secondo utilizza materiali naturali (come legno, pietra, argilla), pattern organici, colori e forme che evocano il mondo naturale; il terzo livello riguarda la progettazione di spazi che incoraggiano la connessione emotiva e percettiva con la natura, ad esempio attraverso la presenza di viste dinamiche, percorsi immersivi, transizioni fluide tra interno ed esterno, e il senso di rifugio o di prospettiva. Biophilic Design Framework: linee guida per progettare con la biofilia Uno strumento per i progettisti è il Biophilic Design Framework del 2014 (di Terrapin Bright Green, una società di consulenza con sede negli Stati Uniti, specializzata in sostenibilità ambientale, biofilia e progettazione rigenerativa). Si tratta di un approccio progettuale teorico che identifica 14 modelli di progettazione biofilica, sintetizzabili in: interventi di inserimento diretto di elementi naturali nell’ambiente costruito (vista diretta di elementi naturali come piante, acqua, paesaggi, vista, suono o contatto fisico con l’acqua), interventi che mirano all’uso di forme, materiali e motivi che richiamano la natura (curve, spirali, modelli che imitano strutture naturali, Uso di legno, pietra, fibre naturali, colori terrosi) e strategie che afferiscono all’esperienza psicologica e spaziale ispirata alla natura (vista ampia e libera, possibilità di osservare a distanza, spazi raccolti o protetti, dove ci si sente al sicuro, elementi che suggeriscono qualcosa di nascosto o da esplorare). “Per identificare strategie e interventi progettuali che ripristinino o migliorino il benessere, i team di progetto dovrebbero comprendere le esigenze di base in termini di salute o di prestazioni della popolazione target. Un approccio consiste nel chiedersi: qual è lo spazio più biofilico che possiamo concepire per la progettazione? Un altro approccio consiste nel chiedersi: in che modo la progettazione biofilica può migliorare i parametri prestazionali già propri del cliente (ad esempio, dirigenti aziendali, consiglio scolastico, funzionari comunali). Poiché molte risposte biologiche alla progettazione si verificano contemporaneamente (ad esempio, la riduzione degli indicatori fisiologici di stress e il miglioramento dell’umore generale) ed esistono innumerevoli combinazioni di modelli e interventi progettuali, comprendere le priorità relative alla salute aiuterà a focalizzare il processo di progettazione”. Alcune caratteristiche della progettazione biofilica I modelli di progettazione biofilica sono approcci flessibili e adattabili che mirano a migliorare il benessere degli utenti, personalizzando gli interventi in base al contesto e alle esigenze specifiche. Ad esempio, migliorare la connessione visiva con la natura può tradursi in azioni diverse in un ufficio o in un ospedale, come l’inserimento di piante o paesaggi naturali. L’efficacia dipende dal monitoraggio e dall’adeguamento degli interventi. Combinare più modelli può amplificare i benefici psicologici e fisiologici, ma è fondamentale mantenere coerenza progettuale. Ogni spazio è unico, e questa varietà rappresenta sia una sfida che un’opportunità per creare ambienti più salutari e rigeneranti. Standard e certificazioni Anche i protocolli, gli standard e le certificazioni aiutano i progettisti a strutturare approcci sistemici e misurabili. Per assicurare la qualità e la coerenza nella progettazione biofilica, esistono diversi standard e certificazioni internazionali: il WELL Building Standard, che valuta l’impatto degli edifici sul benessere umano, includendo parametri come qualità dell’aria, luce naturale e comfort biotermico. La biofilia è uno dei criteri chiave; la certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), che promuove l’uso di materiali naturali e orienta nella gestione dell’illuminazione e nell’accesso a spazi verdi; il Living Building Challenge, lo standard più rigoroso, richiede l’integrazione della natura in ogni aspetto del progetto, dalla struttura alla gestione energetica. Che cos’è lo standard WELL e che cosa lo differenzia dal LEED Lo standard Well, sviluppato dall’International WELL Building Institute (IWBI), con sede negli Stati Uniti, è un’etichetta per la progettazione e la gestione di edifici e spazi che promuovono la salute e il benessere delle persone che si basa su evidenze scientifiche che mettono in relazione l’ambiente costruito con la salute umana. In particolare si basa su: qualità dell’aria interna, accesso ad acqua potabile sicura e promozione dell’idratazione, promozione di scelte alimentari salutari, qualità dell’illuminazione naturale e artificiale, incoraggiamento dell’attività fisica, condizioni termiche ottimali per il benessere, qualità acustica e controllo del rumore, uso di materiali a basso impatto sulla salute, promozione della salute mentale e riduzione dello stress, inclusività, equità e benessere sociale. Si differenzia dal LEED perché lo standard WELL è centrato sulla salute e il benessere degli occupanti. Benefici della biofilia: numeri e dati Integrare elementi naturali negli edifici non è solo estetica, ma anche una strategia basata su evidenze scientifiche. Secondo uno studio del Human Spaces Report (2015), i lavoratori in uffici con elementi naturali riportano un aumento del 15% nella produttività e una riduzione del 15% dello stress. E una ricerca pubblicata su Journal of Environmental Psychology (2019) mostra come l’esposizione quotidiana a elementi naturali migliora l’umore e riduce il rischio di ansia e depressione. Intervista al Presidente dell’Accademia Italiana di Biofilia, Rita White La biofilia nella progettazione, un approccio reale, non solo filosofia Di che cosa si occupa l’Accademia Italiana di Biofilia (AIB) in pratica? “L’Accademia Italiana di Biofilia (AIB) è un ente tecnico-scientifico no-profit che promuove il benessere integrato attraverso la riconnessione con la natura. Opera in modo interdisciplinare lungo quattro campi d’azione principali: ricerca, formazione, consulenza e divulgazione. AIB ha inoltre ideato il marchio “AIB Approved”, un riconoscimento di eccellenza assegnato a progetti, prodotti e servizi che rispondono ad alti standard di Biophilic Design e impatto positivo”. Nel rapporto tra biofilia e progettazione degli ambienti (residenziali, collettivi, di lavoro), quali sono gli elementi essenziali ed imprescindibili? “Il Biophilic Design, o Progettazione Biofilica, è una scienza applicata che mira a integrare esperienze di natura efficaci nell’ambiente costruito, indoor e outdoor, generando spazi che sostengano la salute, il benessere e la qualità della vita. Gli elementi essenziali non si limitano all’inserimento di piante o materiali naturali, ma rispondono a un bisogno profondo e innato dell’essere umano: la connessione con la natura, nota grazie agli studi di Edward O. Wilson, come Biofilia. A partire dagli studi di Stephen R. Kellert, considerato il padre fondatore del Biophilic Design, possiamo distinguere tre categorie fondamentali di intervento: Natura diretta: comprende l’accesso a elementi naturali reali e/o espliciti come luce naturale, vegetazione, acqua, animali, ventilazione naturale, suoni e profumi della natura. Questi stimoli riducono lo stress, favoriscono rilassamento e rigenerazione cognitiva. Richiami alla natura: includono forme, materiali, texture, colori e pattern che evocano il mondo naturale in modo indiretto. L’impiego di legno, pietra, motivi biomorfici, curve organiche e cromie ispirate ai paesaggi locali contribuisce a creare ambienti autentici, accoglienti e percettivamente ricchi. Natura nello spazio: riguarda l’organizzazione spaziale degli ambienti per stimolare esperienze evolutivamente significative, come rifugio e apertura, orientamento ed esplorazione. Si traduce in visuali ampie, angoli protetti, transizioni fluide, misteriosi giochi di luce e ombra, percorsi stimolanti e sensazioni di meraviglia. Perché sia realmente efficace, la Progettazione Biofilica deve essere: Contestuale: ogni intervento dialoga con l’ambiente circostante, valorizzando le caratteristiche ecologiche, culturali, climatiche e simboliche del luogo. Responsabile: promuove una relazione di attaccamento con la natura, incentivando comportamenti sostenibili, consapevolezza ambientale e una visione sistemica del progetto. Evolutiva: si basa su esperienze di natura radicate nell’evoluzione umana, richiedendone la conoscenza teorica per una efficace applicazione pratica nel progetto. Esperienziale: coinvolge i sensi in modo profondo e significativo. Non si tratta solo di “vedere il verde”, ma di vivere spazi che attivino vista, udito, olfatto, tatto, gusto e movimento, generando connessioni percettive e affettive autentiche. Affettiva: stimola attaccamento emotivo ai luoghi, senso di appartenenza, memoria ecologica e cura condivisa. Gli ambienti che attivano legami affettivi sono più rispettati, abitati e generatori di benessere. Sostenuta nel tempo: affinché i benefici siano reali e misurabili, il contatto con la natura deve essere continuo, accessibile e integrato nella quotidianità. Non bastano soluzioni temporanee o decorative: serve una presenza viva e duratura degli elementi biofilici. Integrata: tutte le componenti dello spazio, materiali, geometrie, luce, ventilazione, acustica, vegetazione, arredi, devono agire in sinergia. Solo un approccio sistemico garantisce ambienti coerenti, funzionali e rigenerativi. In sintesi, un ambiente biofilico non è semplicemente “più verde”: è uno spazio che cura, che stimola la creatività, rafforza le relazioni sociali, sostiene la salute mentale e riattiva il senso di appartenenza alla vita. È un cambio di paradigma progettuale, che trasforma ogni luogo in un’occasione concreta di riconnessione tra persone, comunità e natura”. Perché diciamo “Progettazione Biofilica ” e non “Design Biofilico” “Nel dibattito internazionale, il termine Biophilic Design è ampiamente utilizzato per descrivere l’approccio progettuale “evidence based” che integra la natura nell’ambiente costruito. In italiano, la traduzione più corretta non è “design biofilico”, ma Progettazione Biofilica. Progettazione Biofilica è il termine corretto per descrivere un approccio integrato, scientificamente fondato e orientato al cambiamento. Sceglierlo è un gesto di rigore e responsabilità culturale”. Come dovrebbero approcciarsi gli architetti per seguire una Progettazione Biofilica attiva e funzionale? “Seguire una Progettazione Biofilica attiva e funzionale significa cambiare prospettiva progettuale: non si tratta di “aggiungere natura” a un progetto già definito, ma di partire dalla natura come principio generativo, riconoscendone il valore umano, ecologico ed economico. Un approccio biofilico autentico e trasformativo richiede: Mentalità interdisciplinare: l’architetto biofilico lavora in dialogo con psicologi ambientali, biologi, climatologi, esperti di salute pubblica, educatori, paesaggisti e altri professionisti. Il progetto nasce dall’incontro tra diverse competenze e mette al centro la relazione tra spazio, persona e ambiente vivente. Il benessere psicofisico diventa parte integrante delle prestazioni dell’edificio. Formazione scientifica: è fondamentale acquisire conoscenze aggiornate su temi come stress ambientale, rigeneratività percepita, salute mentale, connessione con la natura, metriche ambientali e neuroarchitettura. La Biofilia non è una tendenza estetica, ma un campo scientifico supportato da solide evidenze empiriche. Progettazione sistemica e site-specific: ogni intervento deve essere contestuale, rispettoso della biodiversità, del clima, del paesaggio e della cultura locale. L’approccio è integrato e rigenerativo: luce naturale, ventilazione, acqua, vegetazione, materiali naturali e forme organiche si combinano secondo una logica ecosistemica e adattiva. Integrazione di metriche e indicatori: per garantirne l’efficacia e la misurabilità, la Progettazione Biofilica si avvale di valutazioni pre e post-intervento, strumenti per l’analisi del benessere percepito, indicatori di qualità ambientale (comfort acustico, qualità dell’aria, biodiversità, luce dinamica), e KPI legati all’uso e alla soddisfazione degli utenti. Coinvolgimento degli utenti e co-progettazione: la Progettazione Biofilica è più efficace quando coinvolge i futuri abitanti, lavoratori, studenti o pazienti. Ascoltare i bisogni profondi delle persone, valorizzare le memorie ecologiche e le relazioni affettive con i luoghi, consente di creare spazi realmente significativi e rigenerativi. In sintesi, il progettista biofilico è un mediatore tra persone–ecosistema e spazio costruito. Traduce i bisogni evolutivi dell’essere umano in scelte progettuali tangibili, contribuendo alla creazione di ambienti che curano, ispirano e connettono. Ecco alcune domande guida da cui partire: Come posso creare un ambiente che non potrebbe essere progettato altrove, perché profondamente radicato nel suo contesto naturale e culturale? Come posso generare un’esperienza multisensoriale autentica di contatto con la natura? Come posso favorire salute, benessere, coinvolgimento emotivo e performance cognitive? Come posso rafforzare il senso di connessione con la natura e stimolare comportamenti pro-ambientali?” Può farmi qualche esempio di contesto realizzato con questo approccio? Un esempio ispirazionale di Progettazione Biofilica in ambito aziendale è il Davines Village, alle porte di Parma. Pur non avendo collaborato direttamente al progetto, l’Accademia Italiana di Biofilia lo considera emblematico per la coerenza tra architettura, paesaggio, benessere e cultura organizzativa. La sede dell’azienda cosmetica Davines è stata concepita come un ecosistema integrato, dove la natura è parte fondante dell’identità spaziale e valoriale: orti multisensoriali, serre, materiali naturali, spazi immersi nella luce e nel verde. Il progetto mostra come la Biofilia, se applicata con coerenza, possa generare valore ecologico, umano ed economico, rafforzando il legame tra luogo e persone. Matteo Thun & Partners – Davines Village Parma L’obiettivo di questo ambiente di lavoro era creare un complesso con la massima trasparenza architettonica e dotare ogni postazione di lavoro di una vista sulle aree verdi, utilizzando il minimo di elementi in muratura. – Img. Max Zambelli A livello urbano, l’Accademia Italiana di Biofilia ha sostenuto la candidatura di Verona come prima “Città Biofilica” d’Italia: un riconoscimento ottenuto per l’impegno concreto nel massimizzare la connessione tra cittadini e natura all’interno del tessuto urbano. Il Comune ha posto la natura come infrastruttura sociale e urbana, attivando azioni coordinate quali: Il rafforzamento della connessione ecologica e l’utilizzo di specie vegetali autoctone. La promozione dell’inclusione, della co-creazione e del senso di appartenenza nei processi di rigenerazione urbana. La comunicazione scientifica dei benefici derivanti dal contatto quotidiano con la natura. La misurazione e il monitoraggio della qualità e quantità delle condizioni biofiliche, per garantire continuità ed efficacia degli interventi. Verona mostra che la Biofilia può diventare una strategia politica sistemica, capace di generare effetti tangibili sulla salute, sull’identità dei luoghi e sui comportamenti ecologici delle comunità. In entrambi i casi, aziendale e urbano, la natura non è un ornamento, ma una struttura viva e generativa, capace di attivare connessione, bellezza e resilienza. Il principio è lo stesso: rendere accessibile e quotidiana la nostra relazione con la natura, attraverso spazi che rigenerano, ispirano e rafforzano il senso di appartenenza al vivente”. Si potrebbe fare di più in ambito istituzionale e normativo? “Assolutamente sì. Se vogliamo che la Biofilia diventi una leva concreta per la salute pubblica, la transizione ecologica e l’innovazione sociale, è fondamentale un salto di scala istituzionale. Oggi, la Progettazione Biofilica è sostenuta da solide evidenze scientifiche e applicazioni virtuose, ma troppo spesso resta confinata a iniziative volontarie, sperimentali o visionarie. Per colmare questo divario, servono politiche strutturali, norme di riferimento e investimenti pubblici mirati. A livello strategico, si potrebbe agire su più fronti: Riconoscere il valore della natura come infrastruttura di salute nelle agende urbane, scolastiche, sanitarie e aziendali, rendendo il contatto quotidiano con elementi naturali un diritto di cittadinanza, non un lusso. Integrare i principi della Biofilia nei CAM (Criteri Ambientali Minimi) e nei protocolli per l’edilizia pubblica, includendo indicatori di qualità sensoriale, connessione con la natura, biodiversità e benessere psicofisico. Premiare i progetti biofilici attraverso bandi, incentivi fiscali e meccanismi di valutazione qualitativa, ad esempio nei fondi PNRR, nei progetti di rigenerazione urbana o nei programmi scolastici e sociosanitari. Promuovere formazione interdisciplinare per amministratori, tecnici, dirigenti scolastici e sanitari, affinché il concetto di benessere ambientale non sia percepito come “extra”, ma come componente essenziale della qualità progettuale e del servizio pubblico. Costruire indicatori condivisi per misurare gli impatti delle soluzioni biofiliche, anche in termini di riduzione dello stress, aumento della coesione sociale, performance cognitive, risparmio energetico e prevenzione sanitaria. Come Accademia Italiana di Biofilia, crediamo che sia il momento di spostare la Biofilia dal piano del “nice to have” o desiderabile a quello del “must have” o necessario. Un cambio di paradigma culturale e normativo è possibile a condizione che istituzioni, professionisti e cittadinanza lo abbraccino con visione, coraggio e coerenza”. L’approccio biofilico alla Biennale di Architettura di Venezia 2025: riflessioni dal mondo dell’arte Come possiamo trasformare il nostro pianeta in una casa sostenibile per oltre 8 miliardi di esseri umani e innumerevoli altre specie? L’installazione BIOTOPIA, alla Biennale di Architettura di Venezia 2025, prova a dare una risposta, immaginando città che diventano foreste, architetture che crescono come alberi e strade illuminate da luci bioluminescenti, vive di biodiversità. Insomma, la risposta potrebbe essere: vedendo la terra, anche quella antropizzata e costruita, come un organismo vivente, alla stregua di una spugna magari. BIOTOPIA – ® The Why Factory The Why Factory e l’artista Federico Díaz sono gli autori di BIOTOPIA: Propagative Structures. Questa esposizione visionaria, parte della mostra principale curata da Carlo Ratti sul tema “Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettivo.” e propone un futuro in cui la biologia è il fondamento del design. Al centro di BIOTOPIA c’è il concetto di una “Spugna globale”, un’architettura dinamica fatta di biomateria capace di raffreddare, filtrare l’acqua, generare energia e proteggere la vita, adattandosi e rigenerandosi come un organismo vivente. BIOTOPIA – Img Celestia Studio L’esposizione si articola in due elementi: un’installazione scultorea, “Propagative Structures”, che esplora la materia in continua trasformazione, e un film che visualizza questo futuro. Il progetto, frutto di anni di ricerca di The Why Factory (un think tank della Delft University of Technology) e sviluppato con la TU Delft e la CTU di Praga, sfida le convenzioni architettoniche. Winy Maas, direttore di The Why Factory, sottolinea come “tutto è biologia, tutto è natura”, invitando a re-immaginare come scienza e tecnologia possano creare nuove relazioni tra esseri umani e organismi viventi. L’installazione “Propagative Structures” materializza l’idea di un’architettura che cresce, si adatta e si decompone, proprio come la natura. Díaz afferma che “non stiamo progettando oggetti finiti, stiamo dando inizio a processi vitali”. Il suo lavoro, basato su biomimetica e design algoritmico, suggerisce che gli habitat futuri potrebbero essere “coltivati” piuttosto che costruiti, integrandosi perfettamente con i cicli ecologici del pianeta. BIOTOPIA sarà esposta alle Corderie dell’Arsenale fino al 23 novembre 2025, ed è stata realizzata grazie al finanziamento del Creative Industries Fund NL. Esempi e modelli di biofilia in architettura I boschi verticali di Stefano Boeri Architetti Trai gli studi di progettazione contemporanei che più hanno utilizzato il principio della biofilia nelle loro opere c’è Stefano Boeri Architetti. A novembre 2024 ha festeggiato i dieci anni del Bosco Verticale, simbolo della Milano dell’ultimo decennio. Stefano Boeri Architetti Bosco Verticale – Img Iwan Baan_COIMA Inaugurato nel 2014, è stato replicato varie volte nel corso degli anni. “La politica del Bosco Verticale è quella di un messaggio semplice e popolare: la natura viva deve tornare ad abitare gli spazi concepiti per l’uomo”, ha spiegato Stefano Boeri. Un particolare del Bosco Verticale di Milano – Img (c)Boeri Studio -Giovanni Nardi Tra le varie riproduzioni, il Wonderwoods, realizzato a Utrecht (la vertical forest olandese), si è aggiudicato il MIPIM Awards 2025. Si caratterizza per essere un edificio polivalente, con residenze, uffici, aree commerciali, atelier, servizi e spazi pubblici. Wonderwoods Img. Lorenzo Masotto Il MIPIM Award è un riconoscimento di rilevanza internazionale che valorizza i progetti più innovativi, sostenibili e d’impatto nel settore immobiliare, premiando le iniziative che mirano a migliorare l’ambiente urbano e costruito, nel rispetto dei principi ESG. La Serre francesi di MVRDV Con una cerimonia di piantumazione del primo albero si segnò, nel 2023, l’avvio dei lavori per La Serre di MVRDV, un complesso residenziale e commerciale a uso misto a Issy-les-Moulineaux, vicino a Parigi. La Serre di MVRDV – ®OGIC Questo progetto, frutto della collaborazione tra MVRDV, l’architetto paesaggista Alice Tricon e lo sviluppatore OGIC, mira a creare una vera e propria oasi urbana e di biodiversità. Il complesso di 18 piani, descritto come un “villaggio verticale paesaggistico”, include 190 unità abitative (di cui il 30% destinate all’edilizia sociale) e spazi commerciali. ®ENGRAM L’approccio innovativo integra la natura nell’ambiente urbano: tutte le residenze hanno balconi o terrazze private, che insieme a giardini e aree comuni creano quasi 3.000 metri quadrati di spazio verde esterno. Il giardino verticale, curato da Alice Tricon, ospita 150 specie vegetali, prevalentemente autoctone. Il progetto pone grande attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale, utilizzando materiali a basse emissioni di carbonio, integrando nidi per uccelli e pipistrelli, e collegandosi alla rete di riscaldamento cittadina che impiega acque reflue. L’ampia superficie dedicata a balconi e terrazze (oltre il 25% dell’abitabile) e le aree comuni connesse da scale e passerelle, come il giardino pensile condominiale, promuovono la socialità e un forte senso di comunità tra i residenti. Winy Maas, socio fondatore di MVRDV, sottolinea come La Serre sia un ecosistema sociale ed ecologico che dimostra come l’architettura possa promuovere contemporaneamente il benessere umano e la natura, ispirando futuri progetti ibridi e sostenibili. La cattedrale verde nella patria di Van Gogh Un altro progetto di concezione biofilica dello studio di Rotterdam MVRDV è la Green Cathedral – Van Gogh Homeland, nel Brabante del Nord, commissionata dalla Fondazione Van Gogh Homeland, che mira a promuovere questo territorio, come patria di Van Gogh. La cattedrale verde, che sarà ultimata nel 2026, è ispirata alla Chiesa di Heuvel e sarà il simbolo di Van Gogh Homeland, una nuova biennale dedicata al futuro del paesaggio del Brabante, con focus su arte, sostenibilità e coinvolgimento del pubblico. Green Cathedral – Van Gogh Homeland Curata da Winy Maas, cofondatore di MVRDV, l’iniziativa affronterà le sfide ambientali e urbane della regione natale di Van Gogh. La struttura sarà composta da impalcature e vegetazione, e ospiterà eventi e mostre interattive su temi come il cambiamento climatico e l’inverdimento urbano. Tra le installazioni ci sarà anche una “passeggiata nel cielo” che offrirà nuove visioni sul futuro della città. Al termine dell’evento, le piante utilizzate saranno ripiantate in città, contribuendo al suo piano di riforestazione urbana. Non solo in città: biofilia in campagna e nei luoghi di lavoro La biofilia non è prerogativa delle grandi urbanizzazioni, ma un approccio che si può e si deve estendere ad ogni ambito della progettazione, a piccola e grande scala. Sembra questo il messaggio del progetto Greenary, dello studio CRA-Carlo Ratti Associati insieme a Italo Rota. Greenary- img Delfino Sisto Legnani and Alessandro Saletta from DSL Studio Greenary è una casa costruita attorno a un grande ficus di dieci metri, simbolo della fusione tra natura e architettura. Situata vicino a Parma, in una casa colonica ristrutturata per il CEO di Mutti, la residenza integra soluzioni tecnologiche per garantire il benessere dell’albero e degli abitanti, sfruttando luce naturale, la ventilazione automatizzata e il controllo climatico. Il grande ficus di dieci metri intorno a cui è stato sviluppato il progetto – img Delfino Sisto Legnani and Alessandro Saletta from DSL Studio La casa si sviluppa su sette livelli sfalsati che ruotano intorno all’albero, reinterpretando il concetto spaziale di Raumplan. Il design segue i principi della biofilia e valorizza la connessione uomo-natura anche attraverso materiali naturali, come pavimenti in terra cruda. Img Delfino Sisto Legnani and Alessandro Saletta from DSL Studio Il progetto fa parte di un masterplan più ampio che include anche edifici industriali e spazi verdi curati dal paesaggista Paolo Pejrone. CRA e Rota continuano a esplorare l’integrazione tra ambiente e tecnologia in progetti internazionali, come il padiglione italiano a Expo 2020. Ristrutturazione di Palazzo Mondadori a Milano Un altro interessante progetto dello studio, in collaborazione con Italo Rota, è stata la ristrutturazione di Palazzo Mondadori a Milano, di proprietà di Generali Real Estate, mirabile opera di Oscar Niemeyer che ospita la sede centrale del Gruppo Mondadori. Ristrutturazione di Palazzo Mondadori a Milano – Img Delfino Sisto Legnani, Melania Delle Grave DSL Studio Il progetto propone un approccio radicale alla rivisitazione dell’arredamento moderno. In collaborazione con Maestro Technology, l’ultima startup del gruppo, CRA ha ristrutturato oltre 1300 unità dell’arredamento modulare originale dell’edificio. Questi classici mobili del dopoguerra, realizzati dal produttore svizzero USM Haller, sono stati accuratamente smontati e riassemblati con componenti non USM Haller, integrando il legno e creando moduli aggiuntivi riconfigurabili. Questi interventi includono l’inserimento di spazi per le piante, integrando perfettamente la natura nell’ambiente ufficio. Img Delfino Sisto Legnani, Melania Delle Grave DSL Studio La struttura orinaria principale vanta un design unico: una scatola di vetro sospesa, sostenuta da archi parabolici, che crea l’illusione di uno spazio fluttuante, emergente da un lago artificiale progettato dall’architetto paesaggista Pietro Porcinai. Quindi possiamo dire che l’approccio biofilico era già nel Dna del progetto. FAQ progettazione biofilica Che cos’è la progettazione biofilica e in che modo si differenzia da altre pratiche di progettazione sostenibile? La progettazione biofilica è un approccio progettuale che integra elementi naturali all’interno degli spazi costruiti, con l’obiettivo di rafforzare il legame tra esseri umani e natura. A differenza di altre pratiche sostenibili che si concentrano principalmente sull’efficienza energetica e sulla riduzione dell’impatto ambientale, la progettazione biofilica si focalizza sul benessere psicofisico delle persone, attraverso strategie come l’uso della luce naturale, la presenza di piante, materiali organici, suoni naturali e viste sul verde. Quali sono i principali benefici della progettazione biofilica per chi vive o lavora negli spazi progettati? Numerosi studi dimostrano che gli ambienti biofilici possono migliorare significativamente la salute e la produttività. I benefici includono la riduzione dello stress, miglioramento dell’umore, aumento della concentrazione, maggiore creatività e persino tempi di recupero più rapidi nei contesti sanitari. In ambito lavorativo, l’integrazione di elementi naturali è associata a un calo dell’assenteismo e a una maggiore soddisfazione degli occupanti. Quali sono alcuni esempi concreti di elementi biofilici che un architetto può integrare in un progetto? Gli elementi biofilici possono essere sia diretti (come piante, acqua, luce naturale e ventilazione) sia indiretti (come materiali naturali, pattern organici, colori ispirati alla natura e layout che evocano ambienti naturali). Esempi pratici includono pareti verdi, tetti giardino, cortili interni, grandi aperture visive sul paesaggio, utilizzo di legno e pietra a vista, e percorsi che imitano quelli presenti nei contesti naturali. 8/11/23 Biofilia e architettura: la natura entra in casa per assicurare benessere a cura di Andrea Ballocchi Indice degli argomenti Toggle Che cos’è la biofilia?L’influenza della biofilia nello spazio costruitoCome si progetta con la biofiliaBiophilic Design Framework: linee guida per progettare con la biofiliaAlcune caratteristiche della progettazione biofilicaStandard e certificazioniChe cos’è lo standard WELL e che cosa lo differenzia dal LEEDBenefici della biofilia: numeri e datiIntervista al Presidente dell’Accademia Italiana di Biofilia, Rita WhiteLa biofilia nella progettazione, un approccio reale, non solo filosofiaL’approccio biofilico alla Biennale di Architettura di Venezia 2025Esempi e modelli di biofilia in architetturaI boschi verticali di Stefano Boeri ArchitettiLa Serre francesi di MVRDVLa cattedrale verde nella patria di Van GoghNon solo in città: biofilia in campagna e nei luoghi di lavoroRistrutturazione di Palazzo Mondadori a MilanoFAQ progettazione biofilicaChe cos’è la progettazione biofilica e in che modo si differenzia da altre pratiche di progettazione sostenibile?Quali sono i principali benefici della progettazione biofilica per chi vive o lavora negli spazi progettati?Quali sono alcuni esempi concreti di elementi biofilici che un architetto può integrare in un progetto? Introdurre la biofilia in architettura significa rispondere al bisogno innato dell’uomo di stare a contatto con la natura e di vivere questo legame anche negli ambienti confinati, quali sono la casa o l’ufficio. È stato infatti dimostrato da più fonti che la natura fornisce numerosi benefici agli esseri umani che ne fanno esperienza quotidiana, tra cui alcuni scienziati della Deakin University, in un articolo pubblicato su Frontiers Psychology. Si tratta del risultato di una ricerca basata su 49 studi, con un campione combinato di 3.201 partecipanti. Riporta che “l’esposizione agli ambienti naturali ha avuto un effetto medio-grande sia sull’aumento degli affetti positivi che sulla diminuzione degli affetti negativi. Questa scoperta supporta la dimensione emotiva anticipata dell’ipotesi della biofilia e conferisce credibilità alla teoria della progettazione biofilica.” Per questo motivo è utile arricchire la progettazione con i principi dell’architettura biofilica , un modus operandi che consente di configurare lo spazio in modo da generare ed alimentare tali connessioni. Cos’è la biofilia Prima di parlare di come declinare i principi biofilici in architettura, è opportuno approfondire la definizione del termine “biofilia”. Esso è stato usato per la prima volta nel 1973 dallo psicoanalista Erich Fromm, che l’ha intesa come “l’amore appassionato per la vita e per tutto ciò che è vivo”. Successivamente il sociobiologo Edward Osborne Wilson, negli anni Ottanta, ha espresso una definizione più specifica, ovvero la “tendenza innata a concentrarsi sulla vita e sui processi simili alla vita”. Nel suo libro Biophilia (1984) lo stesso ha ipotizzato che la biofilia rappresenti la tendenza degli esseri umani a concentrarsi e ad affiliarsi alla natura e in genere alle forme di vita. Non solo: secondo Wilson tale tendenza ha, in parte, una base genetica. Questa attrazione dell’uomo nei confronti della natura ed il conseguente bisogno di connessione con essa possono, anzi dovrebbero, essere soddisfatti anche attraverso l’ambiente costruito. «L’architettura biofilica è la risposta a questa necessità, che si concretizza progettando ambienti sani con l’impiego di elementi quali la luce naturale, i materiali bioedili (naturali e preferibilmente locali) e le piante ( facendo attenzione a ricreare le condizioni ideali per la loro crescita), oltre che caratterizzati da un impatto ridotto nei confronti del nostro pianeta», afferma Beatrice Spirandelli, architetto ed esperta di biofilia, titolare dello studio di progettazione in bioedilizia Mens sana in casa sana. Lei stessa sostiene che: «l’architettura biofilica contribuisce a prevenire significativamente le forme di stress a cui il corpo e la mente sono sottoposti quando si trovano in un ambiente costruito non propriamente “a misura d’uomo”. Essa, agendo a livello ancestrale e quindi sul nostro patrimonio genetico, è capace di innalzare il livello di salubrità e quindi di renderci più lucidi e reattivi, oltre che più sani sia mentalmente che fisicamente.» Oggi viviamo circa il 90% del nostro tempo in ambienti confinati, che sempre più spesso sono poco salubri. Spesso la concentrazione delle sostanze inquinanti indoor è peggiore di quella degli agenti che contaminano l’aria esterna e la maggior parte dei progetti non tendono conto di questo e delle propensioni naturali degli occupanti. «Anche l’uso della luce e l’impiego di colori e di materiali sempre più artificiali e lontani da quelli che la natura ci fornisce spontaneamente, che sono quelli a cui siamo istintivamente portati, non aiutano a ricreare le condizioni ottimali per vivere bene negli edifici. Quando si progetta sarebbe bene quindi ricordare e considerare questo fisiologico bisogno di natura: basterebbe già fare entrare nel modo corretto la luce del sole negli ambienti confinati per parlare di biofilia». Biofilia in architettura: l’importanza del biophilic design, in teoria… Per quanto riguarda l’impiego della biofilia in architettura, esistono alcuni esempi di edifici espressamente pensati, soprattutto negli Stati Uniti. Anche in Italia c’è qualche caso virtuoso: a Gressoney-La-Trinité, in Valle d’Aosta, è sorta due anni fa la prima scuola biofila d’Italia, realizzata secondo i canoni del biophilic design. Ma quali sono i principi basilari del biophilic design? Secondo il principale teorizzatore, Stephen Kellert sono cinque i punti essenziali: primo tra tutti un impegno ripetuto e prolungato con la natura. Essa si concentra sugli adattamenti umani al mondo naturale che, nel corso del tempo evolutivo, hanno migliorato la salute, la forma fisica e il benessere delle persone. La progettazione biofilica “incoraggia un attaccamento emotivo a particolari ambienti e luoghi”. Essa promuove interazioni positive tra le persone e la natura che incoraggiano un senso ampliato di relazione e responsabilità per le comunità umane e naturali. Infine il biophilic design “stimola il rafforzamento reciproco, l’interconnessione e l’integrazione di soluzioni architettoniche”. … e l’applicazione pratica Come si coniughino in pratica questi principi lo spiega Beatrice Spirandelli: «Occorre prevedere la presenza di piante negli ambienti confinati, ma anche ospitare animali domestici – quando e se possibile – aiuta molto. Un punto essenziale è prevedere l’impiego di materiali naturali, soprattutto nei rivestimenti, sia che si tratti di nuove costruzioni o in interventi di ristrutturazione. Un ulteriore accorgimento importante è la possibilità di poter godere di una vista su un contesto quanto più possibile naturale quando ci sia affaccia dalla finestra, basta anche un albero che ci ricordi il passare delle stagioni». Fondamentale è anche prendere spunto dalla natura nella progettazione delle forme e delle proporzioni (biomorfismo) attraverso cui si sviluppano gli spazi. «Un terzo principio è prevedere una traccia dei processi che avvengono in natura, come ad esempio realizzare ambienti che riportino la patina del tempo. Inoltre, è importante contemplare gerarchie tra gli ambienti e negli spazi di collegamento, come pure considerare soluzioni decorative ispirate ai frattali, motivi geometrici che si ripetono nella forma allo stesso modo su scale diverse e che stimolano il nostro sistema mente-corpo-emozioni. Essi possono essere riportati su semplici rivestimenti come le carte da parati. Un ulteriore elemento da tenere presente è la qualità della luce che illumina gli spazi di vita, che deve essere privilegiata nella sua componente naturale e quando non è possibile ispirata ad essa nella variazione nell’arco della giornata e nel rispetto del rapporto luce/ombra ad esempio. Anche il genius loci, ovvero lo spirito del luogo intrinseco del territorio in cui si progetta, va considerato in una corretta progettazione biofilica. A questo proposito, si può pensare di adottare materiali locali o di riprendere una tecnica costruttiva tipica della zona. Infine si deve cercare di replicare quella relazione terapeutica che la natura può offrire all’uomo e che si concretizza nel piacere della scoperta, come la sensazione che si può sperimentare passeggiando in un bosco. La rivelazione e l’inaspettato sono elementi replicabili anche in architettura per restituire esperienze emozionali positive, capaci di alimentare la mente e il cuore. Per richiamare questo legame istintivo basta poco: alcune semplici immagini, riportate con i colori e le proporzioni giuste, possono riportarci a contesti naturali, soprattutto se abbinate alla luce naturale o ad una illuminazione artificiale che ne replichi le caratteristiche. In tutto questo si può ritrovare una connessione tra biofilia e bioedilizia, concretizzabile nella ricerca della salubrità nell’ambiente costruito che non può prescindere dall’adozione di principi e materiali naturali. Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 2021 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento