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Dopo una controversia tra Commissione europea e Italia, che dura già da anni, la Corte di Giustizia ha bocciato in maniera definitiva il decreto legislativo 626/94 riguardante la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, in quanto non rispondente alla direttiva europea 89/391. I giudici della commissione europea contestano innanzitutto la valutazione dei fattori di rischio da parte del datore di lavoro: troppo restrittiva, anche con la precisazione del Governo italiano a prendere in considerazione l’art.2087 del codice civile che sancisce obblighi aggiuntivi per il datore di lavoro. Viene poi messo in discussione il raggio d’azione del datore stesso per la possibilità di ricorrere ad esperti esterni. Secondo il decreto legislativo, il datore di lavoro, nel caso non sia in grado di accertare i fattori di rischio per i lavoratori, è tenuto a rivolgersi a personale o servizi esterni abilitati, ma la commissione sottolinea il fatto che non può essere affidata al datore di lavoro tale decisione. La terza contestazione riguarda la responsabilità da parte sempre del datore di lavoro di determinare capacità e attitudini necessarie per esercitare l’attività di protezione e prevenzione dei rischi: compito che non può essere assegnato al datore di lavoro, secondo la Corte di giustizia europea. La commissione europea spinge per una definizione chiara dei requisiti delle persone abilitate a valutare i rischi professionali, e ad ampliare la categoria dei rischi professionali, in costante evoluzione anche in funzione delle condizioni di lavoro e delle ricerche scientifiche. Se la legislazione italiana non apporterà variazione alla 626, la Commissione aprirà una seconda vertenza per il mancato adeguamento alla sentenza, che porterà inevitabilmente a una salata ammenda per l’Italia. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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