AI e ambiente costruito: l’intelligenza artificiale può aiutarci a decarbonizzare il settore edile? 26/06/2024
Wood Beton ha realizzato un ponte in legno con una campata unica da 82,20 metri: tale struttura collega le sponde di una vallata in prossimità del Mar Nero. La lunghezza del ponte è un dato degno di riguardo, a maggior ragione se si sottolinea che non è ad uso solo pedonale ma anche carrabile (su di esso possono transitare veicoli con peso massimo a pieno carico di 20 t su 3 assi).Indice: Wood Beton e l’assemblaggio del ponte in legno a campata unica Lo schema statico del ponte in legno Fasi di costruzione del ponte Durabilità dell’opera La parola all’architetto Questi dati fanno già intuire l’eccezionalità dell’opera eppure lo studio del ponte di per sé non è stata la difficoltà più complessa da affrontare: le condizioni del cantiere e i limiti imposti dal contesto sono stata la vera sfida lanciata a Wood Beton. Tutto il progetto del ponte in legno è stato condizionato dall’impossibilità di lavorare su una delle due sponde collegate dal ponte. Unitamente al discorso statico in fase di esercizio, si trattava quindi di risolvere strutturalmente e logisticamente l’assemblaggio ed il montaggio in opera. Per la fase di varo (non potendo, come detto in precedenza, sfruttare la seconda sponda) è stato necessario inventarsi qualcosa di azzardato. In sostanza il pensiero è stato: se non possiamo operare dall’altro lato, costruiamo il ponte in verticale, come fosse una torre (nota bene: alta 82 metri) e poi facciamolo ruotare di 90 gradi, fino ad arrivare a toccare la sponda opposta. Passare da questa idea alla realtà ha comportato un grande lavoro di progettazione a monte ed una grande attenzione in cantiere, ma alla fine il risultato è stato raggiunto proprio in questo modo. La struttura del ponte in legno è stata portata in cantiere a pezzi, solo parzialmente pre-assemblati. I giunti da realizzare in opera erano del tipo acciaio-acciaio (non legno-legno). Wood Beton e l’assemblaggio del ponte in legno a campata unica Infatti, Wood Beton ha sfruttato la tecnologia che unisce la carpenteria metallica al legno mediante l’utilizzo di resine epossidiche. La squadra di montaggio ha assemblato a terra 7 conci tridimensionali con una dimensione massima di 12 metri ed un peso massimo di 10 tonnellate. Tali conci sono poi stati assemblati uno sopra l’altro, a partire dalla cerniera di acciaio sulla quale sarebbe stata compiuta la rotazione del ponte. Per consentire la sovrapposizione dei conci e la realizzazione della torre da 82 m è stato studiato un apposito traliccio metallico che potesse fare da “rastrelliera” e da ritegno. E stiamo parlando di una struttura metallica alta 50 metri: un “ponteggio” di tutto rispetto! Per la fase di “rotazione” sul punto fisso (la cerniera) sono stati impiegati appositi argani: è stato fondamentale analizzare il giro delle funi, le taglie da porre in sommità, la stabilizzazione dei tralicci durante la discesa del ponte e tutto questo gestendo le enormi forze in gioco. Era chiaro che durante la movimentazione gli elementi del ponte sarebbero stati sottoposti a sforzi non presenti nelle combinazioni di esercizio: progettare il ponte ha significato quindi modellare agli elementi finiti tutte le fasi di varo, progettare ha voluto dire coordinare almeno 7 differenti strutture, relative a situazioni “temporanee”, appartenenti solo al periodo di costruzione.Le variabili in gioco erano molteplici, eppure i riscontri in cantiere hanno dimostrato che i calcoli a tavolino, eseguiti con opportuni ragionamenti, sono stati rispettati dalla realtà di cantiere. Ad esempio, le frecce verificate lungo il ponte dopo il varo corrispondevano alle deformazioni calcolate in via teorica. Wood Beton ha sviluppato per quest’opera una progettazione globale: si è occupata non solo del dimensionamento del ponte ma anche di quello delle fondazioni (fondazioni del ponte e fondazioni “temporanee” per la tesatura dei trefoli di stabilizzazione) e dei tralicci provvisori metallici. La complessità degli elementi costituenti tutto il sistema e le variabili da affrontare necessitavano di un solo riferimento, un unico responsabile che avesse una sufficiente esperienza ingegneristica e cantieristica, corredata da speciali capacità intuitive.Le travi principali del ponte sono 2 travi lenticolari reticolari che, unite all’intradosso e all’estradosso da ulteriori elementi reticolari, costituiscono una struttura del tipo a “cassone”, di larghezza 235 cm. Per dare un’idea delle dimensioni, si pensi che nel punto di massima altezza, ovvero in mezzeria, la trave lenticolare ha un’altezza di 7 metri, mentre i suoi correnti hanno dimensioni 40×80 cm. L’impalcato di calpestio, fissato su portali posti superiormente alle lenticolari, ha una larghezza utile di 3,53 metri, ed è stato realizzato con pannello continuo in legno massiccio a strati incrociati (spessore totale di 18,1 cm). Lo schema statico del ponte in legno Lo schema statico adottato per il ponte è quello di trave a campata unica su due appoggi. Tali appoggi consentono entrambi uno scorrimento longitudinale, in questo modo si permettono le dilatazioni longitudinali delle travi evitando l’insorgenza di grosse coazioni. Gli appoggi sono soggetti a modeste azioni trasversali all’asse longitudinale del ponte in quanto le travi sono vincolate sui due lati per le forze fuori piano, anche se la maggior parte dell’azione trasversale è assorbita da tiranti di controvento fissati direttamente alle fondazioni. Fasi di costruzione del ponte Le fasi di seguito descritte si sono svolte in un intervallo di tempo di circa 40 giorni, dal 31 marzo all’11 maggio 2011. Durante questo periodo, le condizioni atmosferiche non sempre sono state clementi: la squadra di montaggio ha lavorato anche in condizioni di estremamente scarsa visibilità e di pioggia battente continua con grosse difficoltà di comunicazione tra le persone a terra e quelle al lavoro in quota, a 50 o 80 metri dal suolo. Fase di assemblaggio a terra dei conci Le travi in legno sono arrivate in cantiere solo parzialmente pre-assemblate nelle porzioni relative alle reticolari inferiore e superiore. La realizzazione dei conci di trave reticolare a cassone è avvenuta in cantiere. Il concio più grande, quello da disporsi sulla mezzeria del ponte, raggiungeva l’altezza totale di 7 metri. I conci di estremità erano caratterizzati da una forma “triangolare” che andava a chiudersi sulle cerniere, in corrispondenza delle quali il concio presentava un “becco” metallico. Montaggio tralicci provvisori Contestualmente all’assemblaggio dei conci è avvenuto il montaggio dei tralicci metallici che hanno fatto da “ritegno” durante le fasi di varo. Tralicci che sono stati da dimensionare e verificare sia nei confronti della struttura in legno, sia nei confronti di argani, taglie e funi che da essi sarebbero stati supportati. Montaggio conci in verticale Per ruotare i conci dalla posizione orizzontale di assemblaggio alla posizione verticale sono state utilizzate 2 autogrù, in modo da bascularli in aria. Il sollevamento in quota è avvenuto con una autogrù da 300 ton, dotata di un braccio tralicciato con un’estensione di oltre 100 m: per portare tutto il materiale necessario alla messa in funzione di questo macchinario, sono arrivati in cantiere 15 bilici. Il ponte in verticale Nel momento in cui il ponte era nella posizione verticale, i tralicci metallici facevano da opportuno sistema di ritegno provvisorio ma, essendo loro alti “solo” 50 metri, la struttura in legno era comunque superiormente a sbalzo di circa 30 metri. In corrispondenza dell’appoggio a terra, per supportare l’azione concentrata dovuta al peso della struttura, sono state approntate apposite fondazioni in calcestruzzo armato dotate di 8 pali infissi nel terreno per oltre 50 m. Il primo sbilanciamento Con il ponte in verticale non era possibile la presenza del traverso orizzontale di collegamento tra le sommità dei due tralicci: tale traverso era però strutturalmente indispensabile durante l’abbassamento del ponte sia per consentire il montaggio dei trefoli (ancorati a terra a 100 metri di distanza) sia per supportare le taglie. Di conseguenza, usando l’autogrù ed un sistema di carrucole, è stato eseguito un primo “sbilanciamento” del ponte per liberare lo spazio tra i 2 tralicci e procedere all’inserimento del traverso. La rotazione del ponte La progettazione del varo del ponte ha comportato un’attenta analisi del sistema di argani e taglie che hanno consentito la rotazione della struttura: gli argani sono stati posizionati al piede del ponte, in prossimità della cerniera di rotazione, mentre la coppia di taglie lavorava tra il traverso in sommità al traliccio provvisorio ed un tubolare che attraversava l’intradosso del ponte (appena sopra la sua mezzeria). I tralicci provvisori, durante la fase di rotazione, erano stabilizzati da 12 trefoli ancorati ad una fondazione posizionata a 100 m di distanza dalla fondazione principale. Le forze in gioco erano talmente elevate che non esistevano argani sufficientemente potenti per sopportarle, di conseguenza le taglie sono state necessarie per demoltiplicare la forza in uscita: per l’esattezza le 2 coppie di taglie erano da 80 ton e lavoravano in “dodicesima” ovvero in modo da passare agli argani una forza divisa 12 volte. È stato quindi possibile utilizzare argani da 8 ton. Apposite celle di carico hanno consentito di verificare le forze all’interno dei trefoli di stabilizzazione durante la calata: la fase di rotazione veniva interrotta secondo step prestabiliti in fase di progetto in modo da controllare e ricalibrare la trazione, aggiungendo tesatura nei trefoli per evitare che le forze si scaricassero sui tralicci. In effetti durante la calata del ponte, all’aumentare dell’inclinazione, si sono avute le massime forze di tiro, forze che hanno sollecitato tutto il sistema. Peraltro le taglie posizionate sulla struttura lignea si trovavano ad una altezza di 50 m rispetto agli 82 m totali, di conseguenza anche durante la fase di varo si operava con uno sbalzo libero di 30 m. I tubolari di acciaio visibili all’interno del ponte, pur collaborando in fase di esercizio, sono stati inseriti proprio per sopportare le azioni generate durante la fase di varo. La conquista dell’altra sponda La massima azione nelle funi si è avuta nel momento in cui il ponte ha raggiunto la posizione orizzontale, prima dell’appoggio sulla sponda conquistata. Per una certo periodo il ponte ha avuto qui un appoggio provvisorio in quanto il varo stesso è stato necessario per accedere al lato opposto e completare le operazioni di fondazione. Montaggio portali per realizzazione del piano di impalcato Raggiunta la posizione orizzontale, la struttura del ponte presentava un estradosso curvo dettato dalla sagoma delle travi lenticolari. Si è proceduto a creare la linea di camminamento finale, rettilinea, posizionando superiormente portali (preassemblati) di varia altezza. Montaggio piano di calpestio I moduli di impalcato preassemblati – costituiti dall’unione del piano in calpestio in x-lam e dei parapetti metallici laterali – sono stati fissati sopra i portali. In questa fase pesi già consistenti (come il merlo che trasportava i moduli preassemblati) hanno iniziato a transitare lungo il ponte. Finitura piano di calpestio Il piano in x-lam è stato ricoperto da un’apposita guaina impermeabilizzante e lo strato di finitura (nonché strato di usura e di sacrificio) è stato realizzato con pannelli prefabbricati di assito di larice. Durabilità dell’opera Sin dalle prime fasi di progetto una speciale cura è stata posta all’aspetto della durabilità dell’opera, in particolare studiando con attenzione la scelta dei materiali e la definizione dei particolari costruttivi. Dal punto di vista delle scelte costruttive citiamo ad esempio i seguenti accorgimenti: il pannello a strati incrociati che costituisce il piano dell’impalcato ha una larghezza trasversale maggiore rispetto a quella delle travi portanti del ponte: in questo modo è in grado di fornire una protezione generale alla struttura; in corrispondenza dei correnti inferiori delle travi lenticolari, è previsto un grigliato metallico che crea un camminamento di servizio. Tale passaggio può essere utilizzato per l’ispezionabilità (e l’eventuale manutenzione) degli elementi strutturali e degli impianti che corrono lungo il ponte; sono stati evitati i possibili punti di ristagno dell’acqua piovana mediante soluzioni studiate ad hoc. La progettazione di questo ponte ha significato mettere in campo tutte le capacità tecniche ed ingegneristiche di Wood Beton: il risultato finale, insieme alla perfetta conduzione del cantiere, ne hanno decretato il valore. Capacità ingegneristiche applicate non solo al puro calcolo strutturale di un ponte in semplice appoggio (seppur su una rispettevole luce di 82 metri) ma utilizzate anche per risolvere e gestire i problemi e le difficoltà della fase di cantiere. Flessibilità nell’uso dei materiali (legno lamellare, acciaio, acciaio armonico, calcestruzzo armato, pannelli a strati incrociati) e velocità di reazione durante le varie fasi del processo di progettazione e costruzione: qualità fondamentali soprattutto quando i lavori non sono standard ma opere fuori dall’ordinario, in una parola “straordinarie”. La parola all’architetto In tutte le cose importanti che si fanno nella vita ci sono delle storie che le rendono ancora più saporite… Nel nostro caso tutto è iniziato in un albergo di Monte Carlo dove i miei amici e partner della Wood Beton erano venuti a trovarmi.. Dovevamo fare un ponte e io pensavo di farlo in legno. Avevamo dei limiti progettuali, molto stretti: fare un ponte dove si poteva lavorare solo da una parte e dove, essendo vicini alle piazzole dell’eliporto, non si poteva costruire una struttura permanente sviluppata in altezza. Comodamente seduti si è innescata la atavica disputa che storicamente c’è tra architetti ed ingegneri, dove le mille soluzioni proposte erano o … non apprezzabili da un punto di vista estetico, o non realizzabili da un punto di vista tecnico. Eravamo in stallo con un obiettivo: fare un ponte di quasi 100 metri senza potersi basare su nulla di solido…. La soluzione è venuta pungolando l’orgoglio dell’ingegnere -Ma come, nel Medioevo facevano i ponti levatoi e tu oggi nel 21° secolo non sai farlo star su?!- Da lì è partita quasi per scherzo l’idea di costruire il ponte in piedi e poi calarlo dalla parte opposta, andarci sopra con i mezzi e dall’altra parte fare le fondazioni e fissare il tutto. Sembrava un sogno o un gioco da fanciulli, sembravamo i soliti ragazzini che giocano con il lego e sfidano le leggi della fisica. Alla fine, dopo pochi giorni, ho portato l’idea al cliente. Ero carico e pieno di entusiasmo, gli ho proposto l’idea… Ho ricevuto una tiepida risposta, “Ma terrà?” mi chiedevano, e “in legno quanto dura??? Dobbiamo andarci su con il camion dei pompieri” Sono partito in quarta e gli ho detto… “Io faccio il ponte: se non ti piace o non tiene non lo paghi”. E così è nata la nostra opera. Il prossimo anno saranno 20 anni che vivo e lavoro in Russia, un Paese che mi ha accolto da giovane con poca conoscenza, e che mi ha dato molta esperienza e mi ha portato molte sfide importanti e affascinanti al tempo stesso. In questi anni ho costruito e progettato per gran parte dei famosi oligarchi russi, e ho spesso dovuto lottare con idee, mentalità e mondi diversi, ma quello che abbiamo realizzato con gli amici della Wood Beton è stata una delle cose che mi hanno dato più soddisfazione: ogni volta che sono sul Mar Nero, passo di lì, mi fermo e percorro a piedi il nostro ponte guardando il mare e mi sento sereno. Fin da ragazzo avevo sognato e pensato di costruire un ponte, viaggiando e girando il mondo ho sempre visto il ponte come un’unione, e l’idea di unire due territori con il massimo rispetto dell’ambiente mi ha affascinato… Fare un ponte di 100 metri in legno in mezzo al bosco e davanti al mare è meraviglioso, e sono felice di aver potuto realizzarlo. Non posso dimenticare la prima volta che è arrivato il cliente in cantiere. Era attorniato da guardie del corpo e dall’entourage del caso. Vedendo il ponte in legno erano titubanti, timorosi, non si muoveva nessuno, per sbloccare la situazione ho preso la mia pesante Range Rover e sono passato sul ponte andata e ritorno. Sceso dalla macchina, il cliente con la sua truppa è passato sul ponte e scherzando e ridendo faceva dei saltelli e diceva “ma tiene…quanto dura?”, gli ho detto che gli garantivo che i nostri figli e i nostri nipoti avrebbero attraversato quel ponte. Questa è la nostra storia. Lascio agli amici della Wood Beton le parti tecniche, io mi sono solo dilettato a raccontarvi come abbiamo realizzato… un’IDEA…. P.S.: Il ponte è piaciuto, me lo hanno pagato…. Lanfranco Cirillo Consiglia questo progetto ai tuoi amici Commenta questo progetto