Illuminazione delle nuove sale dei musei capitolini a Roma

Il progetto che viene qui presentato riguarda l’illuminazione naturale e artificiale delle nuove sale dei Musei Capitolini di Roma, aperte alla fine di dicembre del 2005.
L’ampliamento, il cui progetto architettonico è stato affidato allo Studio di Carlo Aymonino, occupa il cosiddetto Giardino Romano sul retro del Palazzo dei Conservatori e una parte dell’adiacente Giardino di Palazzo Caffarelli.
Esso comprende la grande esedra ellittica, dove ora sono conservati i più famosi bronzi romani di età imperiale, e gli spazi articolati intorno ai resti delle ciclopiche fondazioni del tempio di Giove Capitolino, riservati all’esposizione dei reperti risalenti all’epoca arcaica dell’insediamento sul Campidoglio.
Il progetto architettonico di Carlo Ajmonino è stato avviato nel 1993 poco dopo il ritorno sul colle capitolino della statua di Marco Aurelio, al termine di un restauro durato nove anni che ne ha messo in evidenza i malanni e l’impossibilità di esporlo di nuovo agli agenti atmosferici esterni.
Lo spazio per ricevere il monumento equestre più famoso del mondo è, nel primo progetto di Aymonino, una sala ellittica che riprende il disegno del pavimento della piazza di Michelangelo.
Gli scavi archeologici, avviati nell’ottobre 1998 in previsione dei lavori di ampliamento dei Musei nel Giardino Romano, tuttavia portano alla luce tratti murari poderosi di fondazione, in blocchi di cappellaccio, appartenenti al grande tempio di Giove Capitolino costruito nel VI secolo avanti Cristo dai re Tarquini. Il progetto museale della Sovraintendenza comunale in seguito a ciò si modifica e di conseguenza anche quello architettonico, che deve troncare la parte ovest della sala ellittica per far posto ai ritrovamenti del basamento del tempio e alla fossa di scavo, profonda 8 metri, che ne mette a nudo le formidabili sostruzioni.
Elemento caratterizzante del progetto di Aymonino è la copertura dell’esedra ellittica interamente vetrata, sostenuta da una struttura “a cassettoni”, formata da lamiere verticali di forte spessore alte un metro e disposte su una maglia quadrata di 2 metri di lato.
La trasparenza dei cristalli del tetto e di quelli perimetrali che chiudono tutt’intorno il volume è stata pensata per portare nella sala del Marco Aurelio la vista e le suggestioni dell’esterno: gli alberi e la fontana del giardino Caffarelli, il cielo e le nuvole che lo attraversano.
Ma è proprio questa trasparenza, associata alla struttura a cassettoni, che nell’estate del 2005 allarma la Direzione dei Musei Capitolini e la Sovraintendenza a causa della proiezione sul pavimento di un reticolo di ombre portate molto accentuate, delle quali non è difficile prevedere l’effetto di disturbo sulla percezione delle opere esposte.
Il primo incarico della Sovraintendenza Comunale allo Studio Annunziata & Terzi alla fine di giugno 2005 nasce da questa preoccupazione e riguarda esclusivamente la soluzione di questo problema. In un secondo momento l’incarico verrà esteso all’intera questione dell’illuminazione, naturale e artificiale, delle nuove sale. Intervento complesso e rischioso per l’autorevolezza indiscutibile del committente e del progettista dell’edificio, ma anche per i “tempi bruciati” a ridosso della inaugurazione con le opere in fase di febbrile ultimazione.
E tuttavia intervento che può considerarsi riuscito nel merito e nel metodo e pertanto non indegno, crediamo, di essere portato a conoscenza di quanti si interessano del progetto della luce e dell’architettura più in generale.
La peculiarità dell’intervento risiede infatti nella volontà di perseguire una precisa idea di integrazione del progetto della luce con il progetto dell’architettura, idea essenzialmente e consapevolmente architettonica e non scenografica, “strutturale” e non sovrastrutturale.
Eppoi l’interesse della scommessa, che è stata quella di riuscirci nonostante le difficoltà poste dall’impossibilità tecnica di modificare gli impianti già installati, ad esempio nessuna dimmerazione delle lampade e nessuna regolazione delle accensioni per fasi, dalla comprensibile ostilità dell’impresa costruttrice a introdurre varianti a cinque mesi dall’improrogabile inaugurazione e infine dai limiti del budget.
In questo quadro, l’esito più soddisfacente rimane quello conseguito nella sala dei bronzi dove la soluzione illuminotecnica, sia per la luce diurna sia per quella artificiale, è stata cercata e trovata utilizzando i concetti, le morfologie, le tipologie e i materiali del progetto architettonico: a partire dalla perentoria matrice strutturale del progetto di Carlo Aymonino, senza tradirne lo spirito né le geometrie ma anzi declinandone in termini di luce la forma e proponendone una più ampia relazione con il contesto.
Va detto tuttavia che l’esperienza, nel suo complesso, non può dirsi ancora compiuta poiché, proprio dal punto di vista dell’illuminazione artificiale delle opere, si resta in attesa di una fase conclusiva di messa a punto, per ora rimasta in sospeso.

Il controllo dell’illuminazione naturale nella esedra ellittica
Il primo atto di progetto è stato quello di convincere la committenza che, pur essendo il problema principale quello di eliminare le ombre indesiderate all’interno della sala del Marco Aurelio, non era pensabile imboccare la strada delle soluzioni tecniche d’emergenza, come i velari sospesi sotto la copertura o i brise-soleil scorrevoli et similia, che avrebbero avuto l’effetto di avvilire e sconfessare un progetto architettonico importante che aveva alle spalle quasi dieci anni di studi e discussioni.
La nostra proposta iniziale di utilizzare pannelli diffusori leggerissimi, formalmente generati dalla maglia a cassettoni della struttura di copertura, in grado di intercettare a diverse altezze la luce solare pur mantenendo la luminosità dell’ambiente, fu accolta favorevolmente sia da Carlo Aymonino sia dalla Sovraintendenza. Il problema successivo diventò immediatamente quello di definire la disposizione planimetrica e altimetrica dei pannelli in funzione dell’irraggiamento solare nei diversi mesi dell’anno.
Di qui la decisione di incaricare il CERSIL (Centro di ricerca e sperimentazione illuminotecnica) del Politecnico di Torino per la simulazione in cielo e sole artificiali delle condizioni di illuminamento all’interno della sala, a quota pavimento e a quota 4,00 metri.
La ricerca è stata condotta in condizioni di cielo coperto e di cielo sereno dall’alba al tramonto in corrispondenza del giorno 21 dei mesi più significativi.
Qui di seguito viene riportata in estrema sintesi la simulazione eseguita dal CERSIL, che ci ha fornito il fondamento scientifico per il controllo in sede progettuale del sistema degli schermi diffusori sospesi sui bronzi romani.

Il modello di simulazione della luce diurna
Simulazione in sole artificiale.
Sono stati presi come piani di riferimento: il pavimento e un piano virtuale a 400 cm. dal pavimento, corrispondente all’incirca alla sella del cavallo.
Output fornito: immagini dell’ambiente luminoso in base alla dinamica giornaliera della penetrazione solare diretta.
Sono state simulate le dinamiche giornaliere, dalle 10,00 alle 17,00 con intervallo di 60 minuti, in corrispondenza del giorno 21 degli 8 mesi più significativi:
− 21 dicembre
− 21 marzo (equivalente al 21 settembre)
− 21 aprile (equivalente al 21 agosto)
− 21 maggio (equivalente al 21 luglio)
− 21 giugno
Per ogni dinamica sono prodotte 3 serie di immagini, in relazione al punto di osservazione assunto:
– 1 in corrispondenza della parete nord, immagini prese dall’alto, per visualizzare le zone di luci e ombre sul pavimento;
– 2 in corrispondenza dell’angolo fra la parete sud e la parete ovest, immagini prese dal basso, per visualizzare l’ambiente luminoso nel suo complesso e verificare la rispondenza del modello rispetto al reale;
− 3 in corrispondenza della parete nord, immagini prese dall’alto, per visualizzare le zone di luce e d’ombra su un piano orizzontale nero a 4 m di altezza rispetto al pavimento.
Simulazione in cielo artificiale (volta).
É stato preso come piano di riferimento il pavimento.
Per il vetro della copertura è stato assunto un valore del fattore di trasmissione luminosa pari a 0.7.
Output fornito: i valori puntuali (secondo una griglia uniforme 4 m x 4 m) e medi degli illuminamenti; i valori puntuali e medi del fattore di luce diurna (cielo coperto) e del rapporto illuminamento interno/esterno (cielo sereno)
Sono state inoltre effettuate le seguenti simulazioni:
– 1 Condizioni di cielo coperto – CIE, relativamente al 21 dicembre alle ore 12.
(luminanza zenitale secondo la formula di Kittler)
Output fornito:
– E e FLD (valori puntuali e medi) relativi al 21 dicembre;
– variazione del valore E medio per i 12 mesi dell’anno (prendendo come riferimento il giorno 21 di ogni mese)
– 2 Condizioni di cielo sereno – CIE, relativamente al 21 dicembre alle ore 12.
(modello di cielo ed equazione della luminanza zenitale secondo la formula di Gusev per ambienti urbani, caratterizzati da una torbidità dell’aria pari a 5.5 ca)
Output fornito:
– E e rapporto E int / E est (valori puntuali e medi) relativi al 21 dicembre alle ore12.
-3 Condizioni di cielo sereno – CIE – relativamente al 21 giugno alle ore 12.
(modello di cielo ed equazione della luminanza zenitale secondo la formula di Gusev per ambienti urbani, caratterizzati da una torbidità dell’aria pari a 5.5 ca)
Output fornito:
– E e rapporto E int / E est (valori puntuali e medi) per il 21 dicembre alle ore12.

Il sistema degli schermi diffusori sospesi
Sulla base dei risultati delle simulazioni del CERSIL si è proceduto alla localizzazione di 32 pannelli diffusori sospesi alla struttura della copertura in corrispondenza delle sculture. Successivamente alla decisione della Sovraintendenza di esporre anche l’Ercole dorato nella zona est della sala, il progetto ha previsto l’integrazione di altri 6 pannelli, che non sono ancora stati messi in opera, per un totale a lavori completati di 38 pannelli, pari a circa il 40% della superficie vetrata della copertura.
La simulazione delle dinamiche della luce diurna ha permesso inoltre di definire i margini di libertà nella disposizione degli schermi, specialmente in altezza, consentendo di scegliere, fra le diverse ipotesi equivalenti sul piano funzionale, quelle più soddisfacenti dal punto di vista dell’architettura.
L’obiettivo dal punto di vista architettonico è stato anzitutto quello di introdurre un elemento di mediazione fra la geometria rigorosa della struttura e il realismo espressivo delle statue.
Ma in termini più ambiziosi si è voluto individuare un “ordine intermedio” fra quello astratto, forte ed esplicito, del contenitore appena costruito e quello naturalistico, ormai fragile e ambiguo, delle dorature sbiadite e dei bronzi frammentati.
Non è un caso che in cantiere, durante il montaggio, ai pannelli sia stato dato il nome di “nuvole” e come tali siano stati considerati man mano che si andavano addensando sulla testa di Marco Aurelio.
I grandi diaframmi sospesi a mezz’aria proteggono di fatto le sculture dal sole diretto ma nello stesso tempo contribuiscono a ricostruire un cielo d’aria fra gli spaesati eroi superstiti del mito imperiale e la maglia d’acciaio della nuova copertura.

L’architettura della luce nella costruzione dello spazio museale
Dopo il tramonto, spetta ancora a questi grandi pannelli il compito di fornire l’illuminazione generale della grande sala, trasformandosi in una sorta di gigantesco lampadario che diffonde la luce emessa dai cestelli a quattro apparecchi, con lampade ad alogenuri metallici da 35 W a 3000k, sospesi al di sopra dei teli ad un metro di distanza.
L’effetto che si ottiene risponde ad una esigenza non solo illuminotecnica condivisa dalla Direzione del Museo, quella cioè di fare percepire, almeno di notte, uno spazio dilatato intorno al monumento equestre, senza la costrizione delle facciate del palazzo che di giorno lo racchiudono su tre lati al di là delle vetrate trasparenti. Proprio queste vetrate, trasformate dal buio esterno in specchi, riflettono di sera le aggregazioni dei pannelli su tutti i lati, offrendo l’immagine di un arcipelago di nuvole luminose a perdita d’occhio, oltre il confine delle colonne d’acciaio verniciato.
Dal punto di vista costruttivo gli schermi diffusori, che vengono percepiti dal basso come vetri opalescenti, e così una parte della stampa che è abituata a non andare per il sottile li ha descritti, hanno in realtà una struttura straordinariamente leggera formata da un telaio in profilati di alluminio che tengono tesi due teli di materiale sintetico diffondente.
In tutto un peso dell’ordine dei due chilogrammi ciascuno per una superficie di 4 metri quadrati.
I pannelli e i prototipi su progetto dello Studio Annunziata & Terzi sono stati realizzati da una nota ditta francese che ha l’esclusiva del materiale di cui sono fatti i teli.
Va qui ripetuto che, al momento, l’illuminazione d’accento sui bronzi è ancora quella temporanea allestita in fretta, a quota 5,00 metri invece che 10,00 come da progetto, per l’inaugurazione del 21 dicembre 2005, in attesa di completare l’intervento entro la fine di quest’anno.
Lo stesso si deve dire per l’illuminazione della fossa di scavo delle fondazioni del tempio, dove è previsto l’uso di lampade lineari a catodo freddo con una leggera forzatura cromatica della luce nella gamma dei verdi.
La struttura dei nuovi spazi del Giardino Romano progettati da Carlo Aymonino è tale da permettere una vista dalla sala ellittica verso le strutture messe in luce del tempio di Giove Capitolino e viceversa dei bronzi da parte di chi si muove fra i resti scarnificati del tempio.
Questa relazione visiva fra opere romane che pur compresenti distano fra di loro fra i cinque e gli otto secoli, cioè il tempo che divide la città arcaica dei re latini ed etruschi dalla capitale dell’impero globale del mondo antico, la si è voluta sottolineare con tipi di luce differente in grado sopra tutto di evidenziare le diverse qualità dei materiali: il cappellaccio tufaceo delle sostruzioni templari con lampade allo xenon per la nota brillantezza e morbidezza della tonalità della loro luce, il bronzo e l’oro con lampade agli ioduri metallici a 3000k, in alcuni casi corrette con filtri cromatici per accentuare le ossidazioni e le patine.
L’uso dei LED è stato limitato ad una struttura lineare disposta a soffitto, nel progetto originariamente ad incasso, destinata a segnare sul pavimento una linea virtuale, di colore blu come le strutture d’acciaio verticali, corrispondente al fronte sud orientale del tempio dove si ergeva il prospetto principale.
La messa a punto dell’installazione con la messa in opera dei necessari rifrattori lineari è prevista anch’essa nell’ambito dei completamenti della realizzazione illuminotecnica entro la fine dell’anno.

* Corrado Terzi – Adriana Annunziata
laureato in architettura nel 1968, Ordinario di Disegno Industriale e docente di Progettazione Architettonica della Luce presso la Facoltà Ludovico Quaroni Facoltà di Architettura L. Quaroni – Roma. Corrado Terzi e Adriana Annunziata sono titolari dello Studio Associato Annunziata & Terzi con sede in Roma. Oltre alla specializzazione nell’urbanistica della luce lo studio Annunziata e Terzi ha maturato nell’ultimo decennio una originale esperienza nel campo dell’illuminazione dei beni culturali perseguendo la massima integrazione delle competenze del lighting design con quelle specifiche del designer e dell’architetto

Foto 2: La sala del Marco Aurelio
Foto 3: Rapporto luce – ombra relativo al 21 giugno dalle ore 10 alle ore 15 (intervallo 60 min.)
Foto 4 La sala ellittica dei bronzi
Foto 5-6 L’illuminazione architettonica delle strutture del tempio di Giove Capitolino nelle nuove sale dei Musei Capitolini. Sezioni sulla piattaforma di fondazione e sul muro del podio del VI sec. A.C.

Tratto dal convegno internazionale “Luce e Architettura”, oganizzato dall’AIDI



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