AI e ambiente costruito: l’intelligenza artificiale può aiutarci a decarbonizzare il settore edile? 26/06/2024
Seconda parte dello speciale focus dedicato al legname da costruzione ad uso strutturale. Specie legnose: durabilità naturale e conferita, normative e trattamenti preservanti. Indice degli argomenti: Durabilità naturale I nemici del legno NORMATIVA: specie legnosa in funzione della durabilità Durabilità conferita: i trattamenti preservanti Considerazioni finali Dopo aver approfondito le caratteristiche dei principali legnami da costruzione, affrontiamo in questo articolo il tema della durabilità del legno, un argomento molto delicato, che richiede grande attenzione in tutte le fasi della progettazione. Dalla scelta del tipo di specie legnosa, ed eventuali trattamenti impregnanti, in funzione dell’esposizione all’umidità, al progetto del dettaglio costruttivo. E continua anche dopo la realizzazione del manufatto. Va infatti prevista una manutenzione periodica di quegli elementi che sono a contatto con l’acqua o in ambienti particolarmente umidi: applicando trattamenti protettivi (impregnanti) o andando a sostituire il pezzo ormai deteriorato. In ogni caso, si sa, il legno odia l’acqua e, solo tenendolo al riparo da essa, si potrà garantire vita eterna (sull’esempio delle secolari Pagode). Bisogna evitare a tutti i costi che l’acqua ristagni ma che scorra via. Come afferma l’illustre Architetto e Prof. Franco Laner, uno dei massimi esperti in materia: “legno e acqua: toccata e fuga!” Come fa giustamente notare il mio esimio collega Ing. Franco Piva, nell’uso del legno “basta un piccolo errore per ridurre sensibilmente la durata dell’intera struttura“. Durabilità naturale Per durabilità naturale si intende la capacità intrinseca di una specie legnosa di resistere al degradamento cagionato da organismi xylofagi (dal greco “xýlon” = legno e “phagèin” = mangiare) o lignivori: insetti (coleotteri e isotteri), funghi, e organismi marini. È direttamente proporzionale alla quantità di estrattivi (tannini, flobafeni, alcaloidi, fenoli, polifenoli…) capaci di inibire la vita di insetti e funghi o all’inverso di favorirne la diffusione (amido, zuccheri, glucosio…). Il legno è infatti materia viva e organica e per sua natura soggetto a processi di degradamento e attacchi biologici da parte di funghi ed insetti che vanno ghiotti delle sostanze (amido, zuccheri) di cui è composto. Ogni specie, conifera o latifoglia, europea o esotica, è il risultato di una combinazione di fattori genetici e ambientali specifici ed ha quindi caratteristiche biologiche uniche. Alcune hanno durame indifferenziato – come l’abete – e sono perciò soggette nella loro interezza a biodegradamento. Altre – come il larice – presentano un durame ben distinto e resistente a insetti e funghi. Si può generalizzare dicendo che l’alburno – legno giovane e fisiologicamente attivo – è quella parte del tronco appetibile indistintamente a funghi e insetti. Il durame – legno vecchio, fisiologicamente inattivo – è tendenzialmente di colore più scuro. È quella parte durevole del tronco che ha perduto gli amidi. Ci sono legnami che hanno una forte resistenza all’umidità e inattaccabili a insetti e funghi, altri più vulnerabili. Il legno è un materiale igroscopico, capace di modificare la sua struttura cellulare: contrarsi o gonfiarsi in funzione dell’acqua che assorbe. Quando l’albero è abbattuto, scortecciato e ridotto in travi e tavole, la sua superficie viene a contatto con l’aria ambientale più o meno ricca di umidità. Tra le due umidità si viene a stabilire un rapporto di equilibrio: si verifica una migrazione del contenuto d’acqua dall’interno verso l’esterno del legname. Le condizioni ideali sono umidità ambientale relativa al 65%. Il legno di conseguenza si stabilizzerà al 12%. Questa raggiunta situazione di equilibrio igrometrico viene meglio definita stagionatura. L’equilibrio non è però immutabile nel tempo: se l’umidità ambientale varia, il legno di conseguenza si adegua. Di fondamentale importanza, per evitare problemi di degrado biologico, è mantenere l’umidità al di sotto del 20%. I nemici del legno Dal punto di vista delle caratteristiche meccaniche del legname, quelli più distruttivi sono batteri e funghi che conducono il legno alla totale marcescenza. Gli insetti, termiti escluse, concentrano il loro attacco sulla periferia del tronco o alburno e risultano quindi meno pericolosi. Se invece, prendiamo in considerazione le condizioni climatiche, sono più temibili gli insetti (coleotteri e isotteri) che possono prosperare anche in ambienti secchi mentre i funghi hanno bisogno di umidità maggiore del 20% e temperatura sopra i 10 gradi. Vediamo insieme i principali nemici del legno. Tra tutti quelli presenti in natura, prendiamo in considerazione solo i più diffusi organismi xylofagi che la normativa contempla: Insetti coleotteri: cerambicidi (capricorno) e anobidi (tarlo) Insetti isotteri: le termiti Funghi Organismi marini Termiti (isotteri) Appartenenti alla famiglia degli isotteri, le termiti sono insetti sociali molto pericolosi: voraci, silenziose e numerose. Formano il nido (impasto di terra e saliva) lontano dal legno di cui si nutrono. La loro devastante pericolosità risiede nella loro profonda debolezza: temono la luce. L’erosione del legno causato dalle piccole operaie (lunghe circa 1 mm) avviene all’interno tramite cunicoli e gallerie senza che all’esterno se ne ravvedi traccia. Diventa palese solo al momento del crollo. “la lotta contro le termiti non può essere che di carattere preventivo giacché se una struttura lignea è già attaccata, nella maggior parte dei casi, essa è irremissibilmente condannata.” G. Giordano Termiti: gallerie interne. Esternamente il legno è intatto. Img da “Giovanni Liotta, “Agli insetti piacciono le opere d’arte. Degrado, difesa e conservazione, 2008” Capricorno delle case (Hylotrupes Bajulus) È certamente l’insetto più pericoloso. Appartenente alla famiglia dei coleotteri cerambicidi, è un distruttore spietato per il legno di conifera. A maturità raggiunge le dimensioni di 35 mm di lunghezza e 8mm di diametro. Lo stadio larvale è piuttosto lungo e legato alle condizioni climatiche (temperatura, umidità): in Italia varia dai 2 ai 4 anni. Le larve – che si nutrono del legno scavando grosse gallerie – una volta adulte volano via attraverso un foro esterno di uscita. L’infestazione è ben evidente dai fori di sfarfallamento e l’accumulo di polvere di legno, prodotto dall’erosione. Trattamento preventivo: superficiale prima della messa in opera Trattamento curativo: tolta la parte attaccata, trattamento antisettico a spruzzo o pennello. Coleotteri carambicidi: fori di sfarfallamento. Img da “Giovanni Liotta, “Agli insetti piacciono le opere d’arte. Degrado, difesa e conservazione, 2008” Tarlo dei mobili (Anobidi) Detto anche tarlo del mobile, per via della sua maggior diffusione su mobili e arredi. E perché, le dimensioni delle gallerie su elementi portanti in genere non creano preoccupanti problemi di stabilità. Le larve lunghe 7mm si nutrono del legno scavando cunicoli e, divenute adulte (in Italia, dopo 1-2 anni), sfarfallano lasciando buchi e polvere da erosione all’esterno. Gli Anobidi sono presenti in tutte le zone temperate del globo e può ben dirsi che sono presenti in tutte le abitazioni.” G. Giordano Trattamento preventivo: con antisettico. Coleotteri anobidi: fori di sfarfallamento. Img da “Giovanni Liotta, “Agli insetti piacciono le opere d’arte. Degrado, difesa e conservazione, 2008” Funghi (basidiomiceti) Hanno bisogno di un grado di umidità del legno maggiore del 20% per poter proliferare. I funghi si diffondono attraverso le microscopiche spore trasportate dall’aria. Si depositano su una superficie e, se le condizioni climatiche sono favorevoli – temperature non basse e grado di umidità >20% – germinano dando origine a dei filamenti, le Ife. Esse, vanno a perforare le pareti cellulari ed i tessuti degradando il legno fino alla marcescenza. Tante ife, originate da numerose spore formano masse cotonose – il micelio – da cui si formerà il fungo. Esistono muffe e funghi cromogeni, che generano estetiche alterazioni di colore (azzurramento) senza danneggiare la struttura delle pareti cellulari e ben più pericolosi funghi basidiomiceti (di cui ci occuperemo in questa sede), responsabili di gravi danni al legname e significativa diminuzione della resistenza meccanica. Quest’ultimi hanno la capacità di digerire sostanze organiche complesse, come la cellulosa. La loro infestazione dà origine a vari tipi di degrado biologico raggruppati sotto il nome di carie. I funghi basidiomiceti sono responsabili della carie bruna e bianca. La carie bruna attacca la cellulosa lasciando come residuo la lignina di colore scuro. Si manifesta con fessurazioni trasversali e longitudinali sul legno che ricordano il legno carbonizzato: viene perciò anche detta “carie a cubetti”. La massa diventa friabile e rilascia una polvere bruna. La carie bianca attacca invece principalmente la lignina lasciando come residuo la cellulosa, di tonalità più chiara. Il legno assume una consistenza molle e si rompe facilmente senza divenire friabile. Funghi: carie bianca. Img da “Giovanni Liotta, “Agli insetti piacciono le opere d’arte. Degrado, difesa e conservazione, 2008” In entrambi i casi la resistenza meccanica del legno è inevitabilmente compromessa. “I danni distruttivi da parte di xilofagi sono piuttosto rari anche perché viene da loro demolita solo la periferia delle travi (l’alburno) in quanto gli insetti non amano il durame, scarsissimo di cellulosa. Le termiti sono invece devastanti in quanto scavano gallerie anche nel durame. Pure le teredini demoliscono il legno infisso in acqua salata, scavando gallerie. Ma di gran lunga sono da temere batteri e funghi!!” Franco Laner Organismi marini Strutture e palificate lignee immerse in acqua marina sono soggette ad attacchi di organismi quali crostacei e molluschi. Tra quest’ultimi, i più pericolosi sono le Teredini che scavano lunghe gallerie fino a 70 cm. Tra i crostacei, le Limnoria e le Cheluria, erodono progressivamente gli strati esterni del legno, riducendone la sezione e dunque la resistenza. NORMATIVA: specie legnosa in funzione della durabilità Scegliere il legno adatto per quello specifico contesto operativo, è la prima e fondamentale fase. Da questa dipenderanno tutte le future scelte. La normativa seguente può rappresentare un’utile guida per una scelta consapevole. Il processo decisionale che un progettista deve affrontare nella costruzione di una struttura in legno, è: Individuazione della classe di rischio biologica, secondo la posizione dell’elemento strutturale (UNI EN 335) Selezione della specie legnosa in base ai requisiti di durabilità (UNI EN 350) Verifica della corrispondenza tra la durabilità del legno scelto e la classe di utilizzo (UNI EN 460) Se l’esito della verifica è positivo, il legno può essere utilizzato così com’è, altrimenti va trattato Verifica requisiti di ritenzione e penetrazione del trattamento preservante (EN 351-1:2008) Verifica dell’efficacia dei preservanti del legno. Specifiche secondo le classi di utilizzo (EN 599-1:2014) Vediamo, una ad una, le normative che regolano il processo decisionale legato alla scelta di una specie legnosa, in funzione della durabilità. Classi di utilizzo: rischio biologico (UNI EN 335: 2013) Durabilità naturale delle principali specie legnose europee utilizzate in edilizia ai differenti organismi xilofagi (UNI EN 350) Funghi xilofagi: guida alle classi di durabilità naturale delle specie legnose in relazione alle classi di utilizzo (UNI EN 460) Dall’ultima tabella, si possono trarre le considerazioni finali, incrociando i dati sulla durabilità naturale della specie e il suo ambito di utilizzo. La EN 460 indica se quel tipo di legno può essere usato con o senza trattamento preservante. Arrivati a questo punto, c’è un bivio. Se la tipologia di specie legnosa scelta è sufficiente dal punto di vista della durabilità rispetto alla classe di utilizzo richiesta dal progetto, può essere utilizzata direttamente. Altrimenti, è necessario un trattamento impregnante al fine di preservare il legno dal degrado biologico. Le successive normative – EN 351 ed EN 599 – guidano alla scelta del trattamento preservante, tenendo conto che ogni specie legnosa ha caratteristiche differenti di impregnabilità (assorbimento del trattamento protettivo). Ogni classe di utilizzo necessita di una specifica profondità di penetrazione del trattamento, definite come classi di penetrazione o NP. Durabilità conferita: i trattamenti preservanti La durabilità naturale di una specie legnosa può essere incrementata attraverso l’applicazione di specifici trattamenti preservanti. Non è intenzione in questa sede dare una visione esaustiva sull’argomento (verrà approfondita in un articolo ad hoc). Si vuole soltanto, a corredo e compimento circa il tema della durabilità, introdurre quest’ultima fase prima della messa in opera del legname. Un trattamento può avere carattere preventivo – onde evitare l’attacco biologico – o curativo – a infestazione avvenuta. I trattamenti preventivi hanno lo scopo di creare un ambiente ostile e sterile alla vita degli organismi xylofagi. Quelli curativi servono ad eliminare coleotteri e funghi già in avanzato stato di attività. La normativa EN 351 del 2008, definisce un trattamento preservante, in base a: Efficacia del prodotto nei confronti dei differenti organismi xilofagi Ritenzione e profondità di penetrazione. L’assorbimento e la penetrazione dipendono dalla specie legnosa, dal tipo di preservante e dai metodi di applicazione (a pressione, a spruzzo, a pennello…). Classificazione di penetrazione e ritenzione del sistema preservante (UNI EN 351-1) Associando le classi di utilizzo alle classi di penetrazione, la EN 335 diventa Infine, la norma EN 599 contiene le specifiche relative alle prestazioni dei preservanti per legno secondo classificazione e relativa etichettatura. Essa definisce una serie di test, atti a qualificare l’efficacia del trattamento. Se un prodotto è registrato, secondo il “Regolamento Ue sui biocidi n. 528/2012″ (regola l’immissione sul mercato europeo dei prodotti contenenti principi attivi, a tutela della salute umana e dell’ambiente), significa che ha superato i test della norma EN 599: il prodotto è idoneo all’uso. Considerazioni finali Riassumendo, il legno è materia organica e quindi soggetto a processi di degrado biologico dovuti all’esposizione ad acqua, sole e agli attacchi degli organismi xylofagi. Una struttura in legno, può durare indenne attraverso il tempo, a patto di prevedere, una serie di accortezze: buona ventilazione, per evitare fenomeni di condensa evitare ristagni d’acqua controllo dell’umidità ambientale protezione dagli agenti atmosferici e, se è il caso, prima della messa in opera dell’elemento strutturale, eseguire un trattamento preventivo. Senza dimenticare che ogni specie legnosa è unica e, come tale, va trattata. Bibliografia: GIORDANO G., Tecnica delle costruzioni in legno, Milano, Hoepli, 1999 LANER F., Idee costruttive per solai e tetti in legno, Flap edizioni, Verona, 2008 LANER F., Il legno. Materiale e tecnologia per progettare e costruire, Utet, 2012 PIAZZA M., TOMASI, Strutture in legno. Materiale, calcolo e progetto, Milano, Hoepli, 2005 MEROTTO A., Danni e difetti delle costruzioni in legno, Maggioli editore, 2017 LIOTTA G., Agli insetti piacciono le opere d’arte. Degrado, difesa e conservazione, 2007 LIOTTA G., Cattedrale di Nicosia. Situazione fitosanitaria, 2010 WALKER A., Atlante del legno. Guida ai legnami del mondo, Hoepli 2019 Promolegno Federlegnoarredo Vedi anche: Specie legnose usate in edilizia. Guida alla scelta del legname da costruzione Trattamento di modifica chimica: un approccio ecologico alla preservazione del legno Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento