Il riciclo del calcestruzzo. Parla Alfonso Di Bona, ad di Calcestruzzi

Il riutilizzo delle strutture in cls è una delle strade per la sostenibilità e la riduzione delle emissioni di CO2. Lo conferma l’amministratore delegato di Calcestruzzi, società impegnata nel progetto sperimentale sullo stadio Sant’Elia di Cagliari

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Lo stadio Sant’Elia di CagliariIndice degli argomenti:

Quella del nuovo stadio di Cagliari è storia lunga da raccontare. Una storia che dura da alcuni anni e che solo pochi mesi fa ha trovato un suo assetto definitivo. È del giugno scorso infatti l’approvazione da parte del consiglio comunale della variante urbanistica al piano guida per il quartiere Sant’Elia, dove sorge lo stadio comunale del Cagliari Calcio. Una variante che impone la modifica del progetto originario predisposto dall’architetto Massimo Roj di Progetto CMR negli anni della giunta del sindaco Zedda che, tra le altre cose, prevedeva anche la realizzazione di un polo commerciale integrato all’impianto sportivo.

Con il sindaco Paolo Truzzu alcune cose sono cambiate (la zona commerciale è stata eliminata) e anche il progetto dello stadio dovrà adattarsi alle decisioni del Consiglio: compito del progettista è ora predisporre la proposta definitiva, che verrà poi messa a gara dal Comune proprietario del bene.

Render del progetto del nuovo stadio di Cagliari prima delle recenti proposte di modifica
Render del progetto del nuovo stadio prima delle recenti proposte di modifica credits, Progetto CMR

Insomma di strada da fare ne rimane ancora tanta prima dell’attesa inaugurazione.

Nel frattempo, qualcosa di concreto è avvenuto sul versante della ricerca e in particolare del riciclo del calcestruzzo proveniente da demolizione.

Il progetto Meisar

All’interno del progetto denominato Meisar (Materiali per l’edilizia e le infrastrutture sostenibili di aggregati riciclati) è stata effettuata una campagna sperimentale che ha avuto come oggetto proprio la demolizione di una porzione del vecchio stadio Sant’Elia. Successivamente è stata effettuata la classificazione delle macerie per valutare la fattibilità del loro successivo riuso, come materie prime seconde, nella produzione di nuovi calcestruzzi strutturali.

Render dell’ingresso del futuro Cagliari Stadium
Render dell’ingresso del futuro Cagliari Stadium (credits, Progetto CMR)

Il progetto messo a punto dal dipartimento di Ingegneria civile ambientale e architettura dell’università di Cagliari e finanziato dalla regione Sardegna, ha cercato di dare risposta alla gestione dei problemi ambientali ed economici delle macerie da costruzione. Un tema quest’ultimo che impatta notevolmente sull’industria delle costruzioni e sulle sue esigenze di cambiamento in chiave di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera.

Riutilizzare materiali riciclati da demolizione o da scarti di lavorazione riduce l’estrazione di materie prime, contribuendo alla salvaguardia delle risorse naturali.

I partner del progetto

Il progetto, la cui ambizione è anche fornire indicazioni per costruire la filiera produttiva che permetta un concreto riutilizzo del calcestruzzo da demolizione, ha potuto contare sull’apporto di diversi partner quattro imprese di riciclo dei rifiuti, tre società di prefabbricazione e due produttori di calcestruzzo preconfezionato.

Tra questi ultimi anche Calcestruzzi, del gruppo multinazionale HeidelbergCement, che con i suoi 115 impianti attivi in tutt’Italia, le 13 cave e i 380 dipendenti, è tra le più importanti realtà italiane del settore.

Parla l’ad di Calcestruzzi

Alfonso Di Bona, amministratore delegato di CalcestruzzAd Alfonso Di Bona, amministratore delegato di Calcestruzzi, che vanta una lunga esperienza all’interno delle società (è in organico dal 1985), abbiamo chiesto cosa rappresenta la sperimentazione avvenuta sullo stadio di Cagliari all’interno delle strategie di sostenibilità del gruppo e dell’azienda che amministra. Ecco cosa ci detto.

«A Cagliari siamo di fronte a un interessante progetto sperimentale, che ha previsto la demolizione di una piccola quota di calcestruzzo del vecchio stadio, la frantumazione e selezione delle macerie e il successivo riutilizzo nella produzione di nuovo calcestruzzo. Dai cinque metri cubi asportati ne abbiamo ricavati tre, che hanno permesso di realizzare quattro metri cubi di nuovo calcestruzzo. Un risultato importante in termini quantitativi, ma soprattutto per la riduzione dell’impatto ambientale. Ecco cosa significa per Calcestruzzi fare ricerca e tradurre in fatti concreti in concetto di economia circolare. Abbiamo lavorato con le università italiane, come abbiamo fatto a Cagliari in questo caso o a Genova per la realizzazione del nuovo ponte autostradale dove abbiamo condotto ricerche con le università di Padova e Bergamo. A Genova, ad esempio, abbiamo coinvolto tutta la nostra filiera: dalla cementeria Italcementi di Calusco d’Adda nella bergamasca, da dove proveniva il semilavorato – il “clinker” -, passando per l’impianto Italcementi di Novi Ligure in provincia di Alessandria, dove è stato macinato il cemento che si caratterizzava per l’elevata sostenibilità grazie al materiale proveniente dal ciclo produttivo dell’acciaio – il 40%  circa – e al basso livello di emissioni di CO2: circa il 30% in meno di un cemento tradizionale. Arrivando infine agli impianti Calcestruzzi di Genova, operativi 24 ore al giorno, sette giorni su sette per rifornire il cantiere del ponte».

La filiera del cemento e del calcestruzzo

Ma ciò che emerge è la necessità di avere una filiera del riciclo di materiali da demolizione che funzioni con un percorso di qualità e tracciabilità.

Riciclo calcestruzzo: Prove di laboratorio nel centro di ricerca di Calcestruzzi
Prove di laboratorio nel centro di ricerca di Calcestruzzi (credits, Calcestruzzi)

«Vero, non siamo ancora pronti. Ma se ciascuno facesse la propria parte come stiamo facendo noi di Calcestruzzi, forse oggi la filiera sarebbe maggiormente strutturata. Noi, ad esempio, abbiamo come obiettivo la certificazione dei nostri impianti secondo lo schema CSC del Concrete Sustainability Council – uno dei più importanti standard a livello internazionale nel settore delle costruzioni -, che certifica il processo di approvvigionamento responsabile su tutta la filiera di produzione secondo i principi base della sostenibilità. La certificazione coinvolge cinque categorie di crediti: pre-requisiti, gestione, sostenibilità ambientale, sociale ed economica. L’obiettivo è quello di validare l’intera filiera di processo: dal trasporto al riciclo delle materie prime. Il tutto nel segno della massima trasparenza per garantire prodotti performanti e filiere sicure, responsabili e sostenibili. Questo è il nostro obiettivo: creare filiere sicure e trasparenti».

Gli obiettivi di sostenibilità del gruppo HeidelbergCement

HeidelbergCement Group è il secondo produttore mondiale di cemento, il terzo per la produzione di calcestruzzo preconfezionato e il primo per quanto riguarda la fornitura di inerti: per un gruppo di questa importanza e dimensioni quali sono gli obiettivi di sostenibilità?

Test di laboratorio nel centro di ricerca di Calcestruzzi
Test di laboratorio nel centro di ricerca di Calcestruzzi (credits, Calcestruzzi)

«Gli obiettivi del nostro gruppo sono chiari: ridurre del 30% le emissioni di CO2 entro il 2025 e arrivare a produrre calcestruzzo a emissioni zero entro il 2050. Per centrare questi obiettivi occorre produrre materiali innovativi di alta qualità con l’utilizzo di prodotti riciclati frutto di un’intensa attività di ricerca. La nostra forza è essere un gruppo internazionale, attento ai temi delle sostenibilità, che ha fatto propri gli obiettivi dell’Agenda Onu, a cui le varie realtà nazionali devono attenersi. Una multinazionale che non dimentica però il rapporto con il territorio e con le comunità locali».

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