Le strade per l’industrializzazione delle costruzioni

A Rebuild di giugno si è discusso di come incrementare la produttività in edilizia attraverso l’industrializzazione delle costruzioni. Il punto di partenza è il documento del governo inglese Modern Methods of Construction Definition Framework, adattato alla realtà italiana. Sette le categorie individuate, che spaziano dall’off-site al near-site e all’on-site

Le strade per l’industrializzazione delle costruzioni. Se ne è parlato a Rebuild
Esempio di edilizia industrializzata: il telaio in acciaio di una residenza (foto Manni Green Tech)

L’incontro tra industria ed edilizia può rappresentare una grande opportunità per il settore delle costruzioni. A dimostrazione di questa tesi ci sono le sempre più numerose esperienze off-site, già realtà in diversi Paesi al mondo, dagli Stati Uniti al Nord Europa. In Italia questo processo muove solo ora i suoi primi passi, nonostante il nostro sia un Paese in cui la qualità del segmento manifatturiero è indiscussa.

Di industrializzazione dell’edilizia si è discusso in occasione dell’ultima edizione di Rebuild del giugno scorso, nel corso della quale ci si è confrontati su un importante documento del governo inglese del marzo 2019 dedicato ai moderni metodi di costruzione: l’Mmc Definition Framework. Si tratta di un documento che ha operato una classificazione per comprendere e adottare i moderni metodi costruttivi: dall’edilizia off-site all’ottimizzazione del processo edilizio in cantiere, fino ai processi innovativi.

Esempio di edilizia industrializzata
Esempio di edilizia industrializzata: Anton De Kom University di Tammenga, in Suriname (foto Manni Green Tech)

Il documento britannico è stato realizzato da un team di specialisti guidato da Mark Farmer di Cast Consultancy e supportato da Buildoffsite, Homes England, National Home Building Council e Royal Institute of Chartered Surveyors.

Rebuild, con un gruppo di esperti, ha lavorato alla sua traduzione e soprattutto al suo adattamento, con lo scopo di chiarire le ambiguità ancora esistenti riguardo i termini che vanno dall’edilizia prefabbricata alla produzione off-site e di tutto ciò che sta nel mezzo rispetto a questi due estremi. Un’ambiguità – scrivono gli esperti di Rebuild – che si misura anche rispetto alla qualità delle differenti produzioni e, soprattutto, dal crescente interesse rispetto all’edilizia off-site e degli investimenti immobiliari orientati all’affitto (build to rent).

Alcune immagini del documento del governo inglese Mmc Definition Framework sull'edilizia industrializzata
Alcune immagini del documento del governo inglese Mmc Definition Framework.

Con questa operazione Rebuild ha voluto svolgere un’opera di sistematizzazione e di creazione di un linguaggio comune.

La classificazione dei moderni metodi di costruzione, gli Mmc

Sette le categorie applicate alle diverse tipologie costruttive e ai materiali strutturali, che descrivono la gamma di approcci dei Mmc, che spazia dalle soluzioni di industrializzazione off-site, near-site e persino on-site, fino all’adozione di tecnologie più innovative.

Eccole, per titoli, le sette categorie: 1) Off-site: sistemi tridimensionali; 2) Off-site: sistemi bidimensionali; 3) Off-site: elementi strutturali; 4) Produzione additiva: elementi strutturali e non strutturali; 5) Off-site: elementi e moduli integrati non strutturali; 6) Sistemi costruttivi tradizionali per la riduzione della manodopera  o l’aumento della produttività; 7) Ottimizzazione dei processi e riduzione delle lavorazioni in cantiere.

Alcune immagini del documento del governo inglese Mmc Definition Framework sull'edilizia industrializzata

Le prime cinque raffigurano il risultato di un investimento volto alla produzione in fabbrica e all’assemblaggio in cantiere, le altre due puntano ad aumentare l’efficienza delle attività in cantiere, con un impatto diretto sulla produzione edilizia in termini di materiali, lavoro e coordinamento in situ. Se nelle prime si incide sulla riduzione delle attività di mobilitazione, sull’economia circolare complessiva e sul miglioramento della logistica, nelle altre si riscontrano migliori performance sulla gestione dei rifiuti e sul monitoraggio e controllo grazie alle tecnologie digitali e la robotica.

Le categorie contenute nel documento di Rebuild rappresentano quindi sette possibili strategie di evoluzione delle costruzioni. Sette strade per un unico obiettivo: incrementare la produttività delle costruzioni, ferma da decenni con costi e tempi per gli interventi edilizi troppo alti.

«Attraverso le linee guida inglesi e l’operazione di sistematizzazione e classificazione svolta – ha sostenuto Thomas Miorin, presidente di Rebuild – ci siamo posti l’obiettivo di delineare una via italiana per un’edilizia caratterizzata da maggiori livelli di efficienza e produttività, benché vi siano alcune criticità intrinseche. A partire, ad esempio, dal diverso patrimonio edilizio esistente tra Inghilterra e Italia, con l’esigenza di nuove costruzioni nel primo caso e di riqualificazione e ampliamenti nel secondo. Da qui si coglie la centralità di uno strumento utile a comprendere e confrontare i nostri passi in avanti con un linguaggio e una metrica internazionale, facendo tesoro delle esperienze più avanzate nel dialogo tra sviluppi tecnologici e politiche pubbliche».

Thomas Miorin, presidente di Rebuild (foto ©Jacopo Salvi)
Thomas Miorin, presidente di Rebuild (foto ©Jacopo Salvi)

La prima versione degli Mmc, correlati anche dell’indice di prefabbricazione (Pmv) per la stima del valore creato dall’esecuzione delle lavorazioni non in cantiere sul totale della commessa, è riferita agli immobili a uso residenziale. Per l’applicazione all’edilizia in generale sarà necessario un lavoro di estensione di questa classificazione, avendo sempre chiara la direzione di una maggiore sostenibilità generale derivante dall’integrazione dei processi e da un’automazione in grado di ottimizzare la progettazione.

Secondo gli esperti di Rebuild, il cambiamento dell’approccio culturale sulle tecniche costruttive passa anche dalla formazione, così com’è avvenuto peraltro in Inghilterra, Paese in cui – secondo gli analisti di Mace Group Consultancy – “ci sono 600mila addetti che devono essere riqualificati in termini di competenze”.

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