Fiscalizzazione abusi edilizi, come cambia il calcolo delle sanzioni dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato

Una sentenza del 23 settembre 2022 precisa limiti e criteri della fiscalizzazione degli abusi edilizi nel caso di maggiorazione delle altezze volumetriche che non incidono sull’aumento della superficie.

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Fiscalizzazione abusi edilizi, come cambia il calcolo delle sanzioni dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato

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Con una importante sentenza il Consiglio di Stato ha fissato un nuovo parametro per il calcolo delle sanzioni dovute alla presenza di abusi edilizi. Il caso di specie riguarda la fiscalizzazione delle sanzioni pecuniarie in luogo della più severa demolizione.

La sentenza n. 8170/2022 precisa il criterio corretto per calcolare il “quantum” della sanzione nell’ipotesi in cui sia necessario “trasformare” il volume dell’edificio in superficie anche se, tale abuso, non è specificatamente disciplinato a fini sanzionatori. I giudici, quindi, hanno accolto il ricorso del Comune appellante superando la precedente decisione del TAR che riteneva non applicabile la regola di calcolo prevista dalla legge qualora l’abuso riguardasse esclusivamente i limiti di altezza.

Calcolo sanzione per abusi edilizi sulla volumetria dell’edificio: il caso di specie

La recente pronuncia del Consiglio di Stato, come anticipato, accoglie tutti i motivi di ricorso presentati dal Comune il quale aveva riscontrato la violazione delle altezze di un edificio che non poteva essere demolito senza pregiudicare la restante parte non abusiva.

Nel caso di specie, l’Amministrazione aveva comminato una sanzione di tipo pecuniario applicando il “criterio della commutazione” previsto nel Primo condono edilizio (L. n. 47/1985):

“Il volume in superficie con divisione del valore per cinque e moltiplicazione dell’importo per tre, al pari di quanto.”

Fiscalizzazione abusi edilizi, come cambia il calcolo delle sanzioni dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato
L’applicazione di questo principio tuttavia, era stato ritenuto scorretto dal giudice di primo grado, il quale aveva negato la possibilità di applicare per via analogica il criterio di calcolo di cui all’art. 34, co. 2 del Testo Unico Edilizia.

La ragione del respingimento è la seguente: la violazione delle altezze non implica l’aumento della cubatura dell’edificio e, quindi, non produce nuova superficie abitativa con ulteriore carico urbanistico: “Con riguardo alla quantificazione della sanzione relativa alla violazione dei limiti di altezza, il Collegio rileva che il criterio applicato dall’Amministrazione nel caso di specie non può essere accolto.” Prosegue la sentenza del TAR:

“Nel caso di specie, come rilevato anche nella relazione di verificazione, non risulta nessun indice positivo che consenta di tradurre la cubatura abusiva in superficie piana convenzionale, segnatamente con riguardo alla violazione dei limiti di altezza che vengono in rilievo nel presente giudizio i quali sono di entità limitata (0,38 metri), al punto da non dare luogo alla creazione di autonomi spazi abitabili, potendo al più comportare un incremento della cubatura destinata all’abitabilità, aumentandone le possibilità e comodità di fruizione, senza tuttavia incrementare il carico urbanistico.”

Ciò ha motivato il ricorso in secondo grado da parte dell’Amministrazione Pubblica – accolto – che ha determinato un nuovo principio di calcolo delle sanzioni pecuniarie nel caso specifico in cui gli abusi riguardino le altezze e non la superficie complessiva.

Fiscalizzazione degli abusi edilizi, le pretese del Comune appellante

La decisione del primo grado di giudizio non ha convinto l’Amministrazione locale la quale ha deciso di appellarsi alla sentenza chiedendo il parere del Consiglio di Stato.

Alla base del ricorso una serie di motivi che hanno convinto i giudici del secondo grado:

  • il DPR 380/2001, in presenza di abusi stabilisce una sanzione pecuniaria sostitutiva pari al doppio del costo di produzione: questo vale per tutti gli immobili residenziali sia in relazione ad abusi di superficie che incrementi volumetrici, a patto che si stia parlando di immobili ad uso abitativo
  • le sanzioni in caso di difformità devono essere commisurate al valore oggettivo delle opere eseguite, quindi al costo di produzione
  • il legislatore intende sanzionare tutte le tipologie di difformità, non soltanto gli abusi sull’aumento della superficie
  • i lavori abusivi per aumentare la volumetria, pur non intaccando la superficie, conferiscono maggior prestigio all’immobile e quindi sono economicamente e giuridicamente rilevanti

Fiscalizzazione degli abusi edilizi, le pretese del Comune appellante

Nel commentare la sentenza, i giudici del Consiglio di Stato prevedono che la fiscalizzazione delle sanzioni sia operativa solo nel caso in cui la demolizione dell’immobile fosse impossibile o troppo dispendiosa:

“La scelta legislativa non consiste, quindi, nell’abdicare dal sanzionare la difformità ma, al contrario, nel sostituire la misura reale con una sanzione pecuniaria variamente calibrata a seconda dell’uso dell’immobile. L’ordinamento esige, quindi, una risposta “sanzionatoria” non consentendo di deflettere da tale proposito se non in casi espressamente previsti dallo stesso legislatore cui solo compete stabilire, modulare o escludere la pretesa punitiva”.

Va precisato, inoltre, che il Testo Unico dell’edilizia non prevede soltanto il trattamento sanzionatorio per l’esecuzione degli abusi, ma adegua tali regole al caso specifico.

I fattori che concorrono a un’eventuale sanzione sono inderogabilmente fissati per legge ma risultano meno “stringenti” di quanto si possa pensare.

In particolare, il costo di produzione dell’opera abusiva (elemento che concorre al calcolo del quantum) cambia in base all’anno di ultimazione dell’immobile:

  • quelli i cui lavori si sono conclusi entro il 1975 pagheranno una sanzione pecuniaria
  • i lavori successivi hanno una copertura differenziata e vi si applicano i prezzi aggiornati.

I parametri per calcolare la sanzione sono precisati negli artt. 14 e 22 l. 392/1978 in base al costo unitario di produzione e alla superficie abusiva.

Nel caso di specie, il Comune ricorrente ha moltiplicato la maggiore altezza del fabbricato per la superficie totale del sottotetto. Questo è il parametro che il Consiglio di Stato ha ritenuto corretto perché applicabile agli incrementi volumetrici.

Per tirare le somme

L’interpretazione del Consiglio di Stato, che appoggia le pretese del Comune appellante, sono corrette. Il ragionamento e i riferimenti legali a sostegno della tesi dell’Amministrazione aderiscono alla Legge 392/1978 dove è sancito che le sanzioni in caso di abusi edilizi devono tenere conto della differenza tra superficie e volume senza eliminare o limitare la possibilità di punire il solo incremento volumetrico abusivo.

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