Dissesto idrogeologico in Italia: cause, impatti e soluzioni per la prevenzione

Le soluzioni al dissesto idrogeologico del nostro paese non sono così scontate e immediate, ecco le cause e come fare prevenzione, con l’aiuto di strategie e buone pratiche

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Dissesto idrogeologico in Italia: cause, impatti e soluzioni per la prevenzione

Il dissesto idrogeologico in Italia si può considerare una delle emergenze ambientali più gravi del paese. Fenomeni come frane, alluvioni, colate detritiche ed erosione costiera colpiscono infatti sempre più frequentemente vaste aree geografiche, mettendo in pericolo persone, infrastrutture e attività economiche.

Non per nulla, secondo il più recente Rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), la quasi totalità dei comuni italiani (94,5%) ha aree esposte a tali rischi e quasi un quinto del territorio nazionale (pari al 18,4%) è classificato ad elevata pericolosità. Milioni di abitanti sono pertanto potenzialmente coinvolti, di cui, sempre secondo l’ISPRA, 1,3 milioni in aree a rischio frana, 6,8 milioni in zone a rischio alluvione e 2,9 milioni esposti a inondazioni.

La fragilità del territorio italiano, confermata nel Rapporto dalle oltre 636.000 frane censite (pari a ben due terzi del totale europeo) impone dunque una riflessione urgente sulle cause del dissesto idrogeologico e sull’importanza di una rigorosa prevenzione di tale dissesto, il cui rischio è amplificato dall’urbanizzazione e dai cambiamenti climatici. Il monitoraggio costante e le strategie di mitigazione diventano dunque una priorità assoluta.

Cosa è il dissesto idrogeologico

Il dissesto idrogeologico indica la probabilità che eventi come frane o alluvioni colpiscano un territorio, causando danni a persone, edifici, infrastrutture e attività economiche.

Cosa è il dissesto idrogeologico

La valutazione del rischio (R) è complessa e si misura attraverso un indice di rischio complessivo che combina tre fattori: pericolosità (P), vulnerabilità (V) ed elementi esposti (E).

Le aree geografiche vengono di conseguenza classificate in quattro livelli di rischio (da moderato R1 a molto elevato R4), utili a guidare le azioni di pianificazione e di protezione civile.

Cause del dissesto idrogeologico

Il rischio idrogeologico è legato a fattori naturali, ma è notevolmente aggravato dalle trasformazioni ambientali indotte dall’uomo.

  • Antropizzazione: l’urbanizzazione incontrollata, la cementificazione anche in aree a rischio, la deforestazione, la mancata manutenzione di boschi e corsi d’acqua, gli abusi edilizi e le pratiche agricole erosive contribuiscono a rendere il territorio più fragile. La quota di suolo artificiale nel nostro paese è cresciuta dal 2,7% degli anni ’50 al 7,16% del 2023 e, nello stesso tempo, l’abbandono delle aree rurali montane e collinari ha determinato un mancato presidio e la manutenzione regolare del territorio, riducendo drasticamente la capacità di infiltrazione e il naturale drenaggio delle acque.
  • Cambiamenti climatici: gli effetti dell’urbanizzazione e del consumo di suolo amplificano l’instabilità e l’impatto degli eventi estremi, resi più frequenti e violenti dal cambiamento climatico.

Effetti del dissesto idrogeologico sul territorio

Gli effetti del dissesto idrogeologico si manifestano in duplice forma: aumento dell’instabilità geologica e severità degli impatti degli eventi estremi sulle realtà sociali ed economiche.

L’instabilità geologica accentuata (ovvero frane ed erosione sempre più frequenti e importanti) è un dato allarmante in Italia, diretta conseguenza di una gestione del suolo non sostenibile, la quale, combinata con l’idrodinamica di fiumi e bacini, aumenta la probabilità di movimenti di massa. A ciò si aggiunge l’erosione costiera, che sottrae progressivamente terreno lungo i mari.

Il dissesto idrogeologico si traduce di conseguenza in un rischio concreto per la sicurezza pubblica. Milioni di cittadini sono potenzialmente coinvolti, così come le infrastrutture critiche (strade, ferrovie, reti energetiche, che possono essere distrutte o danneggiate), le attività economiche (soprattutto quelle agricole e commerciali). Il costo dei danni diretti e indiretti è ormai sempre più ingente e richiede massicci interventi di ricostruzione e di messa in sicurezza post-evento.

Statistiche e dati sul dissesto idrogeologico in Italia

L’analisi dei dati sul dissesto idrogeologico in Italia conferma la vastità del problema. Il nostro paese si trova infatti nel cosiddetto “hot spot mediterraneo”, area identificata come particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici, che stanno determinando un aumento della frequenza degli eventi pluviometrici intensi e, come conseguenza, un aumento della frequenza delle frane superficiali, delle colate detritiche e delle alluvioni, incluse le “flash flood” (piene rapide e improvvise).

Aree a rischio e dati

Secondo l’ultimo Rapporto ISPRA, la pericolosità idrogeologica in Italia si concentra praticamente sulla totalità del territorio nazionale, con il 94,5% dei Comuni (esattamente 7.463) che presenta aree a rischio frane, alluvioni, valanghe e/o erosione costiera. Sono 1,28 milioni gli abitanti a rischio frane nelle aree a pericolosità elevata e molto elevata (P3 e P4) e 6,8 milioni quelli a rischio alluvioni nello scenario a pericolosità idraulica media.

Le regioni con i valori più elevati di popolazione in potenziale pericolo sono Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Campania, Lombardia e Liguria.

Il 28% delle frane è estremamente rapido e dalla elevata distruttività. La nuova Mosaicatura nazionale delle aree a pericolosità da frana dei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) evidenzia che circa 69.500 km² (pari al 23% del territorio nazionale) ricadono in aree pericolose. E le classi a rischio più elevato (P3 e P4) coprono da sole il 9,5% del paese. Rispetto alla Mosaicatura nazionale del biennio 2020-2021, emerge un incremento percentuale del 15% della superficie complessiva e del 9,2% delle classi superiori (P3 e P4). L’incremento è legato però anche a un miglioramento del quadro conoscitivo, con studi e mappatura più dettagliati.

Le spiagge italiane si sviluppano per una lunghezza complessiva di 3.400 km. Nel Rapporto si rileva che 1.899 km di spiagge hanno subito cambiamenti significativi tra il 2006 e il 2020, con alterazioni dell’assetto della linea di riva superiori a 5 m, pari a circa il 23% dell’intera costa italiana (ovvero al 56% delle sole spiagge), con 965 km di costa che risultano in avanzamento e 934 km in erosione. Questa pressoché parità di situazione deriva da un positivo cambio di tendenza, rispetto al passato, anche se non riscontrabile in tutte le regioni italiane, probabile effetto di numerosi e continui sforzi compiuti negli anni per mitigare il dissesto costiero con interventi di ripascimento e opere di protezione.

Numero di comuni con aree a pericolosità da frana in  Italia
Numero di comuni con aree a pericolosità da frana P3-P4, idraulica media, erosione costiera e/o valanghe (le categorie di comuni con percentuali inferiori allo 0,5% del totale non sono visualizzabili nel diagramma, fonte Rapporto ISPRA 2024).

Strategie di prevenzione e soluzioni

L’adozione di misure di mitigazione contro il rischio da dissesto idrogeologico si articola attraverso un insieme di azioni volte a determinare l’efficacia e la sostenibilità dell’intervento rispetto alla protezione della collettività e allo sviluppo urbanistico-infrastrutturale del territorio.

Una valutazione completa non può infatti prescindere dall’accurata definizione di tutti quegli elementi (ambientali, antropici…) che concorrono alle condizioni di instabilità di un sistema naturale. Oltre alle considerazioni di carattere tecnico, bisogna tenere infatti in considerazione anche gli aspetti di convenienza economica di un intervento (con l’analisi benefici/costi), quelli di compatibilità ambientale e gli eventuali vincoli sussistenti. Infine, per qualsiasi opzione, è necessario prendere in considerazione le conseguenze che una misura di mitigazione ha, considerando anche gli scenari a lungo termine e i potenziali effetti sul territorio circostante (Rapporto Italia Sicura, 2017).

Dal punto di vista tecnico, gli interventi possono essere:

  • strutturali, ottenuti mediante una qualsiasi realizzazione fisica (gradonatura, gabbionata, trincee, micropali, barriere…) volta a ridurre la pericolosità oppure l’applicazione di tecniche ingegneristiche che aumentino la resistenza e la resilienza di strutture e sistemi;
  • non-strutturali, che utilizzano la conoscenza, la pianificazione, la sensibilizzazione e la formazione per diminuire i rischi (divieti di costruzione, piani di emergenza e di evacuazione, interventi normativi e legislativi, campagne di informazione…).

Iniziative governative e progetti nazionali

Per la gestione del rischio in Italia, il Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo (ReNDiS) è l’archivio di riferimento. È gestito dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e ha come obiettivi censire e tracciare lo stato di avanzamento di tutti gli interventi finanziati nel nostro paese per la difesa del suolo, a partire dal 1999. In tal modo fornisce un quadro aggiornato sullo stato di attuazione delle politiche di prevenzione del dissesto idrogeologico, consentendo di valutare l’efficacia degli investimenti e di indirizzare le future risorse.

Secondo il Repertorio, ad oggi, su quasi 26.000 interventi censiti, solo il 34% risulta concluso, mentre un altro 34% è ancora da avviare o privo di dati aggiornati.

Mentre il ReNDiS si occupa del censimento, la piattaforma IdroGEO, sempre gestita dall’ISPRA, riporta i dati geografici ufficiali relativi al rischio e alla pericolosità del dissesto idrogeologico. Permette infatti di visualizzare le mappe ufficiali e di consultare in modo georeferenziato le informazioni sugli eventi dannosi verificatisi sul territorio italiano.

Gli investimenti per contrastare il dissesto idrogeologico

Dal punto di vista degli investimenti economici, il Piano ProteggItalia, piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale, approvato con D.P.C.M nel febbraio 2019, ha messo a disposizione risorse complessive per 14,3 miliardi di euro.

Di cui con stralcio dello stesso anno, relativo ad interventi immediatamente cantierabili, sono stati approvati 315,1 milioni di euro e successivamente, a fine 2019, ulteriori 361,9 milioni di euro, a carico del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 (a favore del piano operativo Ambiente).

Un secondo piano stralcio del 2020 ha riguardato più di 262 milioni di euro, per 119 interventi in tutto il paese, ma una analisi attuale del Piano da parte della Corte dei conti ha evidenziato delle criticità, in merito alla governance, alla programmazione delle opere e al loro monitoraggio, nonché all’interoperabilità delle banche dati di settore.

Al ProteggItalia si sono aggiunti anche 2,4 miliardi di euro del PNRR, ma nonostante gli sforzi, si stima che per innalzare il livello di sicurezza in modo efficace sarebbero necessari circa 27 miliardi di euro in ulteriori 8.000 opere di prevenzione. Per tamponare la situazione il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) ha annunciato la richiesta di un finanziamento aggiuntivo di circa 2,5 miliardi di euro da inserire nella prossima Legge di bilancio. Una cifra che risponde a coprire parzialmente il fabbisogno stimato per la sicurezza idrogeologica in Italia e nel contempo a sostenere una programmazione pluriennale e accelerare la cantierizzazione degli interventi già in fase di progettazione.

Distribuzione complessiva del numero degli interventi censiti e importo dei finanziamenti per il dissesto idrogeologico
Distribuzione complessiva del numero degli interventi censiti e importo dei finanziamenti, suddivisi per gruppo di finanziamento (elaborazione sui dati ReNDiS disponibili a dicembre 2024).

Il caso dell’Emilia-Romagna

L’Emilia-Romagna è un caso emblematico della fragilità del territorio italiano e degli effetti devastanti del dissesto idrogeologico, amplificati dai cambiamenti climatici. Le catastrofiche alluvioni avvenute nella regione nel maggio 2023 hanno infatti messo in luce la vulnerabilità del sistema territoriale e l’urgenza di adottare misure strutturali e preventive.

L’eccezionale intensità di piogge in tempi brevi (si parla di vere e proprie bombe d’acqua), combinata a un eccessivo consumo di suolo e alla scarsa manutenzione dei reticoli idraulici, ha causato lo straripamento di numerosi corsi d’acqua e diverse frane. In risposta, le soluzioni per contrastare il dissesto idrogeologico dell’Emilia-Romagna hanno avuto un approccio misto, che ha incluso sia opere strutturali di difesa – interventi di messa in sicurezza degli argini, ricostruzione e potenziamento delle casse di espansione (bacini artificiali temporanei per contenere l’acqua in eccesso) – sia la manutenzione idraulico-forestale, attraverso il ripristino della vegetazione ripariale e la pulizia dei letti fluviali, per migliorare la capacità di deflusso delle acque, sia ancora il monitoraggio e la creazione di sistemi di allerta, come il potenziamento del controllo pluviometrico e idrometrico al fine di migliorare le previsioni e riuscire a dare avvisi precoci alla popolazione.

Esperienze e buone pratiche in Italia e all’estero

La prevenzione del dissesto idrogeologico, a livello nazionale, deve integrare lezioni apprese da buone pratiche già consolidate e da progetti internazionali volti al contenimento del dissesto idrogeologico.

Un esempio nazionale di gestione innovativa è la piattaforma IRMAP (Ischia Reconstruction Monitoring App Platform), sviluppata dalla società di ingegneria ambientale Ambiente per la ricostruzione dell’isola di Ischia dopo il sisma del 2017. Sebbene non sia un intervento strutturale, appare come un modello di governance e di monitoraggio replicabile per:

  • trasparenza e responsabilità, dato che utilizza la georeferenziazione GIS e dashboard pubbliche per mostrare lo stato di avanzamento dei lavori di ricostruzione e di messa in sicurezza (post-sisma e post-frane del 2022);
  • efficienza, poiché monitora in tempo reale (anche tramite app mobile per i tecnici, che possono così caricare le fasi di avanzamento) la risoluzione tempestiva dei problemi, dimostrando come tecnologia e innovazione possano rendere i processi di difesa del suolo più sicuri.
Schermata piattaforma IRMAP di Ambiente. per monitorare il dissesto idrogeologico
Schermata piattaforma IRMAP di Ambiente

In Olanda il programma Room for the River (letteralmente “spazio per il fiume”) è un riferimento importante per la gestione delle alluvioni. Invece di limitarsi ad alzare gli argini, questo progetto ha adottato una filosofia basata sul dare più spazio ai fiumi in piena. Le principali azioni includono la riallocazione degli argini per allargare il letto, che nel contempo viene scavato e liberato da sedimenti per aumentarne la capacità di trasporto, la creazione di golene e di bypass (canali laterali e aree di inondazione controllata al fine di alleggerire il carico idrico).

Un approccio che si allinea alla logica delle Nature-based solutions, capaci di sfruttare i processi naturali per ridurre il rischio idraulico.

FAQ Dissesto idrogeologico

Cos’è il dissesto idrogeologico e come può essere prevenuto?

Il dissesto idrogeologico è il rischio che frane e alluvioni danneggino il territorio e ciò che vi è costruito. Si previene con l’applicazione di piani di mitigazione che combinano opere strutturali, manutenzione costante e soluzioni naturali (come ad esempio la riforestazione o la creazione di golene).

Quali sono le aree a rischio in Italia?

 Le aree a rischio idrogeologico in Italia sono diffuse su quasi tutto il territorio: il 94,5% dei Comuni infatti è esposto al pericolo e il 18,4% del territorio nazionale è classificato ad elevata pericolosità.

Che ruolo giocano i cambiamenti climatici nel dissesto idrogeologico?

I cambiamenti climatici amplificano la violenza e la frequenza degli eventi estremi, poiché si sommano al consumo di suolo e alla cementificazione, che hanno già ridotto la naturale capacità di drenaggio del terreno.

Come possiamo proteggere edifici e infrastrutture dal dissesto idrogeologico?

La protezione si basa sulla pianificazione territoriale, guidata dalle mappe di rischio. In tal modo si implementano gli interventi strutturali di mitigazione, come barriere e sistemi di drenaggio, e l’adozione di sistemi di monitoraggio costanti.

 

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