Arriva la Riforma dell’Edilizia, cosa cambia riguardo silenzio assenso, digitalizzazione e sanatorie storiche 08/12/2025
Tecnologia e innovazione in edilizia: occorre aprirsi alla digitalizzazione e all’inclusione 21/07/2025
Indice degli argomenti Toggle Spazi verdi e pubblici: le disuguaglianze in Europa e in ItaliaIl diritto all’accesso universaleLa necessità di ragionare in maniera inclusivaUna rete per apprendere accessibilità e inclusioneI prossimi passiFAQ Rete “Apprendere accessibilità e inclusione”Da dove nasce la rete “Apprendere accessibilità e inclusione” e chi ne farà parte?Chi sono i promotori?Quali sono le finalità della rete? Oggi metà dell’umanità, ovvero 3,5 miliardi di persone, vive in città. Entro il 2030, quasi il 60% della popolazione mondiale abiterà in aree urbane. Per creare le condizioni perché siano ambienti vivibili e a misura di tutti, occorrerà lavorare per “fornire accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili”. È quanto riporta il Goal 11 di Agenda 2030 riporta, nel proposito 11.7, questa indicazione. Per renderlo attuabile, nasce in Italia la rete “Apprendere accessibilità e inclusione”. Vi prenderanno parte associazioni, università, pubbliche amministrazioni, rappresentanti delle professioni. Spazi verdi e pubblici: le disuguaglianze in Europa e in Italia Gli spazi verdi come parchi, foreste urbane, viali alberati favoriscono il benessere in città, offrendo spazi per il riposo, il relax e l’esercizio fisico, e contribuendo a ridurre le isole di calore. Tuttavia, non tutti in Europa godono di pari accesso agli spazi verdi e pubblici nelle città. Nel 2018, le infrastrutture verdi rappresentavano in media il 42% della superficie delle città nei 38 paesi membri dell’AEA, escluso il Liechtenstein. “Tuttavia, questa superficie variava sia tra i paesi che all’interno dei singoli paesi”, segnala una ricerca condotta dall’Agenzia ambientale europea. “Prove provenienti da tutta Europa mostrano che gli spazi verdi sono meno disponibili nei quartieri urbani a basso reddito rispetto a quelli a reddito più elevato”. Un altro aspetto che emerge dalla ricerca è che gli spazi pubblici verdi nei quartieri di basso livello socioeconomico sono spesso di qualità inferiore rispetto a quelli dei quartieri più ricchi, riducendo la motivazione delle persone a utilizzarli. Anche in Italia si nota una diversità in termini di disponibilità di verde urbano fruibile. Una ricerca di Ispra (dati 2021) ha messo in rilievo le differenze territoriali. I Comuni con la maggiore disponibilità di verde urbano fruibile nel nostro Paese, sono localizzati nel Nord Italia. Disponibilità di aree verdi fruibili inferiore ai 10 mq/ab si registra invece in città del Meridione. Il diritto all’accesso universale Occorre assicurare un accesso universale per gli spazi verdi e pubblici. «L’accessibilità universale prende in considerazione tutte le limitazioni all’accesso che le persone percepiscono nella fruizione urbana. Sono le barriere fisiche e architettoniche, naturalmente, ma anche quelle sensoriali, percettive, intellettive, le limitazioni economiche, le barriere culturali, sociali. Comprendono, quindi, tutti quegli elementi che le persone trovano nel fruire gli spazi pubblici, i servizi della città, indipendentemente dal fatto che siano con disabilità o meno», spiega Iginio Rossi, architetto e coordinatore della Community INU Città accessibili a tutti e promotore della neonata rete, rivolgendo il pensiero ai bambini, oppure agli anziani che magari sono limitati nelle azioni quotidiane. «Definita così, l’accessibilità universale non può più essere considerata una visione specialistica. Dato che è una condizione che riguarda tutte le persone, implica la necessità di un approccio integrato multi scalare di attenzione alle esigenze personali e collettive, e quindi di politiche integrate». La necessità di ragionare in maniera inclusiva L’accessibilità universale è una condizione cui le nostre città devono riuscire a rispondere in maniera complessa e multi scalare. Cosa significa questo? Che c’è bisogno di fornire soluzioni su misura per ogni caso: «se si tratta di una limitazione personale è un conto, se si tratta di una limitazione collettiva è un altro. Così pure se si ragiona a livello di grande città o di un piccolo borgo». Vuol dire, inoltre, che non c’è la possibilità di avere degli strumenti standardizzati. «La disabilità finora è stata affrontata dalle pubbliche amministrazioni mediante regole, norme, cui i tecnici fanno riferimento. Ma bisogna sapere anche andare al di là di queste norme perché esse hanno una visione standard». Occorre anche definire cosa si intenda con inclusione, termine spesso abusato, ma che definisce il coinvolgimento delle persone «quale parte del processo politico, culturale, di comunicazione», spiega lo stesso coordinatore della Community INU. Poste le definizioni, come si vanno a tradurre nel concreto questi due termini? «Innanzitutto è importante partire da un approccio di processo, che consideri lo stato di fatto, che valuti le soluzioni, che individui gli utenti, che sappia trovare le risorse. Quindi, il processo riconosce tutta la dimensione operativa per poi tradursi in azione concreta. Il processo dovrà avere la capacità di essere inclusivo, ovvero essere in grado di coinvolgere persone, l’amministrazione, tecnici e professionisti, in modalità di condivisione in modo da ragionare insieme per affrontare e risolvere un problema attraverso azioni concertate». Una rete per apprendere accessibilità e inclusione Da qui nasce la rete “Apprendere accessibilità e inclusione”, come risposta a una necessità. «In Italia i vari soggetti che si occupano di accessibilità universale a livello culturale, divulgativo, comunicativo, ma anche a livello di studio, di ricerca e di politiche per l’accessibilità non hanno un momento di confronto, di dibattito, in cui possano raccontare e raccontarsi si quello che stanno facendo e darsi vicendevolmente un aiuto». La rete si sviluppa come community INU (Istituto nazionale Urbanistica) Città Accessibili a Tutti. «Abbiamo pensato di lanciare quest’idea di costruire una rete e l’abbiamo costituita con il nostro metodo che non è mai teorico, ma parte da esperienze concrete sul campo», specifica Rossi. La finalità della rete è raccogliere e fornire delle linee guida, degli indirizzi, degli esempi, ma partendo, come detto, da un approccio capace di mettere attorno al tavolo tutti i soggetti, che condivide le soluzioni, fornendo esperienze di riferimento. Giusto per accennare all’Atlante delle città accessibili, in esso sono racchiuse, attraverso azioni di ascolto e confronto, più di 200 esperienze eterogenee, sviluppate in Italia e riferite al superamento delle barriere architettoniche, sensoriali, percettive, intellettive, culturali, sociali, economiche, sanitarie, di genere. I prossimi passi Le prossime iniziative saranno un incontro all’interno di Urbanpromo, in programma a Firenze dall’11 al 14 novembre prossimi e una pubblicazione di INU Edizioni entro la fine dell’anno. «Nell’incontro proporremo dei relatori rappresentativi e significativi dei temi trattati – specifica Rossi –. La pubblicazione raccoglierà, invece, tutti i contributi pervenuti. Inoltre, confluiranno qui i racconti delle sintesi dei confronti e dibattiti realizzati alla BiSP ed emersi a Urban Promo. Essi rappresenteranno degli indirizzi, ma anche delle prospettive di lavoro. Alcune di queste sono già emerse e sono tematiche o argomenti sui quali la rete imbastirà delle iniziative apposite nei mesi a seguire». A questo percorso si affianca anche quello condotto come progetto “Città accessibili a tutti” e che comprende anche un premio per tesi di laurea, magistrali e triennali, e per ricerche e studi, di carattere multidisciplinare. L’ultima edizione ha visto una partecipazione importante, con 40 lavori, che testimonia, nella crescita dell’adesione, un aumento della sensibilità sull’accessibilità e l’inclusione. FAQ Rete “Apprendere accessibilità e inclusione” Da dove nasce la rete “Apprendere accessibilità e inclusione” e chi ne farà parte? L’inizio del percorso che ha portato alla nascita della rete è stato sancito dal workshop che si è svolto nel corso dell’ottava edizione della Biennale dello Spazio Pubblico (foto in apertura), a Roma. La rete si configura come un’evoluzione della Community dell’Istituto Nazionale di Urbanistica “Città accessibili a tutti”, coordinata da Iginio Rossi e Alessandro Bruni. Alla rete prenderanno parte associazioni, università, pubbliche amministrazioni, rappresentanti delle professioni. Lavorerà sui principi dell’accessibilità universale, della cura dei dati, della diversità come risorsa, del promuovere valutazione e monitoraggio degli interventi della PA, del superamento della barriera del linguaggio inerente norme, regole, tecnicismi. Formazione, ricerca ed innovazione gli ambiti e gli approcci di riferimento. Chi sono i promotori? L’iniziativa della BiSP è stata promossa assieme ad enti ed associazioni come URBIT, la stessa Biennale, INU Giovani, CERPA ETS, con il patrocinio di Design for All Italia. Alla sessione si sono confrontati 40 rappresentanti di Università, Pubblica amministrazione, Associazioni, Professioni. Dibattendo sulle loro esperienze, i casi studio eterogenei e con scale differenti, hanno dato consistenza alle macro – categorie della rete: Divulgare l’inclusione; Integrare processi per l’inclusione; Politiche per l’inclusione; Ricerca e territori. Quali sono le finalità della rete? In aderenza all’Agenda 2030, Proposito 11.7, la nuova rete contribuirà ad assicurare un accesso universale per gli spazi verdi e pubblici. Affinché siano sani, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e persone con disabilità. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento