Accessibilità in città: per superare le barriere serve una visione nazionale

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Non ci sono solo le barriere architettoniche a limitare l’accessibilità in città. Si deve lavorare su strategie condivise, su cui lavora l’INU con un progetto dedicato, spiega l’architetto Iginio Rossi

Accessibilità in città: per superare le barriere serve una visione nazionale

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È necessario parlare di accessibilità in città, una questione sempre più urgente. Entro il 2050 l’ONU prevede che delle circa 6,25 miliardi di persone che abiteranno in città, il 15% saranno disabili. Significa che 940 milioni di persone avranno problemi a superare barriere architettoniche.

In Italia c’è ancora da fare. Pensiamo alle scuole: solo il 43,3% degli edifici scolastici consente l’accessibilità totale dei percorsi interni ed esterni, segnalava il rapporto Ecosistema Urbano 2020.

ginio Rossi, architetto e coordinatore – insieme ad Alessandro Bruni – del progetto INU Città Accessibili a tuttiL’accessibilità, però, non è solo un valore e un dovere etico. Raggiungerla porta benefici sociali e crea opportunità economiche. «Ciò che insegnano i Paesi europei più avanzati in questo senso, come Germania, Francia Spagna e tutto il Nord Europa, è che le città più accessibili sono quelle più attraenti e più competitive. Essere una città più attraente si traduce in una maggiore presenza di visitatori e comporta ricadute economiche e occupazionali significative», spiega Iginio Rossi, architetto e coordinatore – insieme ad Alessandro Bruni – del progetto INU Città Accessibili a tutti.

Le conferme sono fornite dai dati. Alcuni ricercatori dell’Università del Surrey hanno scoperto che il settore del turismo europeo sta perdendo fino a 142 miliardi di euro ogni anno a causa di infrastrutture, servizi e atteggiamenti inadeguati nei confronti dei viaggiatori con esigenze di accesso speciali.

I viaggiatori all’interno dell’UE che hanno richiesto un accesso speciale (per disabilità o età) hanno intrapreso 783 milioni di viaggi in Unione Europea, contribuendo per 394 miliardi di euro e 8,7 milioni di posti di lavoro all’economia europea. Tuttavia, se le destinazioni europee fossero completamente accessibili, questa domanda potrebbe aumentare fino al 44% all’anno – producendo un Pil di 142 miliardi di euro e creando 3,4 milioni di posti di lavoro.

Pensiamo al volano economico e occupazionale che potrebbe generare in Italia, in cui il turismo ha un valore aggiunto di 67,6 miliardi (nel 2020, annus horribilis causa pandemia).

Ecco perché è bene lavorare sulla possibilità di creare città accessibili – e non solo ed è su questo che l’Istituto Nazionale Urbanistica sta portando avanti dal 2016, coordinato da Rossi e Bruni, un progetto ritenuto prioritario.

INU segnala che a oggi ha coinvolto, attraverso azioni di ascolto e confronto, più di 200 esperienze eterogenee, sviluppate in Italia e riferite al superamento delle barriere architettoniche, sensoriali, percettive, intellettive, culturali, sociali, economiche, sanitarie, di genere.

A questo proposito è stato un vero e proprio atlante delle città accessibili nel quale, oltre a definire il progetto, sono presentate svariate buone pratiche attuate o progettate in Italia.

Architetto Rossi, a che punto siamo oggi con l’accessibilità nelle città? Cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare?

Molte città stanno lavorando a questo obiettivo, manca però una visione nazionale. Ciò che è stato fatto non è marginale, in particolare sul tema della eliminazione delle barriere architettoniche. Tuttavia, esse sono il punto da cui partire, ma non il traguardo da raggiungere. Perché l’accessibilità è più ampia, così come la intendiamo con questo progetto condiviso e che coinvolge svariate realtà ed è frutto di una collaborazione a rete. L’accessibilità ha a che fare col superamento di barriere sociali, culturali, economiche, linguistiche: parliamo di fragilità, diseguaglianze, di un’urgenza sempre più sentita di un’inclusione sociale che sta aggravandosi sempre più e che la pandemia ha aggravato. Anche la povertà ha pienamente a che fare con l’accessibilità.

In questo senso siamo davvero molto indietro, e sulla mancanza di visione su scala nazionale si sta cominciando solo ora ad avere una progettualità attraverso la regia più estesa e condivisa sugli interventi del PNRR, per esempio, in cui sono stati inserite tra gli elementi considerati e risolti le condizioni di disabilità. Certo, siamo solo alle dichiarazioni di intenti: la legge delega c’è ma siamo ancora in attesa della sua attuazione.

Quali sono i punti cardinali da attuare per ragionare sull’accessibilità in città?

Innanzitutto, occorre dotarsi di politiche integrate ai vari livelli amministrativi. Significa che quando si pianificano azioni in grado di avere una ricaduta sulla vita delle persone si deve sempre considerare la questione delle barriere all’accesso e il loro superamento. Solo così l’accessibilità potrà perdere la sua dimensione specialistica o di settore e assumerà una condizione imprescindibile come lo sono ormai il risparmio energetico o l’attenzione all’ambiente.

Accessibilità in città: per superare le barriere serve una visione nazionaleMolte regioni hanno stabilito finanziamenti per realizzare i Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA), ma ci si deve occupare della eliminazione di tutte le altre barriere sopra citate. Gli esempi virtuosi non mancano: penso al progetto di Reggio Emilia città senza barriere o al Comune di Spello (Perugia), il cui Quadro Strategico di Valorizzazione del Centro storico prevede una serie di progettualità basate sull’idea forza delle tre Anime: Accessibilità-AttrattivitàAccoglienza.

Un altro caposaldo è lavorare sull’istruzione, sulla formazione delle persone a partire dagli studenti. Abbiamo da poco premiato i lavori provenienti da università italiane inerenti tesi di laurea magistrale. Con questo abbiamo voluto anche stimolare una maggiore attenzione degli atenei, che dovrebbero comprendere nei piani di studio dedicati alla accessibilità.

Serve un’inclusione anche a livello culturale.

Oltre ai benefici sociali, quali opportunità economiche può rappresentare puntare all’accessibilità in città?

L’accessibilità è sinonimo di vitalità urbana e può promuovere importanti occasioni per la stessa rigenerazione urbana. Il turismo accessibile è un altro punto a favore. Favorire una maggiore circolazione significa creare maggiori opportunità, sociali ed economiche.

Si pensi solo a livello tecnologico – all’utilità di app per trovare i percorsi più accessibili. Ci sono startup e società nate appositamente per questo e promotrici di innovazione tecnologica, esempi di opportunità occupazionali ma anche strumenti in grado di avere benefici effetti per superare le barriere architettoniche, sensoriali e percettive.

Quali saranno i prossimi passi di INU Città Accessibili a tutti?

Una delle azioni su cui come INU stiamo puntando molto, in tema accessibilità in città, è un patto per l’urbanistica Città accessibili a tutti, una sperimentazione avviata lo scorso marzo con otto città italiane: Udine, Mantova, Genova, Reggio Emilia, Livorno, Ancona, Spello e Taranto. Abbiamo condiviso una sperimentazione che entro quest’anno dovrebbe riuscire a far sì che queste città abbiano linee condivise che facilitino una azione integrata sull’accessibilità. Lo facciamo attraverso la condivisione di piani per l’eliminazione delle barriere, la mobilità sostenibile, l’inclusione sociale, per esempio.

Lavorare in rete può permettere anche una maggiore consapevolezza e conoscenza delle pratiche virtuose.

Nel 2022 raggiungeremo il secondo traguardo previsto dal patto per l’urbanistica Città accessibili a tutti. Insieme alle otto città menzionate costruiremo linee di indirizzo in grado di rendere replicabile la sperimentazione condotta. Sarà così delineata una proposta per il Paese, che possa favorire la finalizzazione di una visione condivisa su scala nazionale.

Creeremo le occasioni per metterle a fattore comune e aprirci a collaborazioni con realtà internazionali proprio per favorire la disseminazione di buone pratiche.

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