Stucchi e marmorini, il recupero di un’artigianalità che rischiava di scomparire

La riproposizione delle finiture “storiche” sta diventando qualcosa di più di una moda.

gesso

Con il termine generico di “intonaco” si indica un rivestimento murale avente funzione di protezione e di finitura superficiale. Normalmente è costituito da uno o più strati di malta applicati in un’unica sequenza di operazioni.

Nella maggior parte dei casi si tratta di una miscela di leganti organici, aggregati fini e acqua cui possono essere aggiunti componenti organici e/o inorganici in grado di conferire all’impasto lavorabilità e, una volta indurito, resistenza.
Gli intonaci per interni, in particolare, per loro stessa natura e collocazione, svolgono il principale scopo di realizzare superfici lisce ed uniformi su pareti e plafoni oltre che fornire un’eventuale supporto ad altre finiture superficiali come tinteggi, rivestimenti, ecc.
Per la loro, indubbia, ridotta funzione protettiva sono, generalmente, realizzati in due soli strati, uno di aderenza e uno di finitura. A tale scopo si impiegano impasti di vario tipo: miscele costituite da leganti aerei e calci idrauliche più sabbie, sabbie e cemento o calce e sabbia.
Proprio sul fronte degli interni si assiste, oggi, ad una prepotente ricomparsa dell’impiego di finiture di tipo storico, prime tra tutti stucchi e marmorini, complici un’industria in grado di offrire prodotti versatili e di qualità ed un recupero consapevole di un’artigianalità che rischiava di scomparire.

Origini e tecnica di stucchi e marmorini

La ricostruzione della cornice modanata e delle fasce in marmorino.
La ricostruzione della cornice modanata e delle fasce in marmorino.

Come è spesso accaduto nella storia dell’architettura anche per quanto riguarda gli stucchi la loro nascita e sviluppo è stata originata da una precisa, ed impellente, necessità pratica.
Lo stucco veneziano, in particolare, è il frutto della ricerca di un materiale di finitura in grado di resistere ad un ambiente particolarmente aggressivo come è quello lagunare.
La finitura, messa a punto tra l’XI e il XVII sec, era principalmente impiegata per decorare muri e soffitti degli edifici in abbinamento, frequentemente, ad inserti realizzati con altri tipi di materiali o pittorici.
La tecnica di realizzazione dello stucco veneziano era particolarmente complessa e difficoltosa, tanto da richiedere manodopera estremamente specializzata.

veneziano
Realizzazione di uno stucco veneziano

Ingrediente fondamentale della miscela era la polvere di marmo (ricavata nella maggior parte dei casi dalla frantumazione della pietra d’Istria) che aveva lo scopo di dare alla matrice un colore bianco facilmente pigmentabile utilizzando colori naturali di origine minerale.

Oltre ai componenti base venivano impiegate delle aggiunte minerali per conferire alla superficie suggestivi effetti cromatici oltre che per modificare i tempi di presa delle malte o per incrementare la loro durabilità. Normalmente si trattava di pigmenti, gesso, pozzolana, I pigmenti minerali, derivanti da terreni naturali colorati o da vetro macinato artificialmente, erano utilizzati nella miscela dello strato superficiale oppure, in forma di pittura liquida, per decorare la superficie dello stucco fresco o asciutto: nel caso di pittura a fresco i pigmenti venivano dispersi in un’emulsione di acqua e sapone, nella pittura dello stucco asciutto, in olio di trementina.
Sia la pozzolana naturale che quella artificiale artificiale (il ben noto cocciopesto) venivano introdotti negli strati interni per favorire la formazione di un materiale capace di resistere all’attacco dell’acqua risalente per capillarità dalla base dell’edificio.Importante anche il ruolo del gesso (in forma di solfato di calcio emiidrato) che fungeva da accelerante di presa e di indurimento, specialmente nella produzione dello stuccoforte.
Ultimo atto della realizzazione dello stucco veneziano era la lucidatura che conferiva all’intonaco l’aspetto di una pietra di marmo.

Proprio per questo, nel linguaggio comune, ai tre strati superficiali di stucco così realizzati si dava il nome comune di marmorino. L’imitazione della pietra naturale non era solo di tipo estetico, ma anche microstrutturale: lo strato superficiale del finitura simulava una pietra di marmo grazie alla fondamentale presenza del carbonato di calcio proveniente sia dalla carbonatazione della calce sia dalla polvere di marmo stessa. Lo strato superficiale era caratterizzato da un’ulteriore aggiunta di sostanze naturali, come, ad esempio, l’olio di lino crudo. La sostanza veniva stesa sia per incrementare la plasticità della miscela e per prolungare il tempo di presa, che per diminuire la porosità aperta della superficie, riducendo così il rischio di fessurazione per ritiro igrometrico. L’impermeabilità del marmorino era il risultato, invece, di un trattamento superficiale con una miscela di acqua, calce e sapone, ciò non impediva, comunque, al materiale, la rapida diffusione di vapore dall’ interno della muratura verso l’esterno. La lucidatura finale con cere vegetali o animali diluite in trementina, permetteva di ottenere brillantezza dei colori attraverso il sottile strato di cera.

Stucco in gesso

stucchi
Stucchi a Palazzo Mazzetti, del ‘700

Il tipo di lavorazione, estremamente complessa, che stava alla base della realizzazione dello stucco veneziano lo rendeva, giocoforza prerogativa esclusiva di manodopera specializzata e dei ceti più abbienti.
Tuttavia il successo ottenuto da questo tipo di finitura portò, in particolare nel XIX secolo, allo sviluppo di tecniche più economiche ed alla sua conseguente diffusione anche presso i ceti medi.
La materia prima del nuovo tipo di stucco fu il gesso, utilizzato in precedenza a Venezia esclusivamente come additivo accelerante per lo stuccoforte. Il materiale sostituì completamente come legante la calce, in modo da consentire, durante l’esecuzione della finitura fatta ora in un unico strato, l’ottenimento di uno stucco a presa ed indurimento rapidi anche in assenza d’aria. L’elevata porosità del gesso e la sua solubilità in acqua rendevano l’intonaco particolarmente vulnerabile agli ambienti umidi. Il tentativo di contrarre i costi di realizzazione dello stucco portò, anche, a modificarne le tecniche di lucidatura e finitura.
Si affermò, in particolare un trattamento superficiale con colle naturali nel cosiddetto pastellone o spatolato, ad oggi ancora in uso, che non può essere comparato con l’originale stucco veneziano in termini sia di durabilità che di aspetto estetico.

Stucco moderno

Abitazione moderna decorata con stucchi in gesso
Abitazione moderna decorata con stucchi in gesso

Il componente principale dello stucco moderno è un’emulsione acqua-polimero sotto forma di lattice premiscelato industrialmente con pigmenti colorati, calce o gesso oppure mescolato in sito con pigmenti colorati e cemento portland bianco.
Lo stucco così preparato è di facile applicazione in un unico strato e presenta, contemporaneamente, un’eccellente aderenza ad ogni tipo di substrato. La finitura, inoltre, possiede una resistenza all’acqua più alta dello stucco veneziano.
Tra le caratteristiche negative si devono, comunque, considerare possibili fenomeni di distacco causati da espansioni termiche differenti dal substrato, ma soprattutto una scarsa diffusione del vapore – dall’interno della muratura verso l’esterno – che rende questo tipo di materiale inutilizzabile come stucco per muri con problemi di umidità come quelli di Venezia.

Esistono tuttavia prodotti già pronti, oggi in commercio, che consentono di ottenere ottimi effetti estetici in tempi relativamente contenuti e tutti caratterizzati da elevata durezza, traspirabilità e lucentezza. Alla base di questi preparati protagonisti assoluti sono, frequentemente, la calce ed il grassello.

 

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