Pavimentazioni conduttive

L’evoluzione tecnologica
L’evoluzione, nei settori di alta tecnologia come quelli legati all’elettronica, è diventata così rapida che obbliga a una continua innovazione dei prodotti e dei sistemi.
Ho visto i primi passi dei pavimenti conduttivi moderni, ne ho seguite le evoluzioni e le vicissitudini e posso asserire che essi, oltre ad essere in grado di risolvere i problemi attuali connessi con la protezione elettrostatica degli ambienti, saranno in grado di farlo ottimamente anche a fronte delle esigenze, sempre più impegnative, che si porranno in un prossimo futuro.
E’ ormai accertato che nei processi produttivi dell’industria elettronica i problemi legati all’elettrostatica vanno gestiti con grande attenzione.
Il rischio dei guasti che le scariche elettrostatiche (ESD) possono arrecare ai prodotti è preponderante, al punto che tutte le normative e le raccomandazioni che riguardano la protezione del “sistema” per le zone EPA (ESD Protected Area – aree protette elettrostaticamente), vanno rigidamente adottate.
Tutte le norme attualmente in vigore, prevedono, nell’ambito della “Protezione Passiva” in EPA, che il pavimento, quando impiegato quale sistema primario di messa a terra, debba ottemperare alla funzione di dissipare le cariche elettrostatiche presenti sulla sua superficie o con le quali viene a contatto (per esempio il personale o parti mobili quali sedie ecc.). Esso dovrà quindi avere, oltre alle normali caratteristiche di resistenza al traffico, di comfort, pulibilità ecc. anche la capacità di gestire le cariche elettrostatiche attraverso la propria “conducibilità”, unita a quella dell’adesivo, fino ai nodi equipotenziali di terra.
Cenni storici
I pavimenti cosiddetti tradizionali, quali i cementizi e i lapidei, che, nel passato, erano resi conduttivi secondo necessità usando cariche di carbon black e mediante l’inserimento nel loro getto di reti metalliche, sono stati definitivamente abbandonati.
La principale ragione del loro abbandono è stata la difficoltà di mantenere costante e omogenea la loro conducibilità, che, essendo affidata a un’esecuzione molto empirica del cantiere, era sempre imprecisa e richiedeva ulteriori “aggiustamenti” con interventi di bagnatura o deumidificazione con i conseguenti rischi di eccesso o difetto di conducibilità.
Attualmente, i pavimenti che meglio si prestano a tale funzione per la loro calibrata e costante capacità di dissipazione delle cariche, appartengono, in larga misura, alla categoria dei pavimenti “resilienti”, che, sottoposti a controlli molto accurati già in fase di produzione, quando sono applicati e mantenuti correttamente, garantiscono una conduttività costante molto precisa.
Questi pavimenti, che sono di basso spessore (dell’ordine di pochi millimetri), sono così classifi cati perché la loro caratteristica di base è la “resilienza”, ovvero la capacità di “ritorno” che si accompagna alla loro “deformabilità” quando sono sottoposti a un “carico dinamico”.
Le garanzie di funzionalità
La durata dei pavimenti resilienti è un altro aspetto rilevante. I numerosi esempi di pavimenti resilienti posati da oltre venti o trenta anni in ospedali, aeroporti, scuole, metropolitane ecc. soggetti a gran traffico e usura e tuttora in perfetta efficienza, devono tranquillizzare chiunque circa la loro durata e la loro funzionalità.
Nei pochi casi in cui il loro impiego non è stato pari alle attese, gli inconvenienti emersi non sono stati causati quasi mai da un’errata scelta del tipo di pavimento e mai dalle sue scadenti caratteristiche fisico meccaniche.
E’ da quasi 50 anni, per esempio, che questi pavimenti, nella versione “conduttiva”, sono stati adottati nelle sale operatorie con specifiche molto severe (vedi CEI 64-4) a causa del rischio di deflagrazione di gas anestetici.
Di queste applicazioni (e dei problemi connessi) esiste una notevole casistica, che la mia memoria fa partire dai primi anni ‘50, con una statistica sugli incidenti nelle sale operatorie in Inghilterra (dove a quell’epoca furono adottati) e posso garantire che la conoscenza di questi fatti (e misfatti) convincerebbe chiunque a prendere in seria considerazione il problema.
Nel passato, anche recente, cariche elettrostatiche di una certa intensità hanno provocato inconvenienti che andavano dal fastidioso shock al chirurgo (magari durante un delicato intervento) al possibile scoppio, o incendio, di miscele detonanti e infiammabili dei gas usati per l’anestesia.
L’abbandono di questa tecnica ha ridotto notevolmente tali rischi, rimasti attuali solo per gli ambienti super ossigenati (dove cioè avviene la somministrazione di ossigeno).
Per quanto riguarda, poi, la durata e l’effi cacia della capacità di dissipare cariche dell’intero sistema, l’esperienza dimostra che, nei rari casi in cui si è riscontrato un inaccettabile incremento dei parametri resistivi, esso è stato quasi esclusivamente causato da una errata o inadeguata manutenzione e pulizia del pavimento e, solo raramente, da un’interruzione del contatto di terra.
Criteri di selezione e relativi requisiti fondamentali
L’analisi di un materiale/prodotto è un aspetto rilevante e a tale proposito, per la determinazione della resistenza d’isolamento, secondo le recenti norme (vedi, per esempio, la seconda edizione 2003 della CEI IEC 61340 – 4 -1), è stato previsto l’uso di tensioni diverse in base alle resistenze da valutare, sia sul materiale di pavimentazione che sul pavimento finito.
La tensione di 500 Volts, prevista dalle vecchie norme per determinare qualunque resistenza, rimane idonea solo per quelle superiori a 1×1011 Ohm (10.000 MO) oppure per verifiche della resistenza di isolamento (test a umido per applicazioni esposte a problemi di sicurezza). Le resistenze fra 1×106 e 1×1011 Ohm dovranno essere misurate con una tensione ridotta a 100 Volts, mentre quelle inferiori a 1×106 (1 MO) dovranno addirittura essere provate con una tensione di solo 10 Volts.
La scelta di un pavimento in relazione alla capacità di minimizzare e dissipare cariche elettrostatiche dovrà quindi sempre essere riferita alla soglia di sensibilità dei componenti “ESD sensitive” presenti. A tale proposito, vale la pena di ricordare che le cariche triboelettriche accumulate dal corpo umano in movimento (HBV, Human Body Voltage), i cui effetti raggiungono facilmente diverse migliaia di Volts, possono essere scaricate attraverso il pavimento solo usando calzature conduttive che, per applicazioni elettroniche, devono essere di classe 1 (entro i requisiti degli standard in condizioni di Umidità Relativa “UR” del 12%).
E’ pertanto possibile asserire che il pavimento resiliente ideale per una zona EPA soggetta a un traffico intenso dovrà sommare a una efficace resistenza meccanica anche una ben definita conducibilità elettrica; il materiale dovrà essere posato su di un sottofondo piano, consistente, solido, asciutto e resistente ai carichi previsti mediante un adesivo conduttivo dalla minore resistenza ohmica possibile e collegato stabilmente a terra.
Criteri di progettazione ed esecuzione del pavimento
La garanzia della funzionalità e della durata nel tempo di un buon pavimento, in grado di esercitare l’eliminazione delle cariche elettrostatiche, anche molto basse, che già possono riuscire dannose ai componenti elettronici di classe “0”, 1A e 1B, richiede, oltre ad un’adeguata conducibilità (spesso superiore alle calzature ESD in uso, che per ragioni di sicurezza, devono normalmente evidenziare valori maggiori di 50 Kohm), anche il rispetto di alcuni accorgimenti e “regole” esecutive, che si possono così riassumere:
1. l’adozione di un’efficace e durevole barriera di isolamento del supporto dallo strato sottostante;
2. l’esecuzione di un supporto di consistenza e spessore adeguati ai carichi sia statici che dinamici cui il pavimento sarà sottoposto;
3. l’utilizzo di un adesivo di elevate e durevoli prestazioni meccaniche e conduttive;
4. un efficace collegamento verso nodi equipotenziali “specifici”.
Approfondiamo di seguito i punti qui sopra esposti:
1. Strato di isolamento e/o separazione
Esso è fondamentale quando il massetto portante è realizzato su di un sottofondo non isolato dal terreno, su di un vespaio non sufficientemente aerato, su porticati aperti o su locali umidi o su un sottofondo alleggerito, perché deve impedire il passaggio di umidità dagli strati sottostanti.
Quando il massetto poggia su una struttura portante, si evita, inoltre, che i movimenti della struttura interferiscano con il pavimento.
2. Supporto
Normalmente è costituito da un massetto in calcestruzzo, di spessore costante (non inferiore a 4-5 cm), con una classe di resistenza adeguata al carico che dovrà sopportare. Esso dovrà essere asciutto (con umidità residua minore o uguale a 2%) e con superficie liscia, solida e compatta.
Eventuali operazioni di rettifica della planarità dovranno essere eseguite con prodotti cementizi di uguale resistenza meccanica. Superfici molto estese (superiori a 60 m²), dovranno essere ridotte con giunti di “ritiro controllo” il cui interasse non deve superare 8 m, che vengono predeterminati con la formazione del getto. La presenza sul mercato di premiscelati cementizi a presa ed asciugamento rapidi, tipo Mapecem Pronto e Topcem Pronto, permette di realizzare un supporto per pavimenti in zone EPA utilizzabile rispettivamente dopo solo 24 ore o 4 giorni dal loro getto.
3. Adesivo di ottime conduttività e resistenza meccanica
La continuità del collegamento del pavimento conduttivo verso terra deve essere garantita da adesivi conduttivi la cui bassa resistenza ohmica (nell’ordine dei 5×104 ÷ 1,5x105O) deve rimanere costante nel tempo, senza influire negativamente sulla capacità adesiva che dovrà essere elevata (= 1 N/mm).
La bassa resistenza d’isolamento di tali pavimenti, in un recente passato indicati anche come ECF (elettrostatici conduttivi) o DIF (statico dissipativi), è in grado di garantire una sempre maggiore protezione passiva di tutte le zone EPA, sia per la maggiore precisione delle misure che per la loro integrazione con informazioni complementari come il Decay Time (tempo di decadimento della carica) e la misura della tensione corporea HBV generata dal semplice pedonamento del personale addetto.
Questa ultima verifica, fatta con il sistema “Walking test HBV”, mette in evidenza l’assoluta necessità dell’uso di scarpe o calzari conduttivi nelle zone EPA.
4. Collegamento a terra
L’intero sistema dovrà essere stabilmente ed efficacemente collegato con un nodo equipotenziale (punto di terra) almeno ogni 30 – 40 m2 di superficie.
Il collegamento, eseguito con elementi di rame, darà la massima garanzia se sarà esteso e incorporato nell’adesivo conduttivo, meglio se con bandelle di basso spessore (1/10 di mm) e 10 o 15 mm di larghezza, poste trasversali ai teli o sotto ogni fila di piastrelle (se il pavimento è in piastre).
Aspetti operativi e suggerimenti utili per una buona esecuzione dei pavimenti
Per ottenere buoni e duraturi risultati, è importante eseguire una posa corretta e accurata, tenendo presenti alcuni elementi basilari che indichiamo qui di seguito.
In primo luogo è sempre consigliabile, prima dell’esecuzione del massetto, realizzare uno strato di separazione; quando questo è eseguito con un foglio di polietilene di almeno 3/10 di mm di spessore e completato con uno strato comprimibile (p.e. polistirolo espanso di circa 1 cm) contro ogni elemento in elevazione (muri di contenimento, pilastri, ecc.), svincola il pavimento da tutti i movimenti strutturali e dinamici dell’edificio; lo strato di separazione, in questo caso, con il foglio di polietilene risvoltato verso l’alto contro le pareti per lo spessore del massetto, assume anche la funzione di impermeabilizzazione dall’umidità di risalita.
Quando il massetto di calcestruzzo sarà definitivamente asciutto, se presenta delle lesioni dovrà essere riparato mediante colatura, nelle lesioni aperte e pulite, di resina epossidica bicomponente esente da solventi (tipo Eporip), a media viscosità (Brookfield rotore 5, giri 20) e perfezionato nei piani con una lisciatura autolivellante tipo Ultraplan a indurimento ultrarapido per spessori da 1 a 10 mm, pedonabile a 3 ore e con una resistenza a compressione di 30 N/mm a 28 gg.
Per la posa delle bandelle di rame, nei pavimenti conduttivi realizzati sia in gomma che in PVC, saranno usati i relativi adesivi nella versione conduttiva.
La loro scelta resta, quindi, vincolata alle diverse esigenze applicative: resistenze meccaniche, rapidità di presa ecc. Normalmente Adesilex VZ Conduttivo per le bandelle di rame, Adesilex G19 Conduttivo per i pavimenti di gomma o vinilici soggetti a traffico pesante o Ultrabond ECO V4 Conduttivo per pavimenti resilienti a traffico intenso.
Per situazioni particolari sono disponibili, oltre ai classici adesivi conduttivi già menzionati, anche delle “paste conduttive tipo Mapelectric CP1, in grado di conferire un’ottima conducibilità ESD anche a prodotti privi di tale caratteristica.
L’aggiunta dell’additivo, nella quantità/ percentuale prescritta, ad adesivi, primer e prodotti cementizi, purché compatibili con l’acqua contenuta nell’additivo, consentirà di ridurre la loro resistività fi no a 100.000/200.000 O, (1÷2•105 ohm).

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