La Scala di Giacobbe

La Scala di Giacobbe
Questo piccolo complesso monumentale sito a Castelletto di Cuggiono, in provincia di Milano, si è sviluppato accanto ad un’antica cappella, dedicata ai Santi Giacomo e Filippo.
In epoca imprecisata, ma verosimilmente nella seconda metà del sec. XIV, i religiosi dell’ordine dei Domenicani giunsero nel piccolo borgo forse in seguito a donazioni o lasciti di persone colpite dalla “peste nera” che imperversò in quel tempo nell’intera Europa; o forse semplicemente per sfuggire al contagio che era più probabile nelle città, i frati uscirono da Milano e vennero a fondare questo convento che dedicarono a S. Rocco. I documenti che si sono potuti rinvenire nella ricerca storica sono esigui. Probabilmente, trattandosi di una grangia(1) del convento di S. Eustorgio di Milano, il complesso non fu mai oggetto di particolari attenzioni. La situazione rimase pressoché invariata fino al 1991, anno in cui il complesso fu acquistato dalla Curia di Milano e divenne proprietà della Parrocchia. A quell’epoca, prima dei lavori di restauro e nuova destinazione funzionale, l’ex Convento di San Rocco si configurava come un unico complesso in cui si potevano distinguere la chiesa di Santa Maria del Rosario, prospiciente Piazza SS. Giacomo e Filippo, e l’edificio conventuale a corte centrale quadrata che era frazionato in unità con diverse destinazioni d’uso: l’abitazione del parroco, una serie di locali di servizio per la parrocchia, un piccolo museo di storia locale che raccoglieva utensili antichi, un ambulatorio medico, alcuni depositi abbandonati e alcuni alloggi per lo più da tempo disabitati. Nel 1991, dunque, l’allora Decano don Giampiero Baldi propose a don Carlo Venturin, Parroco della minuscola parrocchia di Castelletto di Cuggiono di avviare uno studio di fattibilità per proporre una soluzione distributiva e funzionale di massima perché l’ex-convento di San Rocco potesse diventare un centro pastorale e culturale per le genti del decanato di Castano Primo. Il progetto, affidato all’ingegner Luigi Paolino, è stato redatto con l’obiettivo di salvaguardare i valori architettonici ed ambientali originari, pur nel rinnovamento funzionale derivante dalle esigenze della Committenza per una nuova fruibilità degli spazi.

Rilievo geometrico
Del complesso di San Rocco non esisteva alcun disegno e pertanto si è reso necessario in fase di progettazione provvedere all’esecuzione di un rilievo dello stato di fatto finalizzato a ricostruire gli aspetti morfologici e geometrici dei fabbricati. In tal modo si è potuta ricostruire una documentazione di base attendibile sulla quale è stata redatta l’analisi e la mappatura del degrado e da cui sono derivate le scelte progettuali di tipo distributivo e del recupero. Il rilievo geometrico è stato riportato scrupolosamente ed analiticamente su un quaderno di campagna e documentato da rilievo fotografico.

Rilievo materico e mappatura
Al fine di poter individuare una razionale e corretta impostazione delle opere di restauro e ripristino del complesso edilizio si è compiuta una accurata mappatura dei degradi degli elementi verticali ed orizzontali della fabbrica. La procedura adottata per la mappatura è stata del tipo “integrale”, intendendo così l’estensione dell’indagine a tutto l’involucro e ai muri portanti interni.
Sulle Tavole di rilevo del Degrado sono state riportate, con apposito codice di rappresentazione e con riferimenti di tipo numerico, le risultanze di quanto individuato. Le manifestazioni di degrado presenti sui sistemi di facciata in esame possono essere ricondotte sostanzialmente alle seguenti famiglie di difetti: fessurazioni; sfogliamento dell’intonaco; macchiature da umidità; rappezzo di intonaco; asportazione di materiale; rifacimento integrale di intonaco; distacco di intonaco.

Indagini specialistiche sugli intonaci
La campagna diagnostica conoscitiva degli intonaci è stata compiuta da ditta specializzata (TEKNEMA Srl) in due fasi. Gli intonaci delle facciate sono risultati, in generale, gravemente deteriorati. La campagna diagnostica ha permesso di raggiungere i seguenti obiettivi: caratterizzazione dei materiali, identificazione delle alterazioni, stima dei degradi. Sono state eseguite complessivamente 7 sezioni sottili, 2 sezioni lucide, 5 cromatografie ioniche e 8 endoscopie con le seguenti finalità: caratterizzazione petrografica e degrado dell’intonaco, descrizione dello strato di colore, determinazione qualitativa e quantitativa degli ioni dei sali solubili, rilievo della stratigrafia dell’intonaco. Le indagini hanno interessato anche gli intonaci interni e i controsoffitti di 14 locali, ritenuti i più significativi dell’intero complesso, finalizzate a individuare le successioni stratigrafiche del colore e determinare le tecniche pittoriche. Sono state eseguite 6 sezioni sottili e 24 sezioni lucide.
Le analisi hanno mostrato che quasi tutti gli intonaci sono realizzati con sabbia e calce, ancorché con percentuali differenti. In genere, lo stato di conservazione è stato stimato in mediocre e pessimo.
Per quanto riguarda le successioni stratigrafiche di colore delle pareti e dei controsoffitti, si sono rinvenuti anche fino a 18 strati di colore. Gli esiti delle analisi e delle informazioni inerenti ciascuna prova in campo sono stati inseriti in apposite schede di mappatura specialistica che hanno consentito di orientare le scelte di intervento conservativo-ripristinativo o sostitutivo.

Criteri generali di intervento
Dall’analisi storica e morfologica del complesso e del luogo si è rilevata la necessità -divenendo favorevoli in questi recenti anni le condizioni strategiche ed economiche della Curia Arcivescovile di Milano- di avere un approccio progettuale che salvaguardasse il più possibile i valori architettonici ed ambientali originari, pur nel rinnovamento funzionale derivante dalle esigenze della Committenza per una nuova fruibilità degli spazi. Si è previsto così di operare in tre direzioni, caratterizzate da differenti momenti ed ambiti progettuali, ma concorrenti alla restituzione all’antico fasto, con nuovo modello d’uso, di un edificio che, nella zona, deve senz’altro rappresentare un significativo riferimento religioso, sociale e culturale per le genti non solamente locali: restauro degli elementi architettonici; consolidamento statico, in funzione sia delle condizioni di instabilità di alcune porzioni dell’immobile denunciate da preoccupanti quadri fessurativi sia delle nuove condizioni di carico imposte dalle mutate destinazioni d’uso; ridistribuzione interna, per ottenere un nuovo assetto spaziale-funzionale consono alle esigenze pastorali e culturali dei sacerdoti e delle comunità religiose del Decanato di Castano Primo cui sarà destinato l’immobile.

L’impianto distributivo
Le esigenze della Committenza, finalizzate a conferire al complesso un uso collettivo-comunitario nell’ottica della preparazione/formazione religiosa, hanno comportato una nuova destinazione degli spazi con caratteristiche essenzialmente aggregative.
Il nuovo assetto distributivo complessivo prevede la compresenza di differenti attività distribuite su tre livelli (piano terra, piano primo e piano interrato): residenzialità permanente; residenzialità temporanea; riunioni ristrette, assemblee; attività di formazione, riflessione, educazione, studio; attività di archiviazione e informazione; servizi connessi: ristorazione, servizi igienici, spazi e attrezzature di distribuzione, locali tecnologici.

Il restauro
Gli interventi attuati si possono sinteticamente raggruppare in tre tipologie: interventi strutturali, che hanno riguardato i lavori necessari al consolidamento statico dell’intero immobile; conservativi/ripristinativi, opere di finitura e completamento; modificativi/integrativi, opere necessarie ad assicurare la nuova funzionalità dell’immobile, la sua messa a norma e tutte le finiture e completamenti per i quali non è stata possibile la conservazione dell’esistente.

Il consolidamento strutturale delle murature
Dal punto di vista delle strutture di elevazione, quello che è emerso dal rilievo del degrado e riportato nella specifica mappatura è la presenza di lesioni sia a vista che sotto intonaco, particolarmente significative nel maschio murario del corpo est verso il giardino, ma comunque evidenti anche in altre situazioni. Inoltre, una volta rimosso l’intonaco interno ed esterno per le porzioni non soggette a conservazione ed anche dall’analisi della tessitura muraria nelle zone di lacuna del rivestimento si è rilevata una consistente disomogeneità morfologica e materica degli apparati murari, eccezion fatta per la parte aggiunta più di recente (portico interno del corpo est), realizzata decisamente con maggior maestria e abbondanza di mezzi. Tale disomogeneità, soprattutto consistente in giustapposizione di porzioni in mattoni pieni con parti in sasso senza un criterio di regolarità, ha determinato linee di debolezza meccanica verticale trasferite inevitabilmente nello strato di rivestimento ad intonaco e situazioni di instabilità dovute alla scarsissima resistenza meccanica dell’elemento murario in termini di coazione mattone-pietra-legante. Inoltre, si è potuto rilevare che i corpi di fabbrica aggiunti successivamente all’edificazione originaria erano stati semplicemente accostati, senza realizzare alcun collegamento strutturale orizzontale; pure alcune murature contigue all’interno del singolo corpo di fabbrica non presentavano continuità strutturale nel piano orizzontale.
Nel caso delle lesioni più significative e di natura strutturale il consolidamento è stato eseguito con la tecnica di scuci-cuci, previo ampliamento delle lesioni, attraverso la demolizione dei lembi di distacco, pulizia e lavaggio delle parti messe a nudo, ricostruzione della continuità muraria con formazione dei necessari ammorsamenti con mattoni pieni forti. Nei casi in cui è stato necessario costruire la connessione tra murature separate, l’intervento è consistito nella realizzazione di due o tre legature orizzontali ottenute mediante formazione di scasso di sezione circa cm 10×10 e lunghezza circa cm 80-100 sulle due facce dei muri contigui, inserimento di n. 2 barre in acciaio Ø 8 annegate in malta strutturale antiritiro e successiva richiusura dello scasso con mattoni pieni forti, onde garantire omogeneità di supporto al risarcimento dell’intonaco. Le lesioni d’angolo rinvenute con particolare gravità ed estensione nell’angolata esterna nord-est lato giardino, sono state riparate con iniezioni di betoncino previa esecuzione di fori obliqui Ø 50, inserimento nelle perforazioni di barre di ferro ad aderenza migliorata Ø 12, fissaggio dei condotti di iniezione con pasta cementizia addittivata, applicazione sulle due facce di rete elettrosaldata della maglia di cm 10×10 e Ø 4, sviluppo di cm 50 per la parte interna e cm 100 per la parte esterna, ancorata alla muratura con tondi passanti nelle perforazioni, applicazione di strato di betoncino da 3-4 mm.

Il consolidamento strutturale delle fondazioni e la formazione del vespaio ventilato
Considerata la cautela espressa dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici circa l’adozione di tradizionali sottomurazioni, si è optato per adottare due diverse tecniche di consolidamento delle fondazioni in relazione alle condizioni delle murature e alle condizioni al contorno e limitatamente alle porzioni interessate da mobilità di origine strutturale: realizzazione di cordoli in c.a. ancorati nelle fondazioni delle murature e consolidamento con micropali ove risultava necessario approfondire il piano di fondazione. In particolare, questi sono stati impiegati per il consolidamento fondale dello spigolo sud-est lato giardino e per lo spigolo sud-ovest lato piazza. Il consolidamento delle fondazione è avvenuto mediante formazione di due cordoli di calcestruzzo armato con barre in acciaio Ø 16 e staffe Ø 10 disposte in senso trasversale con passo cm 20 e ancorati alle murature con collegamenti passanti in calcestruzzo armato con n. 2 barre Ø 16. La realizzazione dei consolidamenti fondali ha permesso di realizzare un vespaio aerato con funzione antiumidità, costituito da tavelloni poggiati su muretti in tavolato da una testa di mattoni pieni, per un’altezza 60 cm. La ventilazione è stata riportata in facciata con opportune griglie.

Gli intonaci esterni e gli apparati architettonici
Gli interventi di restauro e consolidamento dell’intonaco, dei marcapiano delle cornici e degli apparati ornamentali è avvenuto previo lavaggio delle superfici con idropulitura con pressione determinata dalla specifica situazione e raschiatura manuale di pitture recenti, ove presenti; eliminazione delle porzioni degradate da umidità ed irrecuperabili. Nelle zone ove con verifica a percussione manuale in situ si sono riscontrati distacchi dal supporto, il consolidamento in profondità è stato eseguito mediante foratura con trapano a rotazione, iniezione di adesivo epossidico con appositi diffusori, formulato a consistenza tixotropica. Il successivo consolidamento corticale della superficie dell’intonaco è stato effettuato con l’impiego di prodotti a base di resine acriliche in soluzione, diluite con solventi fino a saturazione. Le lacune e le porzioni in cui è stato rimosso l’intonaco cementizio di recente fattura sono state risarcite con intonaco di calce. Il trattamento finale è consistito nella velatura delle superfici trattale.

Gli intonaci interni
Il rifacimento degli intonaci è stato eseguito previa accurata scarifica e pulizia delle superfici portate al vivo della muratura, con rimozione dei residui sfarinati ed incoerenti e ripristino delle malte di allettamento dei mattoni ove necessario; le murature interessate da elevato tasso di umidità (piano terra) sono state trattate con intonaco macroporoso a base calce dato in spessore di 2-3 cm, mentre alle restanti è stato applicato un rinzaffo in intonaco a base calce dello spessore di cm 1. Il secondo corpo dell’intonaco è stato ottenuto con due mani di rasante a base calce armato con retina in fibra di vetro antialcali, con funzione di assorbimento delle mobilità locali a carattere igrotermico e delle conseguenti microtrazioni. La lavorazione superficiale è stata realizzata con impiego di staggetta e frettazzo Per gli intonaci da consolidare e/o integrare, si è preventivamente attuato il consolidamento del supporto murario, si è proceduto all’adesione al supporto dell’intonaco decoesionato e all’eventuale integrazione con impiego di malte aventi stratificazioni e componenti identici all’esistente.

I solai lignei
I solai di sottotetto del corpo ovest, nord ed est versano in condizioni pessime dal punto di vista sia strutturale che delle controsoffittature, a causa soprattutto delle infiltrazioni idriche dalla copertura. Pertanto è risultata impraticabile la conservazione e il consolidamento senza una sostanziale alterazione delle caratteristiche materiche delle strutture preesistenti. Pertanto si è ritenuto più corretto metodologicamente un intervento di sostituzione integrale o di eliminazione per lasciare la struttura della copertura a vista. Viceversa, i solai di sottotetto del corpo sud sono stati oggetto di restauro conservativo.

Il restauro delle opere in pietra
La pulizia delle colonne e dei davanzali e gradini in pietra è stata condotta mediante spazzolatura manuale con spazzole di plastica semirigida, successivo lavaggio detergente ed emolliente effettuato mediante idropulitura con getto di acqua nebulizzata ed ionizzata calda a 50-80 gradi spruzzata con idropulitrice elettrica a bassa pressione; la protezione è stata ottenuta mediante applicazione a spruzzo di prodotto silossano oligomero idrorepellente.

Le chiusure vetrate
Le aperture ad arco, che caratterizzano i fronti sud ed est della corte, sei dei quali prima del restauro erano tamponati, sono state riportate alla luce, e sono state chiuse mediante due sistemi di pareti trasparenti, entrambe progettate nell’ottica di conferire il minor impatto degli elementi strutturali (telai) rispetto alle parti vetrate e conferire la massima leggerezza materica per non alterare i rapporti volumetrici delle facciate. Le altre chiusure sono state ottenute mediante applicazione di telai in alluminio di ridotte dimensioni e vetri float trasparenti da 6+6 mm ad alto isolamento termico (K GLASS). Le porte sono state ricavate all’interno della vetrata mediante l’inserimento di un telaio in alluminio.

(1) Il termine “grangia” deriva la francese “grange” e dal latino medievale “grancia” e significa podere, cascina. In effetti tale dovette essere per buona parte la funzione di questo complesso al servizio del convento milanese dal quale dipendeva.

SCHEDA TECNICA
Progettista Luigi Paolino
Nulla Osta Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Milano n. 1729/1999
Sup. lotto 3.800 m2
Sup. del fabbricato 1660 m2
Volume totale 6.000 m3
Committente Lotto 1 Parrocchia di Castelletto di Cuggiono (Mi)
Completamento Associazione “LA SCALA DI GIACOBBE” – Decanato di Castano Primo
Progetto di massima 1991
Rilievi ed indagini 1996
Progetto esecutivo 1997-98
Lavori 2002-2004
Impresa esecutrice S.E.L.C.E. Srl – Milano
Importo complessivo Euro 2.000.000,00
Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Recuperare l’Edilizia nº 41, novembre 2004

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