Arriva la Riforma dell’Edilizia, cosa cambia riguardo silenzio assenso, digitalizzazione e sanatorie storiche 08/12/2025
Tecnologia e innovazione in edilizia: occorre aprirsi alla digitalizzazione e all’inclusione 21/07/2025
Img by @silviagerbino Indice degli argomenti Toggle Edilizia in legno e certificazione PEFC: la filiera che costruisce la transizione ecologicaTesero: il legno certificato PEFC nella riqualificazione olimpicaLa Magnifica Comunità di Fiemme: dalla gestione forestale alla segheria, una filiera 100% sostenibileLa Segheria di Ziano: innovazione, tracciabilità e impatto positivoDopo Vaia: la rinascita del bosco e la sfida della rigenerazioneRovereto: dal legno di Vaia nasce il più alto edificio in legno d’ItaliaX-Lam Dolomiti: innovazione industriale e filiera integrata per l’edilizia in legno Il viaggio stampa organizzato da PEFC Italia in Trentino-Alto Adige – in collaborazione con APT Val di Fiemme, Segheria Magnifica Comunità di Fiemme, Magnifica Comunità di Fiemme, XLam Dolomiti, Ri-Legno e al Comune di Rovereto- mi ha permesso di osservare da vicino – tra foreste, segherie, cantieri e nuove costruzioni – come la gestione forestale sostenibile e la filiera del legno possano diventare un modello concreto di transizione ecologica nel settore delle costruzioni. Dal legno, al bosco, alla casa, alle strutture sportive, il viaggio che ha toccato alcune delle realtà più rappresentative della filiera trentina del legno, ci ha mostrato come la gestione responsabile delle risorse forestali possa tradursi in un modello concreto di transizione ecologica e rigenerazione territoriale. A Predazzo e Tesero, la visita alle strutture olimpiche in corso di riqualificazione in vista dei Giochi Invernali Milano-Cortina 2026 ha mostrato come il legno certificato PEFC possa essere protagonista dell’edilizia pubblica sostenibile, unendo prestazioni tecniche, efficienza energetica e rispetto del paesaggio. A seguire, la tappa alla Segheria della Magnifica Comunità di Fiemme ha aiutato a comprendere il valore di una filiera corta e tracciata, dove il legname proveniente dai boschi comunitari — rigorosamente gestiti secondo criteri sostenibili — diventa materia viva per l’edilizia contemporanea. La passeggiata tra i boschi post-Vaia ha offerto la prospettiva più autentica e toccante: quella di un paesaggio che porta ancora i segni della tempesta del 2018 e delle successive infestazioni di bostrico, ma che grazie alla competenza forestale e alla cultura del territorio ha saputo rigenerarsi, trasformando la distruzione in opportunità. La tappa presso XLAM Dolomiti a Castelnuovo ha aperto lo sguardo sull’innovazione industriale: pannelli strutturali prefabbricati, legno ingegnerizzato e processi produttivi ad alta efficienza che rappresentano il futuro della costruzione sostenibile in Italia. Il viaggio si è concluso a Rovereto, davanti al grande complesso di social housing in legno realizzato con il materiale proveniente dagli schianti di Vaia. Un edificio di nove piani — per ora il più alto in legno d’Italia. Il legno è oggi una delle chiavi più efficaci per abbattere l’impronta carbonica del settore edilizio, responsabile di quasi il 40% delle emissioni globali. Quando è certificato, come nel caso del PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification schemes), garantisce tracciabilità, responsabilità e rispetto degli ecosistemi forestali. È una materia prima che nasce da foreste gestite in modo sostenibile e che, lungo il suo ciclo di vita, continua a immagazzinare CO₂, riducendo l’impatto ambientale di edifici, scuole e infrastrutture pubbliche. In Trentino, questo legame tra foreste, comunità e costruzioni si è fatto visibile, tangibile, umano. Un racconto di resilienza e innovazione che parte dagli alberi abbattuti da Vaia e arriva fino ai cantieri delle Olimpiadi 2026, passando per segherie, architetture in legno e abitazioni sociali: esempi concreti di come la gestione sostenibile del bosco possa diventare architettura del futuro. Antonio Brunori, segretario generale di PEFC Italia – Img by @silviagerbino A fare da guida esperta lungo il percorso è stato Antonio Brunori, segretario generale di PEFC Italia, che ci ha accompagnati con la competenza e la passione di chi conosce ogni aspetto della filiera: dal valore ecologico del bosco alla qualità del legno, dai progetti di rinascita dopo Vaia ai suoi infiniti utilizzi nell’edilizia sostenibile. Edilizia in legno e certificazione PEFC: la filiera che costruisce la transizione ecologica L’edilizia in legno non è più una nicchia sperimentale, ma una delle leve strategiche della transizione ecologica. Con un fatturato di oltre 2,3 miliardi di euro nel 2023, il comparto italiano rappresenta una realtà industriale matura, capace di coniugare innovazione tecnologica, efficienza energetica e sostenibilità ambientale. Le costruzioni in legno garantiscono tempi rapidi di realizzazione, elevate prestazioni sismiche e un comfort abitativo superiore grazie alle proprietà naturali di isolamento termico e acustico del materiale. Ma il loro valore più grande risiede nella capacità di ridurre drasticamente l’impatto climatico del costruito: il legno, infatti, è un carbon sink naturale, capace di immagazzinare CO₂ per l’intera vita utile dell’edificio e contribuire in modo diretto agli obiettivi del Green Deal europeo. Negli ultimi anni, nonostante la contrazione del mercato residenziale, il settore ha continuato a crescere in modo stabile: le abitazioni in legno rappresentano oggi circa l’8% delle nuove costruzioni e l’Italia è il terzo produttore europeo dopo Germania e Svezia. A trainare lo sviluppo sono i cantieri a secco, che consentono una notevole riduzione dei tempi di costruzione, minori emissioni di polveri e rumori, e una più agevole gestione del fine vita dei materiali, in linea con i principi dell’economia circolare. A rendere questo processo credibile e tracciabile è la certificazione PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification schemes), il sistema internazionale che garantisce la provenienza sostenibile delle materie prime legnose e la trasparenza lungo tutta la catena di custodia, dal bosco al cantiere. Il marchio PEFC assicura che ogni elemento ligneo provenga da foreste gestite in modo responsabile, dove il prelievo non supera la capacità di rigenerazione naturale e dove vengono tutelati biodiversità, diritti delle comunità locali e servizi ecosistemici. In Italia sono già oltre 213 le imprese certificate, che operano secondo i criteri PEFC integrando nei propri processi i principi ESG (Environmental, Social e Governance). Questa certificazione è diventata anche un valore competitivo e reputazionale per il mercato: consente alle aziende di accedere a commesse pubbliche e private orientate alla sostenibilità e agli investitori di riconoscere una filiera affidabile, etica e allineata agli standard europei di rendicontazione non finanziaria. In un contesto in cui i criteri ESG guidano sempre di più le scelte della finanza immobiliare, PEFC rappresenta un asset strategico per le imprese che vogliono dimostrare concretamente il proprio impegno ambientale, sociale e di governance. Il Trentino-Alto Adige, che concentra circa il 30% della produzione nazionale, è oggi un laboratorio avanzato di edilizia in legno certificata: qui la materia prima proviene da boschi gestiti secondo i principi PEFC e viene lavorata da aziende come la Segheria della Magnifica Comunità di Fiemme e XLAM Dolomiti, per poi essere impiegata in edifici pubblici, scuole, residenze e strutture olimpiche. Un esempio virtuoso di come la filiera foresta–legno–edilizia possa generare valore economico e ambientale allo stesso tempo, promuovendo una transizione climatica concreta e misurabile. “Ogni edificio in legno è un deposito di carbonio e un investimento nel futuro,” spiega Antonio Brunori. “La certificazione garantisce che dietro ogni trave o pannello ci sia una foresta gestita con rispetto, una comunità che lavora e un ecosistema che continua a vivere.” Tesero: il legno certificato PEFC nella riqualificazione olimpica La riqualificazione dello Stadio del Fondo “Fabio Canal” di Tesero in Val di Fiemme rappresenta uno dei progetti più significativi del percorso verso le Olimpiadi e Paralimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026. Un intervento che non si limita all’adeguamento tecnico dell’impianto, ma si inserisce in una più ampia visione di architettura sostenibile, integrazione paesaggistica e valorizzazione della filiera del legno certificato PEFC. Stadio del Fondo “Fabio Canal” di Tesero – Img by @silviagerbino Come hanno spiegato Marisa Giacomozzi, brand manager per le Olimpiadi, e l’architetto Alberto Giovannazzi, progettista dell’intervento, la nuova configurazione dello stadio nasce da un principio chiaro: “costruire per restare” riqualificando uno stadio esistente progettato dall’architetto Bortolotti, che ha ospitato 3 edizioni di campionati mondiali ed è considerato una “cattedrale” dello sci di fondo. Gli interventi non rispondono esclusivamente alle esigenze dei Giochi, ma sono calibrati sulle necessità della comunità sportiva locale, in modo che l’impianto possa essere utilizzato quotidianamente anche dopo il 2026. La parte interrata dello stadio Il progetto prevede due lotti principali. Il primo, completamente interrato, ospita gli spogliatoi e le cabine di sciolinatura, realizzati in cemento a vista, con un linguaggio sobrio e funzionale. Il secondo, in elevazione, è costruito interamente in legno ingegnerizzato Xlam certificato PEFC, materiale scelto per le sue caratteristiche di leggerezza, resistenza e ridotto impatto ambientale. Il volume ipogeo, rivestito da terra vegetale, si mimetizza perfettamente nel paesaggio, contribuendo a una riqualificazione a impatto visivo quasi nullo e restituendo continuità naturale al sito. L’obiettivo architettonico è stato quello di restituire al complesso un carattere “avvolgente”, in grado di ricreare l’effetto di un’arena immersiva. Il percorso degli atleti, che parte dagli spogliatoi e si apre sull’arena di gara attraverso una scalinata scenografica, è stato pensato come un momento simbolico e di forte impatto visivo. “Abbiamo voluto che l’uscita verso la pista fosse un’esperienza emozionale — ha spiegato l’architetto Giovannazzi —. Gli atleti emergono letteralmente dal terreno, come i gladiatori che entrano nell’arena: un gesto semplice, ma potente.” Dal punto di vista tecnico e gestionale, la riqualificazione dello stadio di Tesero incarna perfettamente la filosofia “legacy first” promossa dal Comitato Olimpico Internazionale e dalla Fondazione Milano-Cortina 2026: realizzare opere durevoli, sostenibili e integrate nel tessuto territoriale. Le dimensioni delle nuove strutture sono state definite sulla base delle reali esigenze operative della Val di Fiemme, evitando sovradimensionamenti legati all’evento olimpico. Per le Olimpiadi verranno installate strutture temporanee sul campo di gara, senza compromettere l’armonia complessiva del sito e preservando la funzionalità quotidiana dell’impianto. Anche per questo motivo non sono previste tribune fisse tradizionali: negli stadi di sci di fondo l’esperienza del pubblico è cambiata, e oggi gli spettatori preferiscono posizionarsi lungo il percorso per seguire da vicino le fasi di gara, piuttosto che assistere da una gradinata statica. La scelta architettonica riflette quindi un approccio realistico e sostenibile, orientato alla fruizione effettiva e al rispetto del paesaggio. Accanto agli aspetti costruttivi, il progetto si distingue anche per l’attenzione alla digitalizzazione e all’innovazione sportiva. In collaborazione con l’Università di Trento e il CeRiSM di Rovereto, lo stadio sarà dotato di sistemi di monitoraggio e analisi dei dati degli atleti, creando un Centro Federale FISI all’avanguardia per fondo, combinata e biathlon. L’intervento, sostenuto con fondi olimpici e della Provincia Autonoma di Trento, consolida così il ruolo della Val di Fiemme come polo d’eccellenza dello sci nordico, in un equilibrio virtuoso tra tecnologia, architettura e rispetto per l’ambiente. Il legno certificato PEFC, proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, diventa in questo contesto molto più che un materiale costruttivo: è la testimonianza tangibile di una filiera che connette la cura del bosco alla rigenerazione delle comunità alpine. La stessa materia prima che pochi chilometri più a valle viene lavorata nella segheria della Magnifica Comunità di Fiemme o trasformata nei pannelli strutturali di XLAM Dolomiti, qui definisce un nuovo paradigma dell’edilizia sportiva: infrastrutture a basso impatto, rigenerative e integrate nel paesaggio. La Magnifica Comunità di Fiemme: dalla gestione forestale alla segheria, una filiera 100% sostenibile La Magnifica Comunità di Fiemme rappresenta da oltre nove secoli un modello unico di autogoverno e di gestione sostenibile delle risorse forestali alpine. Nata nel 1111 con i Patti Gebardini, questa istituzione amministra ancora oggi un patrimonio di circa 20.000 ettari, di cui oltre 13.000 ettari di boschi e 4.000 di pascoli, suddivisi in undici Regole storiche. Un patrimonio collettivo che non appartiene a singoli proprietari ma alla comunità dei “Vicini di Fiemme”, secondo un modello di uso civico che intreccia economia, cultura e identità territoriale. Img by @silviagerbino Come ha spiegato Mauro Gilmozzi, lo Scario della Magnifica Comunità, il valore della gestione non si misura solo in metri cubi di legno, ma nella capacità di mantenere vivo un territorio, garantendo lavoro, qualità della vita e senso di appartenenza. L’Ente impiega oggi circa 150 addetti e, insieme ai Comuni della valle, sostiene la manutenzione di strade forestali, pascoli e infrastrutture d’alpeggio. Nel palazzo affrescato di Cavalese, sede storica della Magnifica, si conservano archivi dal XIII secolo e una ricca pinacoteca rinascimentale, testimonianza di un rapporto tra cultura e paesaggio che continua ancora oggi. Il patrimonio boschivo è gestito secondo criteri certificati PEFC® e FSC®, che garantiscono tracciabilità e sostenibilità lungo tutta la filiera. Con l’Università di Trento, l’Ente ha completato un innovativo Life Cycle Assessment (LCA) che misura l’impronta di carbonio dal bosco alla segheria: ogni metro cubo di tronco genera appena 7 kg di CO₂ equivalenti, ma ne trattiene oltre 800 kg grazie alla fotosintesi, rendendo la foresta un vero serbatoio di carbonio. Questa misurazione ha permesso alla Magnifica di avviare anche la certificazione dei servizi ecosistemici e di prepararsi all’introduzione del Registro nazionale dei crediti di carbonio, approvato in Conferenza Stato-Regioni. Un passo decisivo per monetizzare la tutela del bosco e sostenere economicamente la sua rigenerazione. “Il bosco è il nostro bene comune, la nostra assicurazione sul futuro. Ogni tronco che esce da qui deve restituire valore alla comunità e all’ambiente,” ha ricordato il presidente della Magnifica. La tempesta Vaia del 2018 e l’emergenza bostrico hanno segnato profondamente il territorio: circa il 40% delle foreste ha subito danni, con perdite consistenti di abete rosso, specie simbolo della valle. Ma anche da questa crisi è nata un’occasione di rigenerazione: la Comunità ha avviato interventi di rimboschimento, pianificato nuove politiche di resilienza e potenziato il ruolo della segheria come fulcro di una filiera corta e circolare, in grado di trasformare un evento distruttivo in valore duraturo. “Il nostro bosco è un bene comune: ogni tronco che tagliamo deve generare valore per chi vive qui, oggi e domani. È questo il senso della gestione comunitaria”. La Segheria di Ziano: innovazione, tracciabilità e impatto positivo La Segheria di Ziano, di proprietà della Magnifica Comunità di Fiemme, è il cuore operativo della filiera. Qui il 100% del legname lavorato proviene dai boschi comunitari, ogni tronco è tracciato e numerato fin dal prelievo. Sul piazzale, i tronchi vengono stoccati per lotto di provenienza e registrati nella catena di custodia PEFC e FSC, che assicura la separazione fisica tra i materiali certificati lungo tutto il processo produttivo. Img by @silviagerbino Il ciclo di lavorazione è un perfetto esempio di industria forestale sostenibile: i tronchi vengono caricati su rulli metallici, scortecciati da lame rotanti e misurati tramite sistemi laser che ne rilevano diametro medio e lunghezza. Un operatore assegna specie, qualità e destinazione d’uso, con oltre 30 classi di selezione che permettono di ottimizzare resa e qualità finale. Un metal detector industriale intercetta eventuali residui metallici — chiodi o bossoli della Seconda Guerra Mondiale — per proteggere le lame e garantire la sicurezza. Img by @silviagerbino Nulla viene sprecato: la corteccia è venduta come biomassa o diserbante naturale, mentre i sottoprodotti vengono reimpiegati come materiale energetico o per la produzione di pellet. Il principio è quello dello zero sprechi, applicato in modo rigoroso e misurabile. La segheria è oggi una Società Benefit, impegnata nel percorso di B Impact Assessment e nella rendicontazione ESG. La prossima sfida è la diversificazione di prodotto: non più solo segati, ma finiture e componenti per l’edilizia di qualità, ambito in cui il design italiano può rappresentare un vantaggio competitivo. Img by @silviagerbino Sul fronte tecnico, la Magnifica è protagonista di una delle più importanti ricerche sull’antisismicità delle case in legno, condotta insieme al CNR-Ivalsa e all’Università di Trento. I test effettuati sulla piattaforma sismica di Kobe hanno dimostrato la resistenza di strutture in legno lamellare e Xlam fino a intensità 12 della scala giapponese, aprendo la strada al riconoscimento del legno come materiale strutturale nei codici edilizi italiani. Oggi il Trentino-Alto Adige produce circa la metà del legname da opera italiano e rappresenta il principale motore della filiera nazionale. Nonostante la concorrenza estera, le segherie trentine — tra cui quella di Fiemme — restano un punto di riferimento grazie a un approccio che unisce filiera corta, innovazione tecnologica e radicamento territoriale. Il prossimo obiettivo è rafforzare il legame tra industria e foresta anche sul piano normativo e culturale, per spingere l’Italia verso un modello di economia forestale moderna, dove il legno certificato diventi il materiale cardine dell’edilizia sostenibile. Dopo Vaia: la rinascita del bosco e la sfida della rigenerazione Il bosco della Val di Fiemme racconta una meravigliosa lezione di resilienza. Durante la passeggiata che abbiamo fatto nella zona di Lavazzè, abbiamo potuto osservare da vicino i segni ancora evidenti lasciati dalla tempesta Vaia del 2018 e dagli attacchi successivi del bostrico tipografo, che negli ultimi anni hanno profondamente modificato il paesaggio forestale trentino. La visita, guidata dai tecnici della Magnifica Comunità di Fiemme, ha rappresentato un momento di confronto diretto con la realtà del bosco colpito: un ecosistema fragile, ma capace di rigenerarsi grazie a un’attenta gestione forestale e al valore della filiera certificata. Img by @silviagerbino Il percorso ha avuto un focus specifico sull’utilizzo del legno recuperato: le piante schiantate da Vaia, ancora perfettamente idonee dal punto di vista tecnologico e strutturale, sono state valorizzate come materia prima per l’edilizia sostenibile, diventando elementi costruttivi di edifici pubblici e residenziali certificati PEFC, come il complesso di social housing in legno di Rovereto. Un esempio concreto di economia circolare forestale, dove la gestione responsabile delle risorse consente di trasformare una calamità naturale in un progetto di rinascita ambientale e sociale. La passeggiata si è conclusa con un momento partecipativo e simbolico: la messa a dimora di nuovi alberi, curata dai tecnici forestali della Magnifica. I giornalisti e gli operatori presenti hanno preso parte all’attività, contribuendo direttamente al rimboschimento del versante e alla ricostruzione del paesaggio. Un gesto semplice, ma carico di significato, che racchiude l’essenza del messaggio PEFC: la sostenibilità nasce dalla responsabilità condivisa e da azioni concrete, capaci di lasciare un segno positivo sul territorio. Nel corso della visita, i tecnici hanno illustrato l’entità dei danni provocati da Vaia e dal bostrico. In pochi giorni, la tempesta ha abbattuto oltre 8 milioni di metri cubi di legname in tutto l’arco alpino, di cui circa quattro milioni solo in Trentino, colpendo oltre il 10% della superficie forestale della Magnifica Comunità di Fiemme. Nei cinque anni successivi, la diffusione del bostrico ha aggravato ulteriormente la situazione, causando il disseccamento di migliaia di abeti rossi e portando la perdita complessiva della superficie produttiva al 40%. Per affrontare la ricostruzione, la Magnifica Comunità ha adottato un approccio attivo ma selettivo. Le aree di protezione diretta vengono ripiantate artificialmente, mentre altrove si favorisce la rinnovazione naturale. Le nuove piantumazioni puntano a un bosco più diversificato e resiliente, in cui abeti rossi si alternano a larici, pini cembri e latifoglie pioniere come betulle e sorbi, piantati secondo schemi “naturaliformi” che imitano la dinamica spontanea delle foreste. Img by @silviagerbino “Vaia ci ha insegnato che non possiamo controllare la natura, ma possiamo accompagnarla nella sua rinascita,” ha spiegato il tecnico forestale Ilario Cavada. “Il nuovo bosco sarà più vario, più forte e più stabile di quello che c’era prima”. La certificazione PEFC gioca un ruolo chiave anche in questa fase: garantisce che ogni intervento, dal recupero del legno al rimboschimento, rispetti criteri ambientali, sociali ed economici, tracciando l’intero processo e rendendolo verificabile. Essere un ente certificato consente alla Magnifica di accedere a progetti di compensazione ambientale e crediti di carbonio, strumenti che coinvolgono anche imprese e cittadini in un percorso condiviso di tutela del territorio. Oltre 200 ettari sono già stati rimboschiti, grazie anche al contributo di finanziatori privati e programmi di adozione ambientale promossi in collaborazione con PEFC Italia. Rovereto: dal legno di Vaia nasce il più alto edificio in legno d’Italia A Rovereto, nel cuore del Trentino, un progetto architettonico ha trasformato la distruzione di Vaia in una concreta opportunità di rinascita. Sull’area dell’ex stabilimento Marangoni Meccanica sorge oggi il più grande edificio in legno d’Italia, un complesso di social housing di nove piani e 29 metri di altezza, costruito interamente con il legname proveniente dagli schianti della tempesta Vaia, raccolto e selezionato nelle foreste certificate PEFC della Magnifica Comunità di Fiemme e di Primiero. Img by @silviagerbino L’intervento, realizzato da Ri-Legno Srl per Rovim Srl e Finint Investments, con la collaborazione tecnica di XLAM Dolomiti, è diventato un simbolo della ricostruzione post-Vaia e dell’economia circolare del legno. A fianco dell’edificio principale è stato costruito un secondo volume di cinque piani, per un totale di 2.300 metri cubi di legno ingegnerizzato. Il complesso, destinato all’edilizia sociale, ospita 68 famiglie distribuite su circa 500 m² per piano, con alloggi accessibili, spazi comuni e servizi dedicati a anziani, disabili, studenti, lavoratori precari e famiglie monoparentali. Img @silviagerbino “Questo edificio non rappresenta solo un risultato tecnico, ma una scelta di valore: dimostra che il legno è un materiale democratico, adatto anche all’edilizia sociale e non solo a progetti d’élite,” ha sottolineato Francesco della Giacoma Consigliere PEFC durante il press tour. Dal punto di vista ambientale, il progetto è un esempio virtuoso di architettura carbon negative. I 2.300 m³ di legno strutturale utilizzati garantiscono uno stoccaggio di circa 3.700 tonnellate di CO₂, equivalenti alle emissioni generate in tre anni dagli abitanti del complesso. Grazie al duplice ruolo del legno come deposito naturale di carbonio e materiale a basso impatto energetico di produzione e smaltimento, l’edificio riduce drasticamente l’impronta climatica rispetto a una struttura tradizionale in cemento armato. L’intera filiera di approvvigionamento è certificata PEFC, a garanzia di una provenienza tracciabile e sostenibile, dalla gestione forestale al cantiere. Il progetto rientra tra le iniziative della “Filiera Solidale PEFC”, nata dopo Vaia per sostenere le aree colpite e valorizzare il legno recuperato. Grazie a questa rete, le imprese aderenti — come XLAM Dolomiti — hanno potuto acquistare legname di Vaia a prezzo equo, sostenendo economicamente i territori danneggiati e riducendo la dipendenza dalle importazioni, che ancora oggi coprono l’80% del fabbisogno nazionale di legno da opera. Dal punto di vista tecnico, la struttura sfrutta tutti i vantaggi costruttivi dell’edilizia in legno contemporanea: cantieri a secco, componenti prefabbricate, tempi ridotti di montaggio e alte prestazioni energetiche. Il 90% dell’edificio è costituito da pareti e solai in Xlam, materiale che unisce resistenza e flessibilità antisismica. Le caratteristiche di durabilità del legno, unite alla possibilità di manutenzione programmata, garantiscono una vita utile minima di 50 anni, estendibile fino a un secolo. L’edificio di Rovereto dimostra come la filiera forestale trentina, certificata PEFC, possa diventare motore di rigenerazione urbana, trasformando una calamità naturale in un modello di progettazione a basso impatto. Non a caso, il suo successo sta già ispirando nuovi interventi: a Milano è in fase di progettazione un edificio in legno ancora più alto, destinato a diventare il nuovo riferimento nazionale ed europeo per l’edilizia sostenibile in legno. X-Lam Dolomiti: innovazione industriale e filiera integrata per l’edilizia in legno Fondata nel 2010 a Castelnuovo, X-Lam Dolomiti è oggi una delle realtà di punta del settore del legno strutturale in Italia e nel panorama europeo. Nata dall’esperienza imprenditoriale trentina e dalla ricerca sviluppata con il Progetto Sofie del CNR-Ivalsa, che dimostrò già nel 2007 la resistenza sismica delle strutture in legno lamellare, l’azienda è cresciuta fino a diventare un interlocutore unico per l’intera filiera: dalla produzione dei pannelli alla progettazione ingegneristica, fino al montaggio in cantiere. Img @silviagerbino Come ha spiegato Albino Angeli, direttore tecnico, X-Lam Dolomiti è oggi “una fabbrica e un laboratorio”, capace di produrre 1.000 m² di pannelli al giorno, equivalenti a sei o sette abitazioni complete, e di gestire internamente oltre 30 progettisti e ingegneri specializzati. L’azienda si distingue per la capacità di personalizzare ogni pannello in funzione del progetto, senza vincoli di formato standard, e per l’approccio interamente “su misura” che unisce precisione industriale e artigianalità tecnologica. “Siamo tra i pochi al mondo a seguire internamente tutto il processo — produzione, engineering e realizzazione — per questo possiamo garantire qualità, tempi certi e tracciabilità totale,” ha sottolineato Angeli. L’azienda utilizza solo legname certificato PEFC, proveniente in parte dalle foreste trentine e in parte dall’Europa centrale, con una quota locale che raggiunge circa il 30% del totale. La difficoltà maggiore, ha spiegato Angeli, non è nella capacità di taglio ma nella mancanza di impianti di essiccazione locali, che limita la disponibilità di materiale idoneo alla produzione strutturale. Nonostante ciò, la filosofia aziendale resta chiara: “a parità di condizioni, compreremmo il 100% del legno localmente”. Sul piano tecnico, X-Lam Dolomiti rappresenta un ponte tra ricerca e industria. Dopo aver contribuito a edifici simbolici come il social housing di Rovereto e il Villaggio Olimpico di Milano, l’azienda ha sviluppato sistemi costruttivi ibridi (legno-acciaio-cemento) e soluzioni prefabbricate off-site per tamponamenti e facciate opache, montate in cantiere con un manipolatore robotizzato brevettato che riduce drasticamente tempi e manodopera. Questa tecnologia, utilizzata per le opere olimpiche di Milano-Cortina, ha consentito di completare cantieri complessi in tempi record, con una forza lavoro ridotta e un’alta precisione esecutiva. L’azienda guarda ora al futuro con un piano di industrializzazione evoluta, volto a realizzare in fabbrica elementi prefabbricati completi di isolamento, serramenti e finiture. L’obiettivo è portare in cantiere componenti già pronti, riducendo ulteriormente tempi, errori e costi, in linea con la logica off-site e con i principi del New European Bauhaus. Accanto a ciò, X-Lam Dolomiti sta lavorando con l’Università di Trento su un innovativo sistema di retrofitting sismico esterno in CLT, pensato per l’adeguamento strutturale di edifici esistenti, anche storici, senza interventi invasivi sugli interni. “Il futuro del legno è ibrido e industrializzato,” ha concluso Angeli. “Solo integrando ricerca, prefabbricazione e filiera certificata potremo costruire edifici sicuri, sostenibili e davvero competitivi”. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento