Tecnologia e innovazione in edilizia: occorre aprirsi alla digitalizzazione e all’inclusione 21/07/2025
Indice degli argomenti Toggle Un sistema energivoroI data center in ItaliaIl ruolo di MilanoLa situazione in EuropaLe tendenze di mercato in ItaliaIl mercato colocation Secondo l’International Energy Agency, nel 2022 i data center di tutto il mondo hanno consumato circa 460 terawattora di elettricità (460 trilioni di wattora), quasi il 2% della domanda mondiale. Sulla spinta dell’esplosione dell’intelligenza artificiale generativa e dell’espansione dei cloud hyperscale, per il 2026 le previsioni indicano una crescita tra il 30 e 40% dei consumi elettrici. I data center consumano infatti quantità di energia paragonabili a quelle di intere città, anche perché tutto il mondo digitale che oggi ci circonda si regge su queste infrastrutture. In Italia, secondo i dati diffusi dal gestore della rete di trasmissione elettrica nazionale, al 30 giugno scorso le richieste di connessione alla rete per la realizzazione di nuove infrastrutture superiori ai 50 GW hanno toccato quota 300. In Europa, in base al numero e alla potenza installata in ciascun Paese, il valore dei consumi elettrici dei data center varia da 0,5 a 2,5% del totale, con concentrazioni significative in alcune grandi metropoli come Francoforte, Amsterdam, Londra e Milano. L’Italia infatti si sta rapidamente posizionando come hub digitale, con la Lombardia al centro di questa corsa: la crescita più significativa di richieste di connessione alla rete di trasmissione nazionale si registra appunto in Lombardia e nello specifico nell’area metropolitana milanese. Un sistema energivoro Il data center è un ecosistema energivoro per definizione: richiede elettricità per alimentare migliaia di server attivi 24 ore su 24, sette giorni su sette, sistemi di raffreddamento che spesso consumano quasi altrettanto quanto l’hardware stesso, infrastrutture di sicurezza, antincendio e continuità operativa. I data center hyperscale (quelli di grandi dimensioni) possono infatti richiedere anche 100-200 MW di potenza continua, equivalenti ai consumi di interi quartieri urbani, ma ci sono richieste di connessione per taglie anche oltre i 500 MW. La voce più critica rimane il raffreddamento: i data center infatti possono consumare milioni di litri d’acqua all’anno per raffreddare le sale server. La loro esigenza primaria però non è solo ricevere energia, ma riceverla in modo stabile, perché la continuità è vitale per evitare blackout digitali che significherebbero perdite economiche incalcolabili. La crescita dei data center nel mondo non mostra segni di rallentamento: la loro esistenza è ormai essenziale per cloud, IA, e-commerce, sanità digitale, smart city. Com’è fatto un data center L’infrastruttura data center è composta dallo spazio fisico dell’edifico, le sale dati che ospitano armadi, rack e server, sistemi di raffreddamento per il raffrescamento delle temperature delle sale dati, uffici per il personale, sistema antincendio per la tutela dell’edificio in caso di incendio, Ups e generatori per garantire la continuità dei servizi in caso di improvvisa assenza di fornitura elettrica, fornitura di energia e control room per la gestione e il controllo dei parametri di funzionamento dell’edificio. I data center in Italia I dati dell’Osservatorio Data Center del dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico Bovisa di Milano, che ogni anno a gennaio pubblica un rapporto della situazione in Italia, hanno stimato in 66 quelli attivi alla fine del 2024: erano 58 l’anno precedente, con un incremento del 14% e una potenza energetica di 513 MW IT (considerando solo le sale dati delle infrastrutture), con un aumento del +17% sul 2023. Il mercato 2024 della colocation, vale a dire la messa a disposizione di spazi per i data center, vale oggi 765 milioni di euro, in crescita sull’anno precedente. Le previsioni dell’Osservatorio milanese per il 2025, nel registrare l’ingresso di nuovi attori sul mercato, stimano in 74 il numero delle infrastrutture che saranno attive entro la fine dell’anno (+12% sul 2023), con una potenza energetica nominale stimata variabile tra 590 e 825 MW. In Italia, nel biennio 2023-2024, per la costruzione, approntamento e riempimento di server IT di nuovi data center sono stati investiti 5 miliardi di euro; la previsione per il biennio 2025-2026 è praticamente il doppio: 10,1 miliardi. La maggior concentrazione di data center funzionanti al 2023 si registra in Lombardia, seguita da Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Campania. I due poli strategici di sviluppo sono concentrati su Milano e Roma. Il ruolo di Milano A crescere oltre la media nazionale è Milano e la sua area metropolitana, che contribuisce con 238 MW IT (+34% rispetto al 2023), numeri che collocano il capoluogo lombardo in una posizione di vantaggio strategico rispetto ad altre città europee. Milano in particolare esercita un ruolo di forte attrazione nella localizzazione di queste nuove infrastrutture. Questo grazie al ruolo importante dell’economia italiana in Europa, alla posizione strategica nel Mediterraneo, al basso rischio sismico e al florido tessuto economico locale. Sempre dall’esame dei dati dell’Osservatorio del Politecnico, si ricava che 22 sono gli attori attualmente presenti in città e nell’area metropolitana (altre quattro realtà stanno per aprire entro la fine di quest’anno) con una potenza energetica nominale di 184 MW. Valori ancora distanti da quelli che fanno registrare Londra (1.053 MW), Francoforte (791) Amsterdam (544), Parigi (440), Dublino (296), ma superiori a quelli di città come Madrid (136), Zurigo (110) e Varsavia (86). Per quanto concerne la loro estensione, i data center attualmente attivi in Italia occupano una superficie di 333.341 metri quadrati (+15% rispetto al 2023). La situazione in Europa Lo scenario data center a livello europeo si è storicamente sviluppato intorno alle città del “FLAPD” (acronimo che sta per Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino), da anni centro di gravità infrastrutturale dell’intero Continente. Tuttavia, per il secondo anno consecutivo, questi mercati hanno subito un rallentamento della loro dinamica: in particolare quello di Amsterdam, soggetto a una moratoria con rigide regole che vietano l’apertura di nuove infrastrutture, e Dublino, dove una nuova infrastruttura non è stata autorizzata per il mancato rispetto dei vincoli di utilizzo delle energie rinnovabili. L’interesse degli investitori si è quindi sempre più spostato verso mercati emergenti, tra cui Italia, Spagna, Polonia e Paesi nordici come Svezia e Norvegia, questi ultimi appetibili soprattutto per le temperature di funzionamento delle infrastrutture. Le tendenze di mercato in Italia In generale, sta emergendo una tendenza all’aumento della densità di potenza delle singole infrastrutture, con richieste di armadi rack sempre più performanti, a causa dell’accelerazione del mercato dell’intelligenza artificiale che impatterà sulla progettazione e l’operatività dei nuovi data center. Un ruolo sempre più centrale viene ricoperto dai campus, che oggi rappresentano il format principale e che detengono il 44% della potenza energetica IT nominale attiva. Si tratta di costruzioni estese, che necessitano di collegamenti ad alta tensione e spesso osservate con grande attenzione dai cloud provider, con l’obiettivo di accordi strategici con i colocator per offrire i propri servizi digitali sul territorio italiano. A livello nazionale, specie nell’area milanese, crescono le infrastrutture di alta potenza (maggiore di 10 MW IT), che necessitano, per il loro funzionamento, dell’allacciamento alle reti di alta tensione. Queste infrastrutture sono concentrate per il 70% nell’area milanese e occupano un ruolo protagonista nelle nuove aperture. «Lo sviluppo di infrastrutture di potenza sempre maggiore solleva tuttavia interrogativi riguardo il loro approvvigionamento energetico e la sostenibilità della rete elettrica italiana – scrive Marina Natalucci, direttrice dell’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano nel rapporto pubblicato nel gennaio scorso -. I nuovi annunci, infatti, si stanno concentrando prevalentemente intorno alla città di Milano. Il problema energetico si aggiunge a quello del prezzo dell’energia, attualmente ben al di sopra della media europea, che vale circa il doppio dell’equivalente spagnolo, dove il governo ha fortemente incentivato lo sviluppo di impianti per la produzione di energie rinnovabili. L’energia è un elemento critico per il funzionamento dei data center e la situazione italiana potrebbe generare uno spostamento dell’attenzione degli investitori verso altri mercati emergenti». Il mercato colocation Il consolidamento della crescita delle infrastrutture sul territorio sta avendo impatti significativi sul mercato della colocation, ovvero la messa a disposizione di spazi per i nuovi data center. I modelli di business sono di tre tipi: la colocation retail, finalizzata alla messa a disposizione di porzioni contenute di data center, solitamente per piccole realtà della filiera digitale attive sul territorio; la colocation wholesale, in cui vengono fornite sale dati a supporto di grandi attori della filiera digitale o di grandi realtà italiane; la colocation building hyperscale, in cui i cloud provider prendono in affitto interi edifici per il posizionamento della propria offerta sul mercato italiano. Sul totale del mercato colocation, il segmento wholesale detiene la fetta principale per un totale di 444 milioni di euro, seguito dalla componente retail (23%). Nonostante il segmento building hyperscale rappresenti ad oggi solo il 19%, nei prossimi anni è attesa una crescita significativa, grazie ai piani di sviluppo dei cloud provider sul territorio, per un mercato che potrà più che raddoppiare nel 2026. L’articolo è il primo di una serie di contributi sul tema. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento