Cantina di vinificazione e invecchiamento

Il fabbricato è una scatola di legno interrata.
I magazzini, i locali tecnici, il ricovero dei mezzi agricoli sono ricavati nella collina. Unico elemento emergente è una quinta bianca che uscendo dalla collina organizza e riordina gli spazi esterni necessari alla manovra degli automezzi.
La voglia di progettare degli spazi e non un edificio appare ancora più evidente nel corpo di fabbrica che emerge oltre la “scatola di legno” e la sovrasta sullo spigolo sud-ovest.
Una gabbia rada e leggera di pilastri e travi in cemento bianco che come un pergolato nasce dalla vigna e si appoggia in modo quasi provvisorio sopra il corpo interrato.
Una maglia bianca che trattiene come una rete il paesaggio circostante riempiendosi via via di eventi legati alla produzione e alla commercializzazione del vino ma anche alla promozione del territorio.
Uno spazio opposto ma complementare al solido ventre ricostruito della collina che trasforma e gelosamente protegge il suo prezioso prodotto, uno spazio pulsante di attività legate alla conoscenza del vino, alla degustazione, ai suoi approfondimenti scientifici e conviviali.
La grande “scatola” di legno della cantina di Collemassari alterna i pieni e i vuoti lungo un percorso interno-esterno conseguente al funzionamento produttivo del fabbricato che ricalca esattamente le fasi del processo enologico.
Un processo che, come prevedono le più avanzate teorie, trasforma le uve in vino mediante un procedimento “a caduta” per semplice gravità senza mai l’ausilio di pompe elettromeccaniche.
Un percorso che, partendo dalla grande terrazza-tetto dove i trattori scaricano l’uva, scende per 13 mt fino alla barricaia interrata aprendosi via via al paesaggio naturale, scandendone le altimetrie mediante uscite in quota funzionali alla produzione, mostrando le coltivazioni e il paesaggio naturale in un continuo interagire con l’intero complesso.
Le soluzioni bioclimatiche che regolano temperature e ventilazione hanno sicuramente guidato il progetto caratterizzando l’opera nel suo insieme.
Un’ossatura in calcestruzzo per contrastare la pressione della collina e i sovraccarichi dei mezzi che scaricano l’uva sulla copertura della cantina.
Pareti ventilate in legno là dove l’inerzia termica va protetta, guidata e riequilibrata.
Legno naturale a doghe per filtrare la luce diretta del sole.
Lastre di zinco titanio per la protezione all’acqua.
Vetrate acidate a bassa emissività per bilanciare la luce naturale.
Bandito l’estetismo formalistico e il progetto architettonico ad ogni costo, la cantina di Collemassari è tuttavia frutto di un’alta densità progettuale dove concetti come risparmio energetico, bioedilizia, qualità del posto di lavoro, ingegneria bioclimatica hanno guidato la progettazione e l’accurata scelta di ogni singolo componente e materiale.
Particolare attenzione va data alla complessità della trama superficiale che caratterizza un edificio dove gli spazi esterni si mescolano e si confondono con quelli interni in una complessa interrelazione funzionale attiva e passiva tra energie naturali e lavoro dell’uomo.

Contesto
A circa 20 km da Grosseto, adagiata sul crinale di una estesa separazione collinare nella usuale conformazione dell’entroterra toscano – di pregio orografico l’area e l’ampiezza della percezione circostante.

Scheda tecnica
Collaboratore: Laura Pizzi, Paolo Vimercati
Direzione Lavori: Edoardo Milesi e Archos srl, Bergamo
Calcolo strutturale: Uberto Coppetelli
Impianti speciali: Tecnoprogett s.a.s.
Indagini geologiche: Franco Duranti
Tecnico di cantina: Maurizio Grassi
Enologo: Maurizio Castelli
Foto di Paolo Da Re, Francesca Perani, Corrado Bonomo

Materiali impiegati
Strutture in cls bianco con inerte in marmo di Carrara e legante cemento tipo Aquila Italcementi.
Tamponamenti in termolaterizio Wienerberger. cm 38, impastato con farina di legno.
Pareti ventilate in cedro rosso canadese.
Struttura di copertura in larice lamellare.
Isolamento di copertura in lana di vetro spessore cm 8 con soprastante ventilazione.
Manto di copertura e lattonerie di Rheinzink.
Infissi di acciaio: profilato Jansen a taglio termico della ditta R&T
Infissi in legno larice lamellare naturale: ditta Capoferri.
Pavimentazione in pietra etrusca del Monte Amiata.
Impianti di climatizzazione a pompa di calore: ditta Iacopozzi.
Pavimentazione tecnica in gres antiacido tipo Buchtal: ditta Tecnopavimenti.
Vetrate stratificate basso emissive sp. 4+4/12/3+3.
Frangisole in legno di cedro canadese: ditta Merlo.
Impianti elettrici: ditta Minocci.
Opere in ferro: ditta Acquaroli.

Premio Architettura Sostenibile
Edoardo Milesi, con il progetto qui presentato, è il vincitore della terza edizione del premio internazionale “Architettura Sostenibile” organizzato dall’Università di Ferrara e dalla Fassa Bortolo..
Per ulteriori informazioni sul Premio Architettura Sostenibile della Fassa
www.premioarchitettura.it

L’autore
Nato a Bergamo nel 1954, studia presso l’IUAV e si laurea al Politecnico di Milano nel 1979.
Esperto in materia di tutela paesistico-ambientale, ha conseguito numerose specializzazioni tra le quali Ecologia dell’Architettura, Architettura navale, Architettura religiosa e Arte dei giardini.
Vince numerosi concorsi di progettazione promossi da enti pubblici per edifici scolastici e sociali. Realizza restauri e residenze private con particolare attenzione agli aspetti costruttivi e ai modi di intervento rispetto alle preesistenze.
Si occupa di urbanistica con particolare interesse per i piani attuativi integrati. Dal 1990 al 2001 collabora con Olivetti Italia nel settore terziario avanzato.
Tra i principali lavori pubblici e privati in Italia e all’estero: il Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio dell’Amiata finanziato dal Ministero dei Lavori Pubblici, la riqualificazione urbanistica del nucleo storico di Ponteranica, il campus scolastico e il teatro di Lallio a Bergamo, un centro polifunzionale nel parco dei Colli a Bergamo, il nuovo monastero benedettino della Comunità di Siloe, la ristrutturazione dei castelli medievali di ColleMassari e di Vicarello, industrie enologiche in Toscana e Umbria, il recupero a scopo ricettivo di un vecchio mulino in area archeologica a Vetulonia di Grosseto, una scuola multietnica in Albania, un’area turistico-naturalistica in Tanzania, il restauro conservativo del castello di Levignacq nelle Lande, nuove unità abitative a Kota Kinabalu nel Borneo Malese.
Lo studio con sede a Bergamo e Grosseto è costituito da un gruppo di lavoro che raccoglie architetti, designer e grafici.

Per scaricare la pianta del piano medio e interrato in PDF
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Per scaricare la pianta del piano terra e seminterrato in PDF
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Per scaricare il prospetto a valle in PDF
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Per scaricare il prospetto nord-est in PDF
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Per scaricare il prospetto sud-est in PDF
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Per scaricare lo schema di climatizzazione della barricaia a prese d’aria chiuse in PDF
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Per scaricare lo schema di climatizzazione della barricaia a prese d’aria aperte in PDF
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