Saint-Gobain Italia per l’Ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino

Saint-Gobain Italia ha contribuito alla realizzazione della nuova Terapia Intensiva neonatale universitaria dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute ubicato a Torino. Il progetto ha avuto lo scopo di rimodulare gli ambienti del reparto.

Saint-Gobain Italia per l’Ospedale Sant’Anna della Città della Salute di TorinoIl progetto è stato realizzato in collaborazione con DEAR – Design Around Onlus e Fondazione per l’architettura/Torino coinvolgendo i genitori dei bambini ricoverati e i professionisti della sanità, dell’architettura e dell’arte per definire una struttura dotata di tutti gli spazi necessari.

Da parte sua Saint-Gobain Italia ha seguito la progettazione fin dalle prime fasi dei lavori permettendo ai professionisti di esercitarsi su casi concreti e di creare nuovi spazi volti ad incrementare il benessere di chi li vive.

Il progetto è stato inaugurato nel 2018 con un contest tra squadre di professionisti che hanno effettuato un sopralluogo e trascorso una giornata con medici, infermieri e associazione delle famiglie dei neonati per comprendere al meglio ciò di cui l’ospedale avesse bisogno.

A questa prima fase ha fatto seguito una parte formativa durante la quale sono stati approfonditi materiali e soluzioni per l’edilizia ospedaliera, con una particolare attenzione alle lastre in gesso rivestito e agli isolanti in lana minerale.La nuova TIN dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute a TorinoIl progetto porta il nome degli architetti Grazia Giulia Cocina e Giacomo Mulas dello studio SPAZIARE e ha previsto uno spazio di accoglienza iniziale ed una sala relax con luce modulabile che garantiscono sia privacy  che vicinanza e possibilità di socializzazione, a seconda delle necessità. E’ stata, poi, ricavata un’area per incontri/colloqui con gli operatori sanitari.

Per la prima volta i genitori dei neonati, i medici e gli infermieri hanno lavorato insieme ad architetti e designer dell’edilizia sostenibile per ridisegnare “a misura di famiglia” gli spazi di accoglienza, nell’ambito di un modello di “social design” esportabile anche in altri Centri.

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