Rinnovabili e idrogeno in siderurgia: così l’acciaio diventa verde

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L’Europa spinge per l’idrogeno verde nella produzione di acciaio. Ma intanto che si ragiona sulle opportunità, ci sono già opzioni tecnologiche reali e vedono protagonista un’azienda italiana

Rinnovabili e idrogeno in siderurgia: così l’acciaio diventa verde

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L’acciaio verde è una priorità per l’Europa e non solo. La strategia dell’idrogeno pianificata dall’Unione Europea “spingerà anche l’industria europea nel 21° secolo. Un secolo in cui la produzione di acciaio verde diventa possibile”, ha affermato lo scorso luglio Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per European Green Deal.

Perché ci sia bisogno di produrre in maniera più pulita l’acciaio passa dai numeri: secondo i dati Word Steel Association, la produzione mondiale di acciaio nel 2020 ha superato 1.875.000 tonnellate. Ogni tonnellata di acciaio prodotta emette in media 1,85 tonnellate di anidride carbonica, pari a circa l’8% delle emissioni globali di CO2. (Dati 2018 McKinsey).

Ma oggi l’idrogeno verde è ancora un’opzione suggestiva e poco più nelle strategie industriali: questione di costi, innanzitutto. «A livello attuale si può impiegare idrogeno? È tecnicamente possibile, ma economicamente ancora impensabile. Il costo di trasformazione del minerale in acciaio è di circa 350 euro a tonnellata, 8 volte in più rispetto a quello prodotto tramite la tecnologia oggi meno impattante che utilizza il gas metano», afferma Rolando Paolone, direttore tecnico Danieli Group, multinazionale italiana ai vertici mondiali nella produzione di impianti siderurgici
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Proprio Danieli ha progettato la prima acciaieria ibrida al mondo, che sarà attiva a partire dal 2022 negli USA, per conto del colosso siderurgico Cmc, e che permette di collegare direttamente il forno a un impianto fotovoltaico, in costruzione; mentre per la società russa Omk, che avvierà a Nizny Novgorod la prima acciaieria green paneuropea: pronta per il CCSU – Carbon Capture Storage and Use – permette l’uso di idrogeno al posto del gas naturale, parzialmente o al 100%.

Acciaio: come si produce e come si sta lavorando al green steel

L’acciaio, lega ferrosa composta principalmente da ferro e carbonio, si produce in due modi: partendo dal materiale ferroso oppure dal rottame. La produzione globale di acciaio è costituita per il 77% da minerale e per il 23% da rottame.

Le percentuali variano di Paese in Paese: la Cina, il maggior attore mondiale – produce la metà del totale mondiale – ne produce con minerale per il 90%; in USA le percentuali si invertono, in Europa 60% minerale e 40% da rottame.

Nel primo caso, si tratta di ricavare il ferro dal minerale sottraendo l’ossigeno. Tradizionalmente per questo si impiega l’altoforno, impianto che serve a generare ghisa grezza usata per la produzione di acciaio partendo dal minerale ferroso, mediante un processo in cui concorre la combustione di carbon coke, la fusione di minerali e riduzione degli ossidi metallici. Il carbone si combina con l’ossigeno, producendo anidride carbonica. Il risultato è un rapporto di produzione di 2 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di acciaio.

Nel secondo caso il rottame di origine acciaiosa viene rifuso in forno elettrico, costituito da un grande calderone, in cui viene posto il rottame, alla cui sommità sono posti tre elettrodi a corrente alternata trifase che crea un arco tra elettrodo e massa ferrosa utile appunto per la fusione. Gli elettrodi sono in grafite (minerale costituito da carbonio) e la CO2 prodotta è quella prodotta dalla fusione degli elettrodi e da una percentuale marginale di carbone iniettata per migliorare la qualità dell’acciaio e dai bruciatori a gas metano che agevolano la fusione.

La tecnologia negli anni è venuta in aiuto per ridurre l’impatto ambientale. Un metodo particolarmente recente si chiama DRI – Direct reduced iron che permette la riduzione diretta del minerale di ferro a ferro mediante un gas riducente o carbonio elementare prodotto da gas naturale o da carbone. L’obiettivo di questo processo è rimuovere l’ossigeno contenuto in varie forme di minerale di ferro. Come racconta Paolone, il processo è stato messo a punto e ottimizzato da Danieli circa 12 anni fa ad Abu Dhabi dove conta due impianti, e altri due in Egitto, utilizzando gas naturale al posto del carbone per produrre acciaio a basso impatto ambientale. Il principale componente del gas naturale è il metano, idrocarburo formato da un atomo di carbonio e 4 di idrogeno, quindi più “pulito” del carbone (prevalentemente costituito da carbonio). Il rapporto CO2 / acciaio in questo caso si riduce a 0,5 t CO2 per 1 t di acciaio.

«Una volta installati, questi impianti possono avere un’evoluzione ancora più green: è possibile infatti sostituire il metano con idrogeno. Per fare questo occorre fare una minima implementazione dell’impianto per l’adattamento necessario al suo ottimale funzionamento. L’idrogeno, nel processo produttivo, si lega con l’ossigeno producendo acqua come “scarto”», specifica Paolone.

Ecco così, che torna l’idrogeno anche se «la disponibilità dell’idrogeno a costi concorrenziali è il vero problema oggi».

Idrogeno verde e rinnovabili per l’acciaio: l’opzione è già reale

L’idrogeno verde è comunque un’opzione nella produzione di acciaio. E anche se oggi è economicamente svantaggiosa, l’Unione Europea ha posto l’obiettivo della neutralità climatica al 2050.

Lo stesso Timmermans ha evidenziato che sebbene gran parte della transizione energetica si concentrerà sull’elettrificazione diretta, tuttavia, in settori come l’acciaio, il cemento, i prodotti chimici, il traffico aereo, il trasporto pesante e la navigazione, “abbiamo bisogno di qualcos’altro: lo sviluppo continuo della cattura e dello stoccaggio del carbonio, così come di vettori energetici che possono essere immagazzinati più a lungo e trasportati più facilmente su distanze maggiori”. E ha aggiunto la volontà di mantenere la produzione di acciaio in Europa. “Questo è essenziale per la nostra strategia industriale. Ma deve essere acciaio verde. Con l’idrogeno, possiamo farlo accadere. Possiamo farlo accadere e in tempi relativamente brevi”.

Mentre l’idrogeno si fa spazio nelle strategie politiche e istituzionali internazionali, già oggi si lavora su progetti che vedranno la luce già nel 2022 e che pongono rinnovabili e idrogeno al centro. Occorre tornare al metodo di produzione da rottame di origine acciaiosa in cui il rapporto t CO2 / t acciaio in questo caso è di 0,25/1. «L’evoluzione che abbiamo già progettato e pronta per essere messa in atto l’anno prossimo negli USA si vedrà con MIDA ECR® minimill from Danieli», specifica il Chief Technology Officer Danieli Group. Qui si intende impiegare fonti rinnovabili (solare e successivamente eolico) per produrre energia elettrica, riducendo ulteriormente il rapporto t CO2/t acciaio e arrivando a 0,15/1. Stiamo parlando di un impianto fotovoltaico, integrato alla rete elettrica nazionale, in una seconda fase diventerà da 30 MW di potenza installata, capace di alimentare il forno elettrico almeno 5-6 ore senza utilizzare l’elettricità dalla rete. Per questo verranno investiti 20 milioni di euro. «L’ulteriore evoluzione sarà legata all’idrogeno verde, ossia prodotto da elettrolisi grazie all’impiego dell’elettricità da fonte rinnovabile. In questo caso entrerebbe in gioco o per l’accumulo energetico oppure per alimentare i bruciatori del forno, sostituendo il gas naturale parzialmente o integralmente».

Nel caso dell’acciaieria russa, al posto del carbone verranno utilizzati metano e idrogeno, quest’ultimo in percentuale crescente dal 20 al 100%. Anche in questo caso, le emissioni di CO2 in atmosfera saranno assai contenute: con l’alimentazione a gas si avrà una riduzione di – 75% rispetto all’altoforno tradizionale, che salirà a -100% con una alimentazione totalmente a idrogeno da elettrolisi.

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