Rinascita di un’area strategica tra tradizione e trasformazione

Queste aree, se non studiate in tempi rapidi e inserite in un intervento di programmazione urbana di larga scala, sono un’opportunità che troppo velocemente può trasformarsi in una minaccia di degrado innanzitutto sociale oltre che materiale degli edifici.
Nel cuore della città, prossime al centro storico, grandi aree dimesse necessitano di una trasformazione funzionale da cui derivare un processo di sviluppo cittadino intenso quanto ordinato.
E’ importante, fondamentale, che queste trasformazioni avvengano con obiettivi, strumenti, metodi che devono tener conto di quanto si è fatto e si sta facendo nelle città prossime a Monza, affinché possa costituirsi un sistema policentrico, ma anche che tali trasformazioni traggano lo spunto da riflessioni sulle più importanti città d’Italia e d’Europa (Milano, Londra, Parigi, Berlino); le grandi capitali e città europee sono infatti perennemente impegnate a re-inventarsi, in un moto di continui cambiamenti, nel bene e nel male, dei quali è sicuramente opportuno considerare i risultati e ancora di più i processi.
Monza, come la maggioranza delle città italiane che presenta un patrimonio artistico e di stratificazione storica, è riuscita a mantenere una propria identità, ad accrescerla, assorbendo alcuni dei cambiamenti e delle trasformazioni degli ultimi decenni, anche se non sempre ottenendo effetti completamente positivi.
Si è infatti assistito progressivamente, a un’eccessiva separazione tra la zona del centro storico vero e proprio, la parte originaria, e le aree di espansione successive, senza alcuna sorta di connessione.
Lo sviluppo periferico è avvenuto troppo spesso senza una logica costruttiva, cedendo a situazioni speculative e interventi puntuali non inseriti in un progetto sistematico.
Un’analisi sullo sviluppo della città italiana, e più in generale europea, nel corso del Novecento si manifesta necessaria a coloro che si trovano ad intervenire, anche solo puntualmente, in una realtà di questa specie.
Ci si trova di fronte ad una città che oggi si estende enormemente più di quanto sia attrezzata a sorreggere e molto più di quanto in realtà non necessiti, che ha tentato di pensare a un’urbanistica alternativa a quella tradizionale ma che poi è cresciuta come grande periferia, senza il tempo di garantire quei caratteri indispensabili che dovrebbero essere propri di ogni agglomerato che superi certe dimensioni.
Ormai la priorità di interventi di salvaguardia dei centri storici, minacciati da restauri discutibili e spesso incauti, dovrebbe essere sostituita da una nuova strategia, che risponda alla necessità di ripensare e riprogettare la stessa città del Novecento, riordinando le grandi aree periferiche in continua espansione e rigenerandola nella sua totalità.
L’insieme di case, strade e industrie del ‘900 non sono riuscite a creare un vero organismo intorno al centro storico.
Mancano gli elementi di complessità e di gerarchia urbana, costituita dagli edifici civili e religiosi, ma anche dalle più varie attrezzature.
Mancano spazi organizzati, uniformi e ben distribuiti di diradamento dell’edificato, le piazze, i giardini, i luoghi pubblici e i vuoti della città anche al di fuori dell’unico centro storico.
Occorre ripensare questi luoghi, non più solo come aree di espansione della città, ma investendoli del loro carattere di aree urbane, di parti di città attive e in un certo senso autonome.
I cambiamenti e, in particolare, il decentramento dei sistemi produttivi, la crisi internazionale di alcuni settori dell’industria, la necessità economica di prossimità a infrastrutture importanti, hanno reso disponibili spazi di grande dimensione per la creazione di centralità e servizi: sono le aree dismesse, spesso in posizioni strategiche, luoghi di opportunità per la rigenerazione di interi quartieri.
Il nodo cruciale dell’urbanistica non è più quindi l’espansione, bensì la riconversione e il riutilizzo delle aree e degli immobili esistenti con interventi di recupero di porzioni estese di tessuto urbano, di riutilizzo di aree strategiche nella città per una generale riqualificazione delle periferie in cui sono insite; più in generale come occasione per migliorare la qualità della vita e ritrovare la propria identità in scala locale (l’area tema del progetto ne è una chiara esemplificazione).
Trasformare la città non significa necessariamente aggiungere altre parti alla stessa, non vuol dire riempire i vuoti con interventi temporanei e isolati, per nulla relazionati con la stessa; la città deve essere rigenerata e riqualificata non occupandosi unicamente del centro storico ma ridefinendo il ruolo di luoghi “dimenticati” attraverso la valorizzazione dei loro caratteri evocativi, testimoni di un’epoca, di una società, di una storia passata ma non scomparsa.
Sembra proprio che la definizione “urbanism is about the voids beetween buildings” sia calzante, soprattutto se estendiamo il significato di edificio a quello più generale di preesistenza, preesistenza di tessuto, di forme, di valori, di tradizioni e di funzioni.
Inoltre, il costo sociale ed economico del “non-intervento” in queste aree dismesse non viene generalmente ed erroneamente considerato nelle analisi costi-benefici, creando una situazione di negative ricadute economiche ma soprattutto sociali per intere porzioni di città, che continua a divorare grandi fette di territorio verso l’esterno, aumentando i costi per infrastrutture e servizi e rinunciando ad una ricerca interna.
Bisogna saper affrontare e superare definitivamente il processo di dismissione di vecchie fabbriche e industrie che sta cambiando tutte le città, e progettare zone moderne di grande vivibilità e con funzioni totalmente diverse; i progetti dovranno essere improntati e fondati sulla sostenibilità, sullo sviluppo e sul mantenimento duraturi nel tempo, sullo sviluppo ambientale, economico e sociale; dovranno ritrovare e ricreare il senso dello spazio pubblico come luogo di scambio, comunicazione, confronto e crescita e come simbolo di progresso della nostra civiltà.

POLITECNICO DI MILANO
Polo Regionale di Lecco
VI Facoltà di Ingegneria
Corso di Laurea in Ingegneria Edile-Architettura
Relatori:
Prof. Danilo Palazzo
Prof. Massimo Tadi
Anno Accademico 2005/2006

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