Rigenerazione urbana: come riqualificare i beni confiscati alla mafia

Orti urbani, riqualificazione immobiliare, oasi verdi e aree gioco: la rigenerazione urbana dei beni confiscati alle mafie crea occasioni di socialità e di lavoro. Ecco cosa si sta facendo in Campania

Sabrina Cruoglio e Nadia Peruggi: Orti Sociali - Villa Literno
Sabrina Cruoglio e Nadia Peruggi: Orti Sociali – Villa Literno

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La rigenerazione urbana e paesaggistica passa dalla valorizzazione dei beni confiscati a mafia, camorra, ndrangheta.

Il patrimonio costituito da ville, immobili e terreni sottratti alle mafie, secondo stime Eurispes, vale 32 miliardi di euro, pari all’1,8% del Pil nazionale.

A oggi, in Italia, i beni confiscati sono oltre 23 mila, di cui 14 mila destinati agli enti locali e pronti per essere riutilizzati dalla cittadinanza (Fonte: Libera). C’è quindi molto da fare per restituire valore a questo patrimonio.

Ed è su questo che opera Agrorinasce, società consortile costituita da sei Comuni del casertano, che in vent’anni ha ridato vita ad oltre 160 beni confiscati alla camorra, in aree rese tristemente famose dall’attività di clan come quello dei casalesi.

Dal 2015 il direttore generale di Agrorinasce, Giovanni Allucci, ha avviato una collaborazione con la Scuola di Architettura NIB – NewItalianBlood che ha realizzato negli anni progetti di rigenerazione urbana e di riqualificazione paesaggistica.

Di recente sono state presentate 5 nuove idee-progetto, sviluppate con software BIM (Building Information Modeling), che si aggiungono alle 12 già sviluppate negli anni precedenti. I giovani architetti, paesaggisti, ingegneri e designer della Scuola NewItalianBlood di Salerno hanno contribuito con le loro idee al recupero e valorizzazione di importanti beni a San Cipriano d’Aversa e Villa Literno, coordinati da architetti e progettisti affermati a livello nazionale.

Assonometria Orti Sociali.  Sabrina Cruoglio e Nadia Peruggi - Villa Literno
Assonometria Orti Sociali. Sabrina Cruoglio e Nadia Peruggi – Villa Literno

Il presidente di NIB no profit è Luigi Centola architetto titolare dello studio Centola & Associati, che opera da vent’anni in particolare alla realizzazione di interventi sostenibili ed ecocompatibili in tutta Italia e in particolare in Campania.

Rigenerazione urbana da beni confiscati: perché sono più veloci e fattibili dei piccoli borghi

Gli ultimi cinque progetti mettono in luce la possibilità di creare oasi verdi, orti sociali, di riqualificare palazzi e terreni agricoli. Tra questi si segnala, in particolare, il “Chilometro della Legalità” a San Cipriano d’Aversa: un parco lineare, come asse di verde pubblico per liberare la fascia di rispetto della linea ferroviaria.

«Ultimamente Repubblica ha avviato una riflessione – legittima – sulla possibilità di ridare vita alle aree interne. Peccato però che non si consideri che per riavviare la vita nei piccoli borghi spopolati servono tempo e soldi per realizzare infrastrutture: postazioni medico-sanitarie, scuole, strade.
C’è un’alternativa agli investimenti da avviare per creare veri presupposti di rigenerazione urbana su beni di proprietà pubblica? Sì. Sono i beni confiscati alle mafie», afferma Luigi Centola, architetto, presidente NIB. «Quale miglior strategia per rilanciare in tempi rapidi con investimenti a ritorno certo e in grado di creare posti di lavoro. Si consideri che per ogni progetto realizzato, c’è almeno un’associazione direttamente coinvolta, cui fanno riferimento tante persone», spiega.

Secondo una ricerca di Libera si contano più di 750 realtà sociali che gestiscono beni confiscati. Tra queste, 400 sono associazioni non profit e di volontariato, oltre 180 sono cooperative sociali che prevedono il reinserimento lavorativo di persone con disabilità e 13 sono scuole di diverso ordine e grado, che riutilizzano i beni confiscati per le attività didattiche.

Rigenerazione urbana da beni confiscati: idee e opportunità per giovani architetti

I Master-Lab di Rigenerazione Urbana e Paesaggistica “Agrorinasce-Nib” vedono impegnati giovani architetti, paesaggisti, ingegneri e designer della Scuola NewItalianBlood di Salerno.

Quest’anno le idee di riconversione ad uso sociale, culturale, sportivo, agricolo e produttivo hanno riguardato una serie di spazi pubblici e terreni confiscati non ancora utilizzati nei Comuni di San Cipriano d’Aversa e Villa Literno.

Nel primo Comune si segnala il progetto del “Chilometro della Legalità” che contempla spazi di verde pubblico e un’area per il gioco e lo sport.

Playground Urbano . Tiziano D'Angelo e Luisa Santoriello - San Cipriano
Playground Urbano. Tiziano D’Angelo e Luisa Santoriello – San Cipriano

Due piccoli lotti confiscati, costituiscono le testate di accesso al Chilometro della Legalità: ad ovest l’Oasi Verde (860 mq) e a est il Playground Urbano (800 mq). I due interventi, realizzabili in pochi giorni con 100mila euro ciascuno, rappresentano il prologo di un processo di rigenerazione urbana e paesaggistica per il territorio.

A Villa Literno, invece, è previsto un masterplan e progetti di riuso per un quartiere con residenze, spazi pubblici e orti sociali. Gli stessi partecipanti ai Master NIB Architettura|Ambiente e Progettazione|Bim illustrano il progetto: “La strategia socio-economica integrata alla rigenerazione paesaggistica coniuga il recupero e la sistemazione dei terreni confiscati come orti sociali, la creazione di una serie di spazi pubblici attrezzati lungo la provinciale – in assenza di pianificazione non esistono piazze o luoghi di incontro – e il riuso di un intero palazzo residenziale anch’esso sottratto alla criminalità (1.650‬mq). Nell’edificio sono previsti negozi di vicinato e laboratori di artigianato al piano terra (480mq), appartamenti e servizi comuni per social housing (780mq), accoglienza di persone svantaggiate ai piani superiori e in mansarda (390mq)”.

Spazi pubblici. Carlo Amoroso e Marco Pedata - Villa Literno
Spazi pubblici. Carlo Amoroso e Marco Pedata – Villa Literno

A questi si aggiunge un capannone industriale (3.000mq) anch’esso confiscato – ex zuccherificio – già incluso nella strategia di sviluppo del masterplan.
«Si tratta di progetti a volume zero, che vanno a completare le finalità che già erano state contemplate nei sei anni precedenti, e che riguardano: attività sportive e ricreative, orti urbani, spazi pubblici e altro ancora», spiega Centola. «Si tratta quindi di un’opportunità enorme specie oggi, con un’emergenza Covid-19 che ha causato moltissimi morti e rischia di mettere in crisi occupazionale tantissime persone. Una parte dei fondi che prevede il Decreto Rilancio potrebbero e dovrebbero essere utilizzati per la rigenerazione dei beni confiscati. Pensiamo solo all’interesse suscitato, sotto forma di associazioni ed enti del Terzo settore, di opportunità per i giovani, offrendo un messaggio di legalità, ma soprattutto si creano le condizioni per replicare i progetti in altri contesti. Infine ma non certo ultimo- investire su un bene confiscato significa valorizzare un patrimonio di proprietà dello stato, già trasferito ai Comuni».

Gli orti sociali sono un esempio diffuso di terreni confiscati che possono costituire un volano virtuoso: «la possibilità di coltivare prodotti tipici a km zero, creare inclusione sociale e occasioni per la didattica a favore della scuola e dei giovani», sottolinea l’architetto e presidente del NIB.

Beni confiscati e rigenerazione urbana: i fondi ci sono

I progetti portati avanti con Agrorinasce come si sostengono? «Ci sono tre vie di finanziamento attraverso altrettanti bandi di Regione Campania: uno per progetti medi (1,5 milioni di euro) sotto forma di bandi POR e PON; e altri due, rispettivamente per 100mila e 150mila euro a progetto con cui si finanziano altre iniziative».

In Campania la Regione finanzia i Comuni e quest’ultimi presentano i progetti preliminari, esecutivi e definitivi. A quel punto, a progetto già finanziato, entra in gioco il gestore del Terzo settore che ha il compito di attivare le opportunità annesse. Oltretutto, su questo si possono utilizzare fondi attivati da Fondazione Con Il Sud, ente non profit privato che promuove percorsi di coesione sociale per favorire lo sviluppo del Sud Italia, finanziamenti europei e altri bandi di vario genere.

Quindi i progetti si avviano mediante bandi regionali «e si auto sostengono perché sono pensati per essere gestiti e generare occupazione. Così è possibile valorizzare beni e creare economia sociale per mantenere l’associazione che opera e dar lavoro a diverse persone», rileva ancora Centola.

Beni confiscati e rigenerazione urbana: l’insidia della camorra

Lo stesso presidente NIB ammette che non mancano certo resistenze da parte della mafia, camorra o ndrangheta a vedere valorizzati in altro modo i propri beni confiscati. «Qualche esperienza sul campo l’abbiamo avuta. Nelle fasi progettuali non si corrono rischi ma bisogna pensare da subito a come proteggere i beni recuperati e la gestione. Nel momento in cui il progetto si attua e funziona è capitato di subire intimidazioni o atti vandalici. I territori che vedono l’impegno di Agrorinasce, per esempio, erano controllati dal clan dei casalesi, i cui vertici sono stati assicurati alla giustizia. La situazione quindi, non è più così complicata come poteva essere 10-15 anni fa. Ciò non significa che la camorra sia scomparsa, il pericolo di infiltrazioni e collusioni è sempre presente, particolarmente in momenti di crisi economica, come segnalato da autorevoli magistrati, bisogna contrastare il “welfare mafioso” in agguato».

Beni confiscati e rigenerazione urbana: il ruolo dell’eco sostenibilità

Nei progetti condotti da NewItalianBlood il fattore ecosostenibilità connesso all’economia di gestione «è fondamentale», sottolinea Centola. «La rigenerazione di un bene, che diventa pubblico, viene sottoposta ad interventi che tengono conto sia della finalità strategica sia dei vincoli legislativi. Si vanno quindi a migliorare, nel caso degli immobili, le prestazioni e l’autoproduzione di energia oppure, nel caso di terreni, si valorizzano trasformandoli in orti sociali e luoghi di inclusione». Va detto, inoltre, che i terreni confiscati e presi in carico sono aree che versano nell’abbandono.

«Da quest’anno poi è entrata in gioco anche la progettazione integrata BIM, che va a migliorare la progettualità e l’esecuzione, rendendo tutto il processo più sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che dei costi».

Un altro fattore green è che i terreni dove si agisce, nell’area del casertano sono in quella che una volta era la Campania felix, «territori dalla cultura millenaria, dove sviluppare produzioni retaggio di tradizioni antiche: fragole, pomodori, uva… Valorizzare un terreno abbandonato è un segnale forte e chiaro che contrasta quello delle eco-mafie. Se la terra è coltivata e controllata, è difficile farne un luogo dove sversare veleni come accaduto nella Terra dei Fuochi», conclude Centola.

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