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Le attuali normative, oltre alla naturale volontà di realizzare costruzioni sempre più sicure, impongono al progettista non pochi vincoli sul fronte della scelta dei materiali e delle tecniche costruttive in relazione all’ottenimento di determinati standard di sicurezza. Sul fronte della resistenza al fuoco, in particolare delle murature in laterizio, non mancano le indicazioni operative a cui attenersi.Indice: La resistenza al fuoco La reazione al fuoco Muri tagliafuoco: una ricerca Le prove sperimentali Il ruolo dell’intonaco Pareti multistrato: alcune regole di progetto Spesso ci si deve confrontare, nelle specifiche tecniche di ogni singolo materiale, con una particolare definizione: il comportamento al fuoco. Ma cosa si intende esattamente? Generalmente per comportamento al fuoco si intende “quell’insieme di trasformazioni fisico-chimiche conseguenti all’esposizione, di un materiale o di un sistema costruttivo, all’azione del fuoco”. La normativa italiana attualmente in vigore, però, all’interno di questa generica definizione introduce due importanti ed ulteriori specifiche: la resistenza al fuoco (“Norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile” – Circolare Ministeriale n. 91 – Ministero dell’Interno). reazione al fuoco (D.M. 26/6/1964: “Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi”). Entrambi le reazioni sono due aspetti del comportamento al fuoco dei materiali o delle strutture tra loro molto diversi. La resistenza al fuoco Viene definita come “… l’attitudine di un elemento costruttivo – sia esso componente o struttura – a conservare, secondo un programma termico prestabilito e per un certo periodo di tempo, la stabilità (indicata con il simbolo R), la tenuta (indicata con il simbolo E) e l’isolamento termico (indicato con il simbolo I).” La norma stabilisce quanto segue: la stabilità R è l’attitudine di un elemento da costruzione a conservare la propria resistenza meccanica sotto l’azione dell’incendio; la tenuta E è la capacità di un elemento da costruzione di non lasciar passare (né tanto meno produrre) fiamme, vapori o gas caldi dal lato esposto a quello non esposto; l’isolamento I è l’attitudine di un elemento costruttivo a ridurre, entro determinati limiti, la trasmissione del calore. Il valore di resistenza al fuoco REI è espresso in unità di misura “tempo” (in minuti) e rappresenta il tempo al di sotto del quale l’elemento costruttivo è in grado di mantenere e garantire la propria stabilità, tenuta ed isolamento. Il valore REI è determinato dal più basso valore di uno dei tre parametri: R, E ed I (anch’essi, ovviamente, misurati in minuti). La definizione di REI è normalmente “interpretata” in funzione dell’elemento costruttivo che si intende analizzare. Nel caso di un muro tagliafuoco non portante, ad esempio, oltre all’aspetto della tenuta E, è necessario valutare anche quello dell’isolamento I. Per valutare la REI di un singolo elemento costruttivo è necessario fare riferimento a quanto indicato all’interno della Circolare n. 91 del Ministero degli Interni, del 14/9/1961 (“Norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile”). Non bisogna farsi trarre in inganno dal titolo della circolare: il suo campo di applicabilità della Circolare è stato esteso, nel corso degli anni, anche ai fabbricati a struttura mista, in calcestruzzo armato e/o precompresso, in legno, in muratura, ecc. La reazione al fuoco Per reazione al fuoco di un materiale si intende: “… il grado di partecipazione di un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto. In relazione a ciò i materiali sono assegnati alle classi 0, 1, 2, 3, 4, 5 con l’aumentare della loro partecipazione alla combustione; quelli di classe 0 non sono combustibili.” La classe di reazione al fuoco fornisce un giudizio sulla attitudine del materiale a contribuire o meno al carico di incendio. Il D.M. 14/1/1985 (all’art. 1) attribuisce ai materiali di seguito elencati classe di reazione 0: materiali da costruzione, compatti od espansi a base di ossidi metallici (ossido di calcio, magnesio, silicio, alluminio ed altri) o di composti inorganici (carbonati, solfati, silicati di calcio ed altri) privi di leganti organici; materiali isolanti a base di fibre minerali (di roccia, di vetro, ceramiche ed altre) privi di leganti organici; materiali costituiti da metalli con o senza finitura superficiale a base inorganica. Da un punto di vista logico la Circolare n. 91 può essere suddivisa in tre parti, ognuna delle quali affronta i seguenti argomenti: valutazione del carico d’incendio e conseguente classificazione degli edifici; definizione della resistenza al fuoco per varie tipologie di elementi costruttivi; modalità di prova per la determinazione sperimentale della resistenza al fuoco di un elemento costruttivo. Va ricordato come,nella pratica, l’attribuzione della classe di un edificio avviene non solo sulla base del semplice metodo di calcolo illustrato nella Circolare n. 91 (e quindi sul valore del carico di incendio virtuale), ma tenendo conto anche di una serie di altri fattori, forse meno evidenti del carico d’incendio, ma altrettanto significativi. Muri tagliafuoco: una ricerca Il laterizio, sia normale che alleggerito, è un materiale non combustibile e quindi di classe 0. A questo proposito è utile fare alcune considerazioni sul quanto riportato in materia di murature tagliafuoco nella Circolare n.91, e in particolare nella tabella 2 contenuta nella circolare stessa.Un’attenta analisi critica dei contenuti della circolare, al fine di individuare le effettive capacità del laterizio in caso di incendio, è stata effettuata dall’Andil e in collaborazione con il Centro Studi ed Esperienze Antincendio del Ministero dell’Interno (Roma-Capannelle), ha intrapreso e concluso una vasta campagna sperimentale con l’intento di giungere ad una completa ridefinizione delle caratteristiche di comportamento al fuoco della pareti in laterizio. Quanto si riporta di seguito rappresenta anche un primo rapporto sui risultati fino ad ora ottenuti. Il lavoro svolto evidenzia come, proprio sul fronte delle murature in mattone i valori riportati in tabella siano quantomeno conservativi, in particolare: gli spessori indicati per le varie classi di resistenza sono considerati al netto dell’intonaco; per quanto riguarda gli spessori degli intonaci è necessario fare riferimento a quanto indicato nella “Tabella 5” della Circolare n. 91; la tabella distingue tra mattoni pieni e forati senza però dare indicazioni in merito alla percentuale di foratura degli uni e degli altri. Cercando di interpretare i dati della “Tabella 2” e ipotizzando che per intonaco normale si intenda un intonaco non isolante (e quindi non a base di gesso, vermiculite, perlite o simili) e che per forato si intenda un mattone non pieno, si ricava quanto segue: una parete in mattoni forati di spessore 10 cm intonacata su entrambe le facce con intonaco normale di sabbia, calce e cemento di spessore pari ad 1.5 cm offre una resistenza al fuoco di soli 30 minuti; oppure: per ottenere una resistenza di 90 minuti è necessario disporre di una parete in laterizio forato di spessore pari a 30 cm intonacata su entrambe le facce. E’ evidente che si tratta di valori di resistenza diversi da quelli che si riescono ad ottenere utilizzando i blocchi in laterizio pieni o forati attualmente in commercio. Una considerazione particolare merita la nota relativa alla “Tabella 2” ed il conseguente rimando alla “Tabella 5”. Nel caso si utilizzino pareti in mattoni pieni, lo spessore dell’intonaco da considerare potrà essere la metà che nel caso di pareti in laterizio forato. Il che si traduce, per esempio, in una situazione di questo tipo: per ottenere un valore di resistenza pari a 60 minuti è possibile utilizzare una parete di mattoni pieni di spessore pari a 13 cm, intonacata su entrambe le facce con intonaco isolante a base di vermiculite-cemento di spessore pari a 2.25/2 = 1.125 cm. Le prove sperimentali La necessità di aggiornare i valori di resistenza riportati nella “Tabella 2” della Circolare n. 91, ha spinto l’ANDIL ad intraprendere, in collaborazione con il Centro Studi ed Esperienze Antincendio del Ministero dell’Interno (Roma – Capannelle) una vasta campagna sperimentale sul comportamento al fuoco delle pareti laterizio. Sulla base dei risultati ottenuti è stata stilata una proposta di revisione della “Tabella 2” che, in tempi brevi, dovrebbe essere recepita dalle competenti autorità e, quindi, tramutata in norma. Il lavoro di ricerca ha comportato quanto segue: l’esecuzione di 17 prove su pareti in mattoni o blocchi in laterizio (tutte non intonacate); l’impiego, nella confezione dei provini, di diverse tipologie di mattoni e blocchi (sono stati utilizzati elementi pieni, semipieni e forati – secondo la definizione data dal D.M. 20/11/1987 – e di tipo leggero); sono state inoltre provate pareti di spessore compreso tra 8 e 25 cm; la valutazione dell’andamento delle temperature non solo sulle due superfici estreme del provino (superficie esposta e non esposta al fuoco) ma anche internamente alla parete; le prove. Al di là dei semplici valori numerici di resistenza al fuoco, la ricerca ha consentito di individuare alcuni aspetti qualitativi del comportamento al fuoco delle pareti in laterizio. In primo luogo il valore di resistenza al fuoco è risultato dipendere esclusivamente dal parametro I (isolamento). Durante le prove, indipendentemente dal valore di REI raggiunto, e quindi dal tipo di elementi resistenti utilizzati, tutte le pareti hanno conservato la loro stabilità (R) e soprattutto non hanno presentato fenomeni di passaggio di vapori o fumi verso l’esterno (tenuta E). Questa prima risultanza consente (e lo si vedrà meglio in seguito) di semplificare molto il problema della valutazione della resistenza al fuoco delle pareti in laterizio. Un altro aspetto importante riguarda la modalità di sviluppo della resistenza relativamente al parametro isolamento. In tal senso si possono distinguere tre diversi tipi di comportamento. Dall’analisi dei risultati sperimentali è emerso che il valore di REI dipende, oltre che dallo spessore della parete, dall’inerzia termica della stessa. Ed è proprio sulla base di questa considerazione che è stata stilata la proposta di modifica della “Tabella 2” della Circolare n. 91 riportata in tabella 6. Tabella 6 – Proposta di modifica della “Tabella 2” della Circolare n. 91 Il ruolo dell’intonaco Nell’individuazione dell’effettivo comportamento al fuoco di una muratura in laterizio appare evidente come sia fondamentale anche il ruolo svolto dall’intonaco. Nella ricerca condotta da Andil tutte le prove sono state svolte su pareti non intonacate realizzate con giunti di malta orizzontali e verticali continui. Proprio al fine di verificare il ruolo svolto dall’intonaco in questi casi i tecnici responsabili della ricerca hanno confrontato i valori REI ottenuti con una serie di dati sperimentali preesistenti, alcuni dei quali relativi a pareti dello stesso tipo di quelle utilizzate per la ricerca ma intonacate su entrambe le facce, al fine di valutare l’incremento di resistenza dovuto alla presenza dell’intonaco. Dal confronto è emerso: la presenza dell’intonaco influenza in modo molto evidente soprattutto la resistenza offerta da pareti di spessore modesto (6-8-10 cm), nelle quali il grado di isolamento può venire compromesso dalla comparsa, sulla superficie a contatto con il forno, di fessure causate da fenomeni di dilatazione termica.Lo strato di intonaco svolge in questo caso una prima azione di “protezione” che va evidentemente oltre il semplice contributo offerto dalla sua resistenza termica; il contributo offerto alla resistenza al fuoco dipende quasi esclusivamente dall’intonaco presente sulla faccia esposta al fuoco; l’incremento di REI ottenuto su pareti intonacate dipende sia dallo spessore che dal tipo di intonaco utilizzato. Questa constatazione risulta già presente all’interno della Circolare n. 91. Pareti multistrato: alcune regole di progetto Frequentemente il progettista deve valutare la resistenza al fuoco di pareti multistrato composte, ad esempio, da blocchi forati o con intercapedini. In questi casi non è sempre agevole reperire dati di riferimento attendibili. In questi casi può essere utile consultare quanto emerso da una ricerca effettuato dalla Divisione di Ricerca sulle Costruzioni del Consiglio Nazionale di Ricerca del Canada, presenta in “Ten Rules of Fire Endurance Rating”. Lo studio comprende una serie di regole, di chiara natura sperimentale, che possono rivelarsi utili in fase di progetto della resistenza al fuoco di una struttura. Alcune di queste regole riguardano le pareti in mattoni in laterizio e l’influenza degli intonaci. 1) La resistenza al fuoco di una struttura costituita da una serie di strati di materiali diversi, è superiore alla somma delle singole resistenze al fuoco rilevate su ogni componente. Si tratta di una regola sicuramente conservativa in quanto è facilmente dimostrabile che raddoppiando lo spessore di un elemento la sua resistenza al fuoco assume valori superiori al doppio. 2) La resistenza al fuoco di una struttura non diminuisce con l’aggiunta di ulteriori strati di materiali. Aggiungere strati ad una struttura in laterizio vuole dire, in primo luogo, aumentarne sia il peso che la resistenza termica. Ne consegue che aumenta anche l’inerzia termica e quindi diminuisce la velocità di variazione della temperatura all’interno della parete. 3) La resistenza al fuoco di strutture che contengono intercapedini o cavità è superiore alla resistenza di strutture simili e dello stesso peso ma senza intercapedini. Un’altra conferma dell’influenza dell’inerzia termica nello sviluppo di REI. Se la parete è forata (o con intercapedine) la sua resistenza termica, rispetto ad una parete piena di egual peso, è sicuramente superiore, come superiore sarà l’inerzia termica della struttura. 4) Più un’intercapedine è posta distante dalla superficie esposta al fuoco e più positivo è il suo effetto nei confronti della resistenza al fuoco. 5) La resistenza al fuoco non può essere incrementata aumentando lo spessore dell’intercapedine d’aria. Questa regola è di chiara derivazione sperimentale. E’ stato dimostrato che aumentando lo spessore delle intercapedini oltre gli 1.75 cm non si ottengono incrementi significativi di resistenza al fuoco. 6) Eventuali strati a bassa conducibilità termica sono meglio utilizzati se vengono posti dalla parte in cui esiste una maggiore probabilità di incendio. 7) La resistenza al fuoco di strutture non simmetriche dipende dalla direzione del flusso di calore. Anche questa affermazione è di diretta derivazione sperimentale e rappresenta una conseguenza delle precedenti regole 4 e 6. 8) La presenza di umidità, se non è causa di scheggiature esplosive, aumenta la resistenza al fuoco. Questa regola è, in particolare, per le murature in mattoni. La presenza di diversi tenori di umidità è, in generale, la causa principale delle dispersioni dei dati sperimentali specialmente su pareti in laterizio di spessore esiguo (6-8 cm). Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento