Verso la legge per la rigenerazione urbana, visione di lungo periodo e dibattito pubblico

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Il disegno di legge si compone di 28 articoli e 10 capi di lettura. Punta a incentivare la rigenerazione delle città con un miliardo all’anno. Corsia preferenziale per l’attribuzione dei Fondi strutturali europei, combattere il degrado per migliorare le periferie e la qualità della vita delle persone. Non tutti sono d’accordo. I costruttori chiedono una revisione del testo, i Comuni invece addirittura un ripensamento. Ma il governo lo sostiene anche con strumenti del Recovery e come interventi di riduzione del divario sociale

Verso la legge per la rigenerazione urbana

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Offrire una visione di lungo periodo alla rigenerazione urbana, proponendo soluzioni e strumenti per la condivisione delle decisioni e delle scelte tra Stato, Regioni e Comuni, con la previsione del dibattito pubblico. E’ questo lo spirito che si prefigge il disegno di legge sulla rigenerazione urbana che – ora in esame a Palazzo Madama, in un testo unificato – nasce dalla sintesi di diversi ddl.

Il ddl, un miliardo all’anno

Il provvedimento si compone di 28 articoli, dislocati in 10 capi di lettura. Nel complesso – spiega il vicepresidente dei senatori del Pd, e relatore al testo, Franco Mirabelli – punta a incentivare la rigenerazione delle città grazie a risorse pubbliche per un miliardo all’anno: 500 milioni, per venti anni, destinati al Fondo nazionale rigenerazione urbana, incentivi di natura diversa come l’esenzione dal pagamento dell’Imu e della Tari, la riduzione, da parte dei Comuni, dei canoni e dei tributi per l’occupazione del suolo pubblico, il superbonus al 110%.

Avranno poi una corsia preferenziale gli interventi di rigenerazione urbana per l’attribuzione dei Fondi strutturali europei, oltre a pensare a incentivi adeguati per indirizzare anche le risorse private su questo tipo di interventi.  

Combattere il degrado

Cuore del sistema sarà l’adozione di un approccio che punta a combattere il degrado, in tutte le sue forme: la rigenerazione urbana è lo strumento per i Comuni per migliorare le città, le periferie e la qualità della vita delle persone, oltre al concetto di contenere il più possibile il consumo di suolo.

Transizione ecologica

Il percorso si ispira alla transizione ecologica, prevede un ruolo importante per le Regioni e riconosce ai Comuni la possibilità di decidere gli interventi.

Alle Regioni spetta la ripartizione delle risorse, l’adozione delle disposizioni per la rigenerazione urbana, la definizione dei criteri, l’individuazione di specifici programmi per l’edilizia residenziale pubblica, e le risorse da destinare ai bandi.

Non tutti sono d’accordo

A livello politico, non tutti sono però d’accordo con il quid del ddl. Per esempio la senatrice di Fi Alessandra Gallone ha fatto presente come il testo non riesca ad integrare in modo efficace l’azione dei diversi livelli di governo in una prospettiva di sburocratizzazione e semplificazione, oltre a criticare la scelta di limitare gli interventi di rigenerazione agli ambiti urbani degradati invece di renderli possibili in tutti i contesti in cui c’è la necessità di adeguare il patrimonio edilizio ai nuovi standard ambientali.

Inoltre mancherebbe sufficiente autonomia e flessibilità per gli enti locali, per non parlare di una maggiore coerenza con il superbonus 110%.

Nodi che trovano sponda proprio nelle imprese sul versante semplificazione e nei Comuni per l’iter burocratico.

La posizione dei costruttori, delle imprese e degli immobiliari

Secondo i presidenti di Confindustria Carlo Bonomi, di Confindustria Assoimmobiliare Silvia Maria Rovere, e di Ance Gabriele Buia il testo di legge “disegna un sistema di regole rigido, lento e che finirà per scoraggiare gli investimenti dei privati, anche perché non prevede misure di agevolazione e di semplificazione urbanistiche ed edilizie adeguate, ponendo ulteriori vincoli sui centri storici, con il rischio di aumentarne il degrado, anziché di favorirne la rigenerazione e il recupero”.

Viene quindi chiesta una revisione radicale con la definizione al più presto di regole per avviare un vero processo di trasformazione sostenibile delle città in linea con gli obiettivi europei su resilienza, tutela del suolo e del territorio, anche in chiave di rilancio economico e sociale del Paese. Questo perché – dicono le tre associazioni – è “un tema di straordinaria rilevanza sociale ed economica, che deve diventare una grande occasione per trasformare le aree urbane e offrire ai cittadini servizi moderni, sostenibili e digitalizzati e per rilanciare filiere produttive e tecnologiche di primaria importanza. Per questa ragione è necessaria una disciplina flessibile e semplice”.

I sindacati

Per i sindacati, c’è la Fillea Cgil in prima linea a chiedere un piano straordinario che consenta di cogliere tutte le opportunità del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Cosa che può avere, e deve avere, anche ricadute occupazionali, dal momento che – spiega la Fillea – mancano oltre 50mila lavoratori professionalizzati nel settore delle costruzioni, di cui 20mila nella fascia alta dei tecnici.

Secondo i dati della Fillea-Cgil il 96% delle aziende di edilizia privata è già impegnata in progetti, studi, approfondimenti per accedere al superbonus o ad altri programmi di riqualificazione o di messa in sicurezza anti-sismica, ma l’87% delle imprese è abbastanza (43%) o molto (44%) preoccupata nel trovare lavoratori specializzati, sia operai che tecnici. Dopo la burocrazia (62%), la seconda preoccupazione delle aziende (48%) è proprio quella di non trovare lavoratori professionalizzati per soddisfare tutta l’eventuale domanda.

La posizione dei Comuni

“Il disegno di legge va ripensato completamente e riscritto traendo ad esempio i progetti di rigenerazione realizzati dai Comuni con risorse attribuite loro direttamente – osserva Mario Occhiuto, delegato Anci all’urbanistica e sindaco di Cosenza – nel ddl si fa molta confusione, accostando al concetto di rigenerazione operazioni ed interventi che, invece, sono classificabili come opere di riqualificazione o di recupero. C’è urgente bisogno di fare chiarezza”.

Secondo Occhiuto per realizzare “un’autentica rigenerazione urbana, sono tre gli ambiti di intervento: le aree dismesse abbandonate e degradate dovranno essere rigenerate con nuove funzioni, orientate ad implementare il benessere e la salute dei cittadini; le aree libere aperte nelle quali ci sarà sempre meno posto per le auto e per le strade di grande attraversamento veicolare che dovranno essere spostate fuori dai centri urbani, trasformando quelle esistenti in corridoi verdi, con giardini tematici e piste ciclabili e pedonali e campi da gioco; gli edifici e i quartieri popolari da sottoporre a operazioni di riabilitazione urbana che prevedano la realizzazione di grandi opere pubbliche di architettura contemporanea”.

Per questo “sarebbe opportuno introdurre indicazioni semplici accompagnate dall’assegnazione di risorse stabili e che siano rimesse all’autonoma gestione dei Comuni, senza ulteriori passaggi regionali che complicherebbero e allungherebbero la tempistica”.

Draghi, interventi per la riduzione del divario sociale

Il Governo – rileva il presidente del Consiglio Mario Draghi parlando dei punti qualificanti del Recovery – “ha come priorità aiutare le fasce più povere della popolazione, spesso le più esposte alla crisi del Covid-19. Quindi nel piano è presente anche un importante intervento di rigenerazione dell’edilizia residenziale pubblica e sociale. Queste misure, insieme al rafforzamento del ruolo dei servizi sociali nazionali e al recupero delle infrastrutture sportive, sono mirate a intervenire sui fenomeni di emarginazione e degrado sociale e ridurre i divari tra le varie aree del Paese”.

Cingolani, più forza al territorio

Dare più forza al territorio è uno degli elementi centrali del Pnrr. E per il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani proprio con il Recovery si intende “rafforzare la tutela del territorio” attraverso “interventi a favore delle aree verdi: forestazione urbana, digitalizzazione dei parchi, rinaturificazione di aree verdi. Con programmi dedicati a ‘isole smart e verdi’”.

I temi che si intrecciano con la rigenerazione urbana sono almeno tre: consumo di suolo, efficienza energetica, riqualificazione del patrimonio edilizio.

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