Evoluzione del rapporto luce e città

E’ innegabile che negli ultimi anni sia nato un interesse sempre maggiore nei riguardi della città e, in particolare, per ciò che riguarda l’illuminazione pubblica in un contesto urbano, intesa come elemento di fruizione degli spazi esterni.
Ciò si è accompagnato, inoltre, con un nuovo stile di vita e di concezione dello spazio pubblico, visto non più come spazio di connessione tra luoghi privati, ma luogo vissuto, di giorno come di notte.

Questa attenzione sempre più evidente per il pubblico, nel senso più ampio del termine, nata dagli inizi degli anni ’80, si è concretizzata in studi sociali e architettonici e nell’esigenza, per quanto riguarda la fruizione dello spazio pubblico notturno, di illuminare aree e spazi non confinati.

Se ciò ha comportato una sensibilizzazione delle amministrazioni pubbliche e dei progettisti ad un nuovo tema, dall’altro lato spesso è mancata una preparazione adeguata sul piano teorico.

L’illuminazione delle città si era sviluppata nel corso degli anni precedenti sulla base di una assunzione principale: “più luce = più sicurezza”, rispondendo principalmente a caratteristiche di funzionalità e prevenzione dei crimini. Non vi era, come forse non vi è ancora oggi, la coscienza di cosa può rappresentare la luce per uno spazio esterno.

Si è generata, dunque, una confusione, prima ancora che sul metodo di progetto, sui termini da utilizzare per definire il concetto stesso di illuminazione urbana.
Nonostante, infatti, vi sia un interesse sempre crescente nei confronti del tema dell’illuminazione di esterni, risulta complesso definire quali siano gli ambiti, le funzioni dell’illuminazione in uno spazio pubblico e soprattutto quali termini utilizzare e che cosa essi rappresentano.

Definizione di illuminazione urbana

I termini “illuminazione pubblica” ed “illuminazione urbana” sono profondamente differenti e rappresentano due approcci al progetto illuminotecnico dello spazio pubblico esterno.

Se da un lato per illuminazione pubblica s’intende infatti l’illuminazione funzionale di un spazio esterno, ponendosi come obiettivi la rispondenza alla normativa tecnica e ai relativi parametri raccomandati, dall’altro si intuisce che l’illuminazione urbana comporta un discorso più ampio, affondando le sue radici in un terreno multidisciplinare, dove l’elemento di giunzione è la considerazione dello spazio pubblico come ambiente.

Il concetto di “ambiente”, caratterizzante delle discipline urbanistiche, risulta essere di fondamentale importanza anche nel caso dell’illuminazione urbana.
Questa concezione della luce come elemento dello spazio urbano e, dunque, delle discipline urbanistiche è innovativa e ancora non particolarmente acquisita soprattutto a livello nazionale.

In altri contesti, quali la Francia, la situazione è diversa, in quanto la cultura della luce è da molto più tempo radicata sia nell’ambito architettonico che urbanistico.
Non a caso, infatti, se in Italia, come si è visto, si parla prevalentemente di “illuminazione stradale”, “illuminazione monumentale”, “illuminazione pubblica” e raramente di “illuminazione urbana”, in Francia si è assistito ad una evoluzione, riscontrabile anzitutto nei termini utilizzati.

Si parla, infatti, di “éclairage routière”, “éclairage décoratif”, “éclairage public”, e di “lumière urbaine”, dimostrando nel caso dell’ambito urbano un distacco dal funzionalismo rappresentato dalla parola “éclairage” e entrando nel mondo della luce ambientale attraverso il concetto di “lumière”, parola dai confini più estesi. Non si tratta, dunque di “illuminazione” ma di “luce”.

Si può cercare dunque di mettere in evidenza le correlazioni come riportato nel seguito:

  • illuminazione stradale
  • illuminazione monumentale
  • illuminazione pubblica
  • illuminazione urbana

E’ interessante notare come vi sia corrispondenza tra i termini più propriamente tecnici, e invece si crei un divario non solamente lessicale, ma propriamente di concetto, nel momento in cui viene introdotto l’ambito “urbano”.

E’ possibile dare una definizione dei primi termini:

  • illuminazione stradale / éclairage routière: illuminazione funzionale alla sicurezza stradale;
  • illuminazione monumentale / éclairage décoratif: illuminazione funzionale alla valorizzazione estetica e alla fruizione notturna di emergenze;
  • illuminazione pubblica / éclairage public: illuminazione artificiale in spazi pubblici

Tale definizione (illuminazione pubblica / éclairage public) è stata desunta da una ben più articolata del termine “éclairage public” del Dictionnaire de l’urbanisme et de l’aménagement, che si riporta di seguito:

“Eclairage public:
Distribution de la lumière artificielle dans les lieux publics […].
L’éclairage des voies urbaines est aujourd’hui, en France, le parent pauvre de l’aménagement urbain, il est essentiellement conçu en termes de sécurité routière. L’alignement des lampadaires se fait au mépris du piéton, dont l contribue a réduire le confort visuel, et sans aucun égard pour la convivialité nocturne de la rue. L’étude de l’éclairage n’est pas intégrée dans celle des aménagements urbains. Elle ne prendre en compte ni le caractère des lieux a éclairer, ni le vécu des usagers”.

Il progredire di una nuova cultura della luce ha permesso, di superare tale concetto, coniando dei nuovi termini quali quello di “illuminazione urbana” e di “lumière urbaine”. Ma cosa si intende, dunque, per “illuminazione urbana” e per “lumière urbaine”?

Il concetto di “lumière urbaine” non è stato definito in modo esaustivo ma comprende alcuni elementi caratterizzanti, legati sia al mondo della luce sia al mondo dell’urbanistica, aprendosi così a una pluralità di tematiche caratterizzanti lo spazio urbano, quali:

  • comunicazione
  • valorizzazione estetica
  • ricomposizione degli spazi pubblici
  • riqualificazione urbana.

Se si possono assumere questi elementi per la definizione di “illuminazione urbana”, è bene integrarli con un altro che si ritiene essenziale.
Si tratta del concetto di “ambiente”, inteso come sistema di interrelazioni strutturali fra un soggetto e il suo spazio di pertinenza, “un luogo nel quale siamo situati.
Esso è funzione della nostra sensibilità del momento.

E’ il risultato globale della nostra percezione dei volumi, della luce, della distinzione tra pieni e vuoti, dei colori, della vegetazioni, dei suoni, degli odori, dei movimenti, della frenesia, del silenzio, di altro”.

La considerazione di questo concetto ci permette l’introduzione di un differente approccio al tema della luce, basato sulla presa in conto di un “ambiente” e non più di un luogo circoscritto e, fattore più importante, di ciò che costituisce un ambiente, ovvero lo spazio e il soggetto e dunque le funzioni dello spazio stesso, le esigenze del soggetto, e l’interrelazione tra oggetto e soggetto, tra spazio e utente.

Ciò rappresenta un’evoluzione straordinaria in ambito illuminotecnico in relazione al significato e alla forza che può avere la luce in ambito urbano.

n sintesi, il termine “illuminazione urbana” può essere definito come:

“Illuminazione ambientale rispondente alle funzioni degli spazi e alle esigenze degli utenti in ambito urbano.”

In questa definizione rientrano, infatti, gli elementi di cui si è discusso precedentemente e che rappresentano un’innovazione all’approccio del progetto della luce urbana: ambiente, spazio e sue funzioni, utente e sue esigenze.

Sulla base di queste considerazioni si sta sviluppando un nuovo modo di pensare l’illuminazione urbana: in Francia questo nuovo approccio è stato definito come “urbanisme lumière” inteso come “la volontà di organizzare un’illuminazione intelligente delle nostre città, considerandola a tutti gli effetti un elemento della riqualificazione urbana.”

L’“urbanisme lumière”, disciplina in corso di strutturazione, prevede pianificazione e previsione: con l’obiettivo di concepire in anticipo l’integrazione della variabile luce all’interno di uno schema di riqualificazione di uno spazio pubblico.

Un approccio multidisciplinare per l’illuminazione urbana

Partendo da questi presupposti, nel seguito sono richiamati ed esposti alcuni concetti che possono diventare la base per un approccio multidisciplinare alla progettazione dell’illuminazione urbana.

Ciò che è necessario prendere in considerazione non è solo lo spazio, ma anche il soggetto che interagisce con lo spazio, quindi l’utente finale del progetto di illuminazione, e per questo è bene riferirsi ad approcci culturali propri di altri settori disciplinari.

E’, infatti, importante sottolineare che le “attenzioni” che si definiscono nuove per quanto riguarda l’illuminazione urbana, non sono concetti originali in assoluto e nascono da studi e ricerche in altre discipline, quali l’urbanistica, il disegno industriale, la psicologia ambientale.

Ciò che si può dire innovativo è l’applicazione di questi concetti, desunti da altri settori, all’ambito dell’illuminazione urbana.

I tratti che delineano l’illuminazione urbana, intesa come strumento di riqualificazione, possono ricondursi in modo piuttosto semplice a tre principi fondamentali:

  • attenzione per la specificità dei luoghi da riqualificare;
  • dimostrazione di una volontà di coordinamento e di progettazione globale di intervento;
  • centralità del cittadino, dei suoi usi e della sua percezione, delle sue esigenze.

Per chi si occupa di urbanistica, questi principi non rappresentano una novità: essi riflettono, infatti, concetti che sono oggi le fondamenta, almeno a livello teorico, della riqualificazione urbana.

Se i primi due punti risultano essere chiari, almeno a livello teorico, e risultano concetti acquisiti da un punto di vista culturale, il terzo punto si rivela essere il cardine delle riflessioni sviluppatesi negli ultimi anni.

Partendo dal presupposto, già analizzato, che nell’evoluzione del progetto di illuminazione urbana, il fruitore del progetto stesso assume un’importanza ed una centralità diverse e nettamente prevalenti (così come per l’illuminazione di un museo si tiene conto in primo luogo dell’osservatore, dei suoi dati antropometrici, del punto di osservazione, perché per uno spazio urbano, per una città, che tante volte è stata definita “museo all’aperto”, non si pone la stessa attenzione?), è necessario, ai fini di un approccio multidisciplinare alla progettazione, lo studio di come il cittadino interagisce con l’ambiente in cui vive e di come l’illuminazione sia parte integrante di questo nuovo sistema “utente-luce-ambiente”.

L’illuminazione urbana al servizio dell’utente e l’utente al centro delle riflessioni sul progetto di illuminazione sembrano essere divenuti i termini di una nuova etica dell’illuminazione urbana.

Come sottolineano le analisi di Jean-Michel Deleuil “è la presa di coscienza dell’utente e il servizio che gli deve rendere la tecnica che costituiscono un’etica nuova e duratura dell’illuminazione urbana. […] l’utente non è più davanti ad un paesaggio, ma è calato in un ambiente”.

Attualmente vi sono alcune attenzioni sul modo di mettere in scena l’utente all’interno di un ambiente luminoso; ma se queste attenzioni vi erano già a partire dagli anni ’70, in particolare nel contesto luce-città, esse si sono modificate nel significato: l’utente non sarà più lo spettatore passivo di scene luminose a lui estranee e in qualche caso addirittura invasive, ma sarà ora al centro della stessa scena, nel cuore di una ambiente creato per lui, in funzione delle sue attività ed esigenze.

Le operazioni che riguardano l’illuminazione sono, dunque, viste attraverso un’attenzione nuova e particolare per l’utilizzo dei luoghi, attraverso una preoccupazione profonda per i bisogni degli utenti in termini di percezione.

Nel campo della sociologia urbana generalmente si richiede di procedere all’osservazione in situ degli utenti, dei loro spostamenti e delle loro attività.
Alcuni approcci non si limitano a consigliare l’osservazione degli utenti, ma propongono il loro coinvolgimento, la loro partecipazione all’elaborazione dei progetti: “bisogna organizzare la comunicazione con il pubblico, sviluppare un dibattito con le associazioni del luogo, conoscere bene le aspettative dei cittadini” indicano le raccomandazioni del CERTU.

E’ da notare che quando si parla di centralità dell’utente e delle sue esigenze, si includono, ovviamente, le attività dell’utenza in un luogo specifico, in alcune parti della città, in alcune piazze o strade.

In questo senso è necessaria non solamente un’analisi dell’utenza nel senso più ristretto del termine (età, sesso, occupazione,…) ma anche delle sue attività e delle funzioni del luogo stesso.

Un progetto di illuminazione adeguato è dunque quello che prevede una differenziazione dell’illuminazione in relazione alle diverse funzioni di uno spazio. In questo senso si può parlare di “illuminazione dinamica”, ovvero che vive così come vive nel tempo un luogo, che cambia, che muta, che serve l’utente e la città.
Un esempio di “illuminazione dinamica” nel senso appena descritto è il progetto sviluppato per la Piazza del Popolo di Faenza, da Mario Nanni.

In un altro settore disciplinare, quello del disegno industriale, si è sviluppata la teoria “User- Centered Design” (UCD), ossia il progetto centrato sull’utente finale.
Pur nella diversità degli obiettivi finali, si ritiene che tale approccio possa essere utilmente introdotto nel campo della progettazione illuminotecnica urbana.

Il significato letterale di User-Centered Design – progetto centrato sull’ utente – rende esplicita una concezione del progetto finalizzata a orientare la totalità delle scelte progettuali e l’intero iter di sviluppo e di realizzazione del prodotto finito, sulla base dei dati relativi all’utenza.

Il contributo dell’approccio ergonomico al progetto, e in particolare dell’approccio UCD, è di carattere essenzialmente metodologico e consiste nella possibilità di acquisire e valutare le esigenze degli utenti attraverso metodi strutturati e verificabili, e di poterle tradurre in strumenti di progettazione altrettanto strutturati e verificabili.

E’ interessante, a questo punto, capire se una metodologia già messa a punto per un altro settore possa in qualche modo essere rivista e risultare utile in campo illuminotecnico.

Gli obiettivi dell’UCD possono essere sintetizzati in:

  • focalizzare immediatamente l’attenzione sull’utente e sul compito, ossia identificare e categorizzare l’utente (reale o potenziale).
    Per far questo è necessario un approccio sistematico e strutturato alla raccolta delle informazioni da e sull’utenza (ciò corrisponde a quello che nell’approccio metodologico per il progetto di illuminazione urbana può essere definita “analisi dell’utenza”);
  • utilizzare la misurazione empirica delle modalità d’uso del prodotto. Qui l’attenzione è posta sulla possibilità di raccogliere dati misurabili e quantificabili sul comportamento delle persone che interagiscono con il prodotto e, in particolare, sulla misura della facilità di apprendimento e della facilità d’uso dei prodotti (in questo senso si parla sicuramente più di valutazione a posteriori del progetto di illuminazione, possibile attraverso indagini soggettive sull’utenza);
  • sviluppare processi di progettazione iterativa attraverso i quali il prodotto è ciclicamente progettato, modificato e testato.

Un progetto realmente iterativo favorisce una progettazione accurata e consapevole attraverso la precoce valutazione dei modelli concettuali e delle idee progettuali. In sintesi, un reale processo iterativo permette di formare il prodotto attraverso un processo di progettazione, valutazione, nuova progettazione e nuova verifica (non è facilmente applicabile nel settore dell’illuminazione urbana, in considerazione dei costi e della difficoltà di cambiamenti rapidi; è vero però che si può prevedere che le esperienze precedenti costituiscano una banca dati di informazioni reperibili facilmente da parte dei progettisti e in generale da tutti gli operatori nel settore, per permettere un miglioramento costante su altri progetti analoghi.).

A partire dalla definizione di qualità come qualità dell’interazione tra l’individuo e gli elementi che compongono il suo intorno materiale e con i quali svolge le sue attività, il processo di identificazione dei requisiti richiede di prendere in esame le caratteristiche di tutte le componenti che determinano tale interazione, tenendo conto dei loro reciproci condizionamenti e della loro variabilità nel tempo.

In particolare:

  • caratteristiche del gruppo di utenti a cui ci si riferisce (età, appartenenza geografica o professionale, caratteristiche e capacità fisiologiche, fisiche, psico-percettive, attitudini e aspettative ipotizzabili ecc.);
  • capacità individuali (in rapporto all’età, allo stato di salute ecc.);
  • caratteristiche delle attività (obiettivi, modalità di esecuzione previste e ipotizzabili, durata, scansione temporale, livello di impegno richiesto ecc.);
  • caratteristiche dell’ambiente fisico in cui tali attività si svolgono;
  • caratteristiche e l’organizzazione dell’ambiente di relazione;
  • variabilità nel tempo dell’insieme di tali condizioni.

Le analisi dell’utenza per un progetto di illuminazione pubblica o per un prodotto di uso comune sono assolutamente identificabili e sovrapponibili. Inoltre sono incluse le analisi di spazio e funzioni con le voci “ambiente fisico”, “organizzazione dell’ambiente di relazione” e di “variabilità nel tempo” riferita agli spazi, alle funzioni, alle utenze.

Il fattore tempo, infatti, soprattutto per quanto riguarda il rapporto luce e città risulta fondamentale.

Ma se si guarda all’analisi dell’utenza e dunque alla percezione dei luoghi, non si può non sottolineare la differenza che vi può essere tra la percezione del progettista, di colui che studia la città con l’obiettivo di illuminarla e di darle un significato e una leggibilità nuove, e la percezione dell’utenza, percezione intesa non solo come percezione visiva, ma come percezione multisensoriale unita, nel caso di percezione positiva, a sentimenti di sicurezza fisica e psicologica, soddisfazione personale, senso di appartenenza, orgoglio, sicurezza nell’orientamento.

Partendo dunque da discipline quali l’antropologia urbana, la sociologia e la psicologia ambientale, vi sono alcuni concetti che possono risultare utili in fase di analisi ed elaborazione del progetto illuminotecnico.

Nel seguito si sintetizzano tali concetti, ispiratori di un progetto di luce centrato sull’utente:

  • esplorazione della città e concetto di ‘flânerie’: il “flâneur” compare per la prima volta a metà del secolo XIX a Parigi. E’ il passante, una sorta di incrocio tra il bohème e il vagabondo, che cammina senza meta per le strade della città, fermandosi ogni tanto a guardare. Nel suo ruolo di osservatore, il “flâneur” stabilisce una relazione particolare con la città, abitandola come se fosse la propria casa;
  • aspetti cognitivi della relazione individuo – ambiente: il punto di partenza dell’applicazione della psicologia ambientale al tema dell’illuminazione urbana è la considerazione di tre elementi fondamentali: il soggetto (l’utente), l’oggetto (la luce), e l’ambiente (l’ambiente urbano).

Una delle prime considerazioni da cui si può partire per mettere in luce la specificità di percezione, cognizione e memoria di ambienti, è la necessità di focalizzarsi sulle caratteristiche dell’ambiente come oggetto-stimolo. Una serie di studi ha dimostrato come molti elementi dell’ambiente (intesi ad esempio come segnali luminosi o illuminazione tout-court) possano diventare segnali per il soggetto.

Ma quali caratteristiche hanno questi stimoli percettivi?

Una prima caratteristica è il fatto che nel percepire un ambiente, il soggetto (l’utente, il cittadino) non è qualcosa di separato ed esterno all’ambiente stesso.
E’ chiaro dunque come essendo l’illuminazione elemento dell’ambiente stesso, sia impossibile scindere la percezione dell’ambiente, in particolar modo notturno, dalla percezione della luce.

Il riferimento del soggetto a sé e alla propria posizione nell’ambiente, che ha una funzione importante anche in un contesto spaziale generale, come la valutazione di distanze, di grandezze, e di stimoli visivi, ha un ruolo centrale nella percezione di un ambiente nuovo, e conduce al tentativo di stabilire delle coordinate che rendano “leggibile” l’ambiente per successive esigenze di orientamento e azione.

Esplorare un ambiente, attraversandolo fisicamente o anche solo percorrendolo con lo sguardo, comporta il riferimento implicito a delle coordinate spaziali, in cui il soggetto occupa fisicamente uno dei possibili centri.

Il riferimento implicito a coordinate spaziali non può non tenere conto di quegli elementi che caratterizzano lo spazio urbano e che diventano automaticamente sottolineature e rinforzi per gli “assi cartesiani” dello spazio, segnali e indicazioni per l’orientamento e l’individuazione di punti cruciali nell’ambiente urbano.

L’elemento luminoso ha come caratteristica quella di rispondere perfettamente a queste due esigenze: da un lato l’insieme degli elementi luminosi, sia notturni che diurni, diventa una sorta di asse tratteggiato che può corrispondere e sovrapporsi ad assi principali esistenti o può evidenziare e far scoprire percorsi dimenticati, dall’altro può diventare segnale o segno per l’orientamento sul territorio o più semplicemente elemento di identificazione per zone più o meno ampie, quartieri, edifici, che di giorno non si notano o non spiccano rispetto al contesto e che di notte, illuminati, diventano simboli di quel luogo specifico.

La seconda caratteristica è che la percezione di un ambiente avviene attraverso una serie di canali sensoriali attivi contemporaneamente.
Oltre alla percezione visiva (il caso dell’illuminazione) e uditiva, sono presenti anche la percezione tattile e olfattiva. Inoltre l’informazione che arriva al soggetto dall’ambiente in cui è immerso non è quasi mai statica, circoscrivibile nel tempo di una fotografia.
Si può piuttosto immaginare un continuo flusso di informazioni.

Ed ecco, dunque, che si arriva al concetto di illuminazione urbana non statica bensì dinamica, ovvero rispondente alle esigenze dell’utente, che dia informazioni non solo effettive ed immediate, ma sull’ambiente circostante (si pensi ad esempio ad un’illuminazione che varia in funzione delle attività svolte.

Varierà non solamente l’illuminazione effettiva del luogo, ma anche la percezione dello stesso, indicando ancora prima dell’inizio delle attività, una variazione negli eventi: l’illuminazione diventa informazione).

In ultimo, nel caso della percezione ambientale, molto difficilmente il soggetto vive la situazione come un insieme di stimoli separati.
Quando questo avviene, ed è messa in forse la “leggibilità” complessiva dell’ambiente, la frustrazione degli sforzi cognitivi del soggetto comporta uno stato di disagio e predispone, sul piano emozionale, a una valutazione negativa e/o a un rifiuto. Il discorso presuppone, dunque, che vi sia una perfetta integrazione dei diversi stimoli, vale a dire dei diversi elementi che costituiscono un ambiente e nel caso particolare si può arrivare a dire che l’illuminazione può essere elemento per favorire la leggibilità del territorio nel suo insieme. In conclusione si può affermare che la luce:

  • è mezzo per percepire, ma anche mezzo percepibile;
  • ha la capacità di evidenziare le caratteristiche ambientali e territoriali, è segnale di orientamento;
  • è vista come parte di un insieme non statico, ma dinamico, come flusso di informazioni;
  • è vista come parte di un sistema ambientale per una migliore leggibilità del contesto.

Orientamento nell’ambiente: le mappe cognitive: la rappresentazione soggettiva che ci facciamo di un ambiente, delle strade che possiamo utilizzare per percorrerlo, dei suoi elementi percettivamente più rilevanti, degli oggetti che possono essere utili per i nostri scopi e di quelli che possono metterci in pericolo o ostacolarci, viene chiamata “mappa cognitiva”.
In realtà si tratta di una rappresentazione in memoria delle informazioni spaziali.
Una mappa cognitiva ha la funzione di dare senso alla complessità delle informazioni ambientali e di permettere alcuni comportamenti spaziali dell’individuo e, in definitiva, il suo uso dell’ambiente.
Un altro fattore da tenere in considerazione nello studio dell’interazione tra uomo e ambiente è senza dubbio quello della prospettiva utilizzata. Le nostre rappresentazioni mentali dell’ambiente, e poi, conseguentemente, le descrizioni verbali o grafiche che ne facciamo, si possono differenziare per un’importante caratteristica che è quello che potremmo chiamare il “punto di vista” dell’osservatore.
Le due prospettive principali sono la “prospettiva survey” (visione dall’alto, come in una fotografia aerea, o in una mappa dettagliata) e “prospettiva route” (visione da dentro, come se l’osservatore fosse immerso nell’ambiente e usasse via via che avanza, delle indicazioni sequenziali di direzione). In una rappresentazione survey, prevalgono le indicazioni di direzione in riferimento ai punti cardinali, le informazioni sono organizzate gerarchicamente, e la posizione dell’osservatore rimane fissa (dall’alto).
Nella progettazione urbana, e di conseguenza nella progettazione dell’illuminazione, dovrebbe prevalere la prospettiva route, poiché rappresenta il punto di vista dell’utente.
Certamente è interessante lo studio dai due punti di vista soprattutto per quel riguarda l’illuminazione della città.
Dall’analisi di progetti esistenti ci si rende conto che la progettazione dell’illuminazione urbana avviene troppo spesso focalizzandosi su una prospettiva survey.
Ciò non è corretto.
Deve emergere la necessità di integrare questa “metà” della progettazione, con il punto di vista del fruitore effettivo, cioè con una progettazione basata su una prospettiva route, poiché quello è il modo in cui si percepisce una città vivendola.
Si potrebbe quasi affermare che la prospettiva survey è la prospettiva del progettista mentre quella route è del cittadino comune.
Si tratta dunque, non solo in fase di progettazione, ma, in fase preliminare, di procedere già ad una doppia analisi del tessuto urbano e del contesto.
Quindi l’uso delle mappe cognitive si rivela indispensabile per la rappresentazione da parte del fruitore dell’ambiente urbano, per orientarsi e per conoscere lo spazio. Ciò avviene più facilmente se il territorio urbano presenta delle caratteristiche definite di riconoscibilità e leggibilità definite.
Tali caratteristiche, ad oggi studiate nella fase diurna della città, possono essere sottolineate, ampliate, modificate attraverso la luce, nella fase notturna; il concetto di ‘affordance’:
alla fine degli anni ’70 Gibson introdusse il concetto di “affordance”: vedere gli oggetti di cui l’ambiente è composto non è mera attività sensoriale e, per ottenere una percezione significativa e completa del mondo, nell’intento di adeguare il comportamento ai propri bisogni, il soggetto ha necessità di comprendere tutto quanto gli venga offerto (affordances) dall’ambiente circostante.
L’affordance può dunque riferirsi a qualità naturali o culturali: è ciò che l’oggetto offre, rende disponibile a chi voglia percepirlo.
In questo senso la luce può essere assimilata ad una affordance dell’ambiente urbano per il cittadino, in quanto elemento che offre diverse possibilità: illumina, nasconde, comunica, pubblicizza, rende sicuri, rende visibili altri oggetti,….
Al fine di definire una metodologia per il progetto dell’illuminazione urbana occorre introdurre un ulteriore concetto: “l’immagine della città”. Il disegno urbano è un percorso progettuale nel tempo. che viene visto sotto luci e condizioni atmosferiche diverse.
La città dunque è vista non come un insieme di fattori stabili, ma uno scorrere continuo, di situazioni, persone, fatti. La città muta e il fattore tempo diventa fondamentale sia nella percezione dell’ambiente che nell’analisi. Per lo studio dell’immagine della città e dei suoi elementi, si fa riferimento essenzialmente alle analisi svolte da Kevin Lynch e riportate in uno dei suoi libri di maggiore rilevanza L’immagine della città.
Nonostante sia un libro edito per la prima volta nel 1964, esso risulta ancora oggi uno dei sistemi di analisi della città e del territorio urbano tra i più interessanti, sia a livello teorico che di metodo di analisi e rappresenta uno degli approcci metodologici fondamentali in ambito urbanistico.
Si è tentato di “adattare” tale approccio metodologico all’illuminazione urbana. Lynch esamina il carattere visivo della città, analizzando l’immagine mentale che i cittadini si creano di essa, basandosi soprattutto su una particolare qualità visiva: la chiarezza apparente o leggibilità del paesaggio urbano.
Con questo termine si intende la facilità con cui le sue parti possono venire riconosciute e possono venire organizzate in un sistema coerente.
Si può dire che per ogni città esista un’immagine pubblica, che è la sovrapposizione di molte immagini individuali.
Nelle immagini urbane, i contenuti riferibili alle forme fisiche possono venire strumentalmente classificati in cinque tipi di elementi: percorsi, margini, quartieri, nodi e riferimenti, elementi peraltro presenti in altri contesti e riferimenti culturali. Essi vengono definiti:
“Percorsi: sono i canali lungo i quali l’osservatore si muove abitualmente, occasionalmente o
potenzialmente.
Margini: sono gli elementi lineari che non vengono usati o considerati come percorsi dall’osservatore. Essi sono confini tra due diverse fasi, interruzioni lineari di continuità: rive, linee, ferroviarie infossate, margini di sviluppo edilizio, mura.
Piuttosto che coordinate assiali, essi sono riferimenti esterni.
Quartieri: sono le zone della città, di grandezza media o ampia, concepite come dotate di una estensione bidimensionale in cui l’osservatore entra mentalmente “dentro”, e che sono riconoscibili in quanto in esse è diffusa qualche caratteristica individuante.
Nodi: sono i punti, luoghi strategici in una città, nei quali un osservatore può entrare, verso i quali e dai quali egli si muove.
Essi possono essere anzitutto congiunzioni, luoghi di un’interruzione nei trasporti, un attraversamento o una convergenza di percorsi, momenti di scambio da una struttura ad un’altra, o possono essere semplicemente delle concentrazioni.
Riferimenti: sono un altro tipo di elementi puntiformi, ma in questo caso l’osservatore non vi entra, essi rimangono esterni.
Sono generalmente costituiti da un oggetto fisico piuttosto semplicemente definito: edificio, insegna, negozio, o elemento naturale come la cima di una montagna.
Il loro uso implica la separazione di un elemento da un coacervo di possibilità. Qualche riferimento è lontano, visibile di solito da una pluralità di angolazioni e di distanze, al di sopra di elementi più piccoli, viene impiegato come riferimento radiale.

I riferimenti possono essere interni alla città o a una distanza tale da simbolizzare in pratica una direzione costante.”
Sulla base dell’insieme dei concetti sovra esposti è possibile definire una metodologia di progetto della luce multidisciplinare.
E’ bene chiarire che si tratta di un approccio metodologico per un’analisi della città in funzione dell’illuminazione.

Tale analisi porta a una “lettura” della città e alla individuazione di tematiche che possono essere di ausilio nella fase progettuale successiva.
Non si intendono fornire specifiche indicazioni progettuali, vincolando le idee e le soluzioni: si intende invece elaborare una metodologia intesa come strumento di analisi e di valutazione del percorso progettuale, attraverso tappe e fasi definite, autonomamente intercambiabili e strutturate.

Essa è suddivisa in fasi che comprendono diversi tipi di intervento e di studi. Essa prevede infatti tre tipi di analisi principali, l’analisi soggettiva da parte del progettista, l’analisi oggettiva e l’analisi dell’utenza.

Si riportano sinteticamente gli elementi essenziali delle diverse analisi:
analisi soggettiva da parte del progettista progettista:
si tratta della conoscenza della città vissuta, delle permeabilità di un uomo alle emozioni che un luogo, uno spazio pubblico, una città possono trasmettere. Ciò non può avvenire che errando per la città, andando dunque a riprendere il concetto di “flânerie”, riportandolo ai giorni nostri;
analisi oggettiva:l’analisi oggettiva, così defi nita, perché non prevede analisi a livello percettivo o emozionale, è una delle parti fondamentali di conoscenza del territorio, della zona prescelta, dei suoi elementi e connessioni con il resto del contesto. Essa può comprendere differenti analisi, principalmente:
analisi storica: nell’analisi storica si tratta di comprendere la storia e le trasformazioni subite dalla città o dal luogo in esame, nel corso dei secoli, con il fine di evidenziare nel progetto di illuminazione i tratti salienti e caratteristici e rivelare piuttosto l’identità di un luogo anche attraverso la sua storia, e di studiare le evoluzioni dell’illuminazione urbana, al fine di mettere in evidenza le differenti tipologie di illuminazione presenti nella città, i diversi tipi di apparecchi utilizzati.
analisi stato di fatto: l’analisi dello stato di fatto, ovvero della situazione attuale del luogo preso in esame comprende una parte più propriamente urbanistica e urbana ed una più strettamente illuminotecnica.
L’analisi dello stato di fatto in generale porta a comprendere quali sono le caratteristiche del territorio preso in esame, la sua morfologia e di come ciò viene trattato e integrato successivamente con l’elemento luce. Le due analisi devono, infine, essere comparate per evidenziare le differenze tra l’immagine diurna e notturna della città.
L’analisi storica e dello stato di fatto relative all’illuminazione sono generalmente comprese nella stesura dei piani di illuminazione comunali (PRIC) e non costituiscono quindi una novità nel campo dell’illuminazione urbana.
Può essere invece considerata innovativa l’attenzione per il contesto territoriale urbano, delle sue valenze storiche, sociali, morfologiche.
analisi spazi e funzioni:
l’analisi di spazi e funzioni è fondamentale per comprendere come viene utilizzato un luogo specifico.
E’ evidente il legame che vi può essere tra spazio e funzione (aree verdi-svago, tempo libero, piazza-zona di incontro, mercato rionale, …) ma non è sempre generalizzabile.
Per questo motivo è necessario analizzare in primo luogo la tipologia di spazio all’interno di un territorio (piazza, strada, portico, area verde, fiume, lungo-fiume, costa, …) e le funzioni che all’interno di questo spazio possono svolgersi e si svolgono.
Questa analisi prevede quindi:
– rilievo delle tipologia di spazi
– rilievo delle tipologie delle funzioni;
analisi utenza: l’analisi dell’utenza prevede di acquisire dettagliate informazioni in merito a:
– attività svolte;
– esigenze;
– conoscenza dell’ambiente;
– percezione dell’ambiente.
In particolare l’analisi dell’utenza può essere affrontata con un approccio metodologico simile a quello dell’UCD.

Conclusioni

All’interno di un contesto di rinnovamento del modo di pensare e di “fare l’illuminazione” nelle città, l’approccio presentato si propone come un’analisi del territorio urbano, sia esso una città intera o parte di città, sotto diversi punti di vista e si riconduce a diverse discipline, rendendo necessaria la collaborazione di professionisti di altri settori.

Tale approccio è sicuramente di difficile applicazione se si considerano i fattori temporale ed economico, e probabilmente utopico, se si considerano i tempi della progettazione.

Un nuovo approccio metodologico è comunque necessario per focalizzare l’attenzione del progettista su certi aspetti essenziali, spesso trascurati: deve esser visto come un contributo alla metodologia progettuale comunemente utilizzata che spesso caratterizza una progettazione dell’illuminazione urbana che non si può definire di qualità e tanto meno di servizio alle esigenze dell’utenza.

Tratto dal convegno internazionale “Luce e Architettura”, organizzato dall’AIDI

Chiara Aghemo
Laureata in Architettura presso il Politecnico di Torino, dottore di ricerca in Energetica.
Professore straordinario.
Elettra Bordonaro
Laureata in Architettura presso il Politecnico di Torino.
Dottore di ricerca in Innovazione Tecnologica per l’Architettura e il Disegno Industriale (Politecnico di Torino).

Didascalie
Foto 1, 1a, 1b. Faenza, l’illuminazione della piazza si modifica a seconda delle attività notturne
Foto 2. Analisi degli elementi di un paesaggio urbano per lo sviluppo di un progetto di illuminazione secondo una prospettiva route
Foto 3. Analisi di un paesaggio urbano notturno secondo la prospettiva survey

Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici

Commenta questo approfondimento