Tecnologia e innovazione in edilizia: occorre aprirsi alla digitalizzazione e all’inclusione 21/07/2025
Indice degli argomenti Toggle Il consumo di suolo in Italia: dati preoccupanti e un trend in crescitaImpatti ambientali e costi del consumo di suoloLe possibili soluzioni per la rigenerazione e ripristino del suoloIl punto di vista di Slow Food: la risorsa suolo non è rinnovabileFAQ Consumo di suoloCosa significa “consumo di suolo”?Quali sono i settori principali che contribuiscono al consumo di suolo in Italia?Quali sono gli impatti del consumo di suolo?Come possiamo fermare il consumo di suolo in Italia?Quali sono i benefici della rigenerazione del suolo?Cosa prevede la Direttiva europea sul suolo? Il 2024 ha visto il più alto incremento del consumo di suolo in Italia degli ultimi 12 anni, con quasi 84 km² di territorio trasformato in aree artificiali, pari a un aumento del 16% rispetto all’anno precedente. Nonostante le politiche europee e i tentativi di contrastare questo fenomeno, il consumo netto ha raggiunto 78,5 km², segnando il saldo peggiore dell’ultimo decennio. Ogni ora, in Italia, sparisce una porzione di suolo pari a circa 10.000 metri quadrati, un vero e proprio “tassello”, ci dice Ispra, che esce dal nostro mosaico naturale. Questo fenomeno non solo deturpa il paesaggio, ma ha impatti devastanti su biodiversità, agricoltura e sicurezza idrogeologica. Cosa possiamo fare per invertire la rotta? Il consumo di suolo in Italia: dati preoccupanti e un trend in crescita Il Rapporto di Ispra e Snpa “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” ci dice che nel 2024, il fenomeno del consumo di suolo in Italia ha raggiunto un valore record: 83,7 km² di suolo sono stati trasformati in aree artificiali, con un incremento del 16% rispetto all’anno precedente (pari a circa 2,7 m² al secondo). Il dato di consumo netto, che tiene conto anche delle aree ripristinate, ha toccato 78,5 km², il peggior saldo degli ultimi 12 anni. Il ritmo di trasformazione del territorio è allarmante: ogni ora, un’area di circa 10.000 m² di suolo naturale viene persa. Le superfici artificiali ora occupano il 7,17% del territorio italiano, contro una media europea del 4,4%. Il consumo di suolo in Italia rappresenta una minaccia concreta per l’ambiente, l’agricoltura e la qualità della vita. Ha un impatto diretto su circa due terzi del territorio nazionale. Le aree urbane hanno visto un forte aumento delle temperature, con differenze superiori a 10°C rispetto alle zone rurali, un fenomeno noto come isola di calore urbana. La vegetazione urbana sta emergendo come un fattore determinante per mitigare questo effetto: infatti, nei quartieri con oltre il 50% di copertura arborea, le temperature sono fino a 2,2°C più basse. Le cause principali del consumo di suolo sono legate all’espansione urbana (nuovi cantieri – 56%, edifici – 623 ettari), infrastrutturale (351 ettari) e logistica (432 ettari), ma anche altre dinamiche, come lo sviluppo dei data center e l’installazione di pannelli fotovoltaici su terreni agricoli, stanno peggiorando la situazione. Il suolo agricolo, in particolare, è uno dei più colpiti, con impatti devastanti non solo sull’ecosistema, ma anche sull’economia agricola, che vede compromettersi le risorse naturali indispensabili per la produzione alimentare. Una parte significativa del consumo di suolo in Italia è dovuta all’impermeabilizzazione, un processo che trasforma il suolo in superfici impermeabili, come strade, piazzali e edifici. Nel 2024, questo fenomeno ha registrato un incremento di 24,5 km², derivante dal passaggio di aree precedentemente consumate in modo reversibile a permanenti. In particolare, 12,9 km² di suolo sono stati consumati permanentemente, mentre 11,6 km² sono passati da reversibile a permanente, sigillando ulteriormente il nostro territorio. A livello di distribuzione territoriale, il consumo di suolo si concentra principalmente nelle aree più accessibili del Paese, come la pianura Padana e le aree costiere, dove le trasformazioni sono più rapide e diffuse. La Lombardia e il Veneto continuano a essere le regioni con la più alta percentuale di suolo artificiale, seguite dalle aree lungo la via Emilia. Il fenomeno è particolarmente visibile nella costiera adriatica e nelle grandi aree metropolitane come Milano, Venezia e Roma, dove la crescita urbana e industriale sta incidendo pesantemente sul territorio naturale. Il consumo di suolo nelle aree protette è molto inferiore alla media nazionale, ma è comunque aumentato negli ultimi anni. Le aree Natura 2000, seppure protette, hanno visto un aumento del consumo di 193 ettari. I settori più impattanti: fotovoltaico, logistica e data center Il settore fotovoltaico ha visto un aumento esponenziale nel 2024, con un consumo di 1.702 ettari di suolo per l’installazione di nuovi impianti, un dato che segna un aumento significativo rispetto agli 420 ettari del 2023. La maggior parte di queste aree, l’80%, erano precedentemente terreni agricoli, contribuendo a ridurre ulteriormente la disponibilità di suolo coltivabile. Il settore logistico ha avuto un forte impatto: dal 2006 a oggi, le aree destinate alla logistica hanno raggiunto oltre 6.000 ettari. Questo fenomeno, che continua a crescere, ha avuto un picco particolare in regioni come Emilia-Romagna e Piemonte, dove l’occupazione di suolo per questi scopi è aumentata notevolmente. Parallelamente, i data center, legati all’espansione delle infrastrutture digitali, hanno consumato oltre 37 ettari nel 2024, concentrandosi nelle aree settentrionali del Paese. Questi sviluppi hanno portato a una crescente artificializzazione delle aree che una volta erano risorse naturali vitali. Impatti ambientali e costi del consumo di suolo Il consumo di suolo non è solo un problema visibile nelle città, ma ha impatti diretti su circa due terzi del territorio italiano. Le aree che subiscono maggiormente la trasformazione sono quelle più accessibili, come le pianure, le coste e le città. Le conseguenze sono devastanti per la biodiversità, con un aumento della frammentazione ecologica, che interessa più del 42% del territorio. Le zone più colpite da questo fenomeno sono quelle urbane, che subiscono anche un significativo aumento delle temperature, fino a +11,3°C rispetto alle aree rurali. Il consumo di suolo non ha solo effetti ambientali, ma anche economici significativi. La perdita di servizi ecosistemici a causa della trasformazione del suolo naturale in aree artificiali comporta costi elevati per la collettività. Secondo le stime, questi danni economici variano tra 8,66 miliardi di euro e 10,59 miliardi di euro ogni anno. Tali costi sono principalmente legati alla riduzione della capacità del suolo di regolare il ciclo dell’acqua, immagazzinare carbonio e preservare la biodiversità, senza dimenticare gli impatti sul rischio idrogeologico, che possono aggravare le alluvioni e le frane. Le possibili soluzioni per la rigenerazione e ripristino del suolo Il Rapporto Ispra non si limita a registrare la grave situazione, ma propone anche possibili soluzioni. Il ripristino ecologico è una delle chiavi per invertire questa tendenza. Nel 2024, il ripristino ha riguardato circa 5,2 km² di suolo, ma questo processo rimane ancora troppo lento rispetto all’occupazione continua di nuove aree. Alcune regioni, come l’Emilia-Romagna, hanno fatto progressi significativi grazie alla rinaturalizzazione di cave dismesse e la chiusura di cantieri, ma questi sforzi devono essere amplificati su scala nazionale. Inoltre, il Parlamento Europeo ha recentemente approvato una Direttiva sul Suolo, che stabilisce obiettivi per migliorare la salute del suolo e ridurre il suo consumo in tutta Europa. Le normative europee, come il regolamento sul ripristino della natura, richiedono di fermare la perdita di suolo e aumentare la resilienza territoriale, con l’obiettivo di azzerare il consumo netto di suolo entro il 2030. Questo rappresenta un passo in avanti, ma la realizzazione di questi obiettivi richiede un impegno attivo da parte di tutti i settori coinvolti, con un’attenzione particolare alla rigenerazione urbana e al riutilizzo delle aree già edificate, un’area che ha visto crescere l’abbandono di strutture inutilizzate che potrebbero essere riconvertite. Il punto di vista di Slow Food: la risorsa suolo non è rinnovabile Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, commentando il Rapporto Ispra 2025, ha sottolineato la gravità della situazione: «Consumare suolo non significa soltanto deturpare il paesaggio, ma distruggere una risorsa indispensabile alla vita. Il suolo è una risorsa non rinnovabile, scarsa e non esiste tecnologia che possa sostituire i suoi servizi ecosistemici». La Nappini ha aggiunto che il suolo, oltre a essere un serbatoio di biodiversità e carbonio, è essenziale per l’agricoltura e la produzione di cibo. «Senza suolo non c’è agricoltura e senza agricoltura non c’è cibo», ha affermato, mettendo in luce l’importanza di tutelarlo per la sopravvivenza dell’umanità. Un dato allarmante evidenziato nel rapporto riguarda il consumo di suolo agricolo, che continua ad aumentare ogni anno. Nel 2024, il fenomeno ha coinvolto principalmente nuove aree destinate alla logistica, ai data center e ai pannelli fotovoltaici a terra. L’espansione dei pannelli fotovoltaici, in particolare, ha avuto un impatto significativo, coprendo 1.702 ettari di suolo, di cui l’80% su terreni agricoli precedentemente coltivati. Questo dato fa emergere un trend che ha visto crescere gli impianti fotovoltaici di oltre venti volte in soli quattro anni. Sebbene gli impianti agrivoltaici possano ridurre l’impatto sul suolo, l’espansione del fotovoltaico a terra resta un fattore da controllare nel consumo di suolo. Nappini ha anche rimarcato le conseguenze economiche e ambientali legate al consumo di suolo, sottolineando che «aumenta il rischio idrogeologico», con danni annuali complessivi che raggiungono 3,3 miliardi di euro, un importo che ha visto una triplicazione della spesa dal 2010 ad oggi. «In un’Italia dove la popolazione diminuisce, l’unica cosa che continua a crescere è il consumo di suolo», ha aggiunto, mettendo in evidenza come la crescita del consumo di suolo sia direttamente legata a interessi economici, dato che ogni nuovo metro quadrato costruito porta benefici fiscali tramite oneri di urbanizzazione. Tuttavia le presidente di Slow Food Italia ha avvertito che «il suolo non è una voce da inserire in bilancio: è un bene pubblico da proteggere». Slow Food sottolinea l’urgenza di un censimento delle strutture abbandonate che potrebbero essere riconvertite, evitando ulteriori trasformazioni irreversibili del territorio. Ha ricordato che «solo il 7,17% del territorio italiano è coperto da superfici artificiali, quasi il doppio della media europea». In regioni come la Lombardia, il Veneto e la Campania, il consumo di suolo ha ormai superato il 10% del territorio. FAQ Consumo di suolo Cosa significa “consumo di suolo”? Il consumo di suolo si riferisce alla trasformazione di terreni naturali in aree artificiali, come quelle urbane, industriali o destinate ad altri usi. Questo processo compromette la capacità del suolo di fornire servizi ecosistemici vitali, come la purificazione dell’acqua e la protezione dalla perdita di biodiversità. Quali sono i settori principali che contribuiscono al consumo di suolo in Italia? I principali settori sono l’espansione urbana, le infrastrutture per la logistica, la crescente costruzione di data center e l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni agricoli. Quali sono gli impatti del consumo di suolo? Il consumo di suolo porta a una frammentazione ecologica, con un impatto negativo sulla biodiversità. Le città, in particolare, subiscono un fenomeno di isola di calore urbana, dove la temperatura aumenta drasticamente rispetto alle aree rurali. Inoltre, i costi legati alla perdita di servizi ecosistemici sono estremamente elevati. Come possiamo fermare il consumo di suolo in Italia? Le soluzioni includono politiche di rigenerazione urbana, riqualificazione delle aree già urbanizzate e ripristino ecologico delle aree danneggiate. È essenziale ridurre il consumo di nuove terre e aumentare l’uso responsabile delle risorse naturali disponibili. Quali sono i benefici della rigenerazione del suolo? Il ripristino del suolo permette di recuperare aree danneggiate, ripristinando la biodiversità, migliorando la qualità dell’acqua e riducendo il rischio di dissesto idrogeologico, tra gli altri vantaggi ambientali. Cosa prevede la Direttiva europea sul suolo? La Direttiva mira a garantire suoli sani in tutta Europa e stabilisce obiettivi per il miglioramento della qualità del suolo, riducendo il suo consumo e promuovendo la sua protezione attraverso politiche di monitoraggio e intervento. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento