Diagnosi energetica edifici, di cosa si tratta, quando è obbligatoria e come farla: tutta la normativa 05/12/2024
Digitalizzazione per la sostenibilità degli edifici: il ruolo della tecnologia per decarbonizzare l’edilizia 02/12/2024
Decumano Carbon Free: l’anello virtuoso che potrebbe essere applicato a tutti i borghi europei 22/10/2024
Digitalizzazione per la sostenibilità degli edifici: il ruolo della tecnologia per decarbonizzare l’edilizia 02/12/2024
La startup Zeprojects, in collaborazione con Sheer Wood e GHA Europe, ha ideato moduli componibili per presidi sanitari sicuri, ecosostenibili e a filiera tutta italiana. Ecco come Indice degli argomenti: Bioedilizia anti coronavirus: perché e come sono nati i moduli Come sono fatti i moduli e l’impiego delle nanotecnologie Moduli anti coronavirus: che ruolo hanno bioedilizia e materiali naturali Bioedilizia per il post emergenza coronavirus e per le future green e smart city La bioedilizia scende in campo per affrontare l’emergenza coronavirus. La startup innovativa Sheer Wood, in collaborazione con Zeprojects, ha avviato la costruzione di moduli smontabili e rimontabili brevettati pensati per l’uso in ambito sanitario. Si chiamano ZEP, Zero Epidemy Point, e sono pienamente rispondenti alle prescrizioni in materia di sicurezza Covid-19, pensati per creare presidi medici diffusi e per evitare pericolosi sovraffollamenti in ospedale. L’idea è made in Italy, ma anche i materiali edili naturali adottati, oltre al sistema brevettato di protezione antibatterica e antivirale di tutti i materiali delle superfici di contatto più esposte. Una bella storia tutta italianacapace di combinare architettura sostenibile e garantire i più elevati standard di sicurezza, adottare materiali naturali di antica tradizione e soluzioni tecnologiche innovative. Bioedilizia anti coronavirus: perché e come sono nati i moduli L’emergenza coronavirus ha messo in luce la grande capacità dei medici e infermieri italiani a rispondere in una situazione tanto drammatica quanto eccezionale, ma ha anche reso evidenti diversi problemi e lacune. «Siamo partiti proprio dalla considerazione che gli ospedali sono stati un veicolo di diffusione dell’epidemia», spiegano Francesca di Giacomo e Silvia Motori, co-fondatrici della startup innovativa Zeprojects di Bologna. La conferma è arrivata dalla lettera, firmata da tredici medici dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e pubblicata sul New England Journal of Medicine, che ha raccontato in tutta la drammaticità, la situazione vissuta nel nosocomio, considerato “altamente contaminato” e “principale veicolo di trasmissione del Covid-19”. «Abbiamo cercato di pensare a un modello di sanità diffusa, che arrivi là dove è più difficile arrivare e che possa permettere al personale medico di agire tempestivamente». Container e tende da campo vanno bene per affrontare le prime settimane di un’emergenza. Ma poi sono necessarie strutture in grado di garantire sicurezza, ma anche un certo grado di benessere e di comfort. «Dovremo affrontare questa pandemia purtroppo per un lungo tempo, almeno finché non si troverà un vaccino – rileva Silvia Motori – Quando si arriverà alla fase 2, caratterizzata da una maggiore apertura e a minore vincolo di distanziamento sociale, si dovrà fare di tutto per evitare che il virus rischi di tornare nuovamente in circolazione». Come combatterlo allora? Da qui nasce l’idea di creare presidi sanitari diffusi nelle città, ambienti dove anche i medici di famiglia possano ricevere e visitare i pazienti in sicurezza. «Una sorta di percorso biologico sicuro dove è possibile gestire la sanità post-emergenza, con caratteristiche ed esigenze differenti da quella dell’ordinaria quotidianità», spiega Francesca di Giacomo. Le strutture pensate sono “meta-temporanee”, ovvero possono essere assemblate dove è richiesto e rimanere per il tempo necessario, e possono essere smontate e rimontate in funzione delle mutate esigenze. «Abbiamo imparato – purtroppo a nostre speseche il rischio epidemia c’è e potrebbe accadere di nuovo. È quindi fondamentale saperlo affrontare in modo resiliente e sicuro». I moduli sono aggregabili a seconda delle esigenze e le loro funzioni interne possono modificarsi con l’evolversi della pandemia e adattarsi alle esigenze che man mano si manifestano. Bioedilizia anti coronavirus: come sono fatti i moduli e l’impiego delle nanotecnologie I moduli smontabili brevettati sono pensati per l’uso in ambito sanitario. Le unità sono dotate di impianto aria a pressione negativa, è prevista un’area di decontaminazione prima di accedere allo spogliatoio del personale, e tutti i materiali delle superfici di contatto più esposte (maniglie, pavimenti, pannelli divisori, contenitori di materiale sterile) sono pensate in materiale antibatterico e antivirale sviluppato con il processo industriale brevettato dell’azienda bolognese GHA Europe. Le superfici di contatto, quali maniglie e pulsantiere, sono prodotte dalla bresciana Brialma, su design di Zeprojects. Gli impianti di trattamento aria possono essere implementati con un filtro antibatterico, per ripulire continuamente l’aria e abbattere la carica batterica e virale indoor. Quale sia il procedimento brevettato e certificato lo spiega Antonio Motori, docente ordinario di Scienza e tecnologia dei materiali all’Università di Bologna, che ha avviato una collaborazione per la parte ricerca e sviluppo con la GHA Europe. «L’effetto battericida è già stato certificato su diversi ceppi batterici e anche sulla candida (che è la causa più frequente di infezioni fungine in pazienti immunocompromessi; le infezioni da Candida sono tra le più frequenti infezioni in strutture ospedaliere – nda). Inoltre, ci sono evidenze sperimentali che comprovano anche un effetto antivirale, per il quale siamo in attesa di certificazione». La lega di alluminio viene sottoposta ad un trattamento di anodizzazione, che porta alla formazione di uno strato di ossido sulla superficie metallica, rendendola molto resistente alla corrosione e all’usura. «Questo strato ha la particolarità di essere nanoporosoil brevetto consiste proprio in un trattamento nanotecnologico che va a riempire questi pori con ioni di argento, che impartiscono alla superficie proprietà antibatteriche, antivirali e antifungine», illustra il docente. Moduli anti coronavirus: che ruolo hanno bioedilizia e materiali naturali I moduli, oltre a garantire sicurezza, sono caratterizzati dall’impronta ecosostenibile, a partire dalle materie prime naturali utilizzate, legno in primis: «il suo impiego è stato pensato perché è un materiale naturale, in grado di fornire il giusto grado di benessere e di salubrità indoor, che è al centro del nostro progetto – afferma Bruno Giromini, socio e amministratore Sheer Wood – Abbiamo impiegato anche il sughero, la canapa e altri materiali. Abbiamo puntato a creare una filiera corta di fornitori, a prevalenza italiana (il sughero è prodotto dalla siciliana Syfar, la canapa dell’abruzzese Edilcanapa) in modo da garantire la qualità più elevata». Altro materiale impiegato è la calce idraulica naturale, per le superfici esterne ed interne dei moduli, dalle comprovate proprietà antibatteriche. L’attenzione alla progettazione ecosostenibile passa anche dai metodi costruttivi: «è stato adottato un metodo di ancoraggio al terreno dei moduli (mega-anchor) che evita l’impiego del cementospecifica Giromini – e che permette di sopraelevare la struttura dal contatto diretto col suolo, evitando così la penetrazione del radon». Bioedilizia per il post emergenza coronavirus e per le future green e smart city La progettazione di moduli adattabili a molteplici funzioni e necessità serve ad affrontare l’emergenza Covid-19, e le numerose fasi successive. «Servono strutture pensate e adattabili a rispondere al diverso decorso della pandemia – spiegano le co-fondatrici Zeprojects – sono quindi necessari moduli adatti a gestire il triage sanitario dei malati di coronavirus, ambienti ideali per la fase OBI (Osservazione Breve Intensiva) o per garantire il riposo del personale sanitario, garantendo sicurezza e comfort e una qualità adeguata di benessere. Pensiamo anche ai bambini ricoverati per Covid-19: non possono restare con le famiglie, ma hanno bisogno di spazi adatti per un temporaneo ricovero». Gli stessi moduli possono anche trasformarsi in presidi di quartiere e punti di ascolto della comunità, spazi di formazione e informazione del personale e della cittadinanza. Tutte funzioni utili a non congestionare gli ospedali e a fornire i futuri avamposti della sanità, in ottica di green e smart city: città capaci di fornire risposte concrete ai cittadini e il grado più elevato di qualità della vita, attraverso soluzioni edili e urbanistiche tecnologicamente avanzate e sostenibili a livello ambientale e sociale. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento