Sistemazione di massetti di sottofondo mal eseguiti
di: Arch. Claudio Sangiorgi
La posa del sottofondo, spesso trascurata, per risparmiare su costi dei materiali e sulla manodopera.
Scadimento delle professionalità
La riorganizzazione delle imprese di costruzione, a seguito anche della recente e pesante crisi che ha investito il settore, si è tradotta, per quelle operanti nel campo dei piccoli interventi di ristrutturazione e manutenzione straordinaria (che costituisce comunque una rilevante percentuale del mercato complessivo), in un ulteriore impoverimento delle professionalità ricadenti sotto la propria egida. Sino al caso limite, peraltro ormai abbastanza diffuso, dell’impresa costituita dal solo titolare non operativo (dotato dei mezzi, degli attrezzi e dei contatti) e da un singolo addetto “tuttofare”, cui è delegato l’intero corpo delle lavorazioni previste.
Questo, ovviamente, con l’intento di non ricorrere al subappalto esterno, presso squadre di specializzati, se non per le attività per cui risulti davvero indispensabile, mantenendo così nel proprio portafoglio maggiori quote di offerte e preventivi, peraltro sempre più poveri nei loro importi assoluti.
Un processo di drastico contenimento dei costi, che, tuttavia, si riverbera molto spesso in uno scadimento della qualità esecutiva e nell’insorgenza di difetti e patologie ad esso correlate; senza voler accennare al tema della sicurezza, che non prevedrebbe la presenza in cantiere di un solo addetto, per ragioni di assistenza e prontezza di intervento in caso di infortunio o malore a questi occorrente.
Tra le lavorazioni che più risentono di questo stato di cose (da cui non è esente una certa responsabilità delle committenze, alla ricerca esasperata dell’ “ultimo sconto”), sicuramente figura la realizzazione dei massetti di sottofondo (ma anche la posa dei rivestimenti ceramici, di cui parleremo in un prossimo contributo), sovente già prima trascurata, con l’idea radicalmente sbagliata “che chi viene dopo, in qualche modo si arrangia” e che gli strati di finitura in ogni caso provvedono a nasconderne i difetti, e ora ulteriormente lasciata all’improvvisazione, più o meno felice, di addetti privi della necessaria manualità e dell’indispensabile mestiere.
Può, dunque, capitare, come nel caso in questione qui sinteticamente descritto e documentato dalle immagini allegate, che si sia chiamati, proprio per questo strato funzionale, a valutare quanto eseguito, per dare consigli che aiutino a superare le criticità nel frattempo emerse e che potrebbero, se non risolte, costituire fattore di compromissione delle sovrastanti finiture.
Un caso tipico
In un alloggio in corso di integrale ristrutturazione, di prima edificazione negli anni ’60, i solai presentavano i caratteri tipici (e non esaltanti) della tradizione costruttiva di quegli anni: assenza di caldane armate sui solai in latero-cemento gettati in opera e basso spessore di sottofondo con funzioni di passaggio impianti (nell’ordine dei 6 cm, ma con punte anche inferiori).
La decisione assunta, di non voler creare dei gradini in ingresso dell’appartamento e in corrispondenza delle portefinestre in affaccio sui balconi (con conseguente scelta di non procedere al consolidamento del solaio), e la parallela ricchezza di dotazione impiantistica – elettrica e idraulica – di nuova dotazione hanno comportato, inevitabilmente, uno spessore residuo, disponibile per il getto del sottofondo, in alcuni punti (là dove presenti sovrapposizioni impiantistiche) inferiore ai 3 cm.
Stante la volontà di posare, su larga parte della superficie a pavimento, un parquet in legno di rovere, e quindi la necessità di contenere i tempi di asciugatura dei sottofondi, si è pertanto proceduto al confezionamento di un massetto a presa rapida, di esecuzione diretta in cantiere da parte dell’addetto operativo in sito dell’ “impresa”.
Calottature dei tracciati impiantistici di improvvisata sagoma, assenza di taglio del massetto sui varchi dei vani porta, pari assenza di fasce di dilatazione perimetrale, dosaggi e tempi di confezionamento degli impasti non controllati, stesura del getto secondo una molteplicità di direzioni per singolo vano stanza (senza controllo alcuno delle fasce di staggiatura, alquanto improvvisate), moltiplicazione delle riprese, assenza di reti in ausilio al getto… sono risultati tutti fattori determinanti nel segnare rapidamente il destino dei manufatti così realizzati, anche per l’effetto moltiplicatore indotto dalla loro contestuale presenza.
In capo, infatti, a non più di una settimana, i massetti hanno iniziato a presentare sfarinamenti, vistose fessurazioni, in alcuni casi con lembi anche di non corrispondente quota (segno di dilatazioni e ritiri in atto), distacchi puntuali, sbriciolamenti estesi, ecc., tanto da suggerire un’immediata sospensione delle fasi di attività previste a seguire (in primis la posa dei rivestimenti a pavimento) e un’attenta analisi dello stato di fatto e di quanto accaduto.
Occorre anche dire, per nota di dettaglio e di ciò che può sentirsi in cantiere, che l’impresa, chiamata a un sopralluogo congiunto di prima valutazione, si era detta convinta della sufficienza di una più accurata preparazione del fondo da parte del posatore di parquet, al limite anche con la sola colla di lavorazione indispensabile in quest’ulteriore fase.
L’intervento risanatore
Arrestate le lavorazioni, si è quindi proceduto a un controllo puntuale dell’intera superficie dei sottofondi dell’alloggio così realizzati (mediante percussione, verifica della consistenza superficiale, controllo delle planarità), decidendo, prima di procedere, di realizzare una loro radicale stabilizzazione.
Allo scopo, qui soffermandosi solo sugli aspetti relativi a distacchi e crepe e fessurazioni, si è agito con un ciclo differenziato di due prodotti della Mapei (già utilizzati con piena efficacia di risultati in altri e simili casi) – Eporip e Nivorapid -, in funzione delle diversificate situazioni puntuali che ci si è trovati a dover affrontare.
In caso di fessurazioni e crepe, proceduto all’ “apertura” delle stesse, nonché alla loro pulizia e asportazione di residui e frammenti, si è intervenuti con Eporip Mapei, ovvero con un adesivo epossidico esente da solventi e bicomponente (una resina e un induritore predosati, da miscelare tra loro). Il predosaggio, ovviamente, è stato di grande ausilio all’addetto, al fine di evitare ulteriori errori nel confezionamento in opera del prodotto, chiaramente manifesti nella precedente esecuzione dei massetti.
Laddove, invece, per la presenza di rilevanti addensamenti di tubazioni di passaggio impianti, il sottofondo appariva maggiormente compromesso, si è ritenuto opportuno procedere con il rifacimento integrale della parte, tramite Nivorapid.
Anche in tali punti, la prima operazione è consistita nella rimozione delle porzioni in distacco e nell’accurata pulizia (con allontanamento polveri e frammenti residuali) dei cavi di intervento. Successivamente, si è applicato il prodotto che, impastato con acqua, si trasforma in una pasta tissotropica di facile lavorabilità e ad asciugatura rapida, con possibilità di applicazione di pavimenti in legno dopo sole 24 ore.
Il complesso di queste fasi, dallo stop al cantiere, alla diagnosi dei problemi, alla definizione delle modalità dell’intervento riparatore, sino alla esecuzione dei due trattamenti, ha comportato un tempo di soli due giorni, di fatto non incidendo, in modo significativo sul cronoprogramma ipotizzato del cantiere. Particolarmente decisiva, la rapidità di asciugatura dei prodotti impiegati, considerata la necessità di provvedere alla successiva posa di un parquet.
Prodotti impiegati: Eporip e Nivorapid Mapei
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Arch. Claudio Sangiorgi
progettazione, Direzione Lavori, Coordinamenti per la sicurezza, per committenze pubbliche, private e amministrazioni condominiali
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