Le finiture dei materiali lapidei
di: Arch. Claudio Sangiorgi
Tra gli elementi caratterizzanti un prodotto lapideo, sia esso un rivestimento a pavimento, piuttosto che un paramento di facciata, la finitura superficiale è fondamentale quale fattore di denotazione formale e prestazionale dei manufatti. E’ bene tenere presente, in primo luogo, che la scelta della finitura è strettamente correlata al materiale impiegato e alle condizioni di impiego previste; né va sottovalutato l’effetto cromatico da essa indotto sulla superficie “a vista”, rispetto all’esito atteso di progetto.
Le lavorazioni possibili e di maggior impiego sono:
– lucidatura;
– levigatura;
– spazzolatura;
– spuntatura;
– scalpellatura;
– gradinatura;
– martellinatura;
– bocciardatura;
– fiammatura;
– water-jet;
– sabbiatura;
– piano sega;
– a spacco.
Alcune si riferiscono a soli manufatti finiti, per la necessità di essere eseguite in laboratorio; altre invece ricorrono anche per rivestimenti da finire in opera, come tipicamente nel caso di lastre a pavimento.
Le tecniche di finitura a “rasamento” (lucidatura, levigatura e la più recente spazzolatura), ottenute con il passaggio in più mani di mole abrasive di diversa finezza, o di spazzole d’acciaio a rotazione, tendono a saturare il colore di fondo della matrice lapidea, esaltandone – nella lucidatura e nel caso dei marmi colorati o dei graniti – il gioco cromatico delle venature e dei contrasti.
Per la loro esecuzione, proprio per la peculiare tecnica di esecuzione, non sono richiesti forti spessori; ma, se eseguite in cantiere, sono indispensabili almeno lastre di 2 cm di altezza per sopportare il peso delle macchine.
Le lavorazioni a “urto” (spuntatura, scalpellatura, gradinatura, martellinatura, bocciardatura) realizzano una percussione meccanica del materiale, con differenti tipologie di punte da cui la variegata casistica, che – fratturandone i cristalli superficiali – produce il caratteristico effetto di puntinatura, piuttosto che rigatura biancastra, legato al gioco di riflessione della luce sulla superficie così trattata.
Si tratta di finiture che, proprio perché indotte da un urto meccanico, possono essere realizzate solo su materiali in relativamente forte spessore e di notevole compattezza, e su manufatti da lavorare in laboratorio.
Le tecniche a “microfrattura” (fiammatura, water-jet, sabbiatura) sottopongono il materiale lapideo a un’azione meccanica (water-jet e sabbiatura) o termica (fiammatura), atte a generare superfici con omogenea tessitura. Esse possono essere impiegate utilmente su pietre e graniti, cui conferiscono una “mano” di particolare finezza, mentre non trovano consueta applicazione sui marmi, cui la fiammatura è preclusa per la composizione calcarea che li contraddistingue e per il conseguente deterioramento cui andrebbero incontro durante il trattamento.
Infine le lavorazioni a “piano sega” e “a spacco”, che si limitano a presentare il materiale direttamente come derivante dalle tecniche di taglio, a seconda, rispettivamente, che queste prevedano l’uso di telai multilama o dischi diamantati o, invece, la frattura su piani naturali di faglia, presenti soprattutto nelle pietre sedimentarie.
Senza, dunque, ovviamente nulla togliere alla sensibilità del progettista, e al suo saper “interpretare” i materiali lapidei rispetto agli effetti che si intendono ottenere, esistono dei limiti precisi alle tecniche di finitura di volta in volta impiegabili; limiti che sono dettati dalla natura chimica e geologica delle differenti qualità di marmi, pietre e graniti.
Occorre, comunque, sempre accuratamente controllare, prima di introdurre in capitolato la specifica di un materiale e della relativa finitura, che le proprie scelte di disegno e di progetto siano effettivamente realizzabili e non inficino la resistenza o la durata dei manufatti da realizzarsi, oltre a non essere foriere di difficile manutenzione o di scivolosità eccessiva. Da non sottovalutare anche la sporcabilità delle superfici, prima e più evidente problematica di gestione per la committenza.
Vale, in ogni caso, sempre il principio che è indispensabile provvedere a una preventiva campionatura del materiale (che essendo naturale andrà visto nella sua effettiva gamma di variazione possibile e non in un campione di qualità eccezionale, poco significativo in termini di resa reale).
E’, poi, bene anche tener conto, soprattutto nelle realizzazioni in esterno, dell’alterazione cromatica indotta dagli agenti atmosferici sui materiali lapidei, alquanto differenziata, in termini di intensità di fenomeno, da materiale a materiale.
Parimenti si deve considerare la durata effettiva delle finiture in relazione alle condizioni di usura e di stress meccanico cui sono soggetti i rivestimenti. Un lucidatura di un pavimento di forte passaggio in granito o di un davanzale esposto agli agenti atmosferici, inevitabilmente, è destinata col tempo a perdersi, mentre, al contrario, una beola levigata di un vano scale può progressivamente, proprio per l’azione delle utenze in transito, venire a lucidarsi almeno parzialmente.
Si tratta di fattori a volte noti, a volte di più difficile ponderazione, ma che concorrono tutti nel determinare la soddisfazione finale o meno del cliente.
In caso di dubbi, pertanto, è meglio rivolgersi direttamente a un produttore, facendosi consigliare anche secondo quella che è la sua personale esperienza.
La Normativa Uni di riferimento
Rispetto a marmi, pietre e graniti è facile che il criterio di scelta progettuale si faccia guidare dalla fascinazione per il materiale naturale e per la sua ricchezza di effetti, con il conseguente prevalere di considerazioni di mera natura estetica rispetto alle invece necessarie attenzioni prestazionali.
In questo senso le norme di settore, poco e mal conosciute, costituiscono al contrario un utile strumento di analisi e di verifica cui assoggettare i materiali lapidei, prima di compiere le scelte definitive di progetto e tradurle in voci di computo e di capitolato.
La marcatura CE, in Italia, è obbligo di legge per le pavimentazioni esterne dal 1 ottobre 2003, per le pavimentazioni interne dal 1 settembre 2006 (lastre) e 1 Agosto 2006 (marmette modulari) e per le scale (lastre) dal 1 Agosto 2006. Le forniture per queste tipologie di prodotto devono riportare la marcatura CE, ovvero le specifiche caratteristiche fisiche e tecniche del materiale fornito, ad esempio per le pavimentazione esterne la resistenza allo scivolamento con superficie bagnata.
A titolo di elenco di prima informazione, si riportano i titoli delle principali norme Uni sull’argomento:
PIETRE NATURALI
UNI EN 1341
Lastre di pietra naturale per pavimentazione esterna;
UNI EN 1342
Cubetti di pietra naturale per pavimentazione esterna;
UNI EN 1342
Cordoli di pietra naturale per pavimentazione esterna;
UNI EN 1469
Prodotti in pietra naturale – lastre per rivestimenti;
UNI EN 1926
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione della resistenza a compressione;
UNI EN 1936
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione delle masse volumiche reale e apparente e della porosità totale e
aperta;
UNI EN 12057
Prodotti in pietra naturale – marmette modulari;
UNI EN 12057
Prodotti in pietra naturale – Lastre per pavimentazioni e per scale;
UNI EN 12370
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione della resistenza alla cristallizzazione dei sali;
UNI EN 12371
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione della resistenza al gelo;
UNI EN 12372
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione della resistenza a flessione sotto carico concentrato;
UNI EN 12407
Metodi di prova per pietre naturali – Esame petrografico;
UNI EN 12440
Pietre naturali – Elenco tipologie commerciali suddivise per nazioni europee;
UNI EN 12670
Pietre naturali – Terminologia;
UNI EN 13161
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione della resistenza a flessione sotto momento costante;
UNI EN 13364
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione del carico di rottura in corrispondenza dei fori di fissaggio;
UNI EN 13373
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione delle caratteristiche geometriche degli elementi;
UNI EN 13755
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione dell’assorbimento d’acqua a pressione atmosferica;
UNI EN 13919
Metodi di prova per pietre naturali – Determinazione della resistenza all’invecchiamento dovuto a SO2 in presenza di umidità.
Di particolare interesse, risultano anche le pubblicazioni del “Marble Institute of America” (www.marble-institute.com), che costituisce un vero e proprio riferimento internazionale, in termini di definizione di standard, circa l’applicazione di materiali lapidei nei progetti di architettura.
Immagini per gentile concessione Italmarble Pocai srl, www.pocai.com
____________________________________________________________________________________________
Arch. Claudio Sangiorgi
Progettazione, Direzione Lavori, Coordinamenti per la sicurezza, per committenze pubbliche, private e amministrazioni condominiali
www.studiosangiorgi.it
www.archi-survey.com
Via Monte Suello 9, 20133, Milano, tel/fax 02.712532
Commenta questa notizia