Aumentano i prezzi, la fame di energia spinge la greenflation

Aumentano i prezzi, la fame di energia spinge la greenflation

Da un lato le fonti rinnovabili hanno bisogno di materiali e tecnologie diventati più costosi, dall’altro di fronte alla crescente domanda il settore ha dimostrato di dover ancora crescere per soddisfare la richiesta

la redazione

Che cos'è la greenflation

La guerra in Ucraina ha portato in primo piano il tema dell’energia. I prezzi di luce e gas, in realtà, correvano verso le stelle già da mesi, ma è stata la crisi alle porte dell’Europa a metterli al centro della discussione. Sia a livello Ue, che sul piano internazionale, le sanzioni (e i suoi effetti) alla Russia hanno fatto il resto.

L’inflazione galoppa, le materie prime scarseggiano, e la fame di energia è sempre più grande se si pensa, giorno dopo giorno, a come diversificare le fonti sia di produzioni che quelle di origine geografiche per esempio del gas.

Che cos’è la greenflation

Sul palcoscenico ha iniziato così a farsi largo la ‘greenflation’ (green-inflation). Ma di cosa si tratta? Potrebbe essere definita come l’inflazione generata dalla transizione ecologica.

Da un lato le fonti rinnovabili hanno bisogno di materiali e tecnologie per la produzione di energia pulita diventati più costosi, dall’altro di fronte alla sempre crescente domanda il settore ha dimostrato di dover ancora crescere per soddisfare la richiesta posta dal mercato.

Quindi il cerchio si è chiuso quando, con l’acuirsi della situazione, è emerso che la transizione ecologica ha da percorrere ancora un pezzo di strada. Questo perché se è vero che la transizione verso l’energia verde è necessaria, potrebbe essere che al momento, per via dello scenario internazionale e soprattutto sul suolo europeo, generi inflazione, la greenflation appunto.

Quello che è accaduto al gas, quando tutta Europa lo ha incoronato sul trono della fonte di passaggio per giungere a una compiuta transizione ecologica, ecco i prezzi hanno cominciato a impazzire. A questo si sono agganciati il rincaro del petrolio, l’aumento dei carburanti. Il conflitto in Ucraina ha soltanto esacerbato un quadro di per sé estremamente volatile. Le sanzioni alla Russia, con effetti anche sui sanzionatori, e la volontà ‘improvvisa’ e ‘urgente’ di indipendenza energetica hanno ulteriormente destabilizzato il contesto.

Secondo l’editorialista del Financial Times Ruchir Sharma – che per primo ha usato il termine – la ‘greenflation’ è il “risultato involontario di un paradosso economico”. Che significa? La traduzione è che “più forte si spinge sulla transizione verso un’economia più verde, più costoso diventa il tentativo, e meno probabilità si avranno di raggiungere l’obiettivo di limitare i peggiori effetti del riscaldamento globale”.

Complicato immaginare gli scenari. In Europa l’inflazione media a dicembre ha toccato il livello record del 5%. Ma in Italia l’ultima certificazione dell’Istat parla del 6,5% su base annua: un dato del genere si ritrova soltanto tornando indietro di oltre 30 anni al 1991. Un incremento, quello dei prezzi, che ha un colpevole in particolare: l’energia. E che si traduce in un duro colpo per le famiglie, a cominciare dal caro bollette per finire con il conto salato per il pieno alla pompa di benzina.

Perché continuano ad aumentare i prezzi

I motivi che spingono i prezzi verso l’alto sono essenzialmente due. Il primo: il costo delle materie prime (rame, alluminio, litio, nichel) insostituibili per la realizzazione delle batterie necessarie a auto elettriche, pale eoliche e pannelli solari. Sono poche e in area geografiche definite, spesso non alle prese con la transizione ecologiche. La domanda ha fatto impennare i prezzi. Il secondo motivo: il comparto delle rinnovabili non è ancora del tutto maturo sul fronte della capacità produttiva.

Un modo per rompere il cerchio potrebbe essere quello di affidare la gestione alle politiche economiche e industriali. Si può per esempio continuare a spingere il processo di transizione ecologica, intervenendo sulla domanda e sull’offerta, tramite investimenti pubblici e incentivi ad hoc, monitoraggio l’andamento e intervenendo per evitare rendite ed extra-profitti.

Una soluzione obbligata dal momento che la decarbonizzazione, oltre a essere quella scelta dall’Europa, è l’unica direzione praticabile per il bene del Pianeta. Che, di fronte agli impatti dei cambiamenti climatici, non ha un’altra opzione.

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