Resilienza e rigenerazione urbana: così l’Emilia-Romagna fa scuola

Resilienza e rigenerazione urbana: così l’Emilia-Romagna fa scuola

La Legge Regionale offre indicazioni su ambiente, urbanistica, verde urbano, consumo di suolo zero, resilienza e rigenerazione, con un’attenzione al benessere dei cittadini

a cura di Andrea Ballocchi

Resilienza e rigenerazione urbana: così l’Emilia-Romagna fa scuola

Indice degli argomenti:

Quando si parla di resilienza e rigenerazione urbana in Italia bisogna ricordarsi prima di tutto che nel nostro Paese ancora oggi non è in vigore una legge nazionale sul consumo del suolo.

Per ovviare a questo problema e ai suoi effetti collaterali servono azioni come quella messa a punto dalla Regione Emilia-Romagna mediante la legge urbanistica regionale 21 dicembre 2017 n. 24 . Essa ha sostituito la precedente legge del 2000 e nel testo ha apportato modifiche anche molto recenti, tra queste la LR 29 dicembre 2020, n. 14 “Misure urgenti per promuovere la rigenerazione urbana dei centri storici”.

Perché è importante? Perché si parla appunto di rigenerazione urbana, di riuso del patrimonio edilizio esistente, di consumo di suolo a saldo zero. È un provvedimento che rappresenta un vero e proprio cambiamento di prospettiva anche sul piano culturale e che – a tre anni dall’entrata in vigore – sta per entrare nel vivo dell’applicazione. A fine 2021 scadrà il previsto periodo transitorio, entro il quale i Comuni avvieranno la stesura del Piano urbanistico generale (PUG).

Si tratta, quindi, di un unico strumento di pianificazione che prenderà il posto dei precedenti piani comunali e Regolamento urbanistico, attuando anche un significativo processo di semplificazione.

Non solo: per la prima volta si parla in maniera organica di misure che guardano tanto alla qualità edilizia quanto al verde urbano, ma soprattutto viene parametrato anche il benessere fisiologico degli abitanti.

Tutto questo è stato possibile grazie a un lavoro di concerto istituzionale e tecnico, che ha contato anche su enti e associazioni (tra queste l’ANCI) e ha visto anche il coinvolgimento diretto del CNR, in particolare degli specialisti di analisi meteo climatologia urbana.

Resilienza e rigenerazione urbana: i punti forti della Legge regionale dell’Emilia-Romagna

La nuova legge centralizza diverse spettanze, tra cui anche il contenimento del consumo del suolo, e crea strumenti per lavorare sulla rigenerazione urbana, tra cui sono segnalati i servizi eco sistemici, climatici e ambientali.

Ai Comuni spetta il compito di realizzare il PUG (Piano Urbanistico Generale), il nuovo strumento di pianificazione urbanistica, di composizione e sintesi degli interessi relativi alla governance della città e del territorio. In particolare, esso parte dall’analisi critica dell’attuale quadro pianificatorio e deve essere in grado di cogliere le nuove emergenze e opportunità emerse nella città e nella sua comunità. Di queste fa parte il contrasto ai cambiamenti climatici, l’esigenza di rigenerazione urbana quale unica forma di sviluppo della città, ma tiene anche conto di problemi sociali quali il diritto alla casa, la necessità di programmare importanti investimenti sugli spazi pubblici e privati in grado di rafforzare l’incontro fra le persone.

A proposito di attenzione al clima, nella regione ha avuto un grande riscontro in termini attuativi del PAES – Piano di Azione per l’Energia Sostenibile, che indicava a chi lo ha accolto di rispettare gli obiettivi di riduzione dei gas serra attesi al 2020.

In Emilia-Romagna, la quasi totalità delle adesioni al Patto dei sindaci è avvenuta ad ampio spettro: ben 298 Comuni ossia l’85% del totale regionale ha aderito e lo ha accolto. Ma due anni fa è stato attivato il PAESC (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima), la cui attuazione genera però difficoltà tecniche e pratiche specie nei piccoli Comuni. Per ovviare, è intervenuta la Regione e diverse organizzazioni con finanziamenti specifici per stimolare il passaggio, ma soprattutto l’unione di comuni per realizzare un piano di adattamento.

Resilienza e rigenerazione urbana: il Piano Urbanistico Generale e il lavoro del CNR

In tutto questo entra in gioco la già citata legge regionale che permette di intervenire su una serie di dotazioni eco-sistemiche climatiche ed ecologiche.

Non solo: stimola la possibilità, su base volontaria, di pianificare piani di adattamento, ovvero contare su una serie di strategie che si concretizzano in azioni. Per metterle in atto, è richiesta la realizzazione di un Piano Urbanistico Generale che include gli obiettivi strategici del piano d’adattamento. Questo significa mettere in pratica un profondo intervento in termini di rigenerazione urbana che comprende innanzitutto la comprensione delle fragilità delle realtà urbane, aggravate dai cambiamenti climatici, quali onde di calore e piogge torrenziali e improvvise.

Per fornire gli strumenti tali da mettere in pratica tutto questo entra in gioco – come detto – il Consiglio Nazionale Ricerche e in particolare gli specialisti di analisi meteo climatologia urbana, in cui opera Teodoro Georgiadis, primo ricercatore all’Istituto di Bioeconomia del CNR. È lui a spiegare come si struttura l’intervento: «esso è mirato a evidenziare le criticità e fornendo anche le indicazioni utili a risolverle, ma anche per fornire una consulenza ad hoc. Per svolgere il lavoro adottiamo modelli specifici, fornendo poi alle amministrazioni interessate la possibilità di saperli adottare successivamente. Un esempio di quanto fatto è offerto dal progetto REBUS – acronimo di REnovation of public Buildings and Urban Spaces – è un percorso formativo ed un laboratorio progettuale sulla rigenerazione urbana per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, ideato dalla Regione Emilia-Romagna».

Piano urbanistico generale di Bologna: la tecnologia in aiuto al clima

Per quanto riguarda i PUG, un riferimento è certamente quello da poco realizzato da Bologna. «Ha adottato una mappa microclimatica, che individua una serie di fragilità micro climatiche, ottenuta dalla mappatura dell’intera città sulla base delle risorse infrastrutturali, non solo edifici, ma anche verde urbano, fino alla composizione dei materiali – spiega Georgiadis – Cosa serve questo? D’ora in poi qualunque intervento edilizio-urbanistico che verrà proposto dovrà dimostrare, in base ai diversi fattori messi in luce nella mappa, che può essere migliorativo e può essere anche dimostrato se effettivamente è così grazie a precisi strumenti».

La mappa microclimatica dell'Emilia Romagna

Per questi strumenti sono stati adottati open software, come ENVI-met che permette di creare condizioni di vita sostenibili in un ambiente in continuo cambiamento. Con gli strumenti interattivi di ENVI-met potete immergervi in qualsiasi aspetto del complesso microclimatico e analizzare le prestazioni dei progetti, anche dal punto di vista del benessere fisiologico delle persone.

Un altro software, anch’esso open, è dedicato alle piante: I-Tree, è una raccolta di strumenti di analisi e valutazione delle prestazioni forestali urbane e rurali. Quantifica i benefici e i valori degli alberi, aiutando nella gestione e nella difesa degli alberi e delle foreste e rileva i rischi potenziali per la salute degli alberi e delle foreste, oltre a mettere in luce i benefici di contare su alberi e piante anche in città.

Resilienza e rigenerazione urbana: l’Unione dei Comuni (fa la forza)

Il team del CNR ha da poco terminato per il supporto al capitolo clima del PUG per Cesena; inoltre l’Unione dei Comuni Valle Savio cui appartiene la stessa città (insieme ad altri cinque Comuni) ha richiesto un supporto per la creazione del PAESC.

Stessa cosa è avvenuta con l’Unione dei Comuni del Rubicone (9 aderenti), e si è lavorato anche per Rimini per quanto riguarda lo studio delle fragilità micro climatiche, per il Parco del Mare, un ampio progetto di rigenerazione dei Lungomare Sud e Nord riminese che mira alla creazione di un nuovo paesaggio che si attesta tra la città ed il mare.

Questi piani hanno una visione comune? «Sì e lo si deve alla nuova legge regionale che ha fornito un’adeguata apertura verso una visione ecologico climatica e ha fornito i presupposti per una naturale connessione di questi modelli virtuosi», conclude l’esperto CNR.

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