5 milioni gli stranieri in Italia

5 milioni gli stranieri in Italia

Sono oltre 5.000.000 gli stranieri regolarmente residenti nel nostro Paese, con una percentuale su tutta la popolazione in linea con il resto d’Europa.

stranieri

A questi si aggiungono circa 70.000 studenti universitari, numero che è raddoppiato negli ultimi 10 anni.

Tra i fattori cruciali e critici dei percorsi di inserimento degli immigrati, vi è certamente la sistemazione abitativa. Una sfera, quella relativa all’accesso alla casa, rispetto alla quale la condizione media degli stranieri fatica ad uscire dalla precarietà, specie nelle grandi città. Sono questi alcuni degli aspetti emersi oggi nel corso del convegno “I nuovi italiani – Casa, lavoro, cultura per l’integrazione” organizzato da Sidief e Banca d’Italia.

Dai dati si evince che nelle grandi città del centro nord, si è concentrata la maggiore presenza straniera: basti considerare che, a fronte di una media nazionale di stranieri residenti sul totale pari all’8,3% a Milano tale quota si attesta al 19%, a Torino e Bologna sopra al 15%, a Roma e Venezia attorno al 13%.

Tale fenomeno non ha interessato allo stesso modo il Paese, ma si è concentrato nelle grandi aree metropolitane del centronord.
Il 64,7 per cento dei lavoratori immigrati vive in affitto, e il 93 per cento degli studenti stranieri, con un’alta percentuale di sovraffollamento. L’8,9 per cento abita presso il luogo di lavoro e il 7,3 per cento presso parenti e connazionali.

Solo il 19,1 per cento (e il 7 per cento degli studenti) vive in una casa di proprietà. Negli ultimi dieci anni gli immigrati hanno comprato circa 850.000 alloggi, perlopiù nei piccoli comuni delle aree metropolitane o nelle periferie urbane, con una spesa media di poco superiore a 120.000 euro. Negli ultimi anni, anche a causa della difficoltà di avere un mutuo, gli acquisti sono scesi a circa 50.000l’anno, meno della metà rispetto al 2007/2008.

Gli esiti del focus confermano che i lavoratori immigrati nelle nostre città sono protagonisti di un mercato privato dell’affitto con caratteristiche qualitative e quantitative scarse, soprattutto relativamente a dimensione e qualità dell’alloggio. Quello appannaggio degli stranieri è infatti ancora un mercato immobiliare povero, fatto all’inizio di stanze (spesso anche in condivisione) e poi, col tempo, di micro-case, dove il fattore prezzo costituisce l’elemento centrale: 300-400 euro per una stanza, 700-900 euro per un alloggio, sono i parametri ricorrenti a Roma; analoghi costi per una stanza a Bologna mentre si scende leggermente sui 600-700 euro per l’alloggio.

Per quanto riguarda una delle categorie più immediatamente visibili, quella degli immigrati, i dati più aggiornati restituiscono, in relazione al tema della casa, una realtà complessa. Se tra gli italiani più del 67% vive in abitazione di proprietà e solo il 16% in affitto privato, tra i “nuovi italiani”, cioè gli immigrati che si affacciano alla società italiana, le percentuali si invertono, con quasi il 65% di utenti che ricorrono al mercato dell’affitto, con una domanda potenziale pari a circa 3,2 milioni di persone.
I casi studio analizzati presentano diversi spunti di interesse: spazi comuni diffusi e vivi, contratti flessibili e omnicomprensivi di servizi, posizione urbana centrale, soluzioni tecnologiche innovative – ma mantenendo strutture originali – il coinvolgimento attivo della popolazione residente. In più, da non sottovalutare, si comprende che l’architettura può fare la differenza: si nota una grande attenzione ai dettagli e al “bello”, alla luce e alla vista.
Dai racconti individuali emerge un continuo turn over all’interno di quelle aree della città (centrali, periferiche o suburbane) dove il bene casa è economicamente più accessibile. Inevitabilmente si tratta di aree di bassa qualità ma in qualche modo servite dalla rete del trasporto pubblico.

Possono essere i grandi quartieri popolari degradati della città consolidata (nel caso di Roma soprattutto nel quadrante orientale e nel caso di Bologna nella zona a nord della stazione ferroviaria), o le borgate spontanee/comuni minori della estrema periferia collegate da treni locali o regionali.

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