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Ridurre il consumo del suolo è divenuto un argomento attuale e da tutti condiviso, ma non può tradursi in un blocco della trasformazione del nostro territorio. Il dibattito, avviato oramai da diversi anni sulla base di istanze di matrice europea, ha visto prima le Regioni approvare principi e disposizioni finalizzate al contenimento del consumo del suolo ed ora anche lo Stato con diverse iniziative legislative. Dall’audizione ANCE al Senato del 4 ottobre scorso, risulta necessario sviluppare attraverso un’azione sistematica di manutenzione del territorio e delle sue infrastrutture, una politica di controllo e di repressione all’abusivismo edilizio e soprattutto una politica organica e a regime volta a rendere agevoli, diffusi ed economicamente sostenibili gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. Anche i dati sul consumo del suolo, secondo l’Associazione Nazionale Costruttori Edili, dal 2014 diffusi annualmente dall’ISPRA, vanno letti congiuntamente con quelli legati alla rinaturalizzazione dei terreni agricoli non più coltivati. Senza in alcun modo entrare nel merito dei dati prodotti dall’ISPRA, sarebbe opportuna una loro lettura sistematica con i dati che evidenziano come, accanto alla impermeabilizzazione ad opera di edifici ed infrastrutture, una delle cause principali della riduzione di superficie agricola è rappresentata proprio dall’abbandono dei terreni coltivati e dalla riespansione della vegetazione invadente o a bosco. A ciò va aggiunto il fenomeno dell’abusivismo, a cui non sono bastati tre condoni, ma che continua a rappresentare non solo un vulnus per il territorio, vista la carenza dei controlli, ma anche una concorrenza sleale per l’attività edilizia regolare. Infatti l’ISTAT evidenzia l’abusivismo edilizio come una piaga che in Italia continua ad avere una diffusione senza paragoni fra le maggiori economie avanziate e che la crisi economica ha contribuito addirittura ad aumentare. Nel 2014, pur in un contesto fortemente recessivo per il comparto dell’edilizia residenziale, il numero delle nuove costruzioni abusive è salito, rispetto all’anno precedente, da 15,2 a 17,6 ogni 100 autorizzate. Affrontare il tema della riduzione del consumo del suolo in un contesto avulso dagli altri fenomeni che provocano l’erosione del territorio naturale rischia di non fornire un quadro completo della questione e conseguentemente di introdurre misure non in grado di risolvere il problema o di risolverlo parzialmente. Senza un adeguato passaggio normativo tra la pianificazione vigente e quella che si dovrà adottare per effetto delle “nuove regole”, dunque, si rischia non solo un periodo di blocco nell’attività, ma anche la necessità di dover aggiornare gli strumenti di pianificazione oggi vigenti con i necessari costi per i bilanci dei comuni nonché i connessi adempimenti amministrativi. Le modifiche apportate dalla Camera al testo originario vanno, in buona sostanza, in questa direzione. Si veda al riguardo la disposizione che fa salvi dal blocco del consumo di suolo previsto in via transitoria non solo i piani attuativi adottati, ma anche quelli per i quali i soggetti interessati abbiano presentato istanza per l’approvazione prima della data di entrata in vigore della legge. A conferma della correttezza di quanto stabilito, si evidenzia che, in presenza di piani attuativi, i tempi necessari per lo sviluppo preliminare dell’iniziativa (definizione contenuti del piano con gli uffici del comune, ecc.) possono arrivare anche a 8/10 anni e pertanto non appare legittimo azzerare, in via normativa investimenti avviati anche molti anni prima e in fase avanzata. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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