La marcatura CE oggi

La marcatura CE oggi

Tracciare una sorta di bilancio dei primi due anni della marcatura CE per i prodotti da costruzione alla luce del Regolamento 305 del 9 marzo 2011 (CPR 2011/305/UE), non è semplice per una serie di ragioni, non ultimo il fatto che la normativa sia primaria (il Regolamento, appunto) che di “dettaglio” agganciata alla previsione regolamentare (relativa a singole famiglie di prodotto) [vedi oltre NdR], lungi dal ritenersi chiusa è stata ed è in continuo “movimento”.
La marcatura CE obbligatoria per la commercializzazione dei prodotti da Costruzione (coperti da una norma tecnica c.d. armonizzata – hEN – o da una Valutazione Tecnica Europea – ETA) non è una novità assoluta dal momento che l’obbligo era vigente fin dalla Direttiva 89/106/CE (almeno per quei Paesi che, come il nostro, avevano letto in questo senso la Direttiva): che adesso questa obbligatorietà sia formalmente statuita in quanto legata alla Dichiarazione di Prestazione del Prodotto (DoP) [a sua volta obbligatoria in presenza di hEN o ETA, NdR ] è solo un particolare, che però da la misura di quanto forte sia stata la determinazione del Legislatore Comunitario nella definizione della materia.
Ma l’aver posto nel Regolamento importanti previsioni [dalla auto applicazione della norma – che non a caso non è più una Direttiva bisognosa di recepimento nazionale – alle più chiare responsabilità di tutta la filiera che va dal produttore all’utilizzatore; dalla determinazione dei casi di esclusione dall’applicazione della norma alle procedure semplificate per ottenere il marchio CE; dai nuovi requisiti per gli Organismi Notificati al contenuto della Dichiarazione di Prestazione; ecc. NdR] e ancora maggiori aspettative sulla sua efficacia, non risolve il nodo complessivo del funzionamento della marcatura CE che, nel suo insieme, tocca vari aspetti e coinvolge molti attori. In verità il mercato oltre che di un marchio obbligatorio e universalmente riconoscibile avrebbe necessità che le informazioni sottese a questo simbolo siano non solo testate in maniera univoca ma anche che siano “significative” in merito alla prestazione dei prodotti.
Quest’ultimo aspetto è al momento un po’ debole; non dipende, certamente dal Regolamento, ma è spesso legato ai Mandati della Commissione [Documenti alla luce dei quali vengono definite le caratteristiche obbligatorie che devono essere elaborate negli standard. NdR] che non sono chiari, a volte sono datati, spesso emendati in maniera difforme dai bisogni del mercato.
Utile certamente la generale previsione, fortemente incoraggiata dal CPR (Regolamento Prodotti da Costruzione) che le prestazioni vengano espresse in termini di classi, ma queste stesse o in alternativa le soglie di valore (allorquando la classe può divenire una barriera alla commercializzazione del prodotto), dovrebbero essere sviluppate in maniera rapida, chiara e soprattutto “tecnica”, lasciando da parte considerazioni e input non strettamente specialistici.
Critica anche la struttura delle Linee Guida per la normazione e dell’Appendice ZA [appendice della norma armonizzata che riporta le parti obbligatorie – rectius armonizzate – della norma di prodotto. NdR] che dovrebbero essere documenti omogenei – anche se con un certo grado di flessibilità – per tutte le norme e dovrebbero restare costanti nel tempo per garantire una maggiore qualità delle norme stesse. Difficile la comunicazione tra le Autorità nazionali, la Commissione Europea e il CEN in merito alla definizione dei contenuti dei Mandati; non sempre efficace la consultazione dei portatori di interesse in merito ad una prioritaria individuazione delle problematiche o delle concrete difficoltà (e dei costi) collegate alla definizione e alla implementazione delle norme.
Una recente indagine condotta dalla Federazione Europea dei Produttori di Materiali da Costruzione (Construction Products Europe- CPE), di cui Finco è membro, ha evidenziato come tra le principali criticità avvertite dai produttori a livello europeo, vi siano quelle relative al contenuto dell’etichettatura CE (che costringe a riportare, duplicandole, molte delle informazioni che già sono presenti nella Dichiarazione di Prestazione – DoP- ); al valore legale della Dichiarazione di Prestazione (DoP); alla velocità di definizione e pubblicazione delle norme; alla sovrapposizione con altre direttive (come quella sull’Eco Design, che rischia di rendere ancora più complesso il processo di marcatura). Anche però, il costo delle norme e le difficoltà connesse alla speditezza dei lavori del CEN, spesso legate ad una presenza solo sporadica di esperti di settore (c.d. consulenti), sono temi di cui ricorre menzione nelle riflessioni tra gli operatori.
Pesa sulla marcatura CE anche l’irrisolto nodo del Requisito Essenziale n. 7 relativo all’uso sostenibile delle risorse naturali su cui la Commissione si affanna elaborando ampi documenti e commissionando studi e che però rimane ancora privo di uno specifico contenuto per quanto riguarda i prodotti da costruzione. L’aspetto, però, più preoccupante non è questo (vigente la CPD 89/106/CE questo requisito nemmeno esisteva) quanto piuttosto il fatto che tutta l’attività del CEN/TC 350 [chiamato ad elaborare norme “orizzontali” in merito alla sostenibilità del costruito. NdR] su cui tanto l’industria ha investito in termini di lavoro e ore uomo, rischia di essere surclassata da “metodologie” alternative che la Commissione sta finanziando nell’ambito di alcuni progetti pilota, i c.d. PEF relativi alla “Impronta Ambientale dei Prodotti”. [Discutibile a questo proposito è anche il fatto che la metodologia PEF guarda solo alla sostenibilità ambientale del prodotto, mentre il CEN/ TC 350 sta elaborando anche norme relative alla sostenibilità economica e sociale del costruito, con una visione, dunque, a più ampio spettro. NdR].
A tutto quanto sopra si deve aggiungere una, per  ora blanda ma in via di intensificazione, attività diretta della Commissione attraverso uno dei nuovi meccanismi previsti dal Regolamento: gli Atti Delegati.
Questi Atti pur essendo soggetti ad una ratifica successiva da parte di Consiglio e Parlamento Europeo rappresentano, di fatto, un potente strumento di intervento della Commissione sia sulla norma primaria – il Regolamento – che su tutta la normativa tecnica per così dire “derivata”, cioè quella delle norme tecniche armonizzate. Al momento, sono stati pubblicati 6 Atti Delegati relativi all’uso del web per fornire la Dichiarazione di Prestazione del Prodotto (DoP), ai contenuti della DoP (revisione Appendice III del CPR), ai contenuti dell’AVCP (Attestazione di Verifica e Costanza delle Prestazioni; Allegato V del CPR), all’uso di procedure di attestazione semplificate (CWT – Classificazione senza Test) per la reazione al fuoco di alcuni prodotti di legno e metallo.

Altri Atti Delegati sono in via di elaborazione e riguarderanno: la struttura dell’Appendice ZA [vedi sopra. NdR], la classificazione dei prodotti in base alla reazione al fuoco [con probabile inserimento della classe F nei casi in cui si può attualmente dichiarare NPD – Nessuna Prestazione Determinata – e conseguente aumento di oneri economici per l’industria costretta a testare ciò che finora non aveva ragione di essere provato. NdR], l’AVCP [vedi sopra. NdR] per alcune caratteristiche dei sistemi di ventilazione, per i prodotti geosintetici, per i prodotti di scarico delle acque, la classificazione senza test (CWT) per alcuni prodotti di legno, malta ecc. Insomma, un intervento, ampio e penetrante sulla marcatura dei prodotti da costruzione che aggira i meccanismi che avevano, finora, consentito a tutti gli operatori della filiera di confrontarsi.
Valga un esempio per tutti: nella citata bozza di Atto Delegato sui prodotti geosintetici è stata introdotta una caratteristica non prevista nel Mandato originario, la resistenza al fuoco con un grado notevole di severità nelle prove richieste per la sua marcatura (AVCP 2+), senza che alcuna verifica tecnica sia stata preventivamente fatta con lo specifico CEN/ TC in merito al sistema di attestazione e all’uso inteso del prodotto (che se usato, come spesso accade, sott’acqua o sotto terra non ha probabilmente bisogno di questa ulteriore e costosa prova, quanto piuttosto di una buona dose di attenzione alle certificazioni “volontarie” che, in dispregio di qualunque mercato comune vengono chieste, per molti dei prodotti geosintetici, in aggiunta alla marcatura CE ). Problemi vecchi e criticità nuove si sono, dunque, concretizzate accanto all’indubbio vantaggio d’avere un mercato aperto per i prodotti da costruzione grazie all’attestato di conformità rappresentato dalla Marcatura CE. Ma proprio perché il sistema non è “perfetto”, la Commissione ha già in pista una revisione del Regolamento e dopo aver commissionato ad una società di consulenza (l’inglese RPA- Risk and Policy Analysts) uno studio sul CPR già alla fine del 2014, si appresta, nel 2016, a mettere mano alla normativa! Certo un’opportunità per migliorare alcune delle criticità evidenziate, ma se dovesse diventare una revisione profonda (cosa che l’industria europea del settore nel suo complesso non auspica) si rischierebbe di indebolire invece che rafforzare la fiducia del mercato verso i prodotti con CE (senza con ciò voler pessimisticamente pensare che un intervento “importante” potrebbe gravare l’industria anche di costi di cui non si sente certo il bisogno in questo momento). Ulteriore annotazione da cui non si può prescindere in un se pure generale bilancio sulla marcatura CE dei prodotti da costruzione è relativa alla vigilanza del mercato. Con l’entrata in vigore del Regolamento 305 nessun ulteriore provvedimento in merito al controllo del mercato è stato assunto dal normatore nazionale, per cui deve ritenersi pienamente operante la tripartizione della vigilanza tra Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero dell’Interno (Vigili del Fuoco) per le aree di rispettiva competenza (ex art. 11 del Dpr 246/93).
Peccato che però sul sito della Commissione Europea non vi sia traccia di queste competenze ripartite ed, anzi, da quello che si legge, sembra che in Italia la vigilanza del mercato su questi prodotti non esista (se non limitatamente ai controlli che i Vigili del Fuoco sarebbero titolati a fare sulla reazione al fuoco delle guarnizioni per serramenti!). Non è un bel segnale per l’industria nazionale che, pur cercando di far crescere la cultura della conformità (perché nonostante l’obbligo della marcatura, ancora occorre parlare di necessità di un cambio di mentalità in molti casi), deve subire la feroce concorrenza di operatori stranieri che, oltre a sfruttare le maglie dei meccanismi dell’iva (intracomunitaria e non), si sentono anche liberi di aggirare le regole del mercato sulla marcatura CE certi dell’impunità. A questo proposito, potrebbe essere di grande utilità un lavoro che il Comitato Strategico per le Costruzioni di UNI, presieduto dall’Arch. S.F. Brivio, ha deciso recentemente di riprendere in merito alle caratteristiche armonizzate obbligatorie che dovrebbero essere dichiarate per i prodotti immessi sul mercato italiano. Queste caratteristiche, raccolte in apposite schede e rese disponibili, ad esempio, tramite i Contact Point che lo Stato ex art 10 del Regolamento deve obbligatoriamente approntare, potrebbero essere delle utili guide sia per le aziende nazionali che intendano affacciarsi su questo mercato che per i produttori esteri che vogliano commercializzare “regolarmente” i loro prodotti, ma anche per le Autorità stesse chiamate alla sorveglianza del mercato. Un’ultima annotazione, infine, su come sistemi complementari possano, a volte non utilmente incontrarsi.
Lo scorso anno l’organismo europeo di accreditamento (EA), cui aderisce Accredia, ha deciso che in caso di cambio del puro nome commerciale di un prodotto l’organismo certificato ai sensi della ISO/IEC 17025 pur avendo evidenza che si tratti di prodotto già verificato, non può semplicemente riemettere l’attestazione cambiando il nome del prodotto, ma dovrà procedere a testare di nuovo il prodotto stesso. Trascorso il periodo transitorio di un anno, questa previsione dovrebbe essere già in vigore. Evidenti le ragioni che inducono a chiedere una maggior chiarezza in termini di responsabilità della dichiarazione emessa, ma evidente altresì quale aggravio (non pienamente comprensibile in termini di sicurezza del prodotto) rappresenti questa decisione (che potrebbe avere una sua ripercussione anche sui costi della marcatura CE del prodotto) non solo alla luce del momento storico-economico ma anche delle previsioni del CPR che puntano ad alleggerire e non ad aggravare gli oneri per i produttori.

Anna Danzi Vice Direttore Finco
Dossier U&C n°10 novembre/dicembre 2015 Il settore delle costruzioni verso un futuro in rilancio

La marcatura CE oggi
La marcatura CE oggi 2

Consiglia questa notizia ai tuoi amici

Commenta questa notizia



Categoria notizia

EDILTREND

Le ultime notizie sull’argomento