ANCE perplessa sulla Legge di Stabilità

ANCE perplessa sulla Legge di Stabilità

Paolo Buzzetti, presidente ANCE ha guidato la delegazione associativa, lo scorso 28 ottobre, per l’audizione presso le Commissioni Bilancio della Camera dei Deputati e del Senato sui contenuti dei documenti di bilancio che compongono la manovra economica, concernenti le “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge di stabilità 2013) sottolineando che il provvedimento in questione presenta numerosi aspetti di interesse del settore delle costruzioni.

Sotto il profilo della finanza pubblica ha evidenziato, in primo luogo, che vengono stanziati 3.374 milioni di euro di competenza nel triennio 2014-2016 finalizzati a nuovi interventi infrastrutturali relativi a grandi opere, manutenzione straordinaria di strade e ferrovie e alla tutela del territorio, a cui si sommano le risorse per interventi di tutela del territorio (1.400 milioni), già previste nel bilancio dello Stato ma non ancora impegnate, e l’anticipo delle risorse già stanziate per la ricostruzione dell’Abruzzo, pari a 1.200 milioni di euro.
Al riguardo, pur condividendo la destinazione dei finanziamenti, ha sottolineato l’esiguità degli importi autorizzati, sia rispetto alle esigenze espresse dal Ministero delle infrastrutture nell’Allegato al DEF 2014 (8-10 miliardi nel triennio 2014-2016), sia rispetto alla proposta dell’Ance di un piano pluriennale per le infrastrutture (30 miliardi nel triennio 2014-2016).
Si è, poi, soffermato sulle modifiche al Patto di stabilità di Regioni ed Enti Locali che il provvedimento prevede senza però operare una riforma strutturale, necessaria per consentire una politica equilibrata di investimenti degli enti locali. In particolare, tali modifiche permetteranno un aumento della capacità di spesa di Comuni e Province (aumento di 1.000 milioni di euro nel 2014, a fronte una minor spesa per 344 milioni nel 2016) che, però, rischia di essere del tutto annullato da un corrispondente irrigidimento del Patto delle Regioni (1.000 milioni nel 2014 e 3.688 milioni nel triennio) e da un taglio ai trasferimenti alle Regioni (800 milioni nel 2014). Esiste, inoltre, il rischio che l’allentamento sia utilizzato da Comuni e Province anche per aumentare la spesa corrente.
Anche riguardo all’ulteriore pagamento, nel 2014, di debiti pregressi di comuni e province per un importo di 500 milioni di euro ha sottolineato che tale importo risulta di gran lunga inferiore al fabbisogno di 10 miliardi di arretrati.
Sotto il profilo fiscale, pur apprezzando la proroga delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per la riqualificazione energetica degli edifici, nell’attuale misura potenziata (rispettivamente, 50% e 65%), ha evidenziato le preoccupazioni per le conseguenze sugli investimenti immobiliari derivanti dal nuovo impianto impositivo sugli immobili, ed in particolare dal tributo sui servizi comunali (TRISE) che, con la sua componente relativa ai servizi comunali indivisibili (TASI), si sommerà, su una seconda casa, all’IMU ed alla Tassa sui rifiuti. Al riguardo, ha rilevato che l’introduzione del TRISE comporterà, tra il 2013 e il 2014, un rilevante aumento della tassazione sia con riferimento all’abitazione principale sia sulle seconde case sfitte, pari rispettivamente al 72% e al 19%. Tale impianto, quindi, non solo si scontra con l’esigenza di semplificazione della tassazione sugli immobili, ma rappresenta un sicuro disincentivo all’investimento immobiliare, che invece andrebbe sostenuto, alleggerendo il prelievo sull’acquisto, sulla falsa riga di quanto previsto negli ordinamenti di altri Stati europei. A tal fine, ha sottolineato l’opportunità di introdurre misure incentivanti, quali la deducibilità ai fini del reddito imponibile IRPEF dei costi d’acquisto, incentivi all’affitto anche a favore delle imprese locatrici (ad esempio, estendendo la “cedolare secca” anche alle locazioni effettuate da impresa) e forme di detassazione delle permute tra vecchi fabbricati e nuove costruzioni ad alta efficienza energetica.
Il tributo sui servizi comunali indivisibili (TASI) sembra, inoltre, colpire anche l’invenduto delle imprese edili, contraddicendo la recentissima esclusione da IMU per i “beni merce” delle imprese edili, gravandoli di un carico fiscale potenzialmente più elevato (l’aliquota TASI può arrivare, infatti, all’11,6 per mille, contro il precedente livello massimo di IMU, pari al 10,6 per mille). Pertanto, ha evidenziato la necessità che venga espressamente riconosciuta, nel corso dell’iter parlamentare, l’esclusione dalla TASI per tutti gli immobili facenti parte del cd. “magazzino” delle imprese edili, ovverosia fabbricati di nuova costruzione o incisivamente ristrutturati per la successiva vendita ed aree edificabili.
In merito alla deducibilità dal reddito d’impresa del 20% dell’IMU versata per i fabbricati industriali, ha sottolineato che appare del tutto ingiustificata l’esclusione degli altri immobili d’impresa, ed in particolare, delle aree destinate all’utilizzo edificatorio possedute dalle imprese edili. Pertanto, la norma dovrebbe essere significativamente rafforzata (elevando dal 20% al 50% la quota dell’IMU deducibile) ed estesa nel suo ambito applicativo a tutti gli “immobili d’impresa”.
Ha, altresì, evidenziato la necessità di garantire la permanenza nell’ordinamento dei regimi agevolativi applicabili ai trasferimenti di immobili diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale (imposta di registro all’1%), in deroga alle previsioni del D.Lgs. 23/2011, che ne prevede l’abrogazione dal 1° gennaio 2014. Tale previsione permetterebbe dii riattivare i processi di riqualificazione urbana, evitando un sostanziale blocco dei processi di rinnovo urbano, che verrebbero ostacolati da un prelievo fiscale “espropriativo” già nella fase di acquisizione degli immobili (aree e fabbricati) da riqualificare (imposta di registro al 9%).
In materia di lavoro, pur ritenendo apprezzabili le misure previste dal provvedimento relative, tra l’altro, al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali per l’anno 2014 ed alla riduzione dei premi Inail per un totale di 3,3 miliardi di euro nel triennio 2013-2016, ha sottolineato l’importanza di un intervento, al fine di consentire una ripresa del settore delle costruzioni, per ridurre il costo del lavoro in edilizia, anche in virtù del fatto che le imprese di costruzioni sono gravate da un costo del lavoro, caratterizzato dal maggior gettito contributivo, nettamente superiore rispetto agli altri settori produttivi dell’industria.
Con riferimento alle opere pubbliche ha, inoltre, rilevato la necessità di individuare mirate misure per affrontare l’emergenza in chiave di crescita soffermandosi, tra l’altro, sulla opportunità di migliorare la normativa sulla permutanegli appalti di lavori pubblici.

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