In crisi l’acciaio cinese

L'industria cinese dell'acciaio aveva resistito anche alla recessione globale. Adesso comincia a mostrare la corda, afflitta da problemi analoghi a quelli che angustiano i produttori occidentali: il costo troppo elevato delle materie prime e la debolezza della domanda. Non solo sui mercati di esportazione.
Il numero uno locale, Baoshan Iron & Steel, meglio conosciuta come Baosteel, ha subìto nel terzo trimestre una contrazione del 16% degli utili netti, a 2,55 miliardi di yuan (circa 275 milioni di euro): un risultato legato all'impennata dei costi operativi – lievitati di un terzo, da 37 a 48,3 miliardi di yuan – e alla necessità di tagliare per due volte consecutive, in luglio e in agosto, i prezzi di vendita in reazione alla debolezza dei consumi. Giovedì anche la seconda impresa siderurgica cinese, Wuhan Steel, aveva comunicato una contrazione degli utili trimestrali, che nel suo caso è stata addirittura dell'ordine del 50 per cento.
Per Baosteel, almeno per ora, la situazione non è drammatica: la società – che rifornisce la metà dei laminati utilizzati dalla fiorente industria automobilistica cinese – ha avuto un primo semestre stellare e prevede tuttora di concludere il 2010 con i profitti più alti da almeno tre anni, in crescita del 110-130% (la stima è tra 12,2 e 13,4 miliardi di yuan). Quello attuale è tuttavia indiscutibilmente un momento difficile e la crisi si sta estendendo anche agli ultimi mesi dell'anno. «Nel quarto trimestre i fondamentali di mercato in Cina rimarranno stabili – spiega la società in un comunicato alla borsa di Shanghai, dove ieri il titolo è calato dell'1,6% a 7,17 yuan, estendendo al 26% il ribasso da inizio dell'anno – Una forte crescita dei prezzi dell'acciaio è tuttavia improbabile e i prezzi del minerale di ferro resteranno a livelli elevati».
Le statistiche ufficiali mostrano che in settembre la produzione di acciaio in Cina è diminuita per il quarto mese consecutivo, con una contrazione del 7,1% rispetto ad agosto che l'ha portata ai minimi dell'anno (47,95 milioni di tonnellate). Il fenomeno dovrebbe essere legato soprattutto alle chiusure di impianti ordinate di Pechino per frenare i consumi energetici, benché abbia pesato anche il rallentamento dell'export, legato a sua volta alla debolezza della ripresa in Occidente e alla cancellazione da luglio dei benefici fiscali sulle esportazioni.
La China Iron & Steel Association (Cisa) sospetta che le cifre siano inattendibili, perché alcune provincie potrebbero aver solo finto di adeguarsi alle direttive per il risparmio energetico, comunicando al governo dati di produzione falsi. «Stiamo valutando attentamente, per capire se ci siano state manipolazioni – ha detto il vicepresidente dell'associazione, Luo Bingsheng – Abbiamo infatti notato che in alcune aree l'output di prodotti in acciaio cala molto meno di quanto non faccia la produzione di acciaio grezzo». La stessa Cisa non nasconde tuttavia che la siderurgia cinese deve fronteggiare problemi reali: «Nel quarto trimestre – afferma nel suo sito internet – la domanda locale resterà debole, forse addirittura con crescita negativa. E anche la produzione aumenterà poco». Quanto ai margini di profitto delle imprese, «sono più bassi della media dell'industria pesante cinese. La media nei primi nove mesi dell'anno è di appena il 2,48% e in agosto sono precipitati fino all'1,45%».
Fonte ilsole24ore

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