L’acciaio ritrova l’ottimismo

Bruxelles lavora su più fronti per le materie prime. Oltre al commissario Ue all'Industria, Antonio Tajani, sollecitato dalla stessa presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, (si veda Il Sole 24 Ore di martedì), è scesa in campo anche la direzione della Competizione. La quale, in una lettera di risposta a Eurofer, cioè l'industria siderurgica europea, si è impegnata a «intervenire sul recente cambiamento del meccanismo dei prezzi internazionali e a investigare su possibili comportamenti anticompetitivi».
In effetti, accanto ai primi segnali di ripresa, i produttori italiani (storicamente i secondi in Europa dopo la Germania) sono «sempre più preoccupati per l'impennata dei costi delle materie prime», come hanno denunciato ieri a Milano il presidente di Federacciai, Giuseppe Pasini, e il vicepresidente, Nicola Riva.
Sotto l'aspetto congiunturale, i primi tre mesi hanno messo in evidenza come l'acciaio italiano sia tornato a marciare, anche se al ritmo più basso di tutta l'Europa a 27. Mentre infatti la crescita media Ue della produzione è stata del 37% (fino a 42 milioni di tonnellate), il nostro paese si è fermato al +30%. La Germania ha invece messo a segno un aumento del 49% rispetto ai primi tre mesi del 2009, la Spagna del 37%, l'Austria e l'Olanda una crescita superiore al 40 per cento.
«Il tutto – racconta Pasini – in uno scenario dove l'Italia era invece arretrata molto di più durante la recessione, arrivando a 19,85 milioni di tonnellate, al punto che eravamo anche stati superati dalla Turchia nella classifica dei produttori. Nel 2009 il made in Italy siderurgico ha ridotto la produzione di cinque punti in più rispetto alla media Ue». Crisi che, per il presidente di Federacciai, «non è affatto finita». Non si può infatti ancora parlare di «avvio della ripresa» sia perché accanto ad alcuni mercati più vivaci (ad esempio l'inox e gli acciai speciali) ci sono i prodotti legati all'edilizia che mostrano ancora segnali di difficoltà, sia perché quest'anno la produzione si fermerà a 25 milioni di tonnellate rispetto ai 30,5 del 2008.
Inoltre ci sono segnali preoccupanti sul fronte delle importazioni, con impennate che all'inizio dell'anno in alcuni settori (ad esempio l'inox piano) hanno toccato punte del 200 per cento. Tra i principali fornitori troviamo l'India e la Cina (che da sola produce circa la metà di tutto l'acciaio mondiale, mentre l'intera Asia arriva a sfiorare il 65%).
Pasini ha riconosciuto che il «governo è intervenuto, ad esempio con i contratti di interrompibilità, per cercare di ridurre il gap con l'Europa che l'industria sconta nei prezzi dell'energia elettrica, mentre sul versante delle politiche ambientali l'Italia paga un conto elevato: chiediamo reciprocità con tutti gli altri produttori mondiali. Vorrei solo ricordare il fallimento, nello scorso dicembre, della conferenza di Copenaghen e il fatto che gli Stati Uniti non hanno ancora aderito al protocollo di Kyoto».
Oltre all'Asia e all'Europa, anche gli Stati Uniti sono cresciuti del 61%, sempre nel primo trimestre. Tra i motivi che frenano la corsa dell'Italia, ha concluso Pasini, esistono «alcune forti criticità»: oltre alla situazione delle materie prime e ai costi di produzione c'è la mancata partenza del piano casa e delle opere pubbliche (grandi e piccole).
 
Franco Vergnano
MILANO

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