Nuovo museo di Arte Contemporanea

Il Museo di Arte Contemporanea di Milano, presentato alla Triennale, ha tre anni di tempo per passare dalla carta alla città.
La sfida, infatti, è che diventi realtà, entro giugno 2011.
Il progetto, che porta la firma dell’architetto statunitense Daniel Libeskind (pensato e disegnato in meno di due mesi), sorgerà nel contestato quartiere CityLife, l’area del polo storico della Fiera, occupando, proprio al centro del parco, una superficie di 18 mila metri quadri circa.
E la sorpresa è sul tetto: la terrazza dell’edificio di cinque piani ospiterà, infatti, un orto: «L’idea, ha detto Libeskind, è quella di portare la natura a Milano».

Il museo, che costerà alla cordata di Ligresti&Co. quaranta milioni di euro (il doppio della cifra prevista per il Museo di design poi dirottato sulla Triennale), ha tutte le caratteristiche tipiche dei progetti “archistar”: recupera un concetto nobile del passato (in questo caso, la sezione aurea di Leonardo), rilancia l’idea di museo come cuore pulsante della città (tipica dei grandi centri culturali degli ultimi anni dal Guggenheim di New York e Bilbao al Centre Pompidou di Parigi), e – strizzando l’occhio alle nuove issues ecologiche – punta tutto sulla sostenibilità dell’operazione.

«Mi sono chiesto, ha affermato l’architetto, come riportare nel XXI secolo l’idea rinascimentale dell’uomo al centro dell’universo. Da qui, ho lavorato sulla torsione del quadrato e del cerchio che arriva fino al Duomo», e ne riprende il materiale, il marmo di Candoglia. «Una forma organica con i quattro angoli che rappresentano le stagioni e che ha all’interno uno spazio fluido pronto a essere vissuto a pieno dal pubblico».
Il sindaco Letizia Moratti, entusiasta del progetto e ansiosa di riuscire nella sua sfida contro il tempo, afferma che il museo è tagliato sulla città: «Ha le caratteristiche di Milano», ha detto.
In effetti, un museo dotato di grande parcheggio sotterraneo, centro relax e benessere (in una sola parola, Spa) e ristorante extra lusso sembra perfetto per l’anima fashion del capoluogo lombardo.
Appare da subito evidente come, tra entertainment e acque termali, lo spazio più sacrificato – anche qui in piena filosofia archistar – sia proprio quello espositivo.
Il problema è che il Mac, almeno all’inizio, non avrà una (troppo dispendiosa) collezione permanente, ma farà affidamento sui collezionisti cittadini, dalla famiglia Boschi-Di Stefano a quella Jucker, su grandi mostre, e su un concetto “performativo” di arte contemporanea: all’interno del Museo sono previsti atelier dove gli artisti realizzeranno opere site specific, destinate a entrare nel patrimonio museale.

Certo, in una città come Milano non si può non tenere conto delle numerose realtà private che sono esplose proprio in assenza di un centro di arte contemporanea in grado di convogliare risorse e professionalità.
Anche perché è proprio grazie a quelle fondazioni e gallerie se il capoluogo lombardo può vantare oggi un mercato dell’arte in grado di competere con New York e Londra.

Fonte Il Sole24ore

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