Costruzioni, il boom c’è ma solo per chi investe e conquista gare all’estero

Una prima volta per i numeri: calcolati come al solito i fatturati aggregati 2006 delle 1200 aziende che formano il settore in Italia (e sono classificate tali tutte quelle di qualsiasi tipologia ma che facciano almeno il 51% del loro fatturato nel settore costruzioni) è venuto fuori un balzo rispetto al 2005 di ben l’11,7%, arrivando a circa 85 miliardi di euro (per inciso questa cifra rappresenta la metà dell’intero mercato italiano delle costruzioni). Se si pensa che l’anno precedente il tasso di crescita era stato intorno all’1%, la sorpresa è più che giustificata.
«La seconda sorpresa – spiega Lorenzo Bellicini, che materialmente sta stilando il rapporto, che verrà presentato domani a Bologna nell’ambito del Saie e che ha infatti la denominazione di Rapporto CresmeSaie – è arrivata quando siamo andati a vedere il fatturato delle prime 200 imprese di costruzione italiane: il loro fatturato complessivo è aumentato del 3,9%.
E visto che il tasso di variazione dei prezzi del settore si è attestato tra il 3 e il 5%, vuol dire che sono di fatto rimaste ferme».
Le ‘imprese di costruzione’ sono quelle che materialmente realizzano case e capannoni, stabilimenti ed edifici di ogni genere, opere pubbliche e infrastrutture: sono nomi che vanno da Impregilo ad Astaldi, da Condotte a Pavimental e così via. Se non sono loro ad essere cresciute, allora chi è stato? E soprattutto, dove? Visto che in Italia il mercato delle nuove case è in fase di rallentamento.
E il rallentamento si vede anche nei numeri del Cresme. Chi ha lavorato in prevalenza in Italia è cresciuto poco o è addirittura andato indietro. Cresce chi ha lavorato all’estero. Chi ha partecipato ai grandi appalti internazionali. Crescono i general contractor più delle società semplici. Cresce chi, tra le società di costruzioni, ha iniziato a far evolvere il suo core business dalla costruzione pura e semplice, interpretata nella maniera più tradizionale, verso un mix più complesso, che si affaccia verso i servizi: dal project financing fino alla gestione degli edifici dopo la consegna.
Ma tornando alle macro tendenze, a voler dare una risposta più precisa al quesito di chi sia stato davvero il motore della crescita del settore lo scorso anno, bisogna entrare dentro i numeri.
E i numeri dicono che il maggiore contributo, per tipologia, viene dalle società di ingegneria (la cui classifica è guidata da Saipem) e dai general contractor (nomi come Nuovo Pignone, Snam Progetti, Danieli e Technip), che hanno segnato una crescita di oltre il 20%. Un dato a cui ha contribuito soprattutto lo sviluppo delle grandi opere pubbliche in Asia.
E non a caso proprio in questi giorni una missione italiana è in Cina, per partecipare alla fiera internazionale di settore Subcon, a Chongqing.
Questa città è destinata a diventare la terza di Cina dopo Pechino e Shanghai e sarà la capitale della Silicon Valley cinese: non a caso è costruita in prossimità della diga delle Tre Gole, la più grande mai realizzata al mondo.
A misurare la distanza con chi ha invece continuato a focalizzarsi sul mercato domestico, il dato di crescita dei general contractor specializzati sul mercato italiano è stato addirittura negativo, per lo 0,3% in valori correnti. In termini reali il calo è quindi ancora più marcato.
Stesso discorso vale per i materiali. Il tondino per cemento armato (prima azienda italiana la Ferriere Nord, 825 milioni di ricavi, più 36%) vede salire le vendite quasi solo grazie alla domanda internazionale: il comparto cresce del 32%, ma il dato contiene una crescita del 17% legata al solo fattore ‘prezzi’.
All’opposto, un settore che lavora quasi esclusivamente per l’edilizia residenziale come i laterizi (prima azienda italiana la Fantini Scianatico, 153 milioni di ricavi, il 5% in più del 2005) e che ha al suo attivo una grande crescita nei primi cinque anni del Duemila, cresce di appena il 3% pur in presenza di un aumento dei prezzi del 5%, evidenziando così un calo effettivo. E’ l’effetto del raffreddamento del mercato residenziale interno. Che porta però, d’altra parte, una crescita di tutto quanto è relativo a manutenzione, recupero e restauro. Una tendenza che va a premiare in modo particolare l’innovazione: «Tutti i comparti che hanno investito sull’innovazione hanno ottenuto buoni risultati», sottolinea Bellicini.
C’è insomma più attenzione, in questa fase di minore domanda, ai fattori della qualità. Così va per esempio interpretato l’aumento di consumo di cemento legato al nuovo mix produttivo del calcestruzzo, indice di un prodotto qualitativamente migliore. O la crescita di fatturati della chimica legata alle costruzioni (comparto capeggiato in Italia dalla Mapei, 423 milioni di fatturato, in crescita del 15%). Questo dato indica una maggiore domanda di nuovi materiali, dai collanti alle vernici, e va messo in relazione anche con la maggiore attenzione alle esigenze di risparmio energetico.
Aspetto che riguarda anche il settore dei serramenti, che in Italia ha il suo ‘campione’ nella Metra – Metallurgia Trafilati Alluminio, 172 milioni di ricavi, in crescita di oltre il 20%.
Anche il settore della distribuzione si muove più rapidamente degli anni precedenti, confermando così una domanda più orientata alla manutenzione: i distributori di materiali edili e quelli dei componenti (sanitari, termosanitari), è cresciuto a ritmi intorno al 20%.

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