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Si svolge oggi la conferenza “Città del terzo millennio. La dialettica tra nuovo e antico. La via italiana e la via cinese”, organizzata da fischer Italia. Marco Brandolisio, uno dei tre architetti protagonisti della giornata (insieme a Francesco Morena e Mi Qui), racconta gli otto anni passati a riqualificare l’ex forno del pane di Bologna, edificio storico diventato sede del MAMbo, fresco d’inaugurazione e sede dell’evento odierno. Brandolisio, insieme agli altri progettisti dello studio Arassociati, ha portato in porto l’impresa con il coordinamento generale e la D.L. della Finanziaria Bologna Metropolitana. Inaugurato sabato scorso, il MAMbo, nuovo museo di arte contemporanea di Bologna, è frutto di una fattiva collaborazione, quella tra Sovrintendenze e progettisti. Conservazione e riqualificazione sono i criteri che hanno trasformato un edificio industriale vincolato del 1916 in luogo vivo di cultura moderna. Un sodalizio possibile passato anche attraverso tre amministrazioni comunali e tre direttori del museo. In tutto otto lunghi anni, durante i quali i ripensamenti e gli stop non sono mancati. Una storia italiana, ma non la solita storia di vincoli insuperabili. Qui una veloce anticipazione fa cenno dell’ingrediente fondamentale: ancora una volta la collaborazione: “É necessario il coinvolgimento dei funzionari delle sovrintendenze e degli altri enti di controllo già a partire dalla progettazione. Aggirare il muro contro muro è possibile, evitando i progetti calati dall’alto e ricercando le soluzioni più adeguate”, spiega l’architetto prosecutore, insieme a Giovanni Da Pozzo, Massimo Scheurer e Michele Tadini dell’attività dello studio creato da Aldo Rossi. A parte i monumenti dal valore assoluto (“Nessuno si sognerebbe di mettere mano al Colosseo”), in gran parte le altre testimonianze storiche si prestano alla riqualificazione dove i temi del nuovo con l’antico possono convivere “trovando i giusti valori all’interno del processo di ristrutturazione”. In Italia ci si sta provando, con un percorso ancora all’inizio, ma costante: se non altro spinto dalla responsabilità di dover gestire quasi il 90% del patrimonio storico artistico mondiale. Il MAMbo, 9.500 mq di superficie nel centro della città vicino alla stazione ferroviaria, fa parte del vasto recupero del distretto Manifattura delle Arti, all’interno del quale si trovano laboratori teatrali, Cineteca, laboratori collegati all’università (DAMS e Scienze della Comunicazione) e spazi per associazioni culturali, tutti uniti da un parco in via di realizzazione. “E’ stato necessario leggere la forma della città – dichiara Marco Brandolisio – per costruire nuovi edifici dialogando con quelli esistenti”. Tutto ciò scegliendo semplicità e pulizia come metodo di lavoro. Ad esempio la “rimozione delle superfetazioni, potenziando così le caratteristiche intrinseche nel manufatto lasciandone traccia nelle nuove caratteristiche architettoniche e distintive”. La nuova funzione dell’edificio ha suggerito l’inserimento di nuovi elementi architettonici: scale e punti focali che determinano il percorso museale. “Per ricercare un’alta qualità e compatibilità nell’adeguamento di un edificio ‘antico’ alle esigenze moderne è necessario un alto grado di interdisciplinarietà”. Parole che ricordano una delle tesi di fondo di Constructa. “Il coordinamento generale da parte dell’autore sulle professionalità e specializzazioni che intervengono è necessario per portare a termine in maniera adeguata un progetto. E ciò non può prescindere dal controllo delle sovrintendenze e del committente”. Che in questo caso era rappresentato da Finanziaria Bologna Metropolitana portatrice degli interessi del Comune di Bologna, a sua volta sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Nel caso bolognese ciò ha portato a scelte tecniche innovative con soluzioni architettoniche adeguate; un paio di esempi riguardano l’illuminotecnica pensata con il contributo di Zumthobel o l’utilizzo ai fini di irrigidimento strutturale dell’intero edificio di grandi arcate d’acciaio studiate da Massimo Majowiecki per imbrigliare le murature esistenti e che si sono rivelate utili anche ai fini espositivi per il sostegno spaziale di opere di peso elevato. “In sette anni di studio approfondito e soluzioni condivise – conclude Brandolisio – sono state realizzate scelte progettuali nate in ambito di coordinamento e multidisciplinarietà”. L’investimento alla fine si aggirerà intorno ai 16 milioni di euro, poca cosa se si pensa che in America si stanno realizzando musei le cui sedi costano circa cento milioni di dollari. Per niente turbato da tale sproporzione, Brandolisio osserva al proposito che “Negli Stati Uniti, i grandi musei e le fondazioni sono totalmente privati incentivati a gestire autonomamente le risorse economiche. Qui da noi basterebbe approvare la legge che regola le donazioni e le tassazioni in merito, così da incentivare i grandi gruppi economici ma anche le persone private a lasciare un segno tangibile nella cultura e nella ricerca. Ciò farebbe balzare l’Italia tra i paesi moderni”. Per ulteriori informazioni www.constructa2006.it www.fischeritalia.it Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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