Mario Botta alla fiera mondiale del marmo

Tra gli incontri previsti durante la manifestazione Marmotec 2006, la 27° edizione della Fiera Internazionale Marmi Macchine e Servizi, in questi giorni a Carrara, riveste una importanza particolare la conferenza del grande architetto svizzero Mario Botta (oggi 2 giugno, ore 10) sul tema I marmi e le pietre in un nuovo Rinascimento.
Allievo di Carlo Scarpa, collaboratore di Le Corbusier e Louis Kahn, Botta ha firmato grandi progetti in tutto il mondo (dal Museo d’arte Moderna a San Francisco alla cattedrale di Evry, dal Centro dell’Eredità Ebraica a Tel Aviv alla ristrutturazione della Scala di Milano) e, come noto, rappresenta una particolare filosofia progettuale basata sull’idea di un abitare, individuale o collettivo, inteso come “riparo e rifugio”, comunque sempre in diretta relazione con il paesaggio esterno.
Da qui l’uso sapiente della geometria e la semplicità degli elementi architettonici, che costituiscono il linguaggio compositivo delle sue opere.
Da qui la stessa predilezione per i materiali naturali fondamentali in molti suoi progetti, dalle case unifamiliari in Ticino, ai musei, alle chiese.
“Meglio la pietra dell’alluminio, meglio i mattoni in cotto degli specchi”, dice per sottolineare le sue note preferenze per i materiali naturali.
Preferenze radicate al punto da fargli ormai considerare marmi e pietre appunto come pilastri di un nuovo Rinascimento.
“I materiali naturali”, spiega, anticipando i temi della conferenza, “sono caratterizzati da grande duttilità: quella di modificare, nello spazio e nel tempo, il loro aspetto, la loro struttura e quindi anche la loro immagine. Sono materiali che, molto meglio di altri, vivono in termini positivi il trascorrere del tempo, variabile fondamentale del lavoro architettonico. Dunque, se ho la possibilità di utilizzarli, lo faccio volentieri”.
Progettare e costruire, aggiunge, è un atto sacro. “La finalità del fatto architettonico”, ricorda, “è quella di offrire valori abitativi di qualità contrapposti a immagini puramente estetiche.
La ricerca di una migliore qualità di vita passa attraverso la ricerca di una migliore qualità dello spazio in cui si vive e quindi dell’architettura.
Costruire è un’azione che trasforma una condizione di natura in una condizione di cultura.
Per questo credo che si debba riconoscere a questo atto un valore sacrale relazionato al lavoro e alle trasformazioni attuate dall’uomo”.
Secondo Botta, “la cultura del moderno ha purtroppo sempre coltivato la divisione del lavoro e quindi delle arti, una concezione che oggi la nostra cultura globale può forse finalmente superare.
L’artista, quando offre qualità, propone un’interpretazione diversa e arricchente, intrigante e complessa, con un rapporto di reciproco arricchimento fra artista ed architetto”.
Quali progetti affronterà in futuro? “Quelli che mi saranno proposti dalla società civile.
L’architetto ha la prerogativa di rispondere direttamente alle richieste formulate dalla collettività. Non c’è invenzione possibile se non rispondendo alle esigenze della storia.
L’architetto lavora attorno al territorio della memoria nell’intento di dare risposte alle esigenze formulate dal proprio tempo. In questo impegno la pietra ha un valore non solo estetico, ma sostanziale”.

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