Tecnologia Stratificata a secco – innovazione sostenibile e risparmio energetico degli edifici

Da tre anni, presso il Politecnico di Milano – Campus di Lecco, è stato istituito il Corso di Tecnologia Stratificata a Secco in collaborazione attiva con cinque aziende (VELUX Italia, Brianza Plastica, Knauf, Vagoncini, Mondo).
Le stesse che hanno inoltre sostenuto il Convegno ‘Tecnologia stratificata a secco – innovazione sostenibile e risparmio energetico degli edifici’ che si è svolto lo scorso novembre.
Proponiamo a seguire gli abstract degli atti del convegno che hanno visto la presenza di importanti relatori quali:
Marco Imperadori – Professore di Tecnologia Stratificata a secco, Politecnico di Milano – Campus di Lecco;
Gabriella Peretti -Professore di Tecnologia dell’Architettura, Politecnico di Torino – II Facoltà di Architettura;
Stefano Fattor – Architetto, ex Assessore all’ambiente del Comune di Bolzano;
Ettore Zimbelli – Professore di Tecnologia degli Elementi Costruttivi, Politecnico di Milano – Campus di Lecco.

Tecnologia Stratificata a Secco
Marco Imperadori
La Tecnologia Stratificata a Secco si pone come alternativa efficace ai tradizionali sistemi costruttivi a umido di tipo blocco su blocco, cassero e riempimento e più in generale l’ibrido fra i due e cioè il sistema latero-cementizio.
Se, infatti, si analizzano le normative europee relative al risparmio energetico degli edifici o se si valuta l’efficienza energetica sia degli edifici di nuova costruzione che di quelli esistenti realizzati per circa il 90% con tecniche laterocementizie a umido, si può facilmente notare la necessità di nuove soluzioni, in linea con svariati esempi europei, il cui fine sia quello di produrre realmente edifici sostenibili e poco energivori.
La costruzione stratificata a secco, denominata anche S/R (Struttura-Rivestimento), minimizza l’uso dei materiali, consente una progettazione mirata ai reali requisiti di qualità e ad alte prestazioni di risparmio energetico, fa uso di prodotti di derivazione industriale di alta qualità e certificati, e consente una totale libertà di espressione architettonica ed estetica.
Durante l’intervento si mostreranno vari esempi (sia in Italia che all’estero) di realizzazioni S/R (anche dello studio Atelier2 di cui Marco Imperadori è titolare con Valentina Gallotti) e si definiranno 3 approcci concreti verso la sostenibilità dell’architettura mediante la costruzione stratificata a secco:
1. Progettazione sostenibile e innovativa (esempi di architetture recenti)
2. Ricerca sostenibile (nuovi materiali e stratificazioni composite)
3. Didattica sostenibile (il Corso di Tecnologia Stratificata a Secco del Politecnico di Milano)
In conclusione l’introduzione delle tecniche S/R anche in Italia mostra ogni anno interessanti margini di crescita e si propone come reale strumento risolutivo del problema della gestione intelligente del risparmio energetico. L’applicabilità di tali tecniche, sia su nuove costruzioni che nel caso di interventi di recupero che nel caso di soluzioni ibride con le tecniche a umido, ci mostra il loro potenziale.
Questo viene amplificato dalla totale assenza di vincoli di sistema (come invece avveniva in passato per i prefabbricati) in luogo di una totale libertà di espressione architettonica affiancata da alte prestazioni che potremmo sintetizzare con il concetto di ‘architecnologia’.
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Architettura e involucro sostenibile: criteri di valutazione
Gabriella Peretti
La cultura del rapporto tra uomo e ambiente si è formata in migliaia di anni. Già nel passato, infatti, i nostri predecessori conoscevano molto bene i principi che regolavano il rapporto tra edificio e clima, ma li applicavano in modo empirico.
Solo dopo la crisi energetica degli anni settanta, in Italia, questo approccio alla progettazione ha incominciato a subire una linea critica: si è presa coscienza che l’ambiente non ha dimensioni infinite, ma finite, e questo approccio ha iniziato, poco per volta, ad essere sistematizzato su base scientifica.
Da allora ad oggi si sono succedute diverse fasi di ricerca, sperimentazione e applicazione, che hanno visto integrarsi progressivamente l’applicazione di principi fisici con le caratteristiche dei luoghi, i materiali, le forme e le configurazioni edilizie al fine di raggiungere situazioni ottimali di microclima interno agli edifici, riducendo al minimo l’applicazione dei sistemi impiantistici tradizionali.
Le tecnologie e i sistemi sperimentali messi a punto, venivano verificati con metodologie basate su calcoli matematici e fisici, al fine però, inizialmente di fare valutazioni solo di tipo energetico, economico, e, sostanzialmente basate sui consumi.
Dagli anni ottanta si è iniziato a parlare di approccio ecocompatibile, non solo bioclimatico, considerando oltre che il rapporto edificio-clima, il rapporto edificio-ambiente nella sua globalità, comprendendo tutte le risorse naturali del luogo come l’acqua, il suolo e la vegetazione.
In tale ottica anche il processo di valutazione ha assunto, quindi, un carattere più completo e complesso, e ad oggi esistono diversi metodi e strumenti di valutazione.
In sede UNI è stato messo a punto un sistema di valutazione a punteggio, basato sull’approccio esigenziale – prestazionale, che prende in considerazione, quelle esigenze di carattere ambientale, che negli anni settanta nelle normative UNI erano solo evocate, ma non sviluppate nel dettaglio: la salvaguardia ambientale e l’uso razionale delle risorse.
Le esigenze sono divise in base alle fasi del processo; per quanto concerne la fase di produzione fuori opera si comprende l’estrazione e la trasformazione delle materie prime, l’imballaggio, il trasporto.
I materiali, i componenti e gli elementi tecnici sono valutati in relazione agli impatti ambientali e ai consumi energetici attraverso diversi parametri quali la qualità dell’aria e dell’acqua, la protezione del suolo, la produzione dei rifiuti, il risparmio energetico.
La fase produttiva in opera fa riferimento alla realizzazione nel cantiere sia per quanto concerne l’esecuzione, che la manutenzione e la dismissione, quella funzionale alla vita utile dell’edificio.
Le fasi di produzione sono connesse con le classi di esigenze di salvaguardia ambientale e uso razionale delle risorse, mentre la fase funzionale è connessa anche alla classe di esigenze del benessere, igiene e salute.
In base alle esigenze sono stati definiti i requisiti ambientali del progetto, e, in particolare, quelli relativi alla fase di produzione in opera riguardano la previsione di applicazione di sistemi tecnologici a ridotto impatto ambientale e che facciano un uso razionale delle risorse.
Relativamente alla fase funzionale dell’edificio la valutazione fa riferimento agli effetti delle scelte progettuali sia sul contesto storico-culturale, l’ambiente naturale, il paesaggio, il suolo, la qualità dell’aria, sia sull’uso delle risorse di materia prima, climatiche, energetiche, idriche, di rifiuti, sulla sostituzione di fonti energetiche da idrocarburi e inquinanti con fonti rinnovabili, sia sulle condizioni di benessere e salute degli utenti negli spazi esterni e in quelli interni.
I requisiti d’ecocompatibilità, relativi all’uso delle risorse climatico-ambientali sono riferiti alle seguenti risorse/impatti:
– soleggiamento
– ventosità
– illuminazione naturale
– acqua
– rumore.
Per quanto riguarda la sostituzione di fonti energetiche da idrocarburi e inquinanti con fonti rinnovabili, si fa riferimento all’energia utilizzata per il riscaldamento dell’acqua sanitaria, per la climatizzazione invernale ed estiva, per l’illuminazione e l’uso degli elettrodomestici.
Per ogni requisito sono stati definiti gli indicatori che ne permettono la valutazione.
Le procedure di calcolo e valutazione degli indicatori sono derivate da fonti normative, dai risultati delle ricerche in corso nei settori specifici e da fonti bibliografiche.
Nel definire i metodi di calcolo si tiene conto della necessità di giungere a indicatori di sintesi testati con modelli di simulazione scientificamente validati.
Le classi di valore degli indicatori sono individuate in un range da 0 a 5.
Il valore assoluto della classe è riferito a 3 livelli di benchmark:
0, corrispondente alla prassi corrente, non caratterizzata da rispetto dei valori di ecocompatibilità;
3, corrispondente alla ‘best practice’ ambientale;
5, corrispondente all’eccellenza rispetto alla ecocompatibilità.
Nel caso in cui ad un requisito corrispondano più indicatori, questi sono pesati al fine di ottenere un’unica classe di valore per ogni requisito.
Ad ogni requisito è attribuito un peso, il peso di ogni requisito, moltiplicato per la classe di valore assoluto del requisito stesso, ne determina il valore pesato che rappresenta l’importanza che si attribuisce al requisito stesso – per comparazione con gli altri, riferiti alla medesima esigenza.
Il valore pesato del requisito, rispetto al totale dei requisiti dell’esigenza, viene moltiplicato per il peso dell’esigenza, rispetto al totale delle esigenze.
Il valore finale di ecocompatibilità del progetto, si ottiene sommando i diversi valori pesati.
Per ogni requisito è in fase di messa a punto una scheda contenente:
– la fase del processo edilizio, cui si riferisce il requisito;
– la classe di esigenza e l’esigenza cui il requisito appartiene;
– l’indicatore (di tipo qualitativo o quantitativo a seconda del tipo di requisito) per la valutazione;
– il metodo di verifica;
– le classi di valore dell’indicatore,
– eventuali interazioni con altri requisiti e i riferimenti normativi.
Quando si svolge il processo di valutazione, si ha una duplice valenza: i requisiti forniti, ossia le prestazioni di ciò che si progetta, permettono di attribuire il reale significato alle scelte di progetto e, nello stesso tempo, i requisiti richiesti permettono di guidare il progettista durante il processo progettuale.
Nell’intervento vengono portati due esempi di valutazione, uno basato sulla valutazione di tipo energetico-economica, l’altro relativo ad un requisito di disassemblabilità caratteristico dei componenti con tecnologie a secco.
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La sfida dell’efficienza energetica nell’edilizia a Bolzano
Stefano Fattor
Nell’immaginario comune sono le auto a ‘consumare’ e quindi ad inquinare.
Tutti sanno, infatti, quanti litri di carburante consuma la propria auto ogni 100 km.
E si sa che più un’auto consuma e più inquina.
Con le case non è così.
Eppure ben il 40% dell’energia prodotta viene consumata dagli edifici.
Il 50% per il riscaldamento e tra il 10 e il 25% per la produzione di acqua sanitaria.
A differenza dell’industria automobilistica però, l’attività edilizia ha fatto tali passi in avanti, che costruire un edificio a consumo zero, o quasi zero, è oggi possibile. Esempi interessanti di edifici o interi quartieri ad altissima efficienza energetica sono sempre meno rari in Europa e Friburgo in questo senso si può considerare l’esperienza pilota.
Il quadro normativo italiano è sostanzialmente fermo alla legge 10 del ’91.
Mentre a livello comunitario alcune direttive molto avanzate, che l’Italia è ben lungi dal recepire, possono fungere da ottimo riferimento.
Il Comune di Bolzano ha in quest’ottica provveduto, in collaborazione alla locale Agenzia per l’Ambiente, a studiare un adeguato sistema di misura del consumo termico degli edifici, individuando nel kwh/m2/anno l’unità di misura ideale, rapportabile peraltro facilmente a litri di gasolio o metri cubi di metano/m2 equivalenti.
Si è poi istituito il certificato CasaClima che classifica il consumo secondo una scala mutuata dalla definizione di efficienza energetica degli elettrodomestici (dalla ‘A’ alla ‘G’), ponendo gli edifici con consumi più bassi in ‘A’ (min. 30 kwh/m2/anno), in classe ‘B’ (min. 50 kwh/m2/anno), in classe ‘C’ (min. 70 kwh/m2/anno), via via fino alla classe ‘G’ (min. 160 kwh/m2/anno).
Due osservazioni:
1. Il rispetto della legge 10 fa attestare i consumi di un edificio tra i 70 e i 100 kwh/m2/anno
2. Più del 90% del patrimonio edilizio italiano attesta i consumi termici tra i 200 e i 300 kwh/m2/anno
Si è quindi apportato una modifica al regolamento edilizio comunale, tale per cui la categoria più bassa ammessa è la C (min.70 kwh/m2/anno) e per chi costruisce in categoria A, sono previsti sconti del 10% sugli oneri di urbanizzazione.
E’ stato inoltre introdotto l’obbligo dell’esibizione all’esterno dell’edificio di una targa con la classe di appartenenza, onde garantire a chi acquista o va in affitto la trasparenza sui futuri costi di gestione.
Tutto ciò è da riferirsi alle nuove costruzioni e alla ristrutturazione di preesistenze, nel caso si intervenga su almeno il 50% della superficie calpestabile.
I maggiori costi di costruzione si è valutato si aggirino in generale attorno al 2-3%.
Tra i 5 e gli 8 anni i tempi di ammortamento. Assolutamente convenienti quindi nell’ottica economica riferita alla vita media di un edificio.
Si è inoltre in procinto di iniziare (inizio 2005) i cantieri di un nuovo insediamento, denominato ‘quartiere Casanova’, tutto di edilizia residenziale sociale e semi-sociale (cooperative). Su 10,7 ettari di superficie verranno costruiti poco meno di 950 alloggi per circa 3.500 persone in circa 370.000 mc di cui 320.000 di residenza, 30.000 di terziario gestito dal Comune e 24.000 di attrezzature pubbliche (scuole, asili, ecc.).
L’intero quartiere sarà costruito in classe A.
Il riscaldamento sarà garantito da una modesta centrale di teleriscaldamento allacciata all’inceneritore della città e dotata di impianto di cogenerazione.
L’acqua sanitaria dell’intero quartiere e il raffrescamento della parte di terziario destinato ai servizi (asilo, scuola materna, ecc.) saranno garantiti da un impianto solare centralizzato, alimentato da un sistema di pannelli allineati lungo il vicino viadotto ferroviario, integrato alla barriera anti-rumore.
Si è calcolato che il fabbisogno energetico annuo del quartiere per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria si aggirerà attorno ai 6.145.000 kwh/anno.
Risultato notevole, specie se comparato al fabbisogno calcolato sulla stessa massa di edifici secondo i parametri della legge 10/91 e utilizzando le caldaiette autonome. In questo caso il fabbisogno sarebbe di 23.732.000 kwh/anno.
Il risparmio energetico complessivo sarà quindi del 74%.
Nonostante l’integrazione dell’impianto solare centralizzato (non indispensabile per raggiungere la classe A del casaClima), i tempi di rientro dei costi sono compresi tra i 7,2 e i 3,6 anni a seconda della combinazione di diverse variabili condizionanti, legati alle possibili fluttuazioni delle tariffe energetiche: flussi di cassa, periodi di ritorno e il capitale attualizzato dopo 20 anni calcolato per 6 situazioni tariffarie limite.
E’ interessante fare poi una valutazione sulle emissioni ambientali tra le diverse soluzioni.
Per ipotetici edifici del Casanova realizzati con legge 10/91:
CO=948 kg/anno NOx=3.793 COV=948 Polveri=47
Per edifici realizzati in classe A con impianto solare centralizzato:
CO=246 kg/anno NOx=982 COV=246 Polveri=12
La riduzione delle emissioni si può stimare attorno al 70%.
La raccolta e lo smaltimento delle acque meteoriche saranno garantite in loco, attraverso recupero in vasche di laminazione, tetti verdi, biotopo urbano e circa 2,5ha di superfici verdi su terrapieno (parchi e campi gioco), 2.000mq per orti per anziani, in aggiunta a tutti gli spazi di verde privato previsti dal piano d’attuazione. In questo senso sarà introdotta la sperimentazione a larga scala dell’indice RIE (riduzione impatto edilizio), una nuova norma di regolamento edilizio introdotta per limitare la sigillazione delle superfici, conseguente all’attività edilizia.
Si tratta di un indice numerico che assegna un RIE =0 ad una superficie totalmente sigillata (es. un parcheggio asfaltato) e un RIE=10 a una superficie totalmente libera (es. un bosco).
A fronte di una media cittadina di un RIE=1 nelle zone produttive e di 2,5 in quelle residenziali, si è introdotto per le nuove concessioni l’obbligo di raggiungere il RIE=1,5 nelle prime e 4 nelle seconde.
Avendo tale provvedimento l’obiettivo di consentire la restituzione in atmosfera di quanta più umidità possibile, si otterrà nel lungo periodo un effetto indiretto sul microclima. E quindi anche sul bilancio energetico complessivo.
Tutte le caratteristiche costruttive descritte sono indicate nelle norme d’esecuzione del piano d’attuazione che i progettisti e i costruttori (IPES e cooperative che si dividono a metà la disponibilità della cubatura residenziale) saranno tenute a rispettare.
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Innovazione edilizia sostenibile: alcuni progetti recenti
Ettore Zambelli
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