Le grandi strutture in legno – Torino 2002

Il convegno è stato patrocinato anche dall’Ordine degli Architetti, dall’Ordine degli Ingegneri e dal Collegio dei Geometri della città e da quattordici aziende produttrici di lamellare e di componenti. La scelta di Torino come luogo d’incontro per il convegno è risultata funzionale all’assegnazione alla città piemontese del ruolo di sede dei Giochi Olimpici invernali del 2006, un’opportunità che consentirà di realizzare strutture ed infrastrutture che rimarranno patrimonio del Paese.
In proposito, è intervenuto Ettore Durbiano, presidente della sezione legno dell’Unione che ha parlato degli studi svolti dal Politecnico di questa città e degli “ecobilanci”: ovvero l’analisi energetico-ambientale e del ciclo di vita dei prodotti lignei. Ancora una volta il legno è risultato l’unico materiale a credito ambientale zero.
Ad illustrare la storia evolutiva di un materiale moderno e affidabile come il legno lamellare, è intervenuto Gerhard Schickhofer, ordinario presso il politecnico di Graz e ricercatore presso il dipartimento di ingegneria civile, che svolge la sua attività nella sperimentazione e nel controllo qualità dei nuovi prodotti forestali.
La realizzazione dei ponti di pietra nel ’500 era resa possibile grazie agli archi di legno di supporto ed è proprio da questo tipo di applicazione, che mette in luce la capacità di portanza del legno, che Philiphe Delorme sviluppa per la prima volta la costruzione di un ponte utilizzando materiale formato da più componenti di legno uniti da chiodi di legno. Questa prima struttura si dimostrò cedevole, a causa delle giunture non abbastanza rigide, ma già da questa realizzazione si capì che affinando il sistema costruttivo vi era la concreta possibilità di realizzare strutture a grandi luci, modellare le lamelle secondo le curvature desiderate ed aumentare la lunghezza delle travi da impiegare.
Per vedere il primo antenato del legno lamellare incollato però, bisognerà attendere il ‘700, con la realizzazione del ponte di Wiebeking, dove viene utilizzato il sistema dell’incollaggio a caldo delle lamelle. Anche questo tentativo dimostrò che bisognava migliorare la rigidezza del collegamento e che il collante doveva resistere agli agenti esterni.
Nel 1906 Otto Hetzer brevetta la prima trave curva giuntata con un adesivo non solubile. Oggi questo materiale è il moderno legno lamellare incollato e sono ampiamente superati tutti i limiti di rigidezza della giunzione che viene realizzata a pettine per aumentare la superficie di incollaggio; il tavolame impiegato per la produzione viene selezionato all’origine, estratto con criterio dalla sezione del tronco in modo da rispondere al meglio ai requisiti di stabilità e privato di ogni difetto.
Il legno lamellare è severamente controllato all’interno di tutto il processo di produzione per rispondere alla normativa europea EN 14080 che prevede una classificazione sia visuale sia meccanica delle lamelle impiegate.
La classificazione è importante in relazione al futuro impiego; per scegliere il materiale più adatto occorre sempre tener presente la sollecitazione a cui lo si deve sottoporre. Le ricerche più recenti percorrono proprio questa direzione: lo studio dei parametri di trazione e flessione del legno lamellare stanno dimostrando l’esigenza, accanto ad una produzione di legno lamellare dalla composizione omogenea, anche di una produzione di legno lamellare dalla composizione combinata. Infatti, analizzando i diagrammi degli sforzi a taglio di una trave vediamo che la zona centrale è la più sollecitata. Alle lamelle di centro quindi non è richiesta l’elasticità di quelle inferiori che devono lavorare a flessione perché sono vicine all’asse neutro ed è per questo che il materiale più indicato centralmente è quello nodoso perché più rigido, con classe di resistenza inferiore, ma più adatto a rispondere alla sollecitazione in atto.
Per la composizione combinata possiamo impiegare anche essenze differenti, che abbiano caratteristiche diverse (con parametri di resistenza a trazione più elevati, come quelli del legno di larice rispetto all’abete rosso) in modo da fabbricare sezioni che sfruttino al massimo le potenzialità della materia prima impiegata.

Successivamente a questo intervento, che offre un’idea delle possibilità future, del potenziale inespresso e del fermento degli studi in atto riguardo al legno lamellare, il convegno ha affrontato il tema principale, cioè quello della realizzazione di grandi strutture di legno. Come sottolineato da Franco Laner, tra i massimi conoscitori del settore, l’Italia non è seconda ad altri paesi per la ricerca, per le tecnologie impiegate e anche per la passione che le aziende produttrici dedicano alla progettazione: in rappresentanza di queste, cinque tra le più grosse imprese Italiane produttrici di legno lamellare sono intervenute con i loro tecnici ad illustrare dettagliatamente i progetti e le realizzazioni in cantiere, prestandosi a volte ad osservazioni e critiche su alcune soluzioni tecniche.

Luca Benetti, della Holzbau di Bressanone, ha illustrato la realizzazione del Palasport di Livorno, che, insieme a quello di Casalecchio di Reno è la più grande realizzazione in Italia, in campo sportivo, in legno lamellare. Questa struttura a calotta era stata inizialmente pensata in acciaio e per questo motivo risente di una rigida divisione a nervature, meno adatta alle possibilità del legno lamellare, capace di ordire geometrie ben più sfaccettate ed interessanti sul piano spaziale, come quelle delle cupole geodetiche.
La scelta del legno lamellare la si deve alla economicità di quest’ultimo rispetto all’acciaio non soltanto come costo finale dell’opera, ma anche per gli interventi di manutenzione: nulli per la struttura in legno lamellare, ma molto gravosi per la stessa struttura in acciaio che necessita di trattamenti intumescenti da rinnovarsi ogni 3/5 anni. Il legno lamellare offre inoltre la possibilità di coprire grandi luci ed ha un ottimo comportamento in zona sismica, nonché una resistenza al fuoco certa e comprovabile. Nel caso delle sezioni impiegate in questa realizzazione, la resistenza è di sessanta minuti e rimane immutata nel tempo. Inoltre il legno è adatto all’assorbimento delle onde acustiche ed è particolarmente indicato per ambienti dove si pratica sport. Non ultimo, il comfort interno che non è paragonabile a nessun materiale edilizio e la conseguente possibilità di vivere l’evento sportivo in un contesto coinvolgente.
La luce massima libera del palasport è di 109 metri, per una altezza di 33 metri dal piano di gioco. Il sistema statico è la parte più interessante. La grande calotta è suddivisa in 24 spicchi, tuttavia ci sono tre zone in cui la calotta non arriva a terra, ma crea tre grosse pareti verticali dove sono posizionati gli ingressi. Non tutte le nervature strutturali quindi arrivano in fondazione, per questo non è stato possibile realizzare uno schema omogeneo, si è realizzato qui un sistema misto: le porzioni di copertura che vanno in appoggio in fondazione lavorano a spinta sull’anello toroidale in sommità e sui plinti in calcestruzzo, le altre porzioni lavorano come travi a flessione sfruttando l’appoggio sull’anello in sommità e pilastri in calcestruzzo in corrispondenza degli ingressi, mentre sull’esterno sono posti pilastri in legno che funzionano da tiranti.
Gli archi principali in legno lamellare hanno uno sviluppo di 56 metri e sono realizzati in due parti per problemi di trasporto e poi assemblati in cantiere mediante un centro rigido in acciaio. Tutte le travi principali hanno una sezione di 22cmx2m e si connettono all’anello toroidale in sommità tramite giunto ad incastro per garantire maggior rigidezza e stabilità.
L’orditura secondaria è realizzata con ancarecci rettilinei di sezione decrescente ed il primo anello continuo sopra gli ingressi è controventato con tiranti in acciaio per contenere lo spostamento dovuto alla spinta degli archi principali.
Particolarmente interessante è stato il posizionamento dell’anello di colmo in cantiere, a sua volta realizzato in tre parti, che ha richiesto la costruzione di una torre in legno lamellare alta 33 metri; tramite martinetti è stato possibile regolarne l’altezza per il fissaggio delle nervature.

Marco Borgioni, ha parlato della realizzazione del Palazzo del ghiaccio di Erfurt in Germania, attuato con un sistema di archi a due cerniere in cui la parte inferiore è precompressa con tiranti in acciaio. L’irrigidimento è dato dagli elementi di trazione e compressione con tiranti di controventatura.
La luce libera è di 80 metri, la lunghezza di 182 metri e la superficie è di 11mila m².
La progettazione degli elementi in legno lamellare ha cercato di uniformare il più possibile i profili delle travi ed ha fatto in modo che tutte le travi principali avessero la stessa sezione per facilitarne lo stoccaggio in cantiere e rendere l’assemblaggio meno difficoltoso da parte delle maestranze. Ciò ha permesso di accorciare i tempi di realizzazione dell’opera, potendo prefabbricare il più possibile sia in azienda che in cantiere, e di consegnare un numero elevato di pezzi in cantiere grazie alla leggerezza del materiale.

Davide Canducci ha invece illustrato la realizzazione del progetto per il Nuovo auditorium a Roma di Renzo Piano, opera pubblica di straordinarie dimensioni composta da tre sale che ospitano 700, 1200, 2700 persone. Le prime due sono già terminate, la terza è in fase di realizzazione.
Le strutture delle sale sono molto simili tra di loro e presentano un profilo toroidale curvato nei due sensi. All’estradosso delle travi gli ancarecci hanno una lavorazione a pendenza diversificata, effettuabile solamente con macchine a controllo numerico che lavorano pezzi di grandi dimensioni. La sala maggiore ha capriate di 54 metri che sono state tutte assemblate a terra e sono arrivate in cantiere già forate e lavorate, gli operai hanno dovuto giuntare le due porzioni, vincolandole con una cerniera al colmo in quota. Viste le proporzioni del cantiere sarebbe stato impensabile poter realizzare il tutto con qualsiasi altra tecnica costruttiva se non col legno lamellare, che ha consentito di prefabbricare al massimo e di varare con velocità, senza per questo dover rinunciare alla sicurezza.

Ad illustrare il lavoro svolto da Archlegno è intervenuto Fausto Minelli, con la realizzazione del Palazzetto dello sport di Gioia del Colle. L’opera architettonica presenta un’interessante pianta quadrata con due archi a tre cerniere diagonali incrociati che terminano su quattro setti angolari in cemento armato. La pianta ha uno sviluppo di 40×40 metri ed ha una orditura secondaria di archi interni ribassati realizzati come archi a due cerniere per motivi di stabilità. La struttura è resa luminosa dai quattro timpani vetrati trattenuti da catene in legno lamellare. La leggerezza del legno lamellare ed una pianta così raccolta e compatta, nonostante la grande luce, hanno consentito di avere carichi bassi sulle strutture di fondazione e quindi di risparmiare sul dimensionamento.

A parlare del lavoro di Stratex, è intervenuto Claudio Genero che ha illustrato il progetto dello stadio del ghiaccio di Claut a Pordenone, che in soli sette mesi è stato realizzato dalle fondazioni alla copertura. La costruzione per l’andamento sinuoso della sua copertura, grazie alle travi in legno lamellare, ben si colloca in questo scenario montano. Queste travi binate con profilo ad esse, sono fissate all’estremità con appoggio fisso da una parte e dall’altra scorrevole ed hanno una dimensione di 14x160cm. con vuoto interposto di 22 cm.
La pianta, non simmetrica per l’ultima campata, ha creato non pochi problemi: il puntone di quest’ultima era più sollecitato di altri e per questo l’anima è stata riempita con una terza trave di spessore 22cm. Ciò ha creato problemi al giunto che non avendo più lo spazio di passaggio per la catena in legno lamellare ha dovuto essere realizzato come piastra interna.
Come sottolineato dal professor Laner la simmetria gioca un ruolo fondamentale nella progettazione di strutture di legno lamellare, perché la progettazione che non risponde a questa regola porta ad inutili complicazioni, mentre una struttura improntata alla semplicità consente di uniformare le soluzioni.

Anche l’ingegner Micheletti, della Habitat Legno, fra i primi esperti italiani che hanno lavorato con il legno lamellare, si rifà ad una linea semplice di progettazione, la sua ricerca nel settore lo ha portato a studiare le connessioni delle cupole geodetiche per la realizzazione di un nodo che si potesse assemblare facilmente in cantiere e dove le parti metalliche fossero il meno esposte possibile in modo da non compromettere la resistenza al fuoco della struttura.

L’ultimo intervento di Mirko Degano, illustra le principali costruzioni a cupola di Euroholz. Tra queste, oltre alla realizzazione della fiera di Rimini, ci fa conoscere il progetto e la realizzazione di una calotta sferica monolitica in legno lamellare, che non è più formata da singoli elementi che convergono nei nodi, ma è legno lamellare posato in modo da costituire una superficie sferica completamente piena con un oculo centrale: è una membrana tessuta in legno lamellare, ma in modo tridimensionale.
Quando un’opera così poetica, profondamente evocativa e simbolica come la cupola si avvale di un materiale superlativo come il legno, non può che essere una buona architettura e lo rimane indipendentemente dal tempo che passa. Per questo c’è da augurarsi che sia proprio il legno, lavorato con la fantasia e l’intelligenza dei progettisti, il segno tangibile che contraddistinguerà le strutture delle future olimpiadi invernali.

LE GRANDI STRUTTURE IN LEGNO
Torino
27 settembre 2002

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